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    Nuovo assetto societario per la famiglia Allegrini

    Grandi cambiamenti in casa Allegrini, una delle più importanti famiglie del vino italiano. Un comunicato stampa piuttosto scarno arrivato sotto l’albero ci racconta che la famiglia Allegrini, nell’ambito del progetto di riassetto proprietario e di governance, finalizzato alla costante espansione dell’attività imprenditoriale nel settore vitivinicolo, ha concluso un primo accordo il cui risultato finale è destinato a procurare la suddivisione dei principali assets.

    Matteo, Silvia, Giovanni e Francesco Allegrini

    In particolare, Francesco, Giovanni e Matteo Allegrini, eredi di Franco Allegrini, acquisiranno la maggioranza delle società veronesi Allegrini e Corte Giara, radicate in Valpolicella, e ne saranno alla guida unitamente a Silvia, erede di Walter Allegrini, mentre il Cav. Lav. Marilisa Allegrini e le figlie, Carlotta e Caterina, manterranno la proprietà delle aziende toscane, Poggio Al Tesoro a Bolgheri e San Polo a Montalcino, oltre che di Villa Della Torre a Fumane in Valpolicella.

    Marilisa Allegrini con le figlie Carlotta e Caterina Mastella

    La storia del vino italiano si rinnova, buon nuovo inizio a tutti. LEGGI TUTTO

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    Masi – risultati primo semestre 2023

    I dati del primo semestre 2023 di Masi sono particolarmente deludenti, sia sul fronte delle vendite e dei margini che sul fronte della generazione di cassa. Nel comunicato stampa l’azienda si confronta con il semestre 2019, sottolineando una crescita dell’11%: questo in qualche modo conferma l’idea che l’ottimo andamento presentato nel semestre 2021 e 2022 non fosse effettivamente sostenibile. Ci troviamo dunque di fronte a un fatturato in calo su base annua del 10%, tutto fuori confine, un margine operativo del 10% rispetto al 17% dello scorso anno ma diciamo anche del 12% del primo semestre 2019 e a un incremento del debito netto dagli 8 milioni di fine anno 2022 (4 a fine giugno 2022) a 21 milioni, frutto di un portentoso incremento delle scorte per far fronte al bisogno di materie prime e ricostituire le scorte di vini pregiate che negli ultimi due anni si erano esaurite. Le prospettiva del gruppo non sono positive: si parla di inflazione dei costi che continua a impattare, grandinate che probabilmente ridurranno la vendemmia 2023 e quindi faranno crescere i costi delle uve e a un mercato che non va come lo scorso anno: nel luglio 2023 gli ordinativi sono inferiori a quelli dello scorso anno, dicono gli amministratori. Nel frattempo le azioni in borsa sono poco mosse, intorno a 4.6 euro, che poi fu il prezzo dell’introduzione in borsa di diversi anni fa. C’è da domandarsi infine quale sia il senso per questa azienda di restare in borsa, con un valore di mercato di circa 150 milioni di euro ma con meno del 10% delle azioni “disponibili” per le contrattazioni (74% nelle mani “di Boscaini”, 10% di proprietà di Red Circle Investments e 8% detenuto dalla Fondazione Empaia). Passiamo a un breve commento dei numeri.

    Le vendite calano del 10% a 33 milioni di euro, con l’Italia in crescita del 6% a 10 milioni circa e i mercati esteri in calo. In particolare, il Nord America scende del 19% (Masi è molto esposta al Canada… in forte calo dai dati ISTAT) e l’Europa del 12%. Peggiora inoltre il mix qualitativo di prodotto, con i “top wines” giù del 10%, i premium wines a -14% (che è dove Masi fa più soldi, il Campofiorin per intenderci) e i vini classici (dove Masi fa meno soldi in rapporto alle vendite) che calano del 3%.
    Peggioramento del mix e inflazione dei costi hanno spinto i margini al ribasso. Il margine industriale al 63% è in realtà meglio del 2022 (61%), ma a livello di EBITDA o margine operativo lordo la minore leva operativa (meno vendite) e l’inflazione dei costi si fa sentire, con un margine che passa dal 23% al 17%, che si ribalta sull’utile operativo, da 6.2 a 3.4 milioni con un corrispondente calo di oltre 6 punti del margine, al 10%. Il bilancio chiude con un utile netto di 1.8 milioni contro 4 dello scorso anno e 1.7 del primo semestre 2019.
    A livello finanziario abbiamo detto: il debito cresce nel semestre di 14 milioni dopo un incremento dei 13 milioni del capitale circolante (di cui 11 sono magazzino), aver distribuito 2 milioni in dividendi e investito 2.3 milioni (pochi visti i progetti che il gruppo ha in ballo, ma sono stati ridefiniti i programmi).

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO

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    Terre di Leone, passato e presente in Valpolicella

    Di Luciano Pavesio

    Correva l’anno 1996 quando Federico Pellizzari e sua moglie Chiara Turati decidevano di lasciarsi alle spalle il loro passato esistenziale e lavorativo e valorizzare l’eredità di nonno Leone, vale a dire un ettaro di vigneto a Marano di Valpolicella.

    Scelta senza dubbio affascinante ma non per questo da affrontare con superficialità e spavalderia, anzi, iniziare un percorso dedicando innanzitutto molto tempo a scoprire caratteristiche e potenzialità di una delle cinque zone da cui nasce l’Amarone Classico.

    Partendo dagli insegnamenti di nonno Leone, al quale l’azienda è dedicata e con il quale Federico da bambino aveva passato molto tempo ed ereditato l’amore per Marano e le sue colline, il progetto passo dopo passo si concretizzava nel 2005 con la costituzione dell’azienda in località Valcatara recuperando un edificio del 1850 abitato da mezzadri dediti alla coltivazione di quelle terre.

    All’ettaro di vigneto appartenuto a Leone, si aggiungevano quattro ettari interamente terrazzati sulle colline laviche tra Marano e Fiumane protette dai Monti Lessini, la parte più ad ovest del territorio dell’Amarone Classico, coltivate a guyot e fin da subito improntate a una bassa resa, non oltre i 60 quintali per ettaro, affidandosi ai consigli ed aiuti dell’enologo Roberto Vassanelli, amico d’infanzia di Federico.

    La cantina veniva ideata e realizzata per lavorare le uve e il vino sfruttando la gravità, operando su diverse altezze per limitare al massimo stressanti trasferimenti e pompaggi delle uve e dei vini.

    Altra tappa significativa dell’esistenza di questa azienda è datata 2008, quando in seguito a un errore in vinificazione a causa di un blocco alla pigiatrice viene prodotto un Amarone meno austero, con una beva più accattivante e fresca.

    Federico e Chiara decidono di fare tesoro di questo curioso inconveniente facendo nascere l’attuale linea “Re Pazzo” da affiancare all’omonima “Terre di Leone”.

    Attualmente l’azienda conta meno di una decina di ettari vitati tra proprietà ed affitto all’insegna dei vitigni tradizionalmente coltivati nella Valpolicella come Corvina, Rondinella, Corvinone, Oseleta e Molinara, tutti ubicati nella sottozona di Marano in media a 300 metri sul livello del mare, per una produzione di circa 45.000 bottiglie suddivise tra sette etichette distribuite per circa il 60% sul mercato italiano e la restante parte in Svizzera, paesi dell’Europa del Nord e USA.

    Le nostre degustazioni

    Nel corso della nostra degustazione abbiamo particolarmente apprezzato i vini della linea Il Re Pazzo caratterizzati da un minor affinamento- in legno al fine di ottenere vini più snelli e immediati, ideali per un uso quotidiano.Il Valpolicella Classico 2021, classico taglio di uve del territorio come la Corvina, Corvinone, Rondinella, Molinara e Oseleta vinificate e affinate unicamente in acciaio si presenta di un acceso rubino che volge al violaceo, sentori di marasca, balsamico, buona sapidità e bella freschezza nella beva.Un po’ più di complessità la riscontriamo nel Valpollicella Classico Superiore Ripasso 2020, nato da una seconda fermentazione del Classico sulle vinacce di Amarone per circa 7-10 giorni, seguita da un affinamento di circa otto mesi in tonneau, dove le noti fruttate di prugna e rabarbaro si uniscono a quelle speziate come l’incenso e il pepe.La freschezza che contraddistingue questa linea si ritrova pienamente nell’Amarone 2017, stesse uve del Valpolicella tranne la Molinara, bella sapidità e tannino dolce per nulla intaccate dagli oltre tre anni di affinamento tra legno e bottiglia.Dedicati ai palati più esigenti invece i vini della Linea Terre di Leone, a cominciare dal Valpolicella Classico Superiore 2017, ben quattro anni di affinamento in legno ben celati da un rubino brillante alla vista, profumi fini, grande freschezza e frutto sia al naso che al palato.

    Sulla falsariga il Valpolicella Classico Superiore Ripasso 2018, figlio di un’annata generosa come raccolta di uve, soltanto 2.000 bottiglie prodotte dopo 36 mesi di affinamento in tonneau: un vino di ottima struttura e corpo, quasi masticoso, netti sentori di marasca, tannino fresco e dolce, un invitante finale mandorlato.Infine l’Amarone Classico 2012, 16 gradi alcolici complice anche l’annata siccitosa, 8 anni e mezzo di affinamento in legno, uvaggio classico senza però l’utilizzo della Molinara, iniziali note sulfuree, quindi spezie fini e frutti neri, elegante, sapido, grande persistenza.

    Una nota a parte spetta al Dedicatum 2016, appena 4.000 bottiglie tutte numerate ottenute vinificando in due tornate tutte insieme i 14 vitigni differenti presenti nell’ettaro del nonno da cui tutto ha preso origine, con l’idea nata nel 2006 di portare il ‘900 in bottiglia: 4 anni di affinamento in legno tra botti da 10 ettolitri e tonneau per creare un vino molto versatile in termini di abbinamento gastronomico, sapido, elegante, certamente unico. LEGGI TUTTO

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    Vendite di vino per denominazione nella GDO Italiana – aggiornamento 2022

    Il Chianti resta il vino più venduto in Italia nella grande distribuzione anche nella nuova configurazione della ricerca (che ora include anche l’ecommerce), redatta da Circana, nuova veste della vecchia IRI. Il confronto con i dati del passato è diventato molto difficile ma ho lo stesso cercato di costruire un trend storico fatto delle variazioni percentuali delle vendite in euro, mentre invece per i volumi, il “salto” di un anno nel 2021 rende impossibile ricongiungere le serie. È questo il problema di queste statistiche “pubblicitarie” redatte in occasione del Vinitaly, nelle quali si fanno vedere i dati di breve termine senza occuparsi delle prospettive storiche. Ad ogni modo, i numeri che vedete oggi vi fanno rendere molto bene conto del trend di crescita dei vini bianchi (a proposito, ho escluso il Prosecco che da quest’anno viene incluso nella classifica), esemplificata dal grande successo del Vermentino, ma anche dal rimbalzo di un vino come il Muller Thurgau. Seconda considerazione: sono un po’ meno lanciati i vini rossi pugliesi, capaci comunque di una crescita a doppia cifra negli ultimi 5 anni, al pari del Vermentino. Vermentino che resta il prodotto fermo tra questi più venduti con il prezzo di vendita più elevato. Passiamo a commentare qualche dato insieme.

    Come abbiamo già discusso qualche settimana fa le vendite di vino al dettaglio sono calate del 2% nel 2022. Con questo “spartiacque” possiamo quindi fare qualche calcolo su chi è andato meglio o peggio in Italia. E il risultato è che ci sono pochi che sono andati molto bene, e tanti sono andati leggermente peggio.
    Vale il leggermente peggio per il Chianti, che con 95 milioni di vendite resta in cima alla classifica, redatta includendo anche l’ecommere, ma cala del 3.6%. E’ vero per il Lambrusco che per la seconda volta in tantissimi anni non è più il numero 2 della classifica ma il numero 3, con un calo del 4% a 60 milioni di euro. Ma lo stesso vale per Barbera, Primitivo (dopo la grande corsa degli ultimi anni), Nero d’Avola, Bonarda, Sangiovese.
    Nel 2022 salgono soltanto il Vermentino, +10%a 69 milioni e il Muller Thurgau, +6% a 51 milioni di euro.
    Vi propongo poi la solita matrice volumi prezzi, dove potete vedere il posizionamento dei prodotti, con il Vermentino in cima a quella dei prezzi e il Chianti con il Lambrusco a quella dei volumi, mentre si nota come il Primitivo si stia caratterizzando sempre di più per essere l’alternativa al Chianti nella sua fascia di prezzo.
    Vi lascio alle tabelle e al grafico animato.


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    Veneto – dati di produzione dei vini DOC (2019)

    Trovate all’interno del post le tabelle relative agli ettari rivendicati, ettolitri certificati, ettolitri imbottigliati e valore della produzione (ai prezzi di base) delle DOC più rilevanti della regione Veneto. I dati sono ricavati dalle pubblicazioni ISMEA. Si riferiscono agli anni 2016-2019 per le seguenti DOC: Prosecco, Delle Venezie, Conegliano Valdobbiadene Prosecco, Soave, Valpolicella Ripasso, Bardolino, Valpolicella, Asolo Prosecco, Amarone della Valpolicella, Valdadige, Bianco di Custoza, Lugana, Venezia, Garda, Colli Euganei, Colli Berici, Veneto Orientale, Breganze, Lessini Durello, Lison Pramaggiore, Colli Euganei Fior d’Arancio, Piave, Gambellara, Montello Colli Asolani, Soave Superiore, Recioto della Valpolicella, Arcole, Vallagarina, Bagnoli Friularo, Bardolino Superiore, Recioto di Soave, Lison, Colli di Conegliano.Vista la laboriosità dell’elaborazione dei dati ho omesso le denominazioni meno rilevanti (in base al valore).Per ottenere i dati in formato Excel contattatemi.Tabelle allegate nel resto del post Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO

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    Masi – risultati primo semestre 2021

    I dati del primo semestre 2021 di Masi ricalcano molto da vicino quelli del medesimo periodo del 2019, a rimarcare che l’andamento del mercato del vino si sta gradualmente normalizzando. Ci sono delle differenze, sia per mercato che per prodotto, come potrete evidenziare dei grafici e dalle tabelle allegate. Nel caso di Masi, nel primo semestre le vendite italiane toccano il record per il periodo, in crescita dell’11% sul 2019 grazie alla nuova strategia distributiva e anche in America il fatturato sale dell’8%, trainato dal Canada (probabilmente aiutato dalla tempistica delle spedizioni al monopolio), mentre in Europa il fatturato è del 16% inferiore al 2019 a causa della mancata ripresa del canale duty free. La maggiore concentrazione delle vendite nei top wines non aiuta il margine lordo (in calo di 3 punti), parzialmente recuperato a livello operativo, per un utile operativo non troppo distante dal 2019 (-9%). Minori perdite su cambi e il calo della tassazione (dal 36% al 28%) hanno consentito a Masi di ribaltare la situazione a livello di utile netto, cresciuto invece del 24% a 2 milioni di euro. La posizione finanziaria resta molto solida con soltanto 6 milioni di debiti. Nel comunicato viene dato conto della ripresa dei lavori di ampliamento della cantina principale e del nuovo centro visitatori, ma non viene fornita una indicazione sull’andamento previsto entro fine anno.Grafici e tabelle sono disponibili nel resto del post. Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO

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    Vendite di vino per denominazione nella GDO Italiana – aggiornamento 2020

    Grazie al prezioso contributo di IRI possiamo riprendere la serie dei dati sulle vendite di vino (in bottiglia) per vitigno, aggiornato al 2020. La serie di quest’anno include anche i discount e quindi ha dati non perfettamente comparabili con quelli del passato, i quali sono comunque ribasati sulla base delle variazioni registrate prima del 2018. Per chiarezza, in questa analisi abbiamo messo insieme Chianti e Chianti Classico e Valpolicella con la versione Ripasso. I dati del 2020 come ben sapete sono stati molto positivi per le vendite di vino in GDO (+7.3%, come analizzato in questo post). I vini che hanno mostrato la crescita più marcata nell’anno del COVID sono stati (con mia sorpresa) i vini rossi: Primitivo, Valpolicella, Morellino e Negroamaro sono cresciuti tra il 23% e il 13%, seguendo quasi tutti (salvo il Morellino) dei trend positivi già visti negli anni passati. Con 92 e 65 milioni di vendite rispettivamente, sono sempre il Chianti e il Lambrusco i vini più acquistati nella grande distribuzione in valore (e anche in volume). Bene, le tabelle sono nel resto del post.

    L’andamento del 2020 è stato molto positivo, con una crescita del 7.3% per il segmento vino e, per quanto riguarda le bottiglie da 0.75, del 7.9%.
    Il Chianti e il Lambrusco hanno perso un po’ di quota, con un incremento comunque soddisfacente poco superiore al 6%, mentre il Vermentino, in grande crescita negli ultimi anni è andato meno bene, con vendite a +3% (49 milioni di euro).
    Osservando i dati del 2020 ma anche quelli dei 3-4 anni precedenti possiamo dire che i “vitigni” più di moda sono il Primitivo e il Valpolicella, +18% e +16% annuo dal 2016 al 2020, seguiti dal Negroamaro (+10%), dalla Falanghina (+9%) e dal Pinot Grigio (+8%).
    Nel 2020 soltanto la Bonarda (-5%) e il Sangiovese (-0.5%) non sono cresciuti, in qualche modo confermando l’andamento non positivo già visto in passato.
    Nella parte iniziale del post poi trovate una matrice che mette a confronto la crescita in valore delle vendite dal 2016 a questa parte con il prezzo medio di vendita al litro dei diversi vitigni. Come avevamo già osservato in passato, il Traminer è il vino con il prezzo più elevato, quasi 9 euro al litro, anche se combinando prezzo e crescita recente è il Valpolicella a posizionarsi meglio, con una crescita del 16% annuo dal 2016 al 2020 e un prezzo medio di vendita di quasi 8 euro.

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    Sartori – risultati e analisi di bilancio 2019

    I risultati 2019 di Sartori sono un po’ la continuazione di quanto visto nel 2018, con alcuni aspetti positivi (l’andamento in Italia, la riduzione del debito) e altri negativi (lo stallo delle vendite all’estero, piuttosto che la costante pressione dei costi delle materie prime sui margini). L’azienda giunge alla sfida della crisi COVID potendo fare leva sull’esposizione nel canale distributivo della grande distribuzione (80% delle vendite italiane), che rappresenta una sfida dal punto di vista dei margini (visto il potere negoziale della controparte) ma che in questa fase di chiusura totale del canale Ho.Re.Ca. ha avuto un andamento migliore. E in effetti, anche per Sartori le cose fino ad ora non sembrano essere andate male, visto che le vendite sono fino ad ora calata di meno del 10%. Andiamo dunque ad analizzare più da vicino il 2019.

    Le vendite sono stabili a 52 milioni di euro con un andamento positivo dell’Italia (+6% secondo il bilancio, +9% nella relazione) e un calo del 3% delle vendite esteri, per rispettivamente 15 e 37 milioni di euro. Le vendite nella GDO italiana sono in crescita del 4%.
    All’estero si combinano i progressi in diversi paesi (Germania, Austria e Francia a +8/9%, Regno Unito e Giappone +11%, oltre a forti progressi in mercati meno rilevanti in valore assoluto come la Russia e la Corea del Sud), con il calo nel mercato americano (-20%) dovuto anche al cambio di distributore. Anche in Cina (non vengono forniti numeri) le cose sembrano non andare per il verso giusto.
    I margini sono in ulteriore contrazione. L’utile operativo cala del 7% a 2.5 milioni di euro, per un margine del 4.8% rispetto al 5.1% dello scorso anno. Sia in termini assoluti che percentuali è il livello più basso dal 2013 a questa parte. Il calo del 2019 è determinato per 10 punti base dalle materie prime (che però erano cresciute molto nel 2018) e per 20 punti base per il costo del personale. L’utile netto scende del 6% a 1.3 milioni, con oneri finanziari in calo e un’aliquota fiscale in leggerissimo miglioramento al 28%.
    Nella parte finanziaria, come dicevamo sopra il debito netto cala da 12.6 a 11.1 milioni di euro. Contribuiscono al miglioramento il calo di circa 1 milione di euro del capitale circolante (peraltro la principale causa del balzo del debito nel 2018) e il calo degli investimenti (solo 0.4 milioni nel 2019). Come lo scorso anno, Sartori ha distribuito 1 milione di euro di dividendi ai propri azionisti.
    Il rapporto debito/EBITDA migliora leggermente da 4.7 a 4.4 volte, mentre il ritorno sul capitale cala al 10% (11% nel 2018), nonostante la leggera contrazione del capitale investito (da 25 a 24 milioni di euro).
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