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    Fiocco …d’oro in casa Vinix: è nato Beersboard

    Conoscete Vinix? Certo che sì, dopo tutti questi anni non è certo (più) una novità questo social commerce dal basso capace di soddisfare la richiesta di risparmio degli appassionati di vino con l’esigenza di guadagno dei produttori, e senza provocare (eccessive) rivolte da parte degli intermediari di questi ultimi. Il tutto in un clima sufficientemente sciallo di generale amicizia e familiarità (che non guasta mai). Ma la’ fuori non ci sono solo wine lovers, perciò era solo questione di tempo prima che alla piattaforma dedicata ai vini (e a qualche altro prodotto artigianale accuratamente selezionato) se ne accostasse una riservata anche ai beer lovers. Ecco perciò Beersboard, un social commerce nuovo di zecca interamente dedicato alla birra artigianale, costola di Vinix (e integrato esso), ma dotato di vita propria. Beersboard non solo offre la possibilità di poter comprare in gruppo con gli amici con il sistema delle cordate con sconti scalari fino al 51% reale rispetto ai canali tradizionali – recita il comunicato stampa di lancio – ma eredita dalla piattaforma Vinix anche la parte social (pubblicazione di contenuti, amici, reactions, commenti, messaggistica) unendo le classiche funzionalità di un social network con quelle di un e-commerce innovativo, per dare vita al primo vero social commerce italiano della birra.La selezione dei birrifici artigianali parte da un primo zoccolo duro di una ventina di produttori scelti tra i migliori birrifici italiani a cui si aggiungeranno presto nuove realtà: “La selezione avviene con la medesima cura, regole e attenzioni che prestiamo per parte vino” spiega Filippo Ronco, il quarantottenne fondatore del nuovo spinoff, “non prendiamo per ora in considerazione beer-firm, ma solo birrifici dotati di propri impianti di produzione, rigorosamente entro i limiti di classificazione artigiana, scoviamo i migliori produttori di birra in giro per l’Italia e li rendiamo disponibili per l’acquisto in cordata”.Quando si presentò al grande pubblico per la prima volta (con Vinix, appunto), l’acquisto in cordata fu salutato – come spesso accade alle innovazioni – come una genialata (da un lato), un’inutile complicazione (dall’altro), o una moda che non avrebbe retto all’usura del tempo. A distanza di anni, Vinix è ancora qui, in ottima salute, e il fatto di aver addirittura figliato dimostra che quella corretta era la prima impressione: il social commerce dal basso era ed è la risposta a un modo di fare e-commerce che cerca di mettere d’accordo più esigenze anche antitetiche a volte, senza trascurare un ulteriore dettaglio (allora forse non così determinante, ma oggi decisamente vitale): l’attenzione ai costi ambientali. “ Quello dell’acquisto in cordata cè un sistema che è anche amico dell’ambiente: grazie alla collettizzazione infatti, tanti ordini di piccole dimensioni confluiscono in poche grandi spedizioni verso singoli capicordata geolocalizzati, dove poi avviene la distribuzione finale dell’ultimo miglio a cura degli stessi partecipanti. Questo contribuisce a ridurre drasticamente l’impatto da trasporto su gomma. Con questo sistema distributivo – che viaggia quasi esclusivamente su pallet – si azzerano le rotture e si evitano i voluminosi e costosi (anche in termini di riciclo) imballaggi antiurto. Un modello virtuoso che si muove al contrario rispetto ai principali player dell’e-commerce internazionale che ci stanno erroneamente portando a credere che il modello del “tutto e subito” non abbia un consistente costo economico, umano e sociale.”Il nuovo sistema è già operativo: info e contatti qui.

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    Elegante, profumato, snello: il nuovo stile del Valpolicella Superiore (che piace)

    I dati di mercato e le indagini tra i consumatori del mondo l’hanno reso ormai chiaro: il vino del momento è il Valpolicella Superiore. Un “Superiore” che nasce soprattutto in vigneto, da uve di qualità naturalmente superiore di quelle destinate a fare Valpolicella fresco, e non dall’aiutino che può dare anche a questa tipologia la consueta pratica dell’appassimento (leggero, medio, forte, breve, medio lungo, lungo, in parte, metà, tutta l’uva… le varianti sono quasi infinite). Per questo il Consorzio di Tutela della Valpolicella ha avviato, in collaborazione con il Dipartimento di Biotecnologie dell’Università di Verona, uno specifico progetto di ricerca focalizzato sul Superiore: per individuare la stilistica di maggior successo, analizzare l’offerta attuale presente sul mercato, offrire ai produttori delle basi scientifiche che li possano orientare nelle scelte produttive di domani. L’obiettivo è riuscire a produrre un Valpolicella Superiore che sia significativo ed esemplare del suo territorio di origine e anche in linea con tendenze e gusti più contemporanei. Il progetto è partito nel 2021, e culminerà con l’ultima raccolta dati a partire dalla vendemmia in corso. “La ricerca messa in campo – racconta il Presidente del Consorzio Christian Marchesini – nasce dalla consapevolezza che la Valpolicella, oltre ai grandi vini strutturati come l’Amarone, che deriva da appassimento, e il Valpolicella Ripasso, prodotto da una tecnica rafforzativa unica al mondo, deve potere schierare sui mercati anche una referenza che parli in modo forte e chiaro di territorio. Un vino che sia il risultato di affinamenti anche importanti, capaci di valorizzare al meglio il luogo di provenienza senza interferenze tecniche. Da qui la volontà di mettere la lente di ingrandimento sul Valpolicella Superiore, nella consapevolezza che questo possa essere un vino moderno, capace di giocare un ruolo da protagonista nel panorama commerciale odierno, andando a intercettare un segmento di consumatori che prediligono vino con gradi alcolici più leggeri e con una maggior bevibilità”.Due le direzioni entro cui si è mossa la ricerca condotta dal Prof. Maurizio Ugliano e dal suo team del Dipartimento di Biotecnologie dell’Università di Verona: “Da un lato – racconta il prof. Ugliano – il Consorzio ha raccolto in molti siti, nel corso delle passate due vendemmie, campioni d’uva che sono stati vinificati in laboratorio realizzando blend di Corvina, Corvinone e Rondinella combinati insieme in modo diverso. I vini ottenuti sono stati analizzati a livello chimico e sensoriale per comprendere come composizione delle uve e tipo di blend, rispettivamente frutto delle caratteristiche dei differenti vigneti e delle scelte dell’enologo, vadano a caratterizzare il vino. La 2023 sarà l’ultima vendemmia di questo triennio di ricerca che chiuderà la raccolta dati e che ci consentirà nel 2025 di pubblicare i dati conclusivi di questo importante percorso.” Nel frattempo, si è andati a indagare il panorama commerciale del Valpolicella Superiore, per capire se la direzione e lo scopo concettuale della ricerca fosse corretta: “A tal fine – continua il docente – sono stati analizzati dall’Università 63 campioni di vini, per caratterizzarne in maniera dettagliata la composizione aromatica. In aggiunta però, questi sessantatré campioni sono stati anche affidati all’ assaggio di un panel di esperti internazionali, composto da opinion leader, giornalisti, sommelier e degustatori convocati a febbraio 2023 al fine di verificare se esistessero degli stili più ricorrenti rispetto ad altri, sia a livello alcolico che strutturale. Complessivamente, è stato possibile identificare alcuni composti aromatici caratteristici di differenti stili esistenti tra i produttori, il che consentirà in futuro di definire con maggior precisione l’importanza di variabili di vigneto e di cantina nell’interpretazione stilistica del Valpolicella Superiore.”Molto interessanti e indicativi i risultati raccolti; è infatti emerso che dei quattro stili principali identificati – snello, leggero, strutturato e potente – gli stili leggero e snello siano quelli che hanno riscontrato un maggior gradimento. I risultati di questa parte di ricerca sono stati presentati ai produttori di Valpolicella Superiore nel corso di tre serate che si sono svolte nel mese di luglio 2023. “Il messaggio che è stato veicolato – dice il Presidente Marchesini – è che da questa analisi dobbiamo e possiamo trarre preziose indicazioni per il futuro, per essere preparati di fronte a quella che appare essere una tendenza crescente non sono nel panorama nazionale ma anche internazionale. L’analisi condotta infatti ci dice che vini con un grado alcolico tra i 12,5 e i 13 gradi, con strutture inferiori a livello di estratto, in cui i sentori di appassimento emergono in misura minore e in cui la capacità di beva è maggiore, riscontrano un maggior apprezzamento da partedel consumatore”.I risultati conclusivi della ricerca saranno disponibili solo nel 2025, quando anche le campionature dell’ultima vendemmia ora in corso saranno analizzati e sistematizzati e consentiranno di avere un quadro più completo in grado di aiutare i produttori a orientare meglio le loro strategie produttive. LEGGI TUTTO

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    Save the bees!

    Oggi è la Giornata Mondiale delle Api, quei piccoli, preziosi e organizzatissimi esserini alati ai quali dobbiamo la nostra agricoltura. Circa il 75% delle colture alimentari dipendono, direttamente o indirettamente, dal loro lavoro d’impollinazione; senza di loro, la catena alimentare sarebbe compromessa e avremmo una drastica riduzione delle risorse alimentari disponibili. Sono inoltre degli indispensabili indicatori della salubrità di un ambiente: la loro presenza contribuisce all’equilibrio degli ecosistemi e alla biodiversità, e favorisce la riproduzione delle piante selvatiche. “Se ci si pensa, non sarebbe solo il miele a sparire dalla lista della spesa se le api, e gli insetti impollinatori in generale, dovessero estinguersi. Sugli scaffali dei nostri negozi non troveremmo più una infinità di frutti e di verdure. Ma non troveremo nemmeno il caffè e il cioccolato e chissà quanti altri cibi perché sarebbe colpito il 75% dei raccolti su cui si basa la nostra sopravvivenza. Non sarebbero più povere soltanto la nostra dispensa e la nostra tavola ma tutto il mondo”. E’ il pensiero del presidente della Regione Veneto Luca Zaia, e non si può non essere d’accordo. Con quasi 100 mila alveari e 9 mila apicoltori, il Veneto è una delle prime regioni in Italia per la produzione di miele e derivati e vanta una DOP che dal 2010 tutela il Miele delle Dolomiti Bellunesi con specifico disciplinare.“Era il 2008 – ricorda ancora Zaia – quando ero ministro delle Politiche agricole e, di fronte alla preoccupante diminuzione di questi insetti ho deciso di firmare la sospensione dell’utilizzo dei neonicotinoidi per la concia delle sementi.  Fu un grande passo a livello nazionale con l’obbiettivo di puntare al ripopolamento degli alveari. Anche per questo, nove anni dopo, ho salutato con soddisfazione l’istituzione di questa giornata da parte delle Nazioni Unite”. Malgrado questo,  l’Italia è sempre meno un Paese per le api e gli apicoltori. Per numero di alveari il nostro Paese è quarto in Europa (1,2 milioni di arnie, accudite da 45 mila apicoltori), con una produzione annua di miele di circa 22 mila tonnellate. Troppo poche per coprire il fabbisogno interno, per questo siamo costretti a importarne anche dall’estero. E fuori da nostri confini, uno dei più grandi produttori (ed esportatori) al mondo è la Cina (543 mila tonnellate all’anno), seguita da Turchia (114 mila tonnellate) e Argentina (76 mila tonnellate). Com’è facile intuire, mancando del miele per il fabbisogno interno l’Italia è costretto a importarlo, e sugli scaffali dei negozi arrivano facilmente vasetti a prezzi altamente competitivi (e allettanti) da Paesi terzi, dove le stringenti regole italiane ed europee in materia di qualità del prodotto e sicurezza alimentare non sono, appunto, altrettanto stringenti. Occhio, perciò, alle retro etichette, soprattutto se il vasetto è di provenienza estera. Meglio spendere qualche euro in più e scegliere un miele italiano, magari comprandolo direttamente da un apicoltore.  LEGGI TUTTO

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    Dove la viticoltura del Nord Est?

    Un ritardo medio di inizio vendemmia di 8/10 giorni rispetto allo scorso anno; uno stato sanitario delle uve ottimale (al momento), ma un calo complessivo della produzione di circa il -10%, con punte anche superiori in alcune aree colpite da pesanti grandinate e dalle gelate tardive di aprile. Per il Veneto si parla di – 12%, per il Trentino -8%, per la provincia di Bolzano -10%, per il Friuli -18%. Nonostante questo, nel complesso, quella del 2021 si prospetta come una annata di alta qualità. Ma… che fatica. Forse per la prima volta, nel recente focus sulle previsioni vendemmiali promosso da Regione del Veneto e Veneto Agricoltura con Avepa, Arpav e Crea-VE, il direttore di quest’ultimo, il ricercatore Diego Tomasi, ha inserito anche la difficoltà gestionale viticola tra gli elementi presi in esame per delineare lo stato dell’arte delle vigne venete. Non che le annate precedenti siano state delle passeggiate – o che in generale fare il viticoltore e il produttore di vino sia sempre un letto di rose – , ma quest’anno è andata peggio del solito. I mesi di aprile e maggio hanno presentato un livello di difficoltà gestionale viticola altissima, quelli di luglio e agosto alta, media gli altri periodi. Solo l’inizio dell’anno (gennaio e febbraio) sono stati facili. Colpa del cambiamento climatico ovviamente, e delle sue conseguenze: un andamento meteo sempre più imprevedibile che si trasforma una girandola impazzita di eventi estremi (gelate tardive, piogge torrenziali, grandinate, picchi di caldo torrido, siccità) sempre più frequenti. Nella sua presentazione, Tomasi ha tracciato un quadro abbastanza complesso di una situazione viticola buona, ma non priva di campanelli di allarme. Da un punto di vista sanitario, come detto, al momento le uve stanno bene, ma i pericoli non mancano: la flavescenza dorata, che da qualche anno sembrava sotto controllo, ora sta tornando a diffondersi con forza, così come si stanno ripresentando giallumi e mal dell’esca. In futuro non si escludono attacchi più frequenti anche di oidio e black rot. Tutte minacce che stanno raffreddando l’entusiasmo per la conduzione biologica, a dispetto della crescente richiesta del pubblico di vini bio. Ciò premesso, dove sta andando la viticoltura del Nord Est?  Alcuni trend appaiono chiari. La sensibilità ambientale cresce: si notano un abbandono quasi unanime del glifosate, un incremento esponenziale della richiesta di certificazione SQNPI (Sistema di Qualità Nazionale di Produzione Integrata, alla quale da tempo lavora il Consorzio del Prosecco Doc), un maggior uso degli atomizzatori a recupero, un crescente interesse per la viticoltura di precisione e per le varietà intraspecifiche. Quest’ultimo elemento in particolare sarà sempre più da qui in poi un argomento di riflessione e discussioni tra produttori, Consorzi, enti di ricerca: se il clima cambia molte coltivazioni dovranno essere riviste, e con esse i disciplinari di produzione. Quel che appare chiaro è che, se si vuole avere la meglio sulle sfide sempre più complesse (e interconnesse) che i tempi attuali ci stanno presentando, sarà necessario che tutti gli attori della filiera vitivinicola (produttori, ricercatori, coltivatori, ricercatori, Consorzi di tutela) collaborino tra loro, studino, innovino e sperimentino a un ritmo anche più sostenuto dell’attuale. Oggi più di ieri, da soli non si va da nessuna parte. LEGGI TUTTO

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    La rivoluzione rosa del Chiaretto di Bardolino

    Molte vendemmie son trascorse dal giorno in cui venne annunciata la Rosè Revolution: ora i frutti son maturi. E sono tutti buoni.Da tempo c’erano un po’ di cose da sistemare, in casa Chiaretto.Considerato una specie di fratello minore del Bardolino, soffriva una subalternità al rosso tradizionale del lago di Garda fin dal nome: Bardolino Chiaretto. Per fortuna gli anni passano, e anche per i piccoli arriva il momento dell’autonomia. Dalla vendemmia 2021 il vino rosa si chiamerà Chiaretto di Bardolino. Un cambio di disciplinare che sottolinea anche una presa di coscienza dei produttori nei confronti di questa tipologia, al punto che  molti stanno provando a sperimentare approcci nuovi : selezioni delle uve più rigorose, etichette diverse di Chiaretto, affinamenti più lunghi in materiali differenti. Del resto, in questo momento il Chiaretto merita tutte le attenzioni, dato anche il crescente interesse (e affezione) che incontra presso i consumatori: 10 anni fa non raggiungeva i 5 milioni di bottiglie, oggi se ne fanno almeno 10. E nonostante il 2020 abbia visto un crollo verticale delle presenze turistiche sul lago, le vendite di Chiaretto si sono mantenute costanti.Veniamo al vino. Quest’anno, causa pandemia, l’Anteprima Chiaretto 2020 si è svolta interamente da remoto. Ciascun giornalista ha ricevuto a casa dal Consorzio di Tutela 50 mini campioni, rigorosamente anonimizzati, e si è divertito (eufemismo) ad assaggiarseli per conto suo, con i suoi tempi, anche a più riprese, anche giocando con gli abbinamenti dei campioni di formaggi offerti del Consorzio del Monte Veronese. Messe una in fila all’altra, le 50 boccette* presentavano una gamma di sfumature che con i Chiaretto di una decina d’anni fa non avevano più molto in comune. Erano tutte allineate tra il color litchi chiaro e il rose quartz più o meno intenso, passando da (poche) sfumature di rosa cipria/rosa antico (pallido) con nuance tra il rosso e l’arancio chiari. Una uniformità che sicuramente aiuta la riconoscibilità della tipologia gardesana, ma che non è priva di insidie: alcuni campioni infatti erano fin troppo chiari. Quasi bianchi. Gli assaggi hanno rivelato 50 vini diversi tra loro, ma non troppo. Alcuni erano un po’ chiusi, con sfumature di vegetale ed erba selvatica, altri decisamente più fruttati e golosi, alcuni giocavano su note agrumate di arancia rossa o mandarino, altri su toni floreali rosa e rossi. Ce n’erano da aperitivo, da antipasto e da tutto pasto. Alcuni più citrini, altri più fruttati maturi. E ce n’erano anche di sorprendenti: la seconda grande novità era infatti la presenza di alcuni campioni di vecchie annate. I quali, in mezzo ai ggiovani della vendemmia 2020, con i loro 2-3 anni in più si sono dimostrati a loro completo agio. Direi anzi che a molti davano dei punti. I nostri best of: Lenotti, Chiaretto di Bardolino Classico 2020 “Decus”, Le Fraghe, Chiaretto di Bardolino “Rodon Bio” 2020, Il Pignetto, Chiaretto di Bardolino “Le Morandine” 2020, Gorgo, Chiaretto di Bardolino Bio 2020, Costadoro, Chiaretto di Bardolino Classico 2020, Cantina Caorsa, Chiaretto di Bardolino Classico 2020, Aldo Adami, Chiaretto di Bardolino 2020, Marchesini Marcello, Chiaretto di Bardolino Classico 2020. (Personali) Gran Menzioni: Villa Cordevigo, Chiaretto di Bardolino Classico “Gaudenzia” 2018, Villa Calicantus, Chiaretto di Bardolino Classico 2019, Zeni, Chiaretto di Bardolino Classico Anfora 2019.Chiudiamo con una nota tecnica. Dovendo fare di necessità virtù, il Consorzio ha optato per una versione ridotta delle bottiglie per la degustazione: le *Vignon da 5 cl., che ai fini dell’assaggio hanno fatto il loro dovere egregiamente, senza tradire il prezioso contenuto. I pro di questo formato è che in poco spazio si stoccano molte bottiglie(tte), e si possono assaggiare tanti vini senza sprecare una goccia (non te lo puoi permettere).I contro: non sempre sono facili da aprire, date le dimensioni minime. Non tutti i wine critics le amano, e così alcune aziende, che hanno rinunciato a mandare i loro vini.Infine, sono perfette per i vini tranquilli. Ma … e le bollicine? Il grande assente di questa Anteprima è stato infatti il Chiaretto spumante. Un tipo di vino che – è vero-  non tutti producono, ma che è comunque rappresentativo; speriamo che la sua esclusione sia stata dettata da motivi tecnici e che in futuro si trovi una soluzione per far assaggiare in piccoli formati anche i vini frizzanti e spumanti. LEGGI TUTTO

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    I vini in anfora della Valsugana

    Non cercateli, ancora non sono pronti. Ma lo saranno presto, i vini in anfora dei fratelli Alessio e Simone Fattore, nemmeno 60 anni in due. Con una buona dose di coraggio, tanta determinazione ed entusiasmo da vendere hanno fondato in Valsugana una micro-azienda vinicola: De Fattore. Fin qui, non ci sarebbe nulla di particolarmente nuovo, dato che di nuove aziende nel mondo del vino ne nascono in continuazione. Ciò che contraddistingue questa però è la scelta non solo della localizzazione – una valle del Trentino sud orientale più nota per le sue località turistiche che per i suoi vini – ma anche del cosa e del come. Alessio e Simone hanno infatti deciso di produrre vino esclusivamente in anfora, “recipiente attentamente scelto per una personale convinzione sui prodotti che può generare, unendo tradizione, tecnica enologica e territorio” spiegano gli interessati: “Questo è un progetto nato da noi e da zero. Ovviamente, siamo in fase embrionale: per ora ci appoggiamo ad una cantina esterna, e ci sono lavori in corso per realizzare una nuova piccola struttura”.
    Fin da subito i due ragazzi hanno deciso di scommettere su vitigni resistenti e varietà dimenticate: ad oggi perciò sono la prima ed unica azienda a produrre vini in anfora in Valsugana, fra i quali già spicca uno spumante, un Brut Nature da uve Chardonnay.
    Fra le altre varietà di uva utilizzate, oltre allo Chardonnay, vitigno principe in Valsugana, l’azienda De Fattore sperimenta da tempo varietà resistenti come Solaris e Souvigner Gris, due vitigni Piwi, resistenti alle principali malattie della vite. inoltre stanno cercando di recuperare un altro antico vitigno del luogo: la Pavana, oggi quasi totalmente abbandonato. Una seconda piccola linea di vini, questa volta rossi, nasce invece dalla vicinanza al Veneto, che ha portato i due fratelli a lavorare Cabernet e Merlot da vigneti della zona di Bassano del Grappa. Obiettivo finale? “ Una continua crescita qualitativa – concludono i due neo-produttori – e l’ambizione di poter creare un giorno dei vini che siano un punto di riferimento per qualcuno”. LEGGI TUTTO

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    L'accademia tra i filari: è nata 4Grapes Academy

    Sono i tempi di Ampelio, questi, ma anche degli ampelonauti, ovvero di esperti (o aspiranti tali) delle cose della vite. Proprio in questi giorni infatti è stata lanciata la prima Scuola Italiana di Monitoraggio online del vigneto. Fondatore, un noto e apprezzato tecnico del settore: l’enhanced agronomist & researcher Giovanni Bigot.
    Obiettivo di questa Scuola è formare efficienti monitoristi (chissà se si può dire), cioè agronomi , produttori o consulenti esperti nella scienza del monitoraggio della vita di un vigneto. Osservarne le diverse fasi di sviluppo, imparando a identificare il prima possibile eventuali problemi e malattie è sempre stato uno dei compiti di chi si occupa “della campagna” di un’azienda viticola, ma le nozioni scolastiche e l’esperienza personale non sono più sufficienti. Servono strumenti nuovi e un costante aggiornamento professionale. E magari anche occhi diversi con cui osservare le cose. “La 4Grapes Academy è la prima Scuola Italiana di Monitoraggio online che nasce per formare tecnici specializzati nel monitoraggio del vigneto, allo scopo di avere una maggiore conoscenza dello stesso, mettendo al centro la persona con un ruolo attivo” spiega Giovanni Bigot “L’obiettivo sono molteplici: riduzione dei costi di gestione (in particolare quelli per la difesa della vite), limitazione dell’impatto ambientale nel rispetto della normativa europea, aumento del potenziale qualitativo del vigneto”. Rivolto a titolari e agli operatori delle aziende vitivinicole, ai tecnici viticoli, ai funzionari delle Ditte produttrici di prodotti fitosanitari, ad Agronomi e Periti Agrari e ai consulenti regionali, è un corso consigliabile anche agli studenti universitari e a tutti coloro che vogliono approfondire le loro conoscenze sulla viticoltura. Durante il corso si imparerà in particolare una metodica di lavoro, composta di tre elementi: l’osservazione, la deduzione, l’azione. L’obiettivo finale della 4Grapes Academy è infatti quello di acquisire competenze sia teoriche che pratiche necessarie per poter agire in piena autonomia, per saper osservare nel dettaglio il vigneto oggetto di monitoraggio al fine di determinare la sanità delle uve e, alla fine del percorso, valutare la produzione e la qualità delle uve. Oltre a questo, il corso aiuterà a sviluppare le abilità interpersonali, per poter comunicare e condividere i propri dati con le persone della propria rete, ovviamente insegnando a come crearne una, a come abbassare i costi della difesa e a ridurre l’impatto ambientale. Durante le lezioni si parlerà di ampelopatie (come riconoscerle e trattarle), di modelli previsionali, di ottimizzazione del lavoro nel vigneto, di viticoltura di precisione. L’Academy è strutturata in 3 livelli di apprendimento, e alla fine del corso è previsto un esame di monitoraggio completo. L’inizio del corso – interamente online – è previsto per metà novembre. Per informazioni, si può scrivere a questo indirizzo mail: academy@4grapes.it , o telefonare al numero 339 2070155 di Tjasa Strehar – Responsabile comunicazione e servizio clienti. LEGGI TUTTO

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    Lotta alla Drosophila Suzukii: arriva la cavalleria asiatica

    Quando fece la sua prima comparsa nelle nostre terre ne avevamo solo sentito parlare male dai frutticoltori delle regioni vicine: la Drosophila suzukii era la maledizione dei ciliegi e dei piccoli frutti maturi in genere. A differenza del suo più comune e diffuso parente, il moscerino della frutta, appassionato consumatore di frutta stramatura tendente al marcio, la più raffinata Drosophila ama la frutta fresca e matura al punto giusto, che utilizza come nido-mensa. Le uova depositate sotto l’epidermide, poniamo, di una ciliegia, danno modo alle larve di venire al mondo direttamente in un buon e succoso ristorante, e lì si sviluppano.
    I danni erano già ingenti per i cerasicoltori – così come per i produttori di pesche, susine, mirtilli, kiwi, albicocche, cachi, fichi, ecc. – ma quando la vorace Drosophila iniziò a mettere i suoi grandi occhi rossi anche sui grappoli d’uva, fu il panico, o quasi. Dal 2009 (anno in cui fece la sua prima comparsa in Toscana e Trentino) ad oggi si sono cercati i mezzi più efficaci e al tempo stesso eco-compatibili per contrastarla/arginarla, ma con successi finora limitati. Per noi la DS è un insetto alieno, essendo originaria del Sud Est asiatico, qui non ha nemici naturali e questo le ha permesso di espandersi indisturbata in decine di Paesi europei. Ma i tempi sicuri stanno per finire: è infatti in arrivo il suo antagonista. Alieno anche lui.
    E’ il Ganaspis brasiliensis: prelevato dai laboratori del CAB International, importante centro di ricerca svizzero con cui la Fondazione E.Mach di Trento si coordina a livello internazionale nell’ambito della lotta alla Drosophila suzukii, al momento si trova isolato presso i laboratori della stessa FEM, che coordina il programma a livello nazionale.Ora per il Ganaspis inizia il periodo di sperimentazione in quarantena; il prossimo passo sarà la presentazione dello studio del rischio che valuti l’impatto del parassitoide sugli ecosistemi locali in caso di liberazione sul territorio. Tale studio è un requisito fondamentale per ottenere l’autorizzazione al rilascio e verrà presentato alle autorità preposte entro la primavera 2021. In questo lavoro FEM integrerà gli studi già svolti presso CAB e negli Stati Uniti prendendo in considerazione le condizioni ecologiche specifiche degli ambienti italiani.
    Per dare maggior rilevanza allo studio, la Fondazione ha ritenuto opportuno creare un gruppo di lavoro coinvolgendo nel progetto il CREA Firenze e numerose università e istituti di ricerca sparsi sul territorio nazionale e assumendo il ruolo di coordinatrice dei lavori. Una volta approvato lo studio del rischio, si potrà procedere all’avvio di un programma di lotta biologica per il controllo su scala territoriale di Drosophila suzukii, analogo a quello già partito nei confronti della cimice asiatica con la vespa samurai.
    A differenza della Drosophila, che è un dittero, il Ganaspis brasiliensis è un microimenottero (piccola vespa) parassitoide originario dell’Estremo Oriente (Cina, Corea del sud e Giappone), ovvero gli stessi luoghi di origine della Drosophila. Questo ha permesso al Ganaspis di adattarsi a parassitizzare le larve del moscerino asiatico, dimostrando un elevato grado di successo e specificità, al contrario delle altre specie di parassitoidi già presenti in Europa. Grazie alla presenza di questo antagonista naturale, nel SE asiatico le popolazioni diDrosophila suzukii sono mantenute in un equilibrio gestibile per le produzioni agrarie. Date le premesse, si spera di riuscire a replicare la situazione anche qui in Italia e nel resto d’Europa. LEGGI TUTTO