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    Champagne – dati di mercato ed esportazioni 2022

    Il 2022 è stato un anno di nuovo eccellente per lo Champagne. La crescita rispetto a un 2021 già molto positivo è stata del 2% a volume, da 321 a 325 milioni di bottiglie, e del 10% circa a valore, passando da 5.7 a 6.3 miliardi di euro. Il discorso è quello che abbiamo fatto tante volte: la crescita nel settore del vino, a esclusione di piccole nicchie, viaggia sul binario della qualità e dell’incremento dei prezzi. E queste statistiche lo mostrano molto bene, con un gap tra volumi e valore dell’8%, soltanto in parte giustificabile con la svalutazione dell’euro (che comunque ha aiutato pensiamo per almeno 3-4 punti percentuali). Nel dettaglio dei numeri è stato di nuovo l’anno dei paesi extraeuropei, cresciuti del 5% a volume, rispetto alla Francia che ha invece visto calare i volumi consumati del 2% circa, con una quota sul valore del prodotto consumato ormai scesa al 35% del totale. In mezzo c’è il resto d’Europa che mostra un ulteriore +2% sul 2021. Bene, dopo questa introduzione passiamo a un breve commento delle tabelle.

    Lo Champagne ha avuto una forte domanda nei principali mercati nel biennio 2021-2022, con tassi di crescita a doppia cifra in quasi tutti i paesi sia in valore che in volume. L’unica eccezione è la Cina, che ha registrato una diminuzione sia del valore (-18%) che in volume (-21%) nel 2022, a causa delle restrizioni sanitarie dovute alla pandemia.
    Gli Stati Uniti sono il primo mercato estero per lo Champagne (la Francia resta il principale in assoluto, con 2.2 miliardi di euro di valore “in uscita dalla cantina”) in termini di valore con 947 milioni, ma il secondo in termini di volume con 28 milioni di bottiglie. Hanno avuto una crescita del 19% nel valore e una diminuzione dell’1% nel volume nel 2022 rispetto al 2021.
    Nonostante l’andamento altalenante degli ultimi anni, il Regno Unito resta il secondo mercato estero in termini di valore, precedendo il Giappone., ma il primo in termini di volume. Le esportazioni di Champagne nel Regno Unito hanno avuto una crescita del 9% nel valore e una diminuzione del 6% nel volume nel 2022 rispetto al 2021.
    In termini di prezzo mix, la Cina nonostante il calo è il paese con il più elevato prezzo di importazione, 32 euro, mentre Stati Uniti e Giappone sono a 28 e 26 euro per bottiglia, seguiti da Italia, Spagna e Svizzera intorno a 23 euro.

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO

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    Laurent Perrier – risultati e analisi di bilancio 2020

    Laurent Perrier si conferma anche nel 2020 la migliore tra le aziende quotate della Champagne, con un recupero prodigioso nel secondo semestre, dopo aver subito in pieno l’ondata COVID nel primo (il bilancio chiude a marzo, quindi il primo semestre 2020/21 è cominciato il 1 aprile). La strategia di alzare il livello del prodotto è continuata imperterrita anche in occasione del COVID, anzi accelerando, con un ulteriore +6% nel prezzo medio di vendita dei prodotti, sopra il 4-5% degli ultimi anni. Ovviamente il COVID ha colpito secco, con un un -25% sui volumi (8.3 milioni di bottiglie). Ne esce un quadro con vendite calate del 20% (Francia -25%, Europa -15%, resto del mondo -23%) e il 45% dei prodotti di “alta qualità” (41% nel 2019). Miglior mix e forte attenzione ai costi hanno poi portato a dati operativi stabili in valore assoluto rispetto al 2019 (quasi un miracolo considerando il posizionamento dei prodotti di LP, più nella ristorazione che nella distribuzione al dettaglio): EBITDA stabile a 49.3 milioni, idem per l’utile operativo a 41 milioni, utile netto addirittura cresciuto da 24 a 25 milioni di euro grazie a un carico fiscale inferiore. Il debito è stabile a 280 milioni dopo aver assorbito 6 miloni di dividendi, 4 di investimenti (bassi) e un aumento di 17 milioni del magazzino. La strategia non cambia: andare sempre di più verso l’alto di gamma e i vini di lusso. Grafici e tabelle allegati nel resto del post.Fonte: bilancio aziendale. Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO

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    LVMH – risultati primo semestre 2021

    Il primo semestre 2021 di LVMH nella divisione vino e spirits (e non solo in quella) sono stati i migliori di sempre. Non stiamo parlando di tassi di crescita, sarebbe facile visto il confronto con i primi mesi del 2020, ma di valori assoluti. Mai vendute tante bottiglie nel primo semestre (114 milioni), mai fatturato tanto (2.7 miliardi, di cui 1.1 miliardi nel segmento specifico del vino e dello Champagne), mai fatto un margine sul fatturato tanto alto nel semestre (34%). È dunque inutile che vi dica di quanto sono cresciuti questi 924 milioni di utile operativo, vi basti sapere che sono molto vicini al picco storico di un semestre (il secondo però, quello del 2019) in cui si erano vendute 10 milioni di bottiglie in più. Risultati eccezionali che derivano dall’euforia del momento di uscita dalla pandemia, dall’arrivo della vaccinazione, che ha fatto crescere la domanda di beni “celebrativi” come lo sono i prodotti di lusso e i vini di lusso. I volumi venduti di Champagne sono stati del 10% sopra il livello del 2019, quelli del Cognac Hennessy del 6%. Aggiungo anche che, sia nel lusso che negli altri segmenti, questa ondata di domanda sta anche facendo calare la scontistica, e questo si vede soprattutto nel livello dei margini.LVMH non si è naturalmente fermata, neanche nei momenti più bui. Nella divisione ha acquistato e integrato Provence Rosé e Château d’Esclans, annunciato una partnership con Shawn JAY-Z Carter per acquistare il 50% di Armand de Brignac e ha lanciato Chandon Garden Spritz, un blend di spumante argentino ed estratto naturale di buccia d’arancio per cercare di prendersi un po’ del mercato di Aperol (con un occhio soprattutto all’Asia, guardando la composizione del prodotto).Bene, vi lascio ai numeri e grafici, nel resto del post. Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO

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    Champagne – dati di mercato ed esportazioni 2020

    I numeri 2020 dello Champagne parlano di un calo del 17-18% sia in volume che in valore (4.2 miliardi di euro). Come abbiamo già commentato in passato, i dati sono un po’ più negativi in Francia (dove i volumi sono calati del 20% circa, e a farne le spese sono state le cooperative) che non nel resto del mondo. Al contrario, i mercati che negli ultimi hanno sono stati più positivi (Regno Unito, Stati Uniti e Giappone) sono anche quelli che hanno subito il maggior contraccolpo durante l’anno della pandemia. Ci sono dall’altra parte alcune eccezioni positive come la “resistenza” del mercato belga (uno dei meno sofisticati in termini di qualità del prodotto spedito), del mercato cinese dove i vini spumanti non sono proprio di casa, dei mercati scandinavi e addirittura la crescita di quello australiano diventato il settimo più importante (esclusa la Francia). Bene, fatta questa premessa passiamo a fare qualche considerazione di dettaglio, dando anche qualche numero sulla filiera e sulla produzione.

    La filiera dello Champagne conta 16200 viticoltori, 130 cooperative e 360 maison, che lavorano su una superficie vitata 34300 ettari in cui ci sono ben 319 cru. Il settore impiega 30mila persone direttamente, oltre a 120mila lavoratori stagionali, 4300 rappresentanti e 1800 esportatori.
    La quota di mercato dello Champagne nel mondo degli spumanti è del 9% a volume di ben il 33% a valore, secondo il Comité de Champagne.
    Nel 2020, il fatturato prima delle tasse è stato di 4.2 miliardi di euro, contro 5.1 (record) del 2019, su un commercializzato di 244 milioni di bottiglie, il 18% in meno del 2019.
    Negli ultimi anni la quota di mercato delle maison (403) è cresciuta fino a sfiorare il 73%, livello stabile da 3 anni a questa parte. A farne le spese sono stati i vigneron indipendenti (3759), che ormai rappresentano meno del 20% delle spedizioni, contro il 22-23% di 10 anni fa. Le cooperative rappresentano il restante 9%.
    Venendo ai dati qui esposti, nel 2020 lo Champagne ha perso un po’ della spinta nel mix di vendita che lo ha sempre caratterizzato e che ha consentito al valore di crescere nonostante la stabilità dei volumi intorno alle 300 milioni di bottiglie pre-crisi.
    Il mercato francese è un po’ più debole della media (-20% contro -18% per numero di bottiglie) ma il freno più forte viene dal Regno Unito -21% e dal Giappone, -24%. Gli USA calano del 19%, un po’ meno, ma la svalutazione del dollaro si fa sentire sui valori che invece viaggiano intorno al -25%. A tenere in piedi lo Champagne è sorprendentemente stata l’Eurpa continentale, e del nord in particolare (Scandinavia), oltre a qualche mercato lontano come l’Australia.
    Vi lascio ai numeri.

    Fonte: Comitè Champagne
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    Laurent Perrier – risultati primo semestre 2020

    Fonte: bilanci aziendali pubblicati sul sito di investor relations.
    Laurent Perrier è l’azienda quotata della Champagne “più avanti” nella crisi COVID, nel senso che stiamo qui analizzando i dati da aprile a settembre. I numeri sono ovviamente molto brutti, ma il semestre mette in luce i grandi meriti della sua strategia, che ha puntato tutto sul marchio e sulla sua valorizzazione. In due parole: 1) le vendite calano del 28% ma il prezzo-mix si mantiene positivo, addirittura +7%; 2) questo significa che a fronte di minori volumi venduti (anche peggio della media dello Champagne) i margini ne escono indenni, anzi addirittura sono migliori del primo semestre 2019; 3) la curva di crescita del debito resta molto moderata e largamente inferiore al livello del magazzino, che però per la prima volta da tanti anni aumenta di valore anno-su-anno. Non ci sono come sempre previsioni sul futuro, ma LP ha la forza per andare avanti nella sua strategia di “premiumizzazione” e controllo della distribuzione. Passiamo a una breve analisi dei dati semestrali.

    Le vendite calano del 28% a 71 milioni di euro. Le vendite in Francia sono il 23% del totale e sono giù di un terzo rispetto al 2019, mentre nel resto d’Europa le cose vanno meglio, con un -23% (a rappresentare il 45% del fatturato). Tra le piccole aziende quotate della Champagne, LP è quella più rappresentata fuori dall’Europa, dove però l’andamento del fatturato è piuttosto negativo, -31% per 22 milioni di euro.
    Il prezzo-mix è la chiave di lettura di questi numeri ed è ben rappresentato nel grafico. Nel periodo aprile-settembre cresce del 7.5%, dopo il +5.3% del primo semestre 2019 e il +5.9% del primo semestre 2019. Semplicemente, significa che il prezzo medio degli Champagne Laurent Perrier è cresciuto del 20% in 3 anni e questo è il principale fattore di miglioramento dei margini, che infatti nel primo semestre crescono: il margine industriale passa dal 55% al 57.5%, tornando al livello dei bei tempi (pre crisi 2008) e questo è abbastanza per assorbire i costi fissi generali e commerciali e portare a un utile operativo di 15 milioni, in calo del 25% sul primo semestre 2019 ma con una incidenza sul fatturato del 20.5% contro il 19.5% dello scorso anno. L’utile netto cala invece da 11 milioni a 8 milioni causa stabilità degli oneri finanziari e una tassazione in leggera crescita.
    Dal punto di vista finanziario, se analizziamo gli scostamenti da settembre 2019 a settembre 2020 abbiamo un aumento del debito finanziario di 8 milioni, da 316 a 324 milioni, con un magazzino in leggero calo (4 milioni). Nel semestre gli investimenti sono stati stabili a 3 milioni, mentre i dividendi pagati agli azionisti sono calati da 7 a 6 milioni di euro, ma sono stati mantenuti. Con un patrimonio netto in progresso di 12 milioni, il capitale investito è cresciuto a 762 milioni (19 in più del 2019 a settembre).
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    La valutazione delle aziende vinicole – aggiornamento 2020

    Due cose succedono nel nostro post annuale sulla valutazione delle aziende vinicole. Primo, non abbiamo più i multipli di Baron de Ley perchè ormai il proprietario si è comprato tutte le azioni sul mercato e quindi non ci sono più analisti che hanno interesse a elaborare delle stime. Al suo posto inseriamo Andrew Peller, il produttore di vino canadese quotato. Il post resta comunque difficile da scrivere e da interpretare per il momento particolarmente incerto. Secondo, il mitico “EV/EBITDA”, parametro di riferimento delle valutazioni aziendali in quanto un buon indicatore della generazione di cassa aziendale è defunto, causa introduzione dello scellerato principio contabile IFRS16. Resta il multiplo del valore d’impresa sull’utile operativo.
    I valori borsistici delle aziende vinicole sono calati mediamente del 7%, con cali più pronunciati per le aziende della Champagne e di quelle legate alla Cina, Treasury Wine Estates in particolare. In Italia ha perso terreno Masi, mentre è cresciuto di oltre il 60% il valore di IWB, che dalla crisi COVID ha tratto forti benefici grazie alla sua esposizione alla grande distribuzione e alla vendita diretta. Bene, nel post trovate la tabella aggiornata con i multipli degli utili (Prezzo/Utili) e (Valore d’impresa su utile operativo), oltre al multiplo sulle vendite (valore d’impresa sulle vendite). Passiamo a commentare qualche numero.

    Le tre grandi aziende vinicole storiche hanno attualmente un multiplo degli utili di 18.5 volte sul 2021, più basso del 21x del 2020 a causa della forte svalutazione di Concha y Toro, che oggi vale 1 miliardo di euro contro 1.2 miliardi dell’anno scorso ma ha degli utili molto superiori. TWE ha subito un forte calo (da 7.9 a 4.6 miliardi di euro) che però è simile al calo degli utili attesi e quindi continua a trattare intorno a 24 volte gli utili. Constellation Brands ha guadagnato qualcosa, ma ormai ha poco a che fare con il mondo del vino.
    Le aziende della Champagne hanno subito un calo di valore del 20% in media, soprattutto le due meno “qualitative” (Vranken Pommery e Lanson BCC). I multipli sono “impazziti” (28 volte gli utili contro 16 dell’anno scorso, 45 volte l’utile operativo contro 25, 3 volte le vendite contro 2.9) per via del forte calo degli utili attesi 2021 rispetto a quello che ci attendevamo (pre-COVID) nel 2020.
    Tra le piccole aziende bisogna sottolineare il forte incremento di valore di Italian Wine Brands, che combina risultati (e attese) eccellenti con una espansione dei multipli. Il suo valore di mercato è cresciuto del 64% e ora vale 140 milioni di euro, con un multiplo degli utili di 13 volte (era 9.5x nel 2020), 1 volta le vendite (0.8 nel 2020) e 10 volte l’utile operativo (8x). Sono molto buoni anche i dati di Delegat, che ormai vale 870 milioni di euro (+20%) e viaggia a 21 volte gli utili, un po’ meno dei 23 dello scorso anno. Scende il valore di Masi, ma non tanto quanto i suoi utili, il che si traduce in una espansione dei multipli: il valore di questa impresa è anche ancorato al valore delle terre e dei vini in invecchiamento che altre aziende non possono vantare.
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    Vendite al dettaglio di vino nella GDO in Italia – dati IRI, aggiornamento 2020

    Fonte: IRI
    Il 2020 si chiude con una decisa accelerazione delle vendite al dettaglio di vino nella grande distribuzione italiana, con una replica parziale di quanto era successo nel secondo trimestre causa lockdown. Le vendite totali di vino sono cresciute dell’8% nel quarto trimestre, con un incremento dell’11% per i vini fermi, il che porta il 2020 a chiudere a +7.3% . E’ chiaro che questi numeri vanno letti nel contest della pandemia, che ha fortemente ridotto l’accesso ai ristoranti, dirottando quindi il consumo di vino verso il canale “offtrade” e quindi verso la GDO, soprattutto nel secondo e quarto trimestre e in parte del primo. Quanto è stato lo spostamento? Se dovessi fare una stima direi circa 80 milioni di euro, che corrispondono a 3 punti percentuali di crescita… Dopo diversi anni ci troviamo comunque di fronte a un quadro inusuale, con il vino fermo cresce al pari dei vini spumanti, il vino rosso tanto quanto quello bianco e, da ultimo, con I volume in forte crescita: come dire tutto il contrario di quello che è capitato fino ad oggi. Bene, passiamo a commentare qualche dato.

    Secondo IRI nel 2020 la GDO ha venduto 7.9 milioni di ettolitri di vino, di cui 7 milioni di vino fermo e 0.8 milioni di ettolitri di vini spumanti, con una crescita del 6% sul 2019, l’incremento delle vendite in euro a 2.74 miliardi, +7.3% è dunque principalmente imputabile a un effetto volume, con i prezzi medi (incluso il mix) in crescita dell’1.5% circa.
    Come dicevamo sopra l’anno è stato caratterizzato da almeno due trimestri e mezzo di forte anormalità. Il secondo trimestre e il quarto trimestre hanno segnato un +10% e +8% rispettivamente, a fronte di un +4% per il terzo trimestre (+7% per il primo). Se usassimo il 4% del terzo trimestre come la crescita normale, troveremmo un “eccesso” di circa 78 milioni negli altri trimestri, che corrispondono a 3 punti percentuali di crescita.
    Andando nei numeri del quarto trimestre, sono stati particolarmente positivi i dati del vino fermo, +10.6%, guidati dai vini bianchi e rosati intorno a +12% e dal +10% del vino rosso (che resta preponderante tra i vini fermi in valore assoluto). Le categorie DOC/DOCG continuano a guadagnare quota, +12% contro il +5% dei vini comuni.
    Nel segmento degli spumanti per il quarto trimestre abbiamo una crescita del 3% dei prodotti italiani e un calo del 12% dello Champagne. Tra i prodotti italiani si allarga la forbice tra lo Charmat Secco (Prosecco principalmente) che cresce del 9%, contro un dato stabile per i metodo classico e un calo di ben il 18% per i vini Charmat Dolci.
    I dati dell’anno sono più omogenei, con un +7.4% per i vini fermi e un +8.1% per gli spumanti. Nell’ambito dei vini fermi sono molto simili le crescite per tipologia, mentre le categorie di alta qualità mantengono una velocità superiore rispetto ai prodotti di basso livello (+8% contro +3%). Anche negli spumanti il quadro allargato vede un andamento positivo anche per i metodo classico, +5%.
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    Lanson BCC – risultati primo semestre 2020

    Dopo aver analizzato il semestre di Vranken, siamo psicologicamente pronti a leggere quelli di Lanson, altra azienda della Champagne con un andamento strutturalmente negativo degli utili e delle vendite, che potete ben apprezzare nel grafico qui sopra esposto, simile a quello di Vranken, dove vedere l’evoluzione negli anni (fino al primo semestre annualizzato) delle vendite, del margine lordo e del valore del magazzino. Anche per Lanson si evidenzia questa divaricazione tra il fatturato e il valore del magazzino (se riportate il magazzino “al prezzo di vendita” si arriva a 3.5-4 anni di fatturato equivalente in casa) che per ora è “attivo patrimoniale”, ma a un certo punto potrebbe anche diventare un sintomo di scarsa salute finanziaria. Il primo semestre è ovviamente andato male, ma meno che per Vranken, con un fatturato in calo del 7%. Due sono i componenti che lo hanno supportato: le vendite francesi, rimaste quasi stabili (-4%) e lo sviluppo dell’azienda nel mercato asiatico, dove di fatto non era quasi presente e dove si registra dunque un +77%. I margini peggiorano, soprattutto a livello di gross margin, segno che il mix di prodotti venduti è peggiorato rispetto allo scorso anno. Ovviamente nessuna indicazione relativa al futuro. Passiamo ai numeri.

    Le vendite calano del 7% a 74 milioni, il dato più basso da quando guardiamo l’azienda, con un contributo di 42 milioni della Francia, -4% in un mercato dove secondo il consorzio i volumi di vendita di Champagne sono calati del 29%. In Europa le cose vanno un po’ peggio, -13% a 26 milioni, ma comunque non troppo male, dato che sempre secondo il consorzio le vendite a volume sono calate del 31%. L’America si dimezza ma valeva poco, l’Asia quasi raddoppia ma anche lei era irrilevante. Gli amministratori spiegano che le cose sono andate meglio del mercato grazie alla forte esposizione alla grande distribuzione del gruppo.
    I margini sono in calo, soprattutto a livello di margine industriale, passato dal 45% al 40% nel semestre (da 36 a 29 milioni di euro) per via del minor prezzo di vendita dei prodotti. A livello di EBITDA e di utile operativo il tutto viene parzialmente compensato dal taglio dei costi, inclusi i benefici degli schemi di supporto governativi per la crisi del COVID. L’EBITDA cala quindi soltanto di 1 milione a 3 milioni (margine 4%), l’utile operativo passa da 0 a 1 milione di perdita, e la perdita netta sale da 1 a 2.6 milioni. Poteva andare molto peggio.
    La struttura finanziaria resta stabilmente indebitata, per usare un gioco di parole. In realtà il debito cala di 2 milioni sullo scorso anno, a 545 milioni, mentre il valore del magazzino giugno-su-giugno sale di 4 milioni di euro. Si arriva a questo risultato con un forte taglio degli investimenti nel primo semestre (da 5 a meno di 3) e con il taglio a zero dei dividendi (erano 3.5 milioni l’anno precedente).
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