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    Delegat Group – risultati 2024

    Delegat non è più la “lepre” delle aziende vinicole quotate. Dopo i dati scricchiolanti del 2022/23, nel 2023/24 (anno chiuso a giugno) l’azienda non è riuscita a far crescere le vendite e ha mancato gli obiettivi che aveva comunicato a inizio anno. Tuttavia, il management ha rimarcato che l’andamento dell’anno è stato molto soddisfacente se si considerano le mutate condizioni del mercato.
    Per venire ai numeri, le vendite sono rimaste stabili a 376 milioni di dollari neozelandesi mentre i dati di EBITDA e utile operativo normalizzati segnano un progresso del 6-7% sull’anno scorso, con l’utile netto stabile a 60 milioni e come dicevamo inferiore alla forchetta annunciata l’anno scorso. Oltre ai mancati obiettivi, anche le previsioni sono state delundenti: i volumi non sono previsti in leggerissimo calo poco sotto 3.6 milioni di casse e l’obiettivo triennale passa da 4.1 a 3.9 milioni di casse. Soprattutto, l’utile netto è previsto tra 55 e 60 milioni, dunque nel migliore dei casi allineato a quello del 2023-24, che a sua volta era stato stabile rispetto al 2022-23. Il risultato è un andamento borsistico molto negativo. Le azioni hanno perso il 30% da un anno a questa parte e valgono di questi tempi circa 600 milioni di dollari neozelandesi, cui si aggiungono 360 milioni di debiti (in crescita).
    Nel resto del post, tabelle, ulteriori grafici e un commento più dettagliato.

    Le vendite sono stabili a 376 milioni, con un calo del 2% dei volumi a 3.61 milioni di casse e un progresso del prezzo medio del 2% a 104 dollari per cassa. Dal punto di vista geografico, i volumi sono calati del 4% in Europa a 1.18 milioni di casse, dell’1% in Nord America a 1.72 milioni e sono invece cresciute del 2% in APAC a 706mila casse.
    Le previsioni di 3.9 milioni di casse al 2027 hanno “perso” il dettaglio per area anche se il Nord America è menzionato come il mercato di crescita primario per il gruppo.
    I margini sono in leggero recupero sull’anno scorso e questo consente una crescita del 6% dell’utile operativo a 103 milioni, aiutato anche dall’andamento favorevole dei cambi oltre che dal miglioramento del prezzo-mix che ha sostenuto il margine lordo (passato dal 43% al 46%). Il maggiore debito e i tassi di interessi in crescita hanno però determinato una crescita degli oneri finanziari, oltre a una maggiore tassazione e dunque l’utile netto è rimasto stabile a 60 milioni.
    Dal punto di vista finanziario, il debito sale da 319 a 360 milioni di dollari, dopo aver pagato investimenti per 70 milioni e dividendi per 20 milioni, con una generazione di cassa dichiarata dal gruppo in calo del 5% sull’anno scorso a 57 milioni di dollari.

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO

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    Treasury Wine Estates – risultati 2023/24

    Appena completata l’acquisizione di DAOU (ricordiamo: “luxury wine” in USA, pagata 1.3 miliardi di dollari australiani, aggiunge circa il 20% agli utili), TWE annuncia il prossimo passo: la riorganizzazione della divisione “commercial” e “premium”, mettendo insieme la parte australiana (cioè tutto meno Penfolds) e un pezzo delle attività americane che sono attive in questa fascia di mercato… per sbarazzarsene e diventare così un’azienda focalizzata sui “luxury” wines, che hanno margini (Penfolds 42%) e prospettive di crescita superiori (IWSR per gli USA +2.5% annuo al 2028 per i vini sopra i 40 dollari, contro un -0.8% annuo del mercato in generale). Questa storia l’abbiamo vista in altre occasioni (Constellation Brands che vende a Gallo, Pernod Ricard che vende ai private equity) ed è ulteriore conferma del “problema” del consumo di vino di fascia media e bassa, destinato a diminuire nel tempo.
    Venendo all’argomento del giorno, i risultati, tutto come previsto. Avevano detto crescita a media/alta singola cifra per l’anno dell’utile operativo dopo un brutto primo semestre e hanno fatto +6.4%, che poi è diventato un rotondo +29% considerando DAOU e i minori costi corporate. Le vendite (2.74 miliardi di dollari nell’anno, +13%) si stanno riprendendo anche e soprattutto grazie alla riapertura del mercato cinese (con i costi di ri-entrata connessi) e l’acquisizione di DAOU è stata ben digerita con una buona parte del prezzo pagato dagli azionisti, tale per cui il rapporto debito/EBITDA sale di poco, da 1.9 a 2.1 volte. Il titolo in borsa ha reagito bene ai numeri, anche grazie all’annuncio di un obiettivo per il 2024-25 di un utile operativo di 780-810 milioni di dollari australiani, rispetto ai 669 del 2023-24. Passiamo a guardarli più in dettaglio con tabelle e grafici aggiuntivi.

    Le vendite di 2.74 miliardi crescono del 13%, con un calo dell’1% dei volumi, una crescita del 12% del prezzo per cassa (125 dollari per le 12 bottiglie) e un contributo positivo dei cambi del 2%.
    Il mix migliora in modo significativo, con Penfolds e TWE America entrambe a 1 miliardo di vendite e in crescita del 22% sull’anno scorso, con un margine del 42% (dal 45%) e 23% (dal 25%). TWE Premium invece, concentrata su Australia e Europa, vede un calo delle vendite del 6% e un margine che resta stabile intorno al 10%.
    Si arriva quindi a un utile operativo di 421 milioni per Penfolds, +15%, di 231 per l’America, +13% e di 76 milioni per TWE Premium, che dopo i costi centrali fanno un totale di 669 milioni, +29% sul 2022-23 e in linea con gli obiettivi del gruppo. Sotto l’utile operativo aumentano gli oneri finanziari per il maggiore debito (acquisizione) ma soprattutto vengono contabilizzati 320 milioni di dollari di svalutazioni tra valore dei marchi e goodwill di precedenti acquisizioni, che portano l’utile netto a scendere a circa 100 milioni di dollari australiani (408 se si escludono gli oneri non ricorrenti).
    Dal punto di vista finanziario il debito sale a 1.2 miliardi di dollari, che diventano 1.7 includendo i leasing IFRS16, per un rapporto sull’EBITDA di poco superiore a 2.

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    Il valore della produzione di vino nel mondo – stima INDV 2023

    Oggi ci occupiamo della stima del valore della produzione mondiale di vino. Il calcolo che ormai faccio da diversi anni è semplice: calcolare quanto vale la produzione di vino di un paese utilizzando il suo prezzo medio di esportazione applicato alla produzione annua. Ovviamente ci sono delle “storture” nel calcolo, derivanti dalle possibili discrepanze tra il valore medio del vino esportato rispetto a quello consumato in casa, ma ho la sensazione che non siamo molto distanti dalla verità soprattutto per quei paesi in cui le esportazioni sono molto importanti, come Francia, Italia, i paesi sudamericani. Forse un dubbio potrebbe venire per i paesi come Germania o USA per i quali l’export è “residuale”.
    Comunque, nel 2023 siamo di fronte a un anno di scarsa produzione mondiale, calata come sapete da 263 a 237 milioni di ettolitri, mentre il prezzo medio di esportazione mondiale stimiamo sia cresciuto del 10% da circa 390 a 430 euro per ettolitro (mentre per la media dei prezzi degli ultimi 3 anni siamo più intorno a +15%). Da ciò deriviamo, mediando i prezzi sugli ultimi 3 anni appunto, che il valore mondiale della produzione di vino sia vicino ai 95 miliardi di euro, mostrando negli ultimi 10 anni una crescita annua media di 2.5-3 miliardi di euro, ossia intorno al 3-4%.
    Viste le dinamiche produttive recenti, l’Italia fa una passo indietro (13 miliardi verso 16 miliardi), mentre la Francia passa da 35 a 41 miliardi, quindi 3 volte il valore della produzione italiana (in un anno particolare). L’altro paese in forte crescita sono gli USA, forti di un sostenuto incremento del prezzo di esportazione e di produzioni elevate e stabili. Per tutti gli altri paesi salvo che per il Portogallo i dati sono in calo, come potete apprezzare nel resto del post, corredato di grafici e tabelle.

    Stimiamo un valore della produzione mondiale di vino 2023 sulla base dei prezzi medi di esportazione 2021-23 di 95 miliardi di euro circa. Il dato puntuale 2023 è di 237 milioni di ettolitri di produzione, mentre i prezzi medi di esportazioni stimati sono 319 per il 2021, 392 per il 2022 e 430 euro per ettolitro nel 2023.
    La Francia con una buona produzione e un ulteriore balzo del prezzo medio di export (2023=940 euro per ettolitro) ha un valore della produzione stimato a quasi 42 miliardi di euro, mentre l’Italia con una produzione di soli 38 milioni di ettolitri e un prezzo di esportazione che nel 2023 non si è mosso (362 euro contro 360 del 2022, come vedete dal grafico animato), resta al secondo posto nel mondo ma perde da 16 a 13 miliardi di euro.
    Sono positivi i dati americani, forti di una dinamica molto forte dei prezzi di esportazione passati rapidamente da 300-350 euro per ettolitro ai 550 del 2023, per cui si può stimare un valore della produzione superiore a 11 milardi. Come vedete oltre all’Italia cala in modo marcato la Spagna, ma anche Argentina e Australia.
    In conclusione prendendo una ulteriore “media delle medie” quindi la media triennale anche del valore, la Francia rappresenta quasi il 40% del valore mondiale della produzione vinicola, contro il 17% dell’Italia, l’11% degli USA e il 5% della Spagna.

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    La produzione di vino nel mondo nel 2023 – aggiornamento OIV

    Con il forte calo dei consumi in essere e che abbiamo analizzato qualche giorno fa, il calo della produzione mondiale di vino nel 2023, rivista da OIV al ribasso a 237 milioni di ettolitri (il 10% sotto sia il 2022 che la media degli ultimi anni di 264 milioni) non è così drammatico. Certamente il primo dato che salta all’occhio è che l’Italia ha perso il primato produttivo a favore della Francia, almeno per il 2023, con 38 milioni di ettolitri contro 48 milioni, noi in discesa del 23%, la Francia in ripresa del 9% sull’anno precedente. A dire il vero l’Italia è un buona compagnia visto il forte calo a livello mondiale: la Spagna cala solo poco meno di di noi, -21% e Australia, Argentina e soprattutto Cina calano come o più dell’Italia. Dunque, un quadro a tinte fosche con l’Europa che scende a 144 milioni di ettolitri, -9/10% e il resto del mondo a 93 milioni di ettolitri e un andamento egualmente negativo. Passiamo a un breve commento dei dati che trovate anche nella sezione Solonumeri qui sopra.

    La produzione di vino mondiale nel 2023 si è attestata a 237.3 milioni di ettolitri, in calo del 10% e del 10% sotto la media storica. L’Europa scende da 161 a 144.5 milioni di ettolitri, -10%, mentre il resto del mondo passa da 102 a 93, -9%. Il calo è molto simile anche rispetto alle medie storiche visto che il 2022 era stato un anno “nella media”.
    Per l’Italia OIV prende il dato del Ministero (che i meglio informati dicono di essere) di 38.3 milioni d ettolitri, -23% sul 2022 e -20% sulla media storica, mentre la Francia dopo i pessimi dati del 2022 si è ripresa (+5% e +9% sulla media storica) e chiude a 48 milioni di ettolitri.
    Gli altri paesi in cui la produzione è stata sopra media sono il Portogallo, con 7.5 milioni di ettolitri il 14% sopra la media storica, la Romania (4.6m/hl, +13%) e gli USA, che con 24.3 milioni di ettolitri sono a +2%.
    Il resto mostra cali da moderati a forti contro le loro medie storiche. Tra i più marcati, la produzione presunta cinese di 3.2 milioni di ettolitri è il 64% sotto la media storica, quella dell’Argentina di 8.8 milioni di ettolitri è il 28% sotto e quella spagnola è il 24% sotto.
    In termini relativi, nel 2023 la Francia dunque copre il 18% della produzione mondiale, l’Italia il 15% e la Spagna l’11%. I tre paesi insieme sono dunque sotto il 50% della produzione mondiale, livello a cui storicamente si ponevano.
    L’equilibrio produzione consumo sembra dunque mantenersi e secondo OIV anche la superficie vitata continua a calare. Nell’ultima stima 2023 si parla di 7202 milioni di ettari, ossia 35mila in meno dei 7537 del 2022.

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    Nuova Zelanda – esportazioni di vino 2023

    Anche la Nuova Zelanda ha avuto il suo anno pesantemente negativo per le esportazioni di vino. Nel 2023 il calo è del 12% in valuta locale (2.1 miliardi di dollari locali), che diventa -15% in euro (1.2 miliardi) per via della svalutazione della valuta. Si tratta essenzialmente di un calo guidato dai volumi, scesi del 13% a 2.7 milioni di ettolitri, più marcatamente per i vini sfusi che per quelli in bottiglia e, salvo un paio di eccezioni, concentrato nell’area europea. Diciamo che se seguite il blog c’è chi ha fatto peggio, come per esempio i cileni, ma comunque si tratta di una bella battuta d’arresto per quello che era l’unico paese con delle crescita sostenute da diversi anni, quindi in qualche modo “strutturale”. Bene, fatta questa breve premessa vi invito a proseguire nella lettura, corredata da diversi grafici e tabelle.

    Le esportazioni di vino neozelandesi sono calate del 12% a 2.14 miliardi di dollari locali, pur mantenendo rispetto al 2018 un ritmo di crescita del 4% annuo.
    Nel dettaglio, i vini in bottiglia sono scesi del 10% a 1.58 miliardi di euro, quelli sfusi sono scesi del 14% e gli altri prodotti del 20%.
    Passando ai volumi, il calo del 13% a 2.69 milioni di ettolitri lascia comunque la Nuova Zelanda come il paese in più forte crescita nel panorama mondiale, +6% annuo dal 2018 al 2023.
    Se guardiamo ai principali mercati, gli USA calano dell’8% a 810 milioni di dollari NZ (con volumi scesi dell’11% a 971 mila ettolitri) e il Regno Unito cala del 6% a 469 milioni di NZD, per un volume sceso dell’8% a 664 milioni di euro. A chiudere il mondo anglosassone ci sono però i dati estremamente negativi del Canada, crollato del 17% in volume e del 21% in valore a 133 milioni. Resta pur sempre il quarto mercato, preceduto dall’Australia dove le cose sono andate in modo simile, con un -21% a 371 milioni di NZD per un volume in calo del 19% a 568mila ettolitri,.
    Dicevamo dell’Europa, dove a parte il Regno Unito assistiamo al crollo nel mercato tedesco, -27%, anche se cominciamo a parlare di valori meno significativi, 51 milioni di dollari NZ e in quello francese, -16% a 34 milioni. Vero è che salgono il Belgio e l’Olanda ma su numeri meno importanti.
    L’altro segno positivo è quello della Cina, cresciuta del 15% a 39 milioni, su volumi saliti dell’11%.

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    Australia – esportazioni di vino 2023

    Dopo il terribile crollo del 2020 coinciso con l’applicazione di proibitive tariffe doganali in Cina, le esportazioni di vino australiano si sono assestate nell’intorno di 2 miliardi di dollari australiani, che corrispondo a circa 1.26 miliardi di euro. È il caso anche del 2023, quando il calo in valuta locale è piuttosto modesto, -2%, che diventa però -9% quando lo guardiamo con i nostri “occhi”, ossia gli euro. Guardando i numeri nel particolare si comincia a vedere che qualcosa sta capitando in Cina. Infatti, sono ripartite le esportazioni a Hong Kong e Macao, il che riporta l’export verso la “Grande Cina” a 339 milioni di dollari, sempre niente rispetto agli oltre 1 miliardo del 2020 ma comunque ben di più dei 200 milioni a cui erano arrivate nel 2021-22. È anche imminente il riesame di queste tariffe da parte del governo cinese: se fossero tolte si riaprirebbe un’opportunità per gli australiani, che però si ritroverebbero un mercato profondamente diverso da quello che hanno lasciato: infatti la Cina ha avuto un crollo delle importazioni di vino negli ultimi 2-3 anni, non soltanto per aver boicottato il prodotto australiano, visto l’andamento molto negativo del vino francese e cileno. Bene, passiamo ai dati e ai grafici, oltre a un qualche ulteriore commento.

    L’Australia ha esportato 6.25 milioni di ettolitri di vino nel 2023, con un calo del 3% rispetto al 2022 e largamente sotto i circa 7.5-8 milioni di ettolitri a cui era abituata negli anni prima del Covid.
    In valore le esportazioni sono state 2.05 miliardi di dollari australiani, con un calo del 2% rispetto al 2022 e un anche in questo caso un buon 30% sotto quanto era il dato pre-Covid. L’andamento tra vini in bottiglia (1.47 miliardi di AUD) e sfusi (492 milioni) è perfettamente allineato nel 2023.
    “Morta la Cina” il principale paese nel 2023 è il Regno Unito con 400 milioni di AUD di importazioni -3% e stabile negli ultimi anni, seguito dagli USA con 393 milioni e un calo del 5% (compatibile con l’andamento negativo degli ultimi anni). Il terzo mercato torna a essere Hong Kong, che balza da 172 milioni di AUD a 302, quindi +76%, livello mai toccato prima e che lascia immaginare un canale “secondario” per l’ingresso in Cina.
    Viene poi il Canada, in calo del 25% a 143 milioni di AUD e questa non è una sorpresa visto i dati che abbiamo visto anche relativi al mercato italiano.
    Il resto della classifica oscilla tra dati stabili e dati molto negativi, con l’eccezione di Macao, altro satellite Cinese con un balzo importante.
    Un occhio di nuovo ai volumi: dei 6.2 milioni di ettolitri esportati, 2.3 vanno nel Regno Unito, 1.4 in USA e 0.7 milioni in Canada.

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    Treasury Wine Estates – risultati primo semestre 2023/24

    Se c’è una grande azienda nel mondo che ha nel vino il suo vero “core business”, probabilmente questa è TWE. Con un’operazione piuttosto aggressiva ha annunciato alla fine del 2023 l’acquisizione per 1.5 miliardi di dollari australiani di DAOU (di cui 0.5 miliardi finanziati con debito e 1 miliardo con nuove azioni), un’azienda americana principalmente attiva nel segmento “luxury” e in rapida crescita. Si tratta di 1.1 milioni di casse di vino, nella fascia di prezzo tra 20 e 40 dollari americani, con 220 milioni di dollari USA di vendite e 63 milioni di dollari USA di utile operativo (che diventano quindi circa 100 in dollari australiani, ossia il 19% circa dell’utile operativo di TWE dell’anno scorso). Con l’operazione, valutata 13 volte l’EBITDA prima delle sinergie (circa 9 volte comprese), TWE si prende la leadership nel segmento del vino sopra 20 dollari in USA, con l’11% di quota circa (il secondo ha l’8%). Ma le novità, prima di passare all’analisi dei dati semestrali, non si fermano qui: tra marzo e giugno ci si aspetta che la Cina possa rivedere le tariffe proibitive applicate al vino australiano: se fossero abbassate, si riaprirebbe un mercato chiave per TWE, particolarmente per Penfolds, il marchio di lusso (che oltretutto ha cominciato a produrre Champagne in collaborazione con Thienot).
    Venendo ai numeri del primo semestre, che ancora non includono DAOU se non nel debito (salito 1.2 miliardi di dollari australiani da 0.8 di giugno 2023 su un capitale investito passato da 4.7 a 5.9), non c’è molto da rallegrarsi. Le vendite sono stabile a 1.2 miliardi di dollari australiani (Asia e Penfolds su, America giù) con volumi in calo del 9% a 10.8 milioni di casse, i margini calano leggermente (24% nel semestre 2022-23, 22.6% in quello appena terminato). Le azioni hanno però reagito abbastanza positivamente visto l’obiettivo del management di far crescere l’utile operativo del gruppo del 5% circa per tutto l’anno, quindi invertendo il trend del primo semestre, e sempre escludendo l’acquisizione.
    Passiamo a una breve analisi dei dati.

    Le vendite sono stabili a 1284 milioni di AUD, con un calo del 9% dei volumi, particolarmente nel mercato americano (-17%). La divisione Penfolds continua a crescere, +9% nel semestre a 448 milioni, mentre la parte americana scende dell’8% a 448 milioni. Dal punto di vista geografico, il mercato domestico è stabile a 302 milioni, l’Asia cresce del 6% a 281 e l’America cala del 5% a 494 milioni. +5% per l’Europa a 208 milioni.
    L’utile operativo come dicevamo scende in % alle vendite ma anche in valore assoluto, circa del 6%. A pesare sugli utili è l’andamento negativo per il portafoglio americano, che ha visto un calo del 19% da 115 a 93 milioni, mentre la divisione di Penfolds pur con margini in calo è cresciuta del 3% (vedere tabella).
    Abbiamo detto della parte finanziaria. Dal punto di vista strategico il prossimo passo è quello di capire cosa fare della divisione “Premium Brands” ossia di quel pezzo di attività legato al mercato domestico ed europeo di marchi “non luxury” (per intenderci parliamo di un prezzo medio di circa 5 dollari australiani a bottiglia), che include marchi come Wynns, Lindeman’s, Wolf Bass e squealing pig.
    Insomma, l’azienda è in movimento e sempre nell’ambito dell’attività vinicola.

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    Produzione e consumo di vini bianchi (dati 2000-2021) – rapporto OIV

    Il segmento del vino bianco sta prendendo sempre più spazio col passare degli anni, insieme ai vini rosati. OIV calcola che il suo consumo sia passato dal 40% al 42% tra il 2000-2004 e il 2017-2021 su un totale a sua volta passato da 232 a 239 milioni di ettolitri. Il che significa da 93 a 101 milioni di ettolitri nel giro di… 17 anni diciamo. La produzione si è mossa di conseguenza, passando dal 46% al 49% del totale mondiale, ossia da 124 a 131 milioni di ettolitri (qui bisogna ricordare che parte del vino bianco viene utilizzato per produrre brandy, cognac e via dicendo e nel totale prodotto c’è questo contributo di circa 30 milioni di ettolitri, mentre non viene giustamente incluso nella parte dei consumi). La seconda cosa da ricordare quando si guardano questi numeri è che il vino spumante fa parte della categoria del vino bianco e quindi viste le abitudini di consumo degli ultimi anni… aiuta. Essendo l’Italia il maggior produttore mondiale di vino anche nel segmento del vino bianco siamo in cima alla classifica per quanto riguarda la produzione, 29 milioni di ettolitri nel 2021 puntuale e il 21% circa della produzione media mondiale 2014-2021, davanti a Francia, Spagna e USA. Nel segmento del consumo sono proprio gli americani a essere cresciuti nel corso degli anni, seguiti da noi italiani, dai tedeschi e poi dai francesi. Bene, passiamo a una breve analisi dei dati.

    La fotografia della produzione 2021 di vini bianchi vede l’Italia al vertice con 29 milioni di ettolitri, seguita dalla Francia con 18, Spagna 17 e poi USA a 13. Vengono poi Sud Africa, Argentina e Germania nell’intorno dei 6m/hl. Questa gerarchia si ripresenta immutata anche guardando le % medie 2014-2021 (su un totale non dichiarato), con Italia al 21%, Francia al 15%, Spagna al 14% e USA all’11%.
    Nei consumi è evidente invece la “scalata” americana, dove sono passati dal 13% del consumato mondiale nel 2000-2006 al 19% nel 2014-2021, con l’Italia che ha perso quota negli anni centrali del 2007-13 per poi stabilizzarsi al 13% del consumo mondiale, la Germania stabilmente all’8% del totale e poi la Francia che perde gradualmente quota nel tempo scendendo al 7% del totale mondiale. Il dato in ettolitri relativo al 2021 dice USA 18 milioni, Italia 14, Germania 8 e Francia 6.6, stesso livello del Regno Unito all’incirca.
    Mettendo tutto insieme si ripresenta il “surplus” produttivo italiano (21% della produzione, 13% dei consumi 2014-21), ma anche Francese (15% contro 7%) e soprattutto spagnolo (14% contro 4%). In questo caso, e a differenza di quanto commentato per i vini rossi, la situazione appare meno preoccupante, proprio per la presenza nel totale del vino spumante, una categoria che segue logiche parzialmente differenti da quelle del vino fermo.

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