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    Il valore della produzione di vino in Italia – dati ISTAT 2020 per regione

    Istat ha da poco aggiornato i dati sul valore aggiungo della produzione agricola. La rilevazione segnala per il 2020 un incremento dell’1% del valore della produzione agricola a 29.4 miliardi di euro. Per il vino, invece il dato (comprensivo della revisione dei dati degli anni scorsi) segnala un calo del 3.4% a 3.9 miliardi di euro. Il dato è il combinato della produzione di vino di circa 50 milioni di ettolitri e dei prezzi medi alla produzione. Se guardiamo i dati con un orizzonte temporale più lungo, diciamo 10 anni, le gerarchie si invertono e il settore vinicolo segna una dinamica ben superiore a quella del resto dell’agricoltura: 5% annuo contro +1.5%. Alcuni dati sono molto volatili, ma secondo ISTAT sono il Sud e il Nord-Est le due regioni più dinamiche nel decennio (mentre è vero il contrario per il 2020 sul 2019 in generale). Il maggior contributo a questi 3.9 miliardi viene dal Veneto, che rappresenta il 22% del valore (e il 24% dei volumi 2020, secondo i dati MIPAAF). Anche nel caso della Puglia, il contributo del valore del 12% è inferiore alla quota in ettolitri, del 18%. Per Toscana e Piemonte, ovviamente, vale il contrario. Passiamo ai dati in dettaglio nelle tabelle e grafici che seguono.

    Il valore della produzione di vino 2020 è di 3.9 miliardi di euro, in calo del 3.4% sul 2019 e del 15.6% rispetto al valore record (storico) di 4.6 miliardi del 2018, frutto della vendemmia record di oltre 54 milioni di ettolitri.
    La distanza dal picco del 2018 è particolarmente pronunciata al sud (-22%) e meno marcata al nord (11-12%). Ciò è dovuto al minor contributo di Sicilia (-31%) e Puglia (-24%).
    Secondo ISTAT nelle regioni del nord il calo è abbastanza omogeneo tra le regioni, con il Veneto a -10% rispetto al 2018 e Piemonte e Lombardia giù dell’11%.
    Nell’arco degli ultimi 10 anni sono molto positivi i dati del Veneto (+7% annuo) e dell’Emilia Romagna (+6.6%) al nord, mentre al centro-sud vanno sottolineati (tra le regioni più rilevanti) i dati positivi di Abruzzo e Puglia (+8%).
    In termini di “rilevanza” della produzione di vino sulla produzione agricola, i dati più elevati sono quelli del Friuli Venezia Giulia (34%), del Veneto (27%) e della Toscana (24%).

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    Svezia – importazioni di vino 2020

    Con un po’ di lentezza si sta popolando il database di UN Comtrade e siamo quindi in grado di coprire qualche “buco” relativo all’analisi del commercio estero. È oggi il turno della Svezia, di cui analizziamo le importazioni, che trovate anche in formato completo nella sezione Solonumeri del blog. La Svezia si è dimostrata un eccellente paese dove esportare vino anche nel 2020. È questa la combinazione di un’economia locale forte e di una risposta alla crisi COVID decisamente diversa da quanto fatto dagli altri paesi, senza lockdown duri e senza chiusure della ristorazione. E il risultato si vede i questi numeri: il 2020 sembra la naturale prosecuzione di un trend positivo, come se nulla fosse successo. Le importazioni, che di fatto corrispondono ai consumi non essendoci produzione locale, toccano il record storico di 732 milioni di euro, crescendo del 6%, addirittura più della media del 3-4% degli ultimi anni. I dati del vino italiano sono positivi, ma non quanto quelli del mercato: stiamo leggermente perdendo quota da qualche anno a questa parte, come potete chiaramente osservare dal grafico animato qui sopra. Passiamo ai dati.

    Le importazioni 2020 di vino in Svezia sono state 732 milioni di euro, +6%, che sono pari a 7.7 miliardi di corone svedesi, +5% in forza a una leggera rivalutazione della valuta contro l’euro.
    I volumi importati sono invece stati di 2.16 milioni di ettolitri, in crescita del 3% sull’anno precedente ma di fatto stabili se visti in un’ottica di medio termine: come per altri paesi il consumo di vino in Svezia non cresce, ma migliora in qualità.
    Dopo una breve parentesi di qualche anno, la Francia ha saldamente in mano la leadership in questo “ricco mercato” (in termini di valore, i volumi sono ancora più alti quelli dell’Italia) con circa il 29% del totale per un valore di 210 milioni di euro e 400mila ettolitri circa esportati. Il ritmo della Francia negli ultimi anni è stato superiore a quello della media del mercato viaggiando a circa il 7% di crescita annua.
    L’Italia è saldamente il secondo esportatore ma la sua posizione si sta deteriorando. Nel 2020 paradossalmente le cose sono andate abbastanza bene, +3% per 167 milioni di euro, ma la media degli ultimi anni è del 2% di crescita, inferiore al +3.4% dal 2015 al 2020 del mercato.
    Viene poi la Spagna con un calo del 3% e il suo contributo è piuttosto marginale (75 milioni per il 10% del mercato).
    Come vedete dal grafico si sta sviluppando un interscambio con la Danimarca, che ovviamente starà importando vini da altri paesi a sua volta, ma questo diventa difficile saperlo.

    Fonte: UN Comtrade
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    Norvegia – importazioni di vino 2020

    La Norvegia del vino parla sempre due lingue, il francese e l’italiano. È però vero che negli ultimi anni sta cominciando ad aprirsi al resto del mondo tanto che nel 2020, un anno diverso da quello di tanti altri mercati, le importazioni da questi due paesi dominanti hanno perso due punti percentuali di quota, dal 64% al 62% del totale. Venendo al 2020… beh certamente sono dati inaspettatamente positivi, tanto più che si combinavano con una svalutazione della valuta locale: le importazioni di vino sono salite di quasi il 30% a volume a 1.1 milioni di ettolitri e del 15% a valore a 445 milioni. Roba da andare a guardare due volte le tabelle per sincerarsi che i numeri fossero davvero questi. La Francia allarga un po’ il divario con l’Italia (e vi ricordo che per diversi anni l’Italia è stata davanti non solo per volumi ma anche per valori), che continua un inesorabile percorso di perdita di quota di mercato nel paese, pur chiudendo il 2020 con un incremento dell’11% delle esportazioni. Passiamo a commentare qualche dato insieme.

    Le importazioni di vino in Norvegia nel 2020 sono letteralmente esplose dopo diversi anni di costante crescita. Il dato vede un incremento da 386 a 445 milioni di euro, +15%, che fa salire il ritmo degli ultimi 5 anni al +5% annuo. Oltre al valore anche il volume cresce: +28% a 1.11 milioni di ettolitri, per un +6% annuo dal 2015 al 2020.
    L’Italia ha saldamente la leadership dei volumi, 324mila ettolitri nel 2020, +23% e una quota poco inferiore al 30%, ed è seconda dopo la Francia in termini di valore: 133 milioni di euro, nel 2020 +11% e negli ultimi 5 anni soltanto +1%, da cui la considerazione che facevo sopra sulla perdita costante di quota di mercato, passata dal 36% del 2014-15 al 30% attuale.
    La Francia cresce del 13% nel 2020 a 144 milioni e dunque allarga la forbice con l’Italia dopo il sorpasso del 2018. Le esportazioni transalpine in volume sono state pari a 225mila ettolitri, +24% nell’anno e +8% negli ultimi 5 anni (contro il +2% dell’Italia).
    Sotto Francia e Italia si apre il buco. La Spagna a 38 milioni di euro ha una velocità simile, mentre cresce molto la Germania, +27% a 37 milioni di euro e gli USA +31% a 19 milioni di euro, nonchè il Portogallo, +37% a 16 milioni di euro.

    Fonte: UN Comtrade
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    Champagne – dati di mercato ed esportazioni 2020

    I numeri 2020 dello Champagne parlano di un calo del 17-18% sia in volume che in valore (4.2 miliardi di euro). Come abbiamo già commentato in passato, i dati sono un po’ più negativi in Francia (dove i volumi sono calati del 20% circa, e a farne le spese sono state le cooperative) che non nel resto del mondo. Al contrario, i mercati che negli ultimi hanno sono stati più positivi (Regno Unito, Stati Uniti e Giappone) sono anche quelli che hanno subito il maggior contraccolpo durante l’anno della pandemia. Ci sono dall’altra parte alcune eccezioni positive come la “resistenza” del mercato belga (uno dei meno sofisticati in termini di qualità del prodotto spedito), del mercato cinese dove i vini spumanti non sono proprio di casa, dei mercati scandinavi e addirittura la crescita di quello australiano diventato il settimo più importante (esclusa la Francia). Bene, fatta questa premessa passiamo a fare qualche considerazione di dettaglio, dando anche qualche numero sulla filiera e sulla produzione.

    La filiera dello Champagne conta 16200 viticoltori, 130 cooperative e 360 maison, che lavorano su una superficie vitata 34300 ettari in cui ci sono ben 319 cru. Il settore impiega 30mila persone direttamente, oltre a 120mila lavoratori stagionali, 4300 rappresentanti e 1800 esportatori.
    La quota di mercato dello Champagne nel mondo degli spumanti è del 9% a volume di ben il 33% a valore, secondo il Comité de Champagne.
    Nel 2020, il fatturato prima delle tasse è stato di 4.2 miliardi di euro, contro 5.1 (record) del 2019, su un commercializzato di 244 milioni di bottiglie, il 18% in meno del 2019.
    Negli ultimi anni la quota di mercato delle maison (403) è cresciuta fino a sfiorare il 73%, livello stabile da 3 anni a questa parte. A farne le spese sono stati i vigneron indipendenti (3759), che ormai rappresentano meno del 20% delle spedizioni, contro il 22-23% di 10 anni fa. Le cooperative rappresentano il restante 9%.
    Venendo ai dati qui esposti, nel 2020 lo Champagne ha perso un po’ della spinta nel mix di vendita che lo ha sempre caratterizzato e che ha consentito al valore di crescere nonostante la stabilità dei volumi intorno alle 300 milioni di bottiglie pre-crisi.
    Il mercato francese è un po’ più debole della media (-20% contro -18% per numero di bottiglie) ma il freno più forte viene dal Regno Unito -21% e dal Giappone, -24%. Gli USA calano del 19%, un po’ meno, ma la svalutazione del dollaro si fa sentire sui valori che invece viaggiano intorno al -25%. A tenere in piedi lo Champagne è sorprendentemente stata l’Eurpa continentale, e del nord in particolare (Scandinavia), oltre a qualche mercato lontano come l’Australia.
    Vi lascio ai numeri.

    Fonte: Comitè Champagne
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    Duckhorn – presentazione e risultati 2020

    Oggi parliamo di Duckhorn, un’azienda della Napa Valley che produce vini di qualità (elevata) e che ha deciso di quotarsi in borsa. L’operazione ha avuto luogo alla fine di Marzo a un prezzo di 15 dollari per azione e ha raccolto 300 milioni di dollari. Pronti via, il primo prezzo è stato del 20% più elevato ed ora l’azione veleggia intorno a 17 dollari. Il valore di borsa dell’azienda è di 2 miliardi di dollari: stiamo parlando di un insieme di cantine che hanno fatturato nel 2020 271 milioni di dollari, con un EBITDA rettificato di 105 milioni e un utile netto di 32 milioni. Prima dell’operazione aveva un indebitamento finanziario di circa 380 milioni di dollari, 3.6 volte l’EBITDA. Bene, in questo post guarderemo brevemente ai numeri a come generano il fatturato (oltre il 20% viene dalla vendita diretta, da vedere che cosa è successo con il COVID) e di come si posizionano nel mercato. Di qui in avanti entra nel novero delle aziende che seguiamo con il blog perchè questa azienda e i suoi multipli di mercato (oggi oltre 7 volte le vendite del 2020!) oggi rappresenta un punto di riferimento per le aziende che fanno alta qualità nel mondo del vino. E per alta qualità dobbiamo intenderci: si sta parlando di circa 20 dollari per bottiglia al dettaglio nella distribuzione. Quindi, applica a molti ma di certo non a tutti…

    Duckhorn è una storia di acquisizioni fatte negli ultimi 20 anni da questa famiglia della Napa Valley (il ticker sul NYSE è NAPA…) che ha cominciato l’avventura nel 1978 con l’omonimo marchio, acquistando poi Decoy (1985), Kosta Browne (1997) e via dicendo tutte le altre.
    Le vendite 2020 sono state per il 73% rappresentate dai due marchi principali, Duckhorn e Decoy. Il 21% delle vendite viene fatto direttamente, un altro 19% deriva dalle vendite fatte a dettaglianti e ristoratori californiani e il 60% rimanente viene dalla distribuzione classica all’ingrosso.
    Come vedete dalla tabella qui sopra il percorso di crescita è stato particolarmente sostenuto, anche grazie al contributo delle acquisizioni (che non ho trovato nel prospetto), pari al 23% annuo per le vendite e del 21% annuo per l’EBITDA rettificato (come lo rettificano loro).
    Questo percorso ha determinato una forte posizione debitoria di 378 milioni di dollari, pari a 3.6 volte l’EBITDA, che è stata una delle ragioni per l’operazione di borsa, dove sono stati raccolti 300 milioni di dollari (probabilmente in parte derivanti dalla vendita di azioni da parte dell’azionista di maggioranza).
    Come dicevamo sopra la valutazione borsistica è particolarmente elevata, pari a 7-8 volte l’EV su vendite e 24-25 volte l’EV/EBITDA, ben distante da quello che vediamo dalle nostre parti (soltanto Campari si avvicina a questi livelli, ma fa un altro mestiere…).

    Fonte: Duckhorn investor relations
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    Advini – risultati 2020

    Fonte: Advini
    Dunque, Advini ha chiuso il 2020 con risultati piuttosto deludenti, a mio parere. Però la presentazione di questi risultati parla di una gestione operativa efficace, un perimetro di attività che si è difeso bene e ovviamente di un rafforzamento della liquidità. Evidentemente questo rafforzamento deriva dall’aver fatto altro debito e quindi, più cassa ma più debito. Per intenderci, le vendite calano del 7% e l’utile netto passa da +4 milioni a -3 milioni. Advini è un’azienda in una “via di mezzo” tra i vincitori nello scenario COVID, cioè quelli esposti alle vendite al supermercato e dirette ai clienti a distanza (leggi internet), e i perdenti, quindi aziende che vendono vini con destinazione ristoranti e in genere di alto livello. I nuovi obiettivi 2023 sono di arrivare a 300 milioni di vendite, quindi +20% rispetto al 2020, 9% di EBITDA, quindi 27 milioni contro l’attuale 17 milioni e una generazione di cassa di 10 milioni di euro all’anno. Nel corso degli oltre 10 anni in cui abbiamo seguito le vicende di Advini abbiamo visto numerosi piani ambizioni susseguirsi, nessuno dei quali sinora ha raggiunto i risultati sperati. Passiamo ai numeri.

    Le vendite calano del 7% a 249 milioni di euro, con un andamento stabile tra il primo e il secondo semestre. Il fatturato in Francia cala del 5% a 140 milioni mentre le esportazioni sono scese del 10% a 108 milioni.
    Il “focus” di Advini va peggio essendo più esposto all’Horeca e alle esportazioni. La divisione marchi propri vede un calo importante sia del fatturato (-24% a 79 milioni di euro) che dell’EBITDA (praticamente dimezzato da 14.6 a 7.7 milioni di euro), il che in parole povere significa che la divisione “vin et service” cioè quella a minore valore aggiunto in realtà ha salvato i conti del 2020.
    A livello di EBITDA consolidato le cose non vanno troppo male, visto che si passa da 18 a 17 milioni di euro, un calo dell’11% tutto concentrato nel primo semestre. I dolori vengono sotto, con un forte incremento delle svalutazioni di merci e crediti verso clienti che non pagheranno più, la mancanza di proventi straordinari e le tasse, che invece nel 2019 erano state a credito. Risultato finale: un utile operativo che resta intorno al pareggio sia nel primo che nel secondo semestre e l’ultima riga che passa da utile (3 milioni) del 2019 a una perdita bella rotonda di 4.4 milioni, quasi tutta concentrata nel primo semestre.
    Dal punto di vista finanziario, Advini ha stoppato il pagamento dei dividendi, comperando qualche azione propria (0.4 milioni) e ha tagliato i dividendi a zero. L’anno chiude con un incremento del debito di 4 milioni di euro, da 144 a 148 milioni.

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    La produzione di vino in Italia nel 2020 – dati finali ISTAT e MIPAAF

    La domanda su quanto vino si produce in Italia non potrebbe avere risposta più compiuta di quella di oggi, visto che sono riuscito fortunosamente a mettere insieme sia i dati ISTAT (facilmente reperibili) che quelli del MIPAAF (ministero dell’agricoltura, per intenderci), che invece non sono mai riuscito a ottenere. Ma questa volta grazie a Federvini che ha pubblicato una “foto” del dettaglio regionale, ci sono anche questi dati. Quindi, mi sono domandato: perchè Federvini si e io no? Ho già mandato una PEC al ministero per ottenere i dati del passato, in modo da poter costruire una serie parallela e dare piena visibilità.
    Dopo le note speranzose veniamo alle note dolenti. I dati ISTAT e i dati MIPAAF sono piuttosto distanti. In termini assoluti non parliamo di numeri esorbitanti a livello nazionale, circa il 6%, forse anche dovuto al fatto che ISTAT ha deciso di includere anche i mosti nella produzione del vino. Più si va nel dettaglio più diventa eclatante che la produzione di regioni “non irrilevanti” nel panorama italiano come la Campania abbiano un dato MIPAAF che è la metà di quello di ISTAT. Ecco, io questa volta “mi fermo qui”. Metto le tabelle in allegato e vi auguro buona giornata!
    Ah, dimenticavo, la sezione Solonumeri è ora aggiornata con la doppia colonna “I” sta per ISTAT, “M” sta per MIPAAF.

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    Francia – produzione di vino 2020

    Fonte: Agreste
    In attesa di vedere quanto impatteranno le tremende gelate di queste ultime settimane, concentriamoci oggi sui dati finali di produzione di vino francese del 2020. Il 2020 è stato per il vino un anno “normale” in Francia, con una produzione di 47 milioni di ettolitri, in crescita dell’11% sull’anno precedente e del 7% circa sopra la media degli ultimi anni. Più importante, in Francia assistiamo a un graduale incremento della superficie vitata da un paio di anni: nel 2020 sono stati raggiunti 753mila ettari. Nel 2020 si è fortemente ripresa la produzione di vino bianco, tornando ad avvicinarsi al livello dei vini rossi, che restano la “spina dorsale” della produzione a volume francese. Il 2020 è poi l’anno della produzione record di vino dedicato alla distillazione, che per la prima volta ha superato i 10 milioni di ettolitri, supportato dalla domanda sempre crescente di Cognac. Tornando alle gelate, le prime stime parlano di una produzione 2021 di 30-35 milioni di ettolitri di vino, il che sarebbe anche inferiore al record storico degli ultimi 10 anni, toccato nel 2017 con 37 milioni di ettolitri. Passiamo a commentare qualche altro numero insieme.

    La produzione francese di vino è stata di 46.9 milioni di ettolitri nel 2020, +10.9% sul 2019 e +6.3% sulla media del quinquennio.
    La produzione di vini di qualità in realtà non è cresciuta rispetto al 2019, a 19.1 milioni di ettolitri, -2% in un anno e -6% sulla media storica. Sono invece in crescita dell’8% i vini IGP a 13.4 milioni di ettolitri e i vini da tavola, +47% a 3.7 milioni di ettolitri, entrambe le categorie ben sopra la media storica. Dove i dati sono particolarmente positivi è nel segmento dei vini bianchi per distillazione, dove anche complice un 2019 negativo, la crescita ha superato il 35%.
    Il bilanciamento della produzione tra bianchi e rossi è nel 2020 quasi perfetto, 49% contro 51%, ma questo dato nasconde il forte contributo dei bianchi per distillazione, escludendo i quali la produzione di vino bianco scende a 12 milioni di ettolitri, la metà di quella di vino rosso (24 milioni di ettolitri).
    Per quanto riguarda la suddivisione per regioni, i dati sono sempre molto difficili da leggere, dato che Agreste divide per regioni fisiche e non vinicole. E noi conosciamo bene le seconde, ma diamo meno valore alle prime. Detto questo, il 2020 dovrebbe essere stato un buon anno per la viticoltura del sud (Languedoc Roussillon), mentre Bordeaux e Champagne sono rispettivamente 10% e 18% sotto media.

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