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    Sfida tra Vermentini: Maìa di Siddùra domina il panel del Decanter con 95 punti

    Un successo che parla sardo e profuma di eccellenza. Un nuovo e prestigioso riconoscimento si aggiunge al palmarès di Maìa, Vermentino di Gallura DOCG firmato Siddùra. La vendemmia 2023 ha conquistato il primo posto nel panel dedicato ai Vermentini organizzato da Decanter, una delle pubblicazioni enologiche più autorevoli al mondo.Tra 83 vini Vermentino in degustazione, provenienti dalla Sardegna e dalla Toscana, Maìa si è distinto nettamente, ottenendo il punteggio più alto: 95 punti. I giudici – Jason Millar, Michael Garner e Vincenzo Arnese, personalità di spicco del mondo del vino – non hanno avuto dubbi, definendolo senza esitazione: “Un vino impressionante.”
    “Confrontarsi con le produzioni nazionali e internazionali è sempre stato per Siddùra una filosofia di vita: 867 premi fa la nostra azienda riceveva il suo primo riconoscimento, proprio da Decanter e proprio con il Maìa – sottolinea Mattia Piludu, direttore generale di Siddùra -. Oggi si conferma la qualità e l’eleganza dei prodotti che, anno dopo anno, ci rendono orgogliosi di far parte di questa azienda. Mettersi in discussione e misurarsi con i mercati più affermati, ci permette di avere una visione più ampia. La tradizione e l’innovazione si incontrano nel lavoro meticoloso che quotidianamente svolgiamo. Sappiamo che abbiamo ancora tanta strada da fare – conclude Piludu – e questi riconoscimenti ci confortano e rendono il nostro lavoro sempre più stimolante”.
    La classifica del Decanter, col primo posto assoluto per Siddùra, ha un valore specifico anche sul piano commerciale. Ai riconoscimenti della critica enologica più autorevole si sommano quelli del mercato. “Maìa è un vino che soddisfa i palati più esigenti dei consumatori finali di tutto il mondo – conferma Massimiliano Farci, direttore commerciale della cantina sarda -. È un vino che sin dalla sua nascita ha regalato alla cantina tante soddisfazioni e che manifesta un trend di crescita delle vendite a doppia cifra. Questo riconoscimento ci dà ancora una volta consapevolezza del fatto che la strada intrapresa è quella giusta: produrre vini autoctoni sardi di alta qualità, longevi, che esprimano le caratteristiche uniche del territorio di produzione e dal giusto rapporto tra qualità e prezzo”.

    Il riconoscimento internazionale conferma la qualità e la coerenza di Maìa, una vera bandiera dell’eccellenza vitivinicola sarda che conquista il palcoscenico globale con eleganza, carattere e una firma inconfondibile. In una selezione che includeva etichette di cantine storiche delle due regioni, Maìa ha brillato per identità, eleganza e personalità, confermandosi come una delle eccellenze assolute del panorama enologico italiano.
    “Oggi le vigne che danno origine a Maìa sono nel pieno della loro maturità e rappresentano il frutto di un insieme di scelte: suolo, portinnesto, clone ed esposizione ci hanno permesso di ottenere un simile risultato – spiega l’enologo Dino Dini, sottolineando le caratteristiche del Maìa 2023 -. Dietro il Maìa si cela poi un ulteriore progetto: produrre un vino che fosse appagante sin dalla sua uscita in commercio, ma anche in grado di migliorare con il passare del tempo. Partendo da una materia prima di indubbia qualità, la sfida è stata quella di esaltare le caratteristiche di longevità di questo vino, da cui l’utilizzo di fusti di rovere di grande capacità già a partire dalle prime fasi di fermentazione. Se infatti sappiamo che l’acidità è un elemento fondamentale per regolare i processi di ossidazione, in grado di aumentare la conservazione dei vini bianchi, così i tannini derivanti dal rovere conferiscono struttura e consistenza tali da permettere una maggiore capacità evolutiva del vino. Sia favorendo l’evoluzione di sentori complessi, sia andando a levigare il sorso rendendolo più morbido e rotondo”. LEGGI TUTTO

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    Delta Di Vino: un viaggio tra i Vini delle Sabbie di Comacchio

    Quando si parla di enologia italiana, troppo spesso si concentra l’attenzione sui nomi altisonanti e sui territori consolidati, dimenticando quei piccoli gioielli che la nostra penisola sa custodire anche nelle aree più inaspettate. È il caso dei Vini delle Sabbie del Bosco Eliceo, protagonisti indiscussi della terza edizione di Delta Di Vino, manifestazione che animerà il centro storico di Comacchio dal 1° al 4 maggio.I Vini delle Sabbie rappresentano un unicum nel panorama vitivinicolo italiano: nati in un territorio ostile, dove la sabbia la fa da padrona e il mare è una presenza costante, questi vini portano con sé una storia secolare e caratteristiche organolettiche inconfondibili. Prodotti principalmente da vitigni autoctoni come il Fortana, l’Uva d’Oro e il Sauvignon, coltivati su terreni sabbiosi con alta concentrazione salina, presentano note sapide ben definite e un carattere schietto che rispecchia la terra da cui provengono.
    La storia di questi vini affonda le radici nel Rinascimento, quando il Duca Alfonso I d’Este, nel Cinquecento, diede avvio a un’imponente opera di disboscamento e piantumazione di vigneti nell’area del Bosco Eliceo. Un’intuizione che ha trasformato un territorio apparentemente inadatto alla viticultura in un’area di produzione di vini a Denominazione di Origine Protetta.
    Quest’anno Delta Di Vino prenderà il via proprio celebrando queste origini storiche. Il 1° maggio alle ore 16, nella Manifattura dei Marinati, si terrà l’evento inaugurale “Vini divini, Rinascimento a Comacchio. La nascita dei vini del Bosco Eliceo”, un talk condotto da Marisa Fontana, agronoma ed enologa, Annalisa Barison, agronoma e specialista in viticoltura ed enologia, sommelier degustatore e relatrice Ais (Associazione italiana Sommelier), Sante Baldini, dirigente Coop e Giulio Bellini, agronomo che racconteranno la genesi e l’evoluzione di questi vini unici.
    L’evento si inserisce nella cornice di “Festina Lente”, il progetto finanziato dal Ministero del Turismo, volto alla valorizzazione dei comuni a vocazione turistico-culturale nei cui territori siano ubicati siti riconosciuti dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità e dei comuni appartenenti alla rete delle città creative dell’UNESCO. Per il territorio ferrarese il finanziamento è stato concesso al sito UNESCO “Ferrara città del Rinascimento e il suo Delta del Po”, nello specifico ai Comuni di Ferrara, Comacchio e Ostellato.
    Alla Manifattura dei Marinati si potrà anche ammirare una mostra che illustra, attraverso cartine, fotografie e materiali d’archivio, la trasformazione del territorio dal 1500 ad oggi, con particolare attenzione alla tipologia del terreno e alle peculiarità della viticoltura locale.
    Delta Di Vino proseguirà fino a domenica 4 maggio con un ricco programma che vedrà protagoniste 60 cantine italiane con oltre 120 etichette. Il cuore pulsante dell’evento sarà distribuito in quattro “enoteche” allestite in luoghi simbolo della città: l’Antica Pescheria sotto i Trepponti, due aree nel sagrato del Duomo e una all’interno della Manifattura.
    L’Associazione Italiana Sommelier proporrà quattro distinte esperienze sensoriali: “Rosa canina” dedicata ai vini giovani, “Caprifoglio” per i vini di maturità, “Lillà” per gli effervescenti e “Salicornia” per valorizzare i vini del territorio. Oltre ai vini del Bosco Eliceo, l’offerta comprenderà etichette romagnole, bolognesi, modenesi e venete.
    I visitatori potranno scegliere tra degustazioni libere o esperienze guidate da sommelier professionisti, accompagnando il tutto con la “cicchetteria” locale: fritto misto, arrosticini, pizzette e altre specialità gastronomiche. Non mancheranno un’area mercato con prodotti tipici, un mercatino del collezionismo e dell’ingegno, spazi dedicati ai bambini e una mostra culturale.
    Sarà possibile visitare anche l’azienda vitivinicola Ca Nova del Lido degli Scacchi titolare di un vigneto storico, dove oltre al vino delle sabbie saranno proposti prodotti di territorio.
    «Delta Di Vino non è solo un evento – racconta Alessandro Menegatti di Work and Belong – ma un viaggio attraverso la storia e i sapori del nostro territorio. Con passione e dedizione, vogliamo far scoprire al pubblico la magia dei Vini delle Sabbie, un patrimonio culturale che unisce tradizione rinascimentale e innovazione contemporanea. Questo è il nostro modo di valorizzare Comacchio e il Delta del Po».
    Delta Di Vino si conferma così non solo una celebrazione del vino, ma un vero e proprio viaggio multisensoriale tra “Colori, profumi e sapori”, come recita il sottotitolo della manifestazione, che unisce buon vino, buon cibo e cultura, perché al centro di ogni sapere c’è la maestria degli uomini e delle donne che amano e custodiscono tradizioni e territori.
    L’evento sarà aperto giovedì 1, venerdì 2 e sabato 3 maggio dalle 16:00 alle 21:00, mentre domenica 4 maggio l’orario sarà dalle 10:00 alle 17:00. L’ingresso all’evento inaugurale del 1° maggio è gratuito, mentre per il resto il biglietto costa 12 euro per il calice e tasca con cinque degustazioni libere oppure 15 euro per calice e tasca con tre degustazioni libere e un’esperienza sensoriale guidata da un sommelier di Ais.
    Nel sagrato del Duomo dalle ore 17 alle 19 si terrà anche “Musica Divina” con musicisti di livello.
    Delta Di Vino è organizzato da Work and Belong e dall’Associazione Italiana Sommelier, con il contributo del Comune di Comacchio e la collaborazione del Parco del Delta del Po, Consorzio di Tutela dei Vini DOC del Bosco Eliceo, Associazione Strada dei Vini e dei Sapori della Provincia di Ferrara, New Input Service, Spazio Marconi.
    Per informazioni: 
    https://www.ferrarainfo.com/it/festina-lente  
    www.ferraraterraeacqua.it

    Per informazioni e prenotazioni:
    www.stradaviniesaporiferrara.it
    www.inferrara.it LEGGI TUTTO

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    Oro di Sicilia, pietra di Carema: i vini che sorprendono a Vinitaly 2025

    La 57ª edizione di Vinitaly si è conclusa con oltre 93.000 presenze provenienti da 140 Paesi, confermando che il vino italiano continua a imporsi sulla scena internazionale e ad aprire nuove strade. In un palcoscenico sempre più competitivo – con il 35% degli operatori provenienti dall’estero – la manifestazione ha ribadito il suo ruolo centrale, nel panorama fieristico internazionale di settore.

    Vinitaly 2025 – foto 1

    La 57ª edizione di Vinitaly sarà ricordata nche come “il Vinitaly dei dazi americani”, annunciati al 20% e capaci di far tremare i polsi ai produttori. Un timore poi attenuato dalla decisione del tycoon statunitense Donald Trump, oggi Presidente degli Stati Uniti, di sospendere l’applicazione per 90 giorni, concedendo un momentaneo sospiro di sollievo.

    Vinitaly 2025 – foto 2

    L’evento ha offerto anche uno sguardo sulle nuove tendenze: vini no/low alcol, raw wine, vinificazioni in anfora e il debutto di Vinitaly Tourism, format interamente dedicato all’enoturismo. Con il sostegno delle istituzioni a livello nazionale ed europeo, Vinitaly ha confermato il suo ruolo strategico nella promozione del vino italiano nel mondo, affermandosi come un asset cruciale in una fase di profondi cambiamenti.

    Vinitaly 2025 – foto 3

    Sul piano generale, però, al di là dei proclami ottimistici, il settore attraversa un periodo complesso. Alla contrazione dei consumi si sommano un salutismo talvolta esasperato, l’incognita dei dazi e le nuove norme del cosiddetto “codice della strada salviniano”, che alimentano un clima diffuso di incertezza e preoccupazione, percepibile anche durante la manifestazione veronese. A proposito, i più sarcastici, osservando l’opulenza di certi stand, hanno evocato l’immagine dell’orchestra del Titanic che continua a suonare fino all’ultimo.

    Vinitaly 2025 – foto 4

    Eppure, al pessimismo dell’intelligenza risponde ogni anno l’ottimismo della volontà – per dirla con Gramsci – che si manifesta nella possibilità, offerta da Vinitaly, di scoprire autentiche perle enologiche e territori ancora capaci di sorprendere. Quest’anno su tutti, la Sicilia, con i suoi bianchi vibranti e intensi, e il Piemonte, rappresentato dalla zona del Carema, dove il Nebbiolo si esprime in perfetta sintonia con un paesaggio scolpito dalla natura.

    Vinitaly 2025 – foto 5

    Bianchi di Sicilia: terra promessa per i vini bianchi

    Nel cuore di una riserva naturale del WWF, a pochi passi dal mare di Mazara del Vallo, sorge Gorghi Tondi: un’azienda siciliana a conduzione familiare guidata con passione da Clara e Annamaria Sala. Qui la viticoltura si intreccia con la bellezza del paesaggio costiero, in un equilibrio tra rispetto dell’ambiente e ricerca della qualità.

    Annamaria Sala – Gorghi Tondi

    Tra i vini più rappresentativi della tenuta spicca il Rajàh Zibibbo Sicilia DOC 2022, frutto di una vinificazione in secco di uno dei vitigni più aromatici dell’isola. Lo Zibibbo, tradizionalmente usato per vini dolci, rivela in questa versione un profilo sorprendente. L’etichetta con il nautilus richiama il profondo legame con il mare e le antiche radici arabe che hanno portato in Sicilia questo vitigno e un’intera cultura del gusto.

    Allo stesso modo, il Kheirè 2023 Grillo Riserva Sicilia DOC biologico rappresenta un’altra espressione identitaria del territorio. Il suo nome – che in greco antico significa “benvenuto” – evoca l’ospitalità isolana e le stratificazioni storiche che arricchiscono la viticoltura siciliana. Ottenuto da una selezione delle migliori uve Grillo, affinate in parte in barrique di rovere francese, questo bianco biologico unisce struttura e longevità a una spiccata eleganza marina, con un finale lievemente salino che ricorda la brezza mediterranea.

    Sul versante sul versante sud-est dell’Etna, le Tenute Nicosia  con l’Etna Bianco DOC “Contrada Monte Gorna” 2020, (carricante 80% – catarratto 20%) rendono omaggio all’anima più autentica della viticoltura etnea. È il primo vino dell’azienda a riportare in etichetta il nome della contrada d’origine, a testimonianza di un forte legame con il territorio.

    Graziano Nicosia – tenute Nicosia

    Dopo un anno in rovere francese e ulteriori 12 mesi di affinamento in bottiglia, si presenta al calice con una personalità complessa e affascinante. Nasce a 750 metri sul livello del mare, in un contesto che regala profondità e grande prospettiva evolutiva.

    Il percorso virtuoso della cantina prosegue con il sorprendente metodo classico Sosta Tre Santi Carricante 60 mesi a conferma che l’Etna possa affermarsi come zona fortemente vocata alla spumantistica, senza imitare altri territori. Il carricante, con la sua acidità naturale e l’intrigante profilo aromatico si presta benissimo alla spumantizzazione e ai lunghi affinamenti.

    Mentre sul versante nord dell’Etna, nel territorio di Castiglione di Sicilia, prende forma il progetto vitivinicolo di Tenute Bosco, realtà condotta da Sofia Ponzini e dalla sua famiglia. Un lavoro iniziato nel 2010 con il recupero di antiche vigne tra le contrade di Piano dei Daini a Solicchiata e Santo Spirito a Passopisciaro, oggi cuore pulsante di una produzione che racconta con autenticità la montagna vulcanica e il suo paesaggio straordinario.

    Sofia Ponzini – Tenute Bosco

    Etna Bianco Vico 2021 rappresenta una delle espressioni più eleganti e complesse dell’azienda. Ottenuto da sole uve carricante, provenienti dal vigneto impiantato nel 2013 nella tenuta di Piano dei Daini, è un vino capace di trasmettere la finezza aromatica e la tensione minerale proprie di questo angolo d’Etna.  Con il Vico, Tenute Bosco firma un Etna Bianco DOC capace di raccontare, con precisione e carattere, l’anima bianca del vulcano.

    Fondata nel 1875 da Vito Curatolo, la cantina Curatolo Arini rappresenta una delle realtà storiche più significative della viticoltura siciliana. La scelta di costruire la cantina nel cuore dei vigneti di famiglia, nella parte più occidentale dell’isola, nasce dal desiderio di dare forma a un progetto ambizioso: produrre Marsala di qualità, capaci di parlare al mondo.

    Alexandra Curatolo – Curatolo Arini

    Il nome dell’azienda unisce quello di Vito a quello della madre, Arini, mentre l’identità visiva si lega all’opera dell’architetto Ernesto Basile, padre del Liberty siciliano, a cui fu affidata la creazione della prima etichetta, segno grafico ancora oggi in uso. Accanto ai Marsala, celebri per eleganza e finezza, la cantina propone una gamma di vini monovarietali dal carattere nitido e mediterraneo, pensati per accompagnare la tavola con naturalezza e versatilità.

    Alexandra Curatolo – Curatolo Arini

    Tra i vini più interessanti, spiccano il il Catarratto 2024 vino contemporaneo e di estrema bevibilità e La Gagliardetta 2023, un bianco ottenuto da uve zibibbo coltivate nei pressi di Camporeale, su colline ben esposte al sole e influenzate dalla vicinanza del mare. Un vino raffinato e versatile, capace di raccontare la Sicilia attraverso ogni sorso. A margine anche un sorprendente Grillo 2017, ancora oggi in splendida forma.

    Nel cuore del territorio marsalese, tra colline esposte al sole e accarezzate dai venti marini si trova Baglio Oro. Fondata nel 2008 da Francesco Laudicina e dal cognato Michele Cottone, la cantina sorge dove un tempo si trovavano gli antichi poderi di famiglia, in Contrada Perino. Tra le espressioni più significative di grecanico in purezza dell’intera Sicilia spicca il Kiggiari Terre Siciliane IGT 2024, le cui uve sono coltivate nella zona di Paceco. È un bianco dal profilo fresco e sapido, vinificato in acciaio per esaltarne la fragranza e la purezza.

    Più strutturato e complesso è invece il Grillo Sicilia DOC Aralto Riserva 2023, frutto della selezione delle migliori uve grillo coltivate nei vigneti di Marsala. Dopo la vinificazione in acciaio, il vino affina in parte in tonneau di rovere francese e in parte in acciaio, sviluppando una personalità avvolgente e armoniosa.

    Nelle campagne di Alcamo, cuore della Sicilia occidentale, la cantina Tonnino porta avanti una visione agricola che unisce sapienza contadina e sperimentazione. Una viticoltura che nasce negli anni Cinquanta sulle colline tra Alcamo e la valle del Belice e che oggi si sviluppa su oltre 120 ettari di vigneti coltivati secondo criteri biologici e pratiche di agricoltura sostenibile.

    La forza di questa terra e la cura meticolosa della vigna trovano una delle loro espressioni più nitide nel Tonnino Pinot Grigio Terre Siciliane IGP 2024. Prodotto nella zona di Calatafimi, questo bianco da uve 100% pinot grigio mostra quanto anche varietà internazionali possano raccontare il territorio in modo autentico. Il suolo, profondo e ricco di sostanza organica, unito al clima ventoso e all’escursione termica delle colline belicine, restituisce un vino dal profilo limpido, fresco e floreale. A completare il racconto degli ottimi bianchi firmati Tonnino, il Costa del Pero Grillo 2024 che incarna con eleganza l’anima autoctona della Sicilia.

    Carema: sintonia tra pietra, cielo e il carattere del Nebbiolo

    Incastonato tra le ultime propaggini piemontesi e il confine con la Valle d’Aosta, il piccolo comune di Carema custodisce uno dei paesaggi vitati più sorprendenti dell’intero arco alpino. Qui il nebbiolo si arrampica su terrazzamenti vertiginosi, sostenuti da muraglioni a secco e pilastri conici in pietra e calce – i celebri pilun – che danno origine a un sistema di coltivazione unico, definito topia nel dialetto locale. Non solo scenografia: queste strutture assorbono calore durante il giorno e lo rilasciano di notte, contribuendo a mitigare le escursioni termiche tipiche della zona.

    Roberta Bonin – Cantina dei produttori Nebbiolo di Carema

    È in questo anfiteatro morenico, modellato nei secoli dalla fatica dei viticoltori, che nasce il Carema DOC, vino di montagna dal carattere forte e raffinato. A tutelarne la storia e l’identità è, dal 1960, la Cantina dei Produttori Nebbiolo di Carema, una cooperativa nata dalla volontà di dieci viticoltori e oggi composta da oltre cento soci, di cui circa settanta attivi nella coltivazione. Piccoli produttori part-time, custodi di un paesaggio fragile e straordinario.

    La superficie vitata, di circa 15 ettari, si estende tra i 300 e i 650 metri di altitudine, su pendii scoscesi affacciati sulla Dora Baltea. Il microclima è fresco ma soleggiato, ventilato dai venti del nord e mitigato dall’esposizione ottimale. I suoli, di origine morenica, donano ai vini energia, finezza e una straordinaria identità territoriale.

    Il cuore della produzione è rappresentato da due etichette di assoluto rilievo: Carema DOC 2021 e Carema Riserva DOC 2020, entrambi ottenuti da nebbiolo in purezza. Due interpretazioni che confermano come anche fuori dalle Langhe questo vitigno possa esprimersi con profondità, longevità e un’eleganza rara.

    Il Carema (etichetta nera) affina per almeno due anni, con un passaggio minimo di dodici mesi in botti grandi di rovere o castagno: il risultato è un rosso slanciato, vibrante, dalla trama tannica fine e da una freschezza che invita al ritorno. Il Carema Riserva (etichetta bianca) matura invece per almeno tre anni, di cui diciotto mesi in legno: qui il nebbiolo si fa più profondo, avvolgente, con profumi caldi di spezie, agrumi canditi e sottobosco, e un sorso ampio, armonico, di grande equilibrio.

    Sono vini che non temono confronti con i più celebrati Barolo e Barbaresco, come conferma l’assaggio di uno strepitoso Carema Riserva DOC 2016,anzi, si distinguono per personalità e per un legame autentico con un terroir aspro e affascinante. Due grandi rossi di montagna che meritano attenzione, rispetto e un posto d’onore nella memoria di chi li assaggia.

    Le foto relative a Vinitaly 2025 (copertina e foto da 1 a 5) sono state tratte dalla pagina Facebook di Vinitaly. LEGGI TUTTO

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    Bilancio positivo di Terre Cevico a Vinitaly 2025

    L’edizione 2025 di Vinitaly a Verona ha visto la presenza di Terre Cevico con una modalità diffusa in due padiglioni fieristici. Nel padiglione Emilia Romagna lo spazio del gruppo cooperativo è stato dedicato al canale Gdo Italia con focus sulle linee di vini Austo, Galassi, Sburoun e anche il nuovo progetto Sound Sip, lattine a basso o zero contenuto alcolico. Nello stesso padiglione uno spazio per Bolè, marchio associato al mondo delle Bollicine Romagnole a base di uve trebbiano. In un altro padiglione (il numero 7) Terre Cevico ha presidiato con una doppia presenza.Uno stand dedicato all’area export del gruppo, assieme alle controllate Medici Ermete&Figli di Reggio Emilia, Montresor di Verona, Orion Wines di Trento, per l’accoglienza di operatori e numerosissimi buyer da oltre 40 paesi del mondo, per la presentazione dei nuovi progetti di vini e di referenze no alcool. Nello spazio esclusivamente dedicato al canale Horeca Italia si sono alternati momenti di business con oltre 100 operatori ospitati, ad eventi e masterclass focalizzati sui diversi momenti del consumo di vino: l’aperitivo con le ‘bollicine romagnole’ a base di trebbiano e le referenze per il segmento Mixology di Sprint Distillery, e in parallelo degustazioni guidate dagli enologi, per i focus sui vini dei progetti territoriali del gruppo come Tenuta Masselina, Le Rocche Malatestiane, Cantina Braschi.
    Questo il commento del Presidente Terre Cevico Franco Donati a consuntivo della partecipazione alla fiera. “Grazie alla sua struttura di cooperativa di primo grado, il sistema Terre Cevico garantisce qualità e controllo di una filiera completa dove i vigneti di 923 soci viticoltori, distribuiti nell’areale di pianura di 3605 ettari, si estendono dalla provincia di Ravenna fino al Ferrarese. Il Trebbiano è il principale vitigno coltivato ed il vino ottenuto è molto utilizzato come base spumante per le produzioni di bollicine romagnole molto apprezzate a questo Vinitaly. Ora il settore si attende risposte forti e rapide dalla politica perché il caos che la questione dazi ha creato sul mercato rischia di penalizzarci anche nel medio periodo; di questo ne ho parlato direttamente con Christian Hansen, Commissario UE all’Agricoltura nello spazio Legacoop, ed è stata l’occasione per ribadire l’importanza di un’azione politica coesa, di tutela e di grande attenzione al mondo della viticoltura e del vino italiano, a fronte dei continui attacchi sia sul fronte commerciale che sul tema salute”.
    Terre Cevico ha raggiunto con l’annualità di bilancio 2023/2024, un fatturato consolidato di 206 milioni di euro con un utile netto di 1,6 milioni di euro, plusvalore per soci a 8,2 milioni di euro  e patrimonio netto a 79,3 milioni di euro. È presente in 90 paesi del mondo, con un export che raggiunge la soglia di 71 milioni. Il mercato Italia cresce in valore nel canale della Grande distribuzione con 54,7 milioni di euro (+ 3,4%) e il canale Horeca vale 19 milioni di euro (+ 7,8%). LEGGI TUTTO

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    Poderi dal Nespoli amplia la sua gamma di vini

    Dal 1929 la cantina forlivese Poderi dal Nespoli rappresenta un’identità romagnola in continua evoluzione, radicata nella tradizione ma sempre proiettata verso nuove prospettive enologiche. Dopo l’ammodernamento della cantina in chiave ecosostenibile e l’avvio del vigneto biosimbiotico Gualdo, situato nella sottozona di Predappio, Poderi dal Nespoli ha presentato a Vinitaly 2025 tre nuove referenze, nate dalla collaborazione con l’enologo Riccardo Cotarella: il Prugneto Romagna DOC Sangiovese Superiore 2023, etichetta storica dell’azienda che ha beneficiato di un restyling enologico, e due nuovi vini bianchi, Scanadè Romagna DOCG Albana Secco e Lóstar Forlì IGT Chardonnay. Tre vini che esprimono il potenziale della Romagna e ne interpretano le peculiarità attraverso un approccio contemporaneo.Prugneto, Romagna DOC Sangiovese Superiore
    Uno dei vini iconici di Poderi dal Nespoli, che deve il nome al primo vigneto acquisito dalla famiglia Ravaioli. L’etichetta omaggia lo spirito curioso ed eclettico della famiglia ed è pensata come una vera e propria carta d’identità del vino. Questo Romagna DOC Sangiovese Superiore, prodotto su suoli di medio impasto a prevalenza argillosa, offre profumi intensi di frutta rossa e viola, con un finale fresco e speziato. Le uve, raccolte a mano tra fine settembre e inizio ottobre, vengono vinificate e maturate in acciaio, con il 30% del blend che affina in botti e barriques.
    Scanadè, Romagna DOCG Albana Secco
    Un omaggio alla Romagna e al primo vino bianco italiano ad aver ottenuto la DOCG (1987). Scanadé esalta la struttura e la complessità dell’Albana attraverso un’attenta vinificazione: le uve, coltivate su terreni calcarei e raccolte a mano, fermentano in parte in barrique con bâtonnage regolari, acquisendo maggiore struttura e profondità. Il risultato è un vino dal colore giallo intenso con riflessi dorati, profumi di fiori di acacia, pesca e agrumi, e un sorso avvolgente ed equilibrato.
    Scanadè, Romagna DOCG Albana Secco
    Lóstar, Forlì IGT Chardonnay
    Questo Chardonnay unisce il vigore tipico dei vini romagnoli con un’impronta internazionale. Prodotto dai vigneti della Valle del Bidente, su suoli argilloso-limosi, Lòstar affina parzialmente in barrique per cinque mesi, con un attento lavoro di bâtonnage che ne esalta la morbidezza e la complessità. Al palato è suadente e armonico, con un perfetto equilibrio tra fresche note varietali e il carattere ricco ed elegante.
    I nomi Scanadé e Lóstar, ispirati al dialetto romagnolo, evocano il concetto di splendore, luce celeste e cicli lunari, elementi profondamente radicati nella saggezza contadina e che si riflettono nel carattere unico di questi vini. Con queste nuove etichette, Poderi dal Nespoli continua a esplorare le potenzialità della Romagna, creando vini che raccontano la storia e l’anima di un territorio unico.
    Lóstar, Forlì IGT Chardonnay LEGGI TUTTO

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    Alto Adige, un’eccellenza vitivinicola tra qualità, identità e visione

    L’Alto Adige è una delle più piccole regioni vitivinicole d’Italia, eppure è tra le più dinamiche e riconosciute a livello nazionale e internazionale. In un territorio di appena 5.850 ettari vitati si concentra una sorprendente varietà di paesaggi, microclimi e suoli che contribuiscono a definire l’identità di una delle zone enologicamente più vivaci del Paese.

    Un’identità che si è rafforzata nel tempo e che nel 2025 ha raggiunto un traguardo significativo: i cinquant’anni della Denominazione di Origine Controllata “Alto Adige”, celebrati a Vinitaly con una conferenza stampa istituzionale e una serie di appuntamenti dedicati che hanno ripercorso la storia, l’evoluzione e lo sguardo al futuro di una delle denominazioni più distintive d’Italia.

    Ad aprire l’incontro veronese è stato Andreas Kofler, presidente del Consorzio Vini Alto Adige, che ha ricordato come il decreto del 14 aprile 1975 abbia segnato una svolta per l’enologia locale, dando avvio a un percorso orientato alla qualità e alla valorizzazione del territorio. “La DOC Alto Adige è il frutto di una lunga storia fatta di scelte coraggiose, di pionieri illuminati e di un cambio di paradigma radicale. In questi 50 anni, il nostro territorio ha saputo evolversi puntando sulla qualità, sulla sostenibilità e sulla varietà”, ha sottolineato Kofler.

    Dal modello intensivo degli anni Settanta si è passati a una viticoltura orientata alla selezione, alla valorizzazione dei terroir e alla sostenibilità. Se un tempo la Schiava dominava incontrastata i vigneti della regione, oggi i vitigni bianchi occupano circa due terzi delle superfici coltivate, in un equilibrio che riflette la complessità del territorio e la crescente attenzione alla qualità. “Scegliere il vitigno più adatto in base alla specificità del terreno è stata la chiave della svolta qualitativa. Oggi contiamo circa 20 varietà che prosperano nel nostro microclima unico”, ha aggiunto Kofler.

    Il vigneto altoatesino si estende tra i 200 e i 1.000 metri di altitudine, sulle pendici delle montagne, in un intreccio di versanti, conche e vallate modellati dall’orogenesi alpina, dai ghiacciai e dall’azione dei fiumi. A Nord, la cresta alpina protegge dalle correnti fredde, mentre a Sud l’influenza del Mediterraneo garantisce un clima mite e ottima ventilazione. Una combinazione che consente lo sviluppo di stili diversi, accomunati da eleganza, freschezza e riconoscibilità.

    Durante la conferenza stampa di Vinitaly, Eduard Bernhart, direttore del Consorzio fondato nel 2007, ha illustrato le attività dell’organizzazione, soffermandosi sulla recente pubblicazione del volume Vino in Alto Adige – Storia e presente di un territorio vinicolo unico, un’opera corale che raccoglie studi e riflessioni di quaranta autori sul patrimonio enologico altoatesino, disponibile in libreria e online. “Promuovere con forza e coerenza il marchio Alto Adige sui mercati internazionali significa anche offrire un supporto concreto ai nostri membri: marketing, formazione, assistenza operativa e legale. Con grande impegno e spirito di collaborazione continuiamo a dare impulso al futuro del vino altoatesino”, ha dichiarato Bernhart.

    A rafforzare questa visione si inserisce anche il progetto di zonazione, ufficializzato nell’ottobre 2024, che ha portato al riconoscimento di 86 Unità Geografiche Aggiuntive (UGA). Ogni zona è caratterizzata da un profilo pedoclimatico preciso e associata a un numero ristretto di vitigni, in un’ottica di trasparenza e valorizzazione delle peculiarità territoriali. “C’è chi sostiene che con la zonazione ci siamo complicati la vita. Al contrario, abbiamo dato un valore aggiunto inestimabile al nostro territorio. La selezione dei vitigni ideali e la riduzione delle rese pongono le basi per un ulteriore salto di qualità dei nostri vini”, ha affermato Martin Foradori, vicepresidente del Consorzio.

    Lo sguardo al futuro si estende anche all’enoturismo, con la presentazione della Wine&Bike Alto Adige Collection, un progetto nato in collaborazione con Agrar IDM Südtirol e il Consorzio. Otto percorsi tematici accessibili tramite l’app Komoot, oltre 100 cantine coinvolte, degustazioni, esperienze tra i filari e paesaggi spettacolari da scoprire pedalando. “Vivere l’Alto Adige in bicicletta significa immergersi nella sua diversità: pedalando tra vigne, cantine e paesaggi unici, è possibile cogliere l’essenza autentica dei nostri vini”, ha raccontato Thomas Fill, direttore di Agrar IDM Südtirol.

    I tour spaziano dal Pinot Bianco dell’Oltradige alle colline di Santa Maddalena, dalla Valle Isarco alla Val Venosta, fino alla Strada del Vino tra Bolzano e Merano. Testimonial d’eccezione dell’iniziativa sono stati Madeleine Puckette, fondatrice di Wine Folly, e Aldo Sohm, wine director del ristorante 3 stelle Michelin Le Bernardin di New York, protagonisti di un cortometraggio realizzato in sella a biciclette d’autore firmate Officina Pegoretti. “Le Alpi sono territori che forgiano spiriti resilienti. Come i nostri telai, anche i vini altoatesini nascono da un contesto unico e difficile, e proprio per questo sono autentici”, ha raccontato Cristina Wuerdig Pegoretti, CEO dell’azienda.

    Oggi quasi il 98% della produzione rientra nella DOC, testimonianza di un impegno condiviso e radicato. In Alto Adige la viticoltura è parte integrante del paesaggio e della cultura: è tradizione viva, ma anche progetto contemporaneo che guarda avanti. E lo conferma lo stesso Andreas Kofler, nel chiudere l’incontro di Vinitaly: “Il cinquantenario della DOC non è solo una celebrazione, ma un’occasione per riaffermare il nostro impegno per una viticoltura sempre più consapevole, identitaria e capace di affrontare le sfide globali con forza e coerenza”.

    Mappa zonazione Alto Adige LEGGI TUTTO

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    Un passaggio storico per il Cirò: verso la DOCG

    Un obiettivo atteso e costruito con determinazione sta per diventare realtà: con la pubblicazione del nuovo disciplinare sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, il Cirò Rosso Riserva si avvia a ottenere il riconoscimento come Cirò Classico DOCG. Si apre così una nuova fase per la denominazione più rappresentativa della viticoltura calabrese, che vede consolidato il suo valore nel panorama nazionale e internazionale. In assenza di opposizioni nei prossimi 90 giorni, il passaggio a DOCG sarà ufficialmente ratificato.

    Questo traguardo è il risultato di un percorso avviato nel 2019 e portato avanti dal Consorzio di Tutela Vini DOC Cirò e Melissa, che ha completato l’intero iter burocratico fino al vaglio della Commissione europea. Il riconoscimento DOCG non solo certifica la qualità del vino, ma sancisce anche l’importanza storica, culturale e territoriale dell’area di produzione, che comprende i comuni di Cirò e Cirò Marina, in provincia di Crotone.

    In questo territorio unico, che si estende dalle colline costiere alle prime pendici della Sila, il vitigno Gaglioppo trova la sua espressione più autentica. “Questo risultato è il frutto di un lavoro collettivo che ha coinvolto produttori, tecnici, istituzioni e l’intero comparto vitivinicolo locale” dichiara Raffaele Librandi, Presidente del Consorzio. “Abbiamo sempre creduto che il Cirò Rosso Riserva avesse le caratteristiche per affermarsi come riferimento di eccellenza. Con la denominazione ‘Cirò Classico DOCG’ intendiamo rafforzarne il posizionamento e comunicarne l’identità con ancora maggiore incisività”.

    Il Cirò Classico DOCG si distingue per il colore rosso rubino con riflessi granati e per un bouquet aromatico intenso e stratificato, caratterizzato da note di frutta rossa e spezie. Al palato si presenta strutturato e armonico, con un’evoluzione che ne accentua la morbidezza e la complessità nel tempo. Questo equilibrio sensoriale è il risultato della perfetta sinergia tra vitigno e terroir: il Gaglioppo, coltivato da secoli nell’area cirotana, beneficia di suoli sedimentari ricchi di minerali e di un microclima unico, influenzato dal mare Ionio a est e dalle alture silane a ovest.

    L’area di produzione si estende su circa 9.000 ettari, in un paesaggio che alterna terrazze fluviali, dolci colline e rilievi sabbiosi o conglomeratici. Le forti escursioni termiche, la concentrazione delle piogge nei mesi autunnali e le estati siccitose contribuiscono a una maturazione equilibrata delle uve, conferendo al vino carattere e personalità.

    Con l’affermazione del Cirò Classico DOCG, la Calabria del vino compie un passo significativo verso la valorizzazione della propria identità vitivinicola, fondata su vitigni autoctoni, sul legame con il territorio e sul lavoro di una comunità coesa. Oltre 300 viticoltori e 71 cantine danno vita a questa denominazione, che oggi guarda al futuro con nuovo slancio e prospettive sempre più ambiziose. LEGGI TUTTO

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    Nuovo corso per il Consorzio Tutela Vini Collio: Luca Raccaro alla presidenza

    L’Assemblea dei Soci del Consorzio Tutela Vini Collio, riunitasi il 28 marzo con la partecipazione del 73% della rappresentanza sociale, ha rinnovato il Consiglio di Amministrazione, eleggendo tredici membri e approvando i bilanci consuntivo 2024 e preventivo 2025.

    Il nuovo CDA, insediatosi ufficialmente il 1° aprile, ha designato alla presidenza Luca Raccaro, affiancato dai vicepresidenti Karin Princic e Paolo Corso. Raccaro, viticoltore e titolare con il fratello dell’azienda di famiglia, è il più giovane presidente nella storia del Consorzio, portando una visione contemporanea alla guida della Denominazione.

    Paolo Corso – Karin Princic – Luca Raccaro

    “Sono onorato di questo incarico e riconoscente verso chi ha riposto fiducia in me – ha dichiarato Raccaro –. Il nostro impegno sarà volto a rafforzare l’unità della Denominazione, valorizzare la qualità delle produzioni e promuovere la sostenibilità. Un primo importante appuntamento sarà l’evento istituzionale di ottobre dedicato al Friulano, un’occasione per raccontare il nostro territorio attraverso una delle sue varietà più rappresentative.”

    A comporre il nuovo Consiglio di Amministrazione sono:

    Paolo Corso – Tenuta Borgo Conventi

    Riccardo Marcuzzi – Soc. Agr. Colsoreli

    Luca Raccaro – Raccaro Soc. Agricola

    David Buzzinelli – Carlo di Pradis

    Matteo Livon – Livon S.S.

    Alessandro Pascolo – Vini Pascolo

    Fabjan Korsic – Korsic Wines S.a.S.S.

    Saša Radikon – Radikon S.S.

    Matej Figelj – Soc. Agr. Fiegl

    Karin Princic – Colle Duga

    Jannis Paraschos – Soc. Agr. Paraschos

    Michele Tomba – Bolzicco Fausta

    Tamara Podversic – Podversic Damijan S.a.s.

    Il nuovo Consiglio di Amministrazione

    L’Assemblea ha inoltre approvato all’unanimità il Bilancio consuntivo Erga Omnes 2024, il Bilancio preventivo 2025 e il rinnovo dell’incarico al Sindaco Unico, Alessandro Caprara.

    Nel passaggio di testimone, il presidente uscente David Buzzinelli ha espresso soddisfazione per i risultati ottenuti: “Abbiamo portato avanti progetti di grande rilievo, tra cui l’inserimento a Disciplinare dei vini ottenuti con macerazione e l’avvio del percorso per un nuovo vino prodotto esclusivamente da varietà tradizionali. Sul fronte della visibilità, la campagna promozionale ha consolidato la presenza del Collio sui mercati, mentre il 60° anniversario ha rafforzato il legame con il territorio.” Il Bilancio 2024 ha destinato quasi il 60% dei costi alla promozione, con un significativo aumento degli investimenti per la valorizzazione della Denominazione.

    Luca Raccaro

    Anche la direttrice del Consorzio, Lavinia Zamaro, ha sottolineato l’importanza dell’ultimo anno: “Il 2024 è stato un periodo di forte crescita, grazie alle celebrazioni del 60° anniversario e alle attività promozionali svolte a livello internazionale, dagli Stati Uniti alla Gran Bretagna. L’intenso lavoro di incoming con operatori e stampa ha rafforzato l’identità del Collio e proiettato la nostra eccellenza verso il futuro.”

    Il Consorzio Collio in numeri

    Fondato nel 1964, il Consorzio Tutela Vini Collio rappresenta circa 270 produttori e tutela 1.300 ettari di vigneti DOC, distribuiti tra i comuni di Capriva del Friuli, Cormòns, Dolegna del Collio, Farra d’Isonzo, Gorizia, Mossa, San Floriano del Collio e San Lorenzo Isontino. Il territorio è noto per la produzione di vini bianchi di alta qualità, espressione autentica di vitigni autoctoni come Ribolla Gialla, Friulano e Picolit, oltre a varietà internazionali. Il Collio Bianco, assemblaggio libero di tutte le uve ammesse a disciplinare, rappresenta l’essenza della Denominazione.

    Il Consorzio è attivo nella promozione internazionale, con una presenza consolidata in Europa, Stati Uniti e Asia, e nella sostenibilità ambientale, attraverso progetti di ricerca, tracciabilità e tutela della biodiversità. Dal 2021 è operatore associato per la certificazione SQNPI e partecipa alle principali fiere del settore, sostenendo la crescita e la riconoscibilità del Collio nel panorama enologico mondiale. LEGGI TUTTO