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    Constellation Brands – risultati 2020 e non-previsioni 2021

    Fonte: bilancio e comunicato stampa
    Constellation Brands ha chiuso questo stranissimo 2020 con dei risultati che quasi non mostrano l’impatto della pandemia. Dato che gli utili non sono scesi nel 2020 (anzi sono saliti dell’1% se aggiustati per le variazioni di valore di Canopy), l’azienda ha mantenuto un approccio molto prudente sulle prospettive del 2021, anche perché la vendita di un bel pezzetto del segmento vino a E&J Gallo avrà un impatto negativo che nell’anno appena chiuso si è materializzato soltanto nell’ultimo trimestre. L’utile per azione 2021 è dunque visto calare da 10.44 a 10.15 dollari per azione (escluso il contributo di Canopy, che continua a macinare perdite su perdite). Nel 2020 per tirare le somme il vino e gli spirits di Constellation ha fatturato 2.54 miliardi di dollari (il 29% del totale) e ha generato un utile operativo di 622 milioni (il 22% del totale), con una crescita organica del 2% (+8% nell’ultimo trimestre). Nel 2021 l’impatto del disinvestimento determinerà un calo ulteriore del contributo del vino tra il 20% e il 25% (a fronte di una previsione di crescita organica positiva del 2-4% per il segmento). Passiamo a commentare qualche dato:

    Le spedizioni di vino si sono riprese nell’ultimo trimestre dell’anno del 3% quando si esclude l’impatto della vendita di parte della divisione, mentre a livello annuo i 45 milioni di casse spedite da CB sarebbero calate del 5%. Il segmento delle bevande alcoliche americane nell’ambito del COVID ha subito un forte processo di “destocking” in base al quale la catena di distribuzione ha ridotto le scorte di prodotto (pur rischiando di perdere qualche vendita) per massimizzare la disponibilità di cassa.
    Tornando a CBrands il dato positivo delle spedizioni non corrisponde all’andamento del prodotto presso i clienti finali, che è stato meno negativo nell’anno (-3%) che non nell’ultimo trimestre (-7%). Tutti questi numeri ci fanno comunque giungere alla conclusione che il segmento del vino di qualità come quello di CBrands è ha subito un impatto negativo legato alla pandemia e all’impatto sulla ristorazione.
    I dati finanziari sono rimasti buoni, con un margine operativo del 24% nell’anno ma con un pesante calo nell’ultimo trimestre dell’anno (20%), segno che la vendita a Gallo ha riguardato vini non strategici ma non per questo molto profittevoli.
    Se prendiamo i dati globali CBrands è oggi un colosso da 8.6 miliardi di dollari di vendite e 2.8 miliardi di utile operativo, con un utile netto di 2 miliari di dollari nel 2020. Il tutto esclude Canopy a livello operativo, che avrebbe portato a rilevanti perdite.
    La struttura finanziaria di CBrands tuttavia ha tratto grandi benefici dall’operazione di vendita del segmento vino, che ha generato circa 1 miliardo di dollari di incasso. Il debito è calato da 12 a 10 miliardi di dollari, per un rapporto sull’EBITDA che scende da 4.2 volte a 3.2 volte.

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO

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    USA – esportazioni di vino – aggiornamento 2020

    Fonte: UN Comtrade
    Le esportazioni di vino americano sono in declino da ormai qualche anno, fonte la forza del dollaro americano nei confronti delle altre valute ma anche, bisogna dirlo, del fatto che per gli americani le esportazioni sono una parte tutto sommato marginale tra gli sbocchi del loro prodotto. Con oltre 20 milioni di produzione annua, stiamo infatti commentando un export 2020 nell’ordine di 3.6 milioni di ettolitri, per un valore relativamente basso (1.3 miliardi di dollari), vista anche la componente non secondaria di esportazione di vino sfusi (0.3 miliardi di dollari). Comunque, nell’ambito del nostro quadro globale 2020 che andiamo a compilare man mano che vengono disponibili i dati,  gli USA restano per il rotto della cuffia il sesto esportatore mondiale di vino, ormai raggiunti dalla Nuova Zelanda. Bene, passiamo ai dati. LEGGI TUTTO

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    USA – importazioni di vino – aggiornamento 2020

    Fonte: UN Comtrade
    La combinazione del COVID e dei dazi doganali ha giocato un brutto scherzo ai francesi che nel 2020 hanno perso la leadership appena riconquistata del mercato americano. Nel contesto di importazioni calate dell’11% a 5.2 miliardi di euro, la Francia ha subito un calo del 21%. Lo stesso è capitato ad altri paesi sottoposti all’incremento dei dazi (vi ricordo +25% a partire da ottobre 2019), come la Spagna (-13%) o la Germania (-32%). Il vino italiano è dunque riuscito a contenere i danni grazie a questo vantaggio importante di prezzo rispetto ai concorrenti, che però presumiamo essere temporaneo. Con l’arrivo di Biden è probabile che le tensioni commerciali restino nei confronti della Cina ma non più nei confronti dell’Unione Europea. Comunque, questo non è il luogo per fare politica internazionale. Fatto sta che l’Italia si riprende la leadership, con un calo del 3% soltanto e una quota di mercato al massimo storico del 34% sui vini importati in USA, che ricordo rappresentano circa un terzo dei consumi totali di vino nel paese. Passiamo ai dati, ricordandovi che le tabelle complete (incluse alcune che non trovate qui) sono nella sezione Solonumeri del blog, alla sezione altri paesi.

    Le importazioni di vino in USA sono calate dell’11% in euro a 5.16 miliardi di euro nel 2020. Considerando la leggera svalutazione del dollaro (che sarà più marcata nel 2021) da 1.12 a 1.14 il tutto si è tradotto in un calo in valuta locale del 9% a 5.88 miliardi di dollari.
    Se il dollaro resta sul piede dell’1.20 si perderanno altri 200 milioni di euro di valore nel corso del 2021.
    Come abbiamo evidenziato sopra è stato un anno buono per il vino italiano, non toccato come molti altri dai dazi. Abbiamo comunque fatto meglio della maggior parte degli altri, escluso come sempre la Nuova Zelanda, di nuovo con il segno positivo. Il vino italiano torna a essere il primo vino estero in USA, con una quota del 34%, che poi significa che circa il 12-13% del vino bevuto dagli americani è italiani. Il calo del 3% a 1.77 miliardi di euro si compone di una riduzione del 2% del vino in bottiglia a 1.33 miliardi e del -5% del vino spumante a 427 milioni.
    Tutti numeri molto migliori della Francia, che ha visto invece il vino fermo imbottigliato crollare da 1.25 miliardi a 873 milioni (-30%) e gli spumanti perdere il 10% a 643 milioni.
    La terza forza nel mercato americano incredibile ma vero è la Nuova Zelanda con 446 milioni di esportazioni e un incremento del 3%. Viene poi l’Australia che perde il 7% ma supera la Spagna, colpita dai dazi, che perde il 13% a 292 milioni di euro. Sotto del 7-8% sull’anno scorso sono anche Argentina e Cile.
    Bene, vi lascio alle tabelle e ai grafici che includono anche i dati sui volumi (decisamente meno interessanti…).
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    La valutazione delle aziende vinicole – aggiornamento 2020

    Due cose succedono nel nostro post annuale sulla valutazione delle aziende vinicole. Primo, non abbiamo più i multipli di Baron de Ley perchè ormai il proprietario si è comprato tutte le azioni sul mercato e quindi non ci sono più analisti che hanno interesse a elaborare delle stime. Al suo posto inseriamo Andrew Peller, il produttore di vino canadese quotato. Il post resta comunque difficile da scrivere e da interpretare per il momento particolarmente incerto. Secondo, il mitico “EV/EBITDA”, parametro di riferimento delle valutazioni aziendali in quanto un buon indicatore della generazione di cassa aziendale è defunto, causa introduzione dello scellerato principio contabile IFRS16. Resta il multiplo del valore d’impresa sull’utile operativo.
    I valori borsistici delle aziende vinicole sono calati mediamente del 7%, con cali più pronunciati per le aziende della Champagne e di quelle legate alla Cina, Treasury Wine Estates in particolare. In Italia ha perso terreno Masi, mentre è cresciuto di oltre il 60% il valore di IWB, che dalla crisi COVID ha tratto forti benefici grazie alla sua esposizione alla grande distribuzione e alla vendita diretta. Bene, nel post trovate la tabella aggiornata con i multipli degli utili (Prezzo/Utili) e (Valore d’impresa su utile operativo), oltre al multiplo sulle vendite (valore d’impresa sulle vendite). Passiamo a commentare qualche numero.

    Le tre grandi aziende vinicole storiche hanno attualmente un multiplo degli utili di 18.5 volte sul 2021, più basso del 21x del 2020 a causa della forte svalutazione di Concha y Toro, che oggi vale 1 miliardo di euro contro 1.2 miliardi dell’anno scorso ma ha degli utili molto superiori. TWE ha subito un forte calo (da 7.9 a 4.6 miliardi di euro) che però è simile al calo degli utili attesi e quindi continua a trattare intorno a 24 volte gli utili. Constellation Brands ha guadagnato qualcosa, ma ormai ha poco a che fare con il mondo del vino.
    Le aziende della Champagne hanno subito un calo di valore del 20% in media, soprattutto le due meno “qualitative” (Vranken Pommery e Lanson BCC). I multipli sono “impazziti” (28 volte gli utili contro 16 dell’anno scorso, 45 volte l’utile operativo contro 25, 3 volte le vendite contro 2.9) per via del forte calo degli utili attesi 2021 rispetto a quello che ci attendevamo (pre-COVID) nel 2020.
    Tra le piccole aziende bisogna sottolineare il forte incremento di valore di Italian Wine Brands, che combina risultati (e attese) eccellenti con una espansione dei multipli. Il suo valore di mercato è cresciuto del 64% e ora vale 140 milioni di euro, con un multiplo degli utili di 13 volte (era 9.5x nel 2020), 1 volta le vendite (0.8 nel 2020) e 10 volte l’utile operativo (8x). Sono molto buoni anche i dati di Delegat, che ormai vale 870 milioni di euro (+20%) e viaggia a 21 volte gli utili, un po’ meno dei 23 dello scorso anno. Scende il valore di Masi, ma non tanto quanto i suoi utili, il che si traduce in una espansione dei multipli: il valore di questa impresa è anche ancorato al valore delle terre e dei vini in invecchiamento che altre aziende non possono vantare.
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    Constellation Brands – risultati primi 9 mesi 2020

    Fonte: Constellation Brands investor relations Le ultime settimane sono state una combinazione di buone notizie per Constellation Brands, che in borsa si è riportata sui livelli pre-crisi di inizio 2018, per un valore di mercato di 45 miliardi di dollari e un prezzo di 230 dollari per azione (dopo aver toccato il minimo di 120 […] LEGGI TUTTO

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    Le superfici vitate bio nel mondo – dati 2018 FiBL & IFOAM

    Fonte: elaborazioni inumeridelvino.it su dati FiBL-IFOAM
    Le superfici vitate biologiche convertite o in conversione nel mondo sono cresciute del 5% circa nel 2018 per raggiungere quota 422mila ettari. Nel corso del 2018 però si assiste a un rallentamento della superficie in conversione, che cala del 7%, più che compensato da un incremento della superficie convertita che invece è salita del 10% a 276mila ettari. Siccome questa divergenza era parzialmente emersa anche nel 2017, quando la superficie in conversione cresceva solo del 2%, potremmo trovarci davanti a un primo segno di “indebolimento” del movimento bio nel mondo del vino, che abbiamo in qualche modo già visto nel nostro lavoro sui dati SINAB italiani, che trovate qui aggiornato al 2019. La Spagna primeggia e accelera, confermandosi la nazione con la più grande superficie bio nel mondo, mentre l’Italia è tra le grandi nazioni vinicole non ha nel 2018 messo a segno i progressi di cui sono stati capaci spagnoli e francesi. Per chi vuole, il post prosegue con un breve approfondimento. Vi segnalo anche che trovate le tabelle complete per nazione nella sezione Solonumeri mondo.

    Le superfici vitate biologiche nel monto hanno raggiunto 422mila ettari, +5% rispetto al 2017, con 276mila ettari convertiti (+10%) e 102mila ettari in conversione. Il totale non fa 422mila perchè come potete vedere dalla tabella alcune nazioni non riportano la suddivisione tra le due categorie, ma partecipano al totale.
    Il rapporto tra superficie in conversione rispetto alla superficie convertita scende dal 30% al 27%, un altro segnale di quanto dicevamo sopra e cioè che assistiamo a un graduale rallentamento del movimento biologico.
    La Spagna mantiene la leadership nel 2018 e allarga il gap con l’Italia, superando 113mila ettari, +6%. Anche per la Spagna si assiste a un calo della superficie in conversione, sceso da 31mila a 24mila ettari, -25%, il che lascerebbe supporre un rallentamento nel futuro.
    Per l’Italia i dati sono invece stabili (+1% a 106mila ettari) e già sappiamo che nel 2019 il dato è soltanto marginalmente meglio (109mila ettari), talchè è presumibile immaginare che la Spagna possa ulteriormente allargare il gap il prossimo anno.
    Sono invece decisamente migliori i dati della Francia, dove il movimento bio sembra più in ritardo che dalle nostre parti. La superficie totale convertita passa da 61mila a 65mila ettari, ma quella in conversione è in forte espansione, da 18mila a 29mila ettari, più della Spagna e quasi al livello dell’Italia.
    Il resto del mondo somiglia molto come dimensione a un’altra Spagna o un’altra Italia, circa 108mila ettari, con un andamento piuttosto simile di “crescita in fase di rallentamento”, che sembra essere veramente il messaggio di questo post!

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    La classifica della competitività per nazione vino – dati France Agrimer 2019

    L’analisi della struttura concorrenziale del mercato del vino è stata aggiornata da France Agrimere per il 2019. Come sapete forse avendo letto le analisi precedenti si tratta di un sistema a punti (massimo 1000) in cui vengono valutate le caratteristiche strutturali produttive e macroeconomiche, la forza dei marchi, ma anche alcune caratteristiche congiunturali. Alcune delle conclusioni sono forse discutibili e la classifica è un po’ volatile, dato che alcuni punteggi variano per esempio in relazione ai livelli produttivi, ma comunque il quadro di insieme non è secondo me totalmente sbagliato. Nel grafico mobile sopra vedete come sono cambiate le posizioni negli anni. Per il 2019 la principale conclusione è che si sono rafforzati i quattro paesi dell’Europa continentale che sono la “storia” del vino: Francia, Italia, Spagna e Germania, mentre peggiora soprattutto per questioni congiunturali (e dunque non di lungo termine) la posizione del Cile. Il tutto nell’ambito di un “punteggio” globale in sostanziale miglioramento. Il 2020 sarà naturalmente tutta un’altra cosa. Per ora e per quanto riguarda l’Italia, secondo lo studio il punteggio migliora, ma unicamente per le caratteristiche strutturali produttive (potenziale produttive e caratteristiche climatiche), dove già siamo considerati i più forti, mentre siamo stabili sui fattori competitivi (dietro la Francia) e peggioriamo nei fattori puramente economici, dove siamo preceduti anche da Spagna e USA. A proposito, se vi interessa leggere lo studio originale, in lingua francese, lo trovate a questo link. Passiamo all’analisi.

    La classifica 2019 France Agrimere sulla concorrenzialità dei sistemi vinicoli mondiali continua a mettere la Francia (giustamente) davanti a tutti, in posizione rafforzata rispetto al 2018 per le conseguenze positive dell’ottima annata vinicola precedente (il 2018). Secondo lo studio Spagna e Italia sono meglio della Francia in termini di potenziale produttivo e caratteristiche pedoclimatiche, ma la Francia eccelle in termini di capacità cometitiva, forza dei marchi, filiera e ambiente economico.
    L’Italia guadagna diversi punti sul 2019, ma si tratta soprattutto di un rafforzamento congiunturale, che comunque ci mette al secondo posto come nel 2018 (mentre prima eravamo classificati, un po’ stranamente, davanti alla Francia). Comunque come dicevo, il punteggio beneficia del forte miglioramento della parte “agricola” del punteggio, mentre sulla parte competitiva e di marchi siamo fermi e su quella dell’ambiente economico andiamo indietro).
    Rispetto al 2018, continua a rafforzarsi la posizione della Germania, ora quinta forza del mercato del vino secondo France Agrimere, e del Sud Africa (ora settimo), mentre viene classificato soltanto ottavo il Cile rispetto al quarto posto del 2018. Ovviamente sono classifiche, ma lo studio comunque fa notare che il potenziale produttivo del Cile è molto legato alla disponibilità di acqua (il 50% del vigneto è irrigato) e questo potrebbe rappresentare un rischio nel futuro.
    Vi lascio ai grafici e alle tabelle.

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