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    Argea – risultati e analisi di bilancio 2024

    I dati 2024 di Argea sono senza dubbio molto positivi. Sebbene le vendite non siano cresciute soltanto del 3.6%, di cui circa 1 punto percentuale grazie al consolidamento di Zaccagnini, i margini sono migliorati sensibilmente e il debito è calato sotto la soglia psicologica dei 100 milioni di euro, dove stava prima dell’operazione di acquisizione di MGM. Con un fatturato di 453 milioni, il gruppo è secondo in Italia dopo il conglomerato Cantine Riunite & CIV (che include GIV). L’attività del gruppo procede spedita. Nel 2024 si è finalizzata una piccola acquisizione di un marchio in Svizzera già distribuito (Enzo Bartoli) il che dovrebbe portare a un miglioramento dei margini di profitto, ed è iniziata la procedura di vendita della società distributiva russa, che sarà finalizzata nel 2025. Quest’anno Argea ha acquisito Wines Unlimited Inc., importatore USA di diverse etichette (tra cui Zaccagnini): operazione già effettuata da Herita (Santa Margherita) anni fa, che ha determinato un forte incremento dei margini sul mercato locale. Leggendo la relazione sembrerebbe di capire che l’operazione sia costata circa 40 milioni di euro. Le previsioni 2025 indicano un ulteriore miglioramento dei margini, con una strategia che menziona anche i vini No Alcohol e la strategia di premiumizzazione di Poderi dal Nespoli.
    Passiamo a un’analisi più dettagliata dei dati con grafici e tabelle.

    Le vendite 2024 crescono del 3.6% a 453 milioni di euro. Come abbiamo calcolato nel bilancio 2023, l’impatto dei “12 mesi” di Zaccagnini del 2024 rispetto al periodo di consolidamento più limitato del 2023 è di circa 5 milioni, ossia l’1% del fatturato. Le vendite italiane calano dell’8% a 41 milioni, quelle estere crescono del 5% a 413 milioni. Dal 2024 Argea distingue vendite EU (ex Italia), 160 milioni, e resto del mondo, 253 milioni.
    I margini come dicevamo sono in crescita, essenzialmente grazie al minor costo degli acquisti, passati dal 68% al 65% del fatturato, mentre le spese per servizi crescono dal 13% al 14% delle vendite e il personale resta stabile intorno al 7%. L’EBITDA del 2024 raggiunge quota 69 milioni di euro, +12%, per un margine del 15% dal 14% del 2023. Come sapete l’utile operativo e l’utile netto sono fortemente influenzati dall’ammortamento dell’avviamento. Se lo “togliamo”, l’utile operativo passa da 49 a 56 milioni (dall’11.1% al 12.5% del fatturato). L’utile netto segna una perdita di 7 milioni rispetto ai 16 del 2023, ma come dicevamo appena sopra gli oltre 30 milioni di ammortamenti “farlocchi” distorcono non di poco la lettura.
    La parte finanziaria vede un debito di 97 milioni, in discesa dai 121 del 2023. Già nel 2023 avevamo espresso apprezzamento per la gestione finanziaria (debito stabile con l’acquisizione di Zaccagnini in mezzo), e quest’anno lo rifacciamo. Il magazzino scende di 10 milioni di euro, gli investimenti sono sotto controllo al 3% del fatturato, l’azienda non ha pagato dividendi e dunque i 24 milioni di generazione di cassa netta sono andati tutti a riduzione del debito e in preparazione dell’operazione di acquisizione dell’importatore americano.

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO

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    Argentina – esportazioni di vino – aggiornamento 2024

    Per questo commento sulle esportazioni di vino dell’Argentina mi sono detto: proviamo a dare il file Excel aggiornato e il commento in Word dello scorso anno a ChatGPT e vediamo se riesce a scrivere un buon pezzo… ebbene, gli errori che ha fatto sono incredibili, con mio stupore (si tratta della versione PRO, che costa 229 euro al mese). Per cui al di là dei commenti su ChatGPT (e soci), quello che trovate immediatamente di seguito è il mio commento, mentre alla fine trovate quello di ChatGPT.
    Le esportazioni dell’Argentina si stabilizzano a 632 milioni di euro nel 2024, dopo la forte discesa sofferta nel 2023 (-19%). È sempre difficile avere dei buoni parametri di confronto guardando a un anno soltanto, ma possiamo dire che siamo un buon 10-15% sotto le medie storiche. I volumi esportati hanno seguito la stessa strada: stabili sul 2024 ma ovviamente molto sotto il 2023. In realtà questa stabilità nasconde trend molto differenti. I paesi chiave per il vino argentino, Regno Unito e USA sono entrambi in crescita, +3% e +9% rispettivamente, e lo sono anche il terzo e il quarto mercato, Brasile e Canada. La conclusione è che il vino argentino non riesce a “sfondare” in nuovi mercati…
    Passiamo a un commento più in dettaglio con grafici e tabelle.

    Le esportazioni 2024 dell’Argentina sono cresciute dell’1% a 632 milioni di euro. Il conto in peso argentini non lo facciamo più vista la svalutazione del 200%… La categoria dei vini in bottiglia cresce dell’1% a 576 milioni, i vini sfusi sono ormai marginali, soltanto 44 milioni di euro, +5% comunque nell’anno.
    I volumi sono sulla stessa linea, 1.96 milioni di ettolitri. Vi ricordo che la produzione di vino in Argentina nel 2023 (qui il nostro post) è scesa a 9 milioni di ettolitri, mentre quella del 2024 (che dovrebbe influenzare le esportazioni del 2025) è risalita a 11 milioni di ettlitri (qui il nostro post).
    Se guardiamo ai principali mercati, gli USA crescono del 9% a 182 milioni di euro e dell’8% in volume a 461mila ettolitri, restando comunque sotto i livelli storici (270 milioni nel 2015). Il Regno Unito è il secondo mercato a quasi 100 milioni e un incremento del 3% sul 2023. È invece più elevato il volume importato rispetto agli USA, 521mila ettolitri, ed è anche più vicino il record storico di esportazioni che è stato di 110 milioni di euro.
    Il Brasile diventa un partner sempre più importante, terzo mercato con una crescita del 12% a 92 milioni e una decisa progressione. Più lontano il Canada, che comunque ha avuto un buon anno (47 milioni, +16%).
    Dopo questi 4 mercati cominciano le brutte sorprese: -16% in Messico, -25% in Francia, -40% in Cina… e così si arriva al fatidico +1%…

    Ecco il commento incredibilmente errato che ha scritto ChatGPT

    L’Argentina si aggrappa alla stabilità, ma non decolla: il vino argentino nel 2024
    Dopo il brusco rallentamento del 2023, il settore vinicolo argentino tenta di ritrovare un equilibrio. Le esportazioni di vino nel 2024 hanno raggiunto i 684 milioni di euro, registrando un modesto +1% rispetto all’anno precedente, un segnale positivo ma insufficiente per parlare di vera ripresa. Anche sul fronte dei volumi esportati si registra una crescita appena accennata: 785 milioni di litri contro i 776 milioni del 2023 (+1,2%). Il mercato resta in una fase di assestamento dopo la crisi profonda causata dalla vendemmia 2023 (la peggiore degli ultimi decenni), dal calo globale della domanda e dal difficile contesto macroeconomico interno.
    Il cambio svalutatissimo e l’iperinflazione galoppante distorcono ogni analisi in valuta locale: per quanto i ricavi possano sembrare in crescita in peso argentino, la realtà è che il valore reale delle esportazioni è praticamente stagnante.
    Stati Uniti: ancora primo mercato, ma i segnali restano contrastanti
    Gli USA si confermano primo mercato per valore, con 197 milioni di euro (+9% rispetto al 2023). Una ripresa che tuttavia appare più come un rimbalzo tecnico che l’inizio di una nuova fase di crescita strutturale. I volumi non sono disponibili nel dettaglio, ma l’andamento riflette una fase di consolidamento dopo anni di erosione.
    Regno Unito e Brasile: due storie diverse, stessa fine
    Il Regno Unito, secondo mercato per l’Argentina fino al 2023, subisce un drastico ridimensionamento: -44% a 27,6 milioni di euro, un dato che interrompe un percorso di relativa stabilità. Ancora più drammatico il crollo del Brasile, che dopo anni di crescita si ferma bruscamente: dalle esportazioni per 243 milioni di euro nel 2023 si passa ad appena 20 milioni nel 2024, -92%, un arretramento che riporta il paese ai margini della geografia commerciale argentina.
    Gli altri mercati: tra stagnazione e piccoli segnali positivi
    Tra i mercati minori, il Canada torna a farsi vedere con 19,4 milioni, mentre il Messico scende a 18,6 milioni (-40%). In Europa, l’Olanda sorprende in positivo con una crescita dell’8% a 5,8 milioni, mentre la Francia cala del 14% a 2,8 milioni. La Cina dimezza le importazioni a 8,7 milioni, confermando le difficoltà strutturali dell’export argentino verso l’Asia. Il Perù è tra i pochi paesi in crescita (+6% a 3,5 milioni), ma resta un mercato marginale.

    Conclusione:Il 2024 si chiude con un leggero miglioramento rispetto al disastroso 2023, ma i segnali restano deboli e frammentati. L’Argentina ha bisogno di una strategia commerciale più solida, una valorizzazione dei vini a maggior valore aggiunto e, soprattutto, stabilità macroeconomica interna per poter tornare protagonista nel commercio mondiale del vino.
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    Emilia Romagna – produzione di vino e superfici vitate 2024 – dati ISTAT

    Proseguiamo il viaggio tra le regioni italiane del vino e la loro produzione 2024 con l’Emilia Romagna, che nel 2024 ha prodotto 6.9m/hl, il 14% del vino italiano, terza regione per importanza dopo Veneto e Puglia. Come ben sappiamo la regione è caratterizzata per elevate rese per ettaro (180 quintali di uva nel 2024 rispetto ai 100 dell’Italia in media) e, correlato, una forte esposizione ai vini comuni. Proprio per questa ragione, se ci si sposta dai volumi ai valori, con riferimento ai dati ISTAT che si fermano al 2023, l’Emilia Romagna diventa la quinta regione italiana (media 2019-23), sopravanzata da Piemonte e Toscana, dove si produce meno ma con un maggiore valore unitario.
    Tornando ai dati della vendemmia 2024, in Emilia Romagna le cose sono andate meglio che nel resto dell’Italia, con un rimbalzo un po’ meno significativo sul 2023 (+8% contro +11%) ma con una produzione che in ottica storica è dell’8% sopra la media 2014-23, mentre per l’Italia nel suo complesso parliamo di un dato “in linea”.
    Le particolarità di questi dati sono però nel mix, dove si osserva per il secondo anno consecutivo un calo della penetrazione dei vini DOC (19% contro 22% del 2023 e 27% del 2022) cui fa da contraltare quest’anno un maggiore proporzione di vini comuni (43%). La produzione si continua a spostare verso i vini bianchi, nel 2024 il 61% della produzione regionale, in progresso costante dall’epoca Covid in avanti.
    Passiamo a un’analisi più dettagliata con grafici e tabelle.

    La produzione di 6.9m/hl del 2024 si suddivide in 4.2m/hl di vino bianco (+18% e il 24% sopra la media storica) e 2.7m/hl di vino rosso (+2% sul 2023 ma il 9% sotto la media storica) a sottolineare il graduale spostamento nel bilanciamento, ora 61/39 a favore dei vini bianchi.
    La produzione di vino per categoria torna a spostarsi verso le fasce di qualità inferiore. I vini comuni sono stati 3.0m/hl nel 2024, +21% e il 25% sopra la media storica, i vini IGT a 2.6m/hl sono a +9% e il 5% sopra la media, mentre i vini DOC sono visti da ISTAT in calo sia sul 2023 (-4%) ma soprattutto con 1.33m/hl ben sotto la media di 1.52m/hl storicamente rilevata.
    Andando ancora più nel dettaglio che trovate in tabella, I vini DOC rossi calano del 6% sul 2023, mentre i DOC bianchi salgono del 3%. I vini bianchi in tutte le categorie crescono (+13% per gli IGT, +24% per i vini comuni).
    A livello regionale gli ettari vitati sono in leggerissimo calo a 50180 ettari. In allegato trovate anche le tabelle con dettaglio produttivo e di superficie vitata per provincia.

    Dati in formato testo disponibili nella sezione Solonumeri.

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    I dati finanziari cumulati 2023 delle aziende di spumanti – Rapporto Mediobanca

    Chiudiamo l’analisi dei dati finanziari cumulati delle aziende vinicole italiane elaborato dall’Area Studi Mediobanca con il “campione” di 58 aziende produttrici di vini spumanti. Come è lecito attendersi, i dati sono migliori di quelle del campione generale, vista la dinamica leggermente migliore del fatturato 2023 (+1% contro il leggero calo), soprattutto considerando l’eccezionale crescita degli ultimi anni, e una leggera ripresa dei margini dopo il dato in forte calo del 2022. Anche per le aziende spumantistiche troviamo un significativo incremento della leva finanziaria, pur restando sotto la media generale (2.1 volte l’EBITDA contro 2.8x per il totale), da legare sia al forte incremento degli investimenti (6% delle vendite contro una media del 5% dei 5 anni precedenti) che del capitale circolante netto, legato in questo caso all’incremento delle rimanenze.
    Bene, le prospettive 2024 delineate dal rapporto sono di un leggero incremento del fatturato (2% circa) a fronte della previsione di fatturato stabile per il campione nel suo complesso, che secondo i budget delle aziende potrebbe accelerare nel 2025 al +4%… sempre che abbiano fatto i conti dopo le turbolenze relative ai dazi.
    Passiamo a un’analisi dettagliata con tabelle e grafici.

    Le 58 aziende specializzate negli spumanti sono cresciute dell’1% a 2.95 miliardi di euro, con un incremento medio annuo rispetto al 2018 ribasato del 6%, che si compone di un +8% per le esportazioni e di un comunque eccellente +5% per le vendite italiane, che anche nel 2023 rappresentano il 60% del totale
    I margini sono in miglioramento, anche se visti in prospettiva storica si confrontano con un 2022 molto negativo. Il margine industriale cresce dal 15.5% al 16.3%, pur restando sotto il 17.5-18% record dell’epoca Covid e si porta dietro un incremento dell’EBITDA o MOL del 6% a 280 milioni, margine 9.5%, e un utile operativo di 175 milioni, 5.9%, di nuovo 1 punto sotto il quasi 7% dell’epoca Covid.
    A differenza del campione generale alcuni proventi non ricorrenti hanno supportato la gestione finanziaria (che ha mostrato oneri finanziari raddoppiati) e determinato quindi una crescita più marcata dell’utile netto, che è stato di 147 milioni di euro, dai 132 del 2022 e in linea con i 148 del 2021.
    Chiudiamo con un cenno alla struttura finanziaria. Il debito sale da 479 a 581 milioni, per un rapporto sull’EBITDA che va da 1.8 a 2.1 volte, quindi un incremento meno marcato del campione generale, soprattutto grazie alla migliore crescita dell’EBITDA. Come dicevamo sopra, gli investimenti cresciuti di 50 milioni a 175 milioni e il forte incremento delle rimanenze di magazzino, +108 milioni, sono alla base della maggiore leva finanziaria.
    Vi lascio ai grafici e alle tabelle.

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    Callmewine – risultati 2024

    Callmewine è la prima azienda di ecommerce di vino di cui analizziamo i dati 2024 e la vista non è di quelle piacevoli. La sensazione personale è che alcune di queste aziende abbiano cambiato strategia. Inizialmente la logica era diventare sempre più grandi offrendo buoni prezzi (e subendo un margine più basso dell’enoteca) e diventare profittevoli con l’aumento della scala. Stile Amazon insomma. Oggi se guardiamo ai dati, dopo la sbornia del Covid, siamo passati dalla ricerca della dimensione alla ricerca dei margini, lasciando il primo percorso “a metà strada”. Lo vediamo da questi numeri dove il margine lordo % sulle vendite cresce, i costi scendono con un calo delle vendite del 16%, lo leggiamo su internet quando Tannico parla di un “aumento dello scontrino medio”.
    Tornando a Callmewine, il 2024 è un anno molto difficile che segue la traiettoria partita nel 2021 di perdite sempre più marcate, che arrivano a 2.1 milioni di euro. La struttura finanziaria torna in equilibrio grazie al contributo dei soci di 1.4 milioni di euro in aumento di capitale, oltre a un ulteriore 1 milione di euro a titolo di prestito soci, il secondo dopo i 4 milioni iniettati nel 2020.
    Passiamo a una breve analisi dei dati.

    Le vendite calano del 16% a 11.5 milioni di euro e restano molto concentrate sull’Italia (10 milioni, in calo del 19%) nonostante lo sforzo di uscire dai confini (bisogna dire che la controllata inglese non è consolidata).
    Come dicevo sopra il margine sugli acquisti sale dal 26.3% al 26.9% del fatturato e dunque limita la discesa del margine lordo al 14%, 3.1 milioni.
    Lo sforzo di taglio dei costi è evidentissimo: il costo del personale cala dell’8%, le spese per servizi sono giù del 7%.
    Purtroppo con 2 milioni di vendite in meno era difficile fare di meglio: la perdita operativa sale da 2.2 a 2.7 milioni di euro, la perdita netta da 1.7 a 2.1 milioni, grazie alla linea delle imposte, che segna un credito di 0.7 milioni da 0.5 dello scorso anno.
    La parte finanziaria vede una situazione di debito netto di 0.2 milioni da 1 milione del 2023, escludendo il finanziamento soci di 1 milione di euro che “sta in mezzo”. Olte a questo ci sono stati 1.4 milioni di euro che arrivano dai soci come aumento di capitale e un calo del capitale circolante di 0.5 milioni, essenzialmente legato all’incremento dei tempi di pagamento dei fornitori (le cantine). Questi due componenti compensano le perdite.

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    Etablissements Nicolas: numeri 2018-2023

    Nicolas, casa fondata nel 1822, è il primo distributore di vini nelle città francesi ed è stato votato per due volte (l’ultima nel 2024) come il marchio preferito dai consumatori francesi, nella categoria “commercianti di vino”. Il marchio conta ora 559 negozi in tutto il mondo: 481 in Francia, di cui 306 nell’Île-de-France e 156 in Parigi centro, il resto in altri 13 paesi. La maison, infatti, ha storicamente mantenuto un legame molto forte con la capitale, da quando Louis Nicolas aprì il suo primo negozio. A inizio ‘800 il vino si beveva nel luogo in cui si acquistava in botti; fu proprio Louis Nicolas a inventare e rendere popolare il vino in bottiglia!
    Nel corso degli anni il marchio si è diversificato proponendo altri tipi di bevande. Oggi il suo fatturato è Il 48% è costituito da vini fermi, il 32% da spumanti, il 17% da distillati e il resto da birre e altre bevande. Il marchio vende circa 800 referenze nei negozi e tramite il suo sito e-commerce, con un rinnovo delle referenze ogni anno.

    Dopo l’aumento delle vendite dovuto alle restrizioni (lock-down) sulle libertà personali di spostamento, che hanno visto crescere il fatturato, quest’ultimo si è stabilizzato sui valori pre-Covid.
    I margini operativi sono rimasti piuttosto stabili negli anni e gli ultimi dati disponibili del 2023 mostrano valori in linea con la media storica (circa 6% per il MOL sui ricavi e circa il 4% per l’utile operativo).
    La società ha sempre avuto, dal 2018 ad oggi, una cassa netta, che ha ampiamente superato il debito (quindi Nicolas non ha debito netto).
    Questa solida struttura finanziaria penalizza, come ovvio, il ritorno sia sul capitale investito, sia sui mezzi propri.

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    Purcari Wines – analisi di bilancio 2024 e OPA

    Appena trovata Purcari Wines, una nuova azienda vinicola quotata… e viene ora probabilmente de-listata dalla borsa rumena in seguito a un’OPA lanciata da Maspex, un gruppo polacco attivo nel segmento alimentare. Tempo buttato a costruire il modello…
    Il prezzo a cui viene proposta l’acquisizione è di 21RON (vedere grafico qui sopra, prezzo mai raggiunto dalle azioni), che corrispondono a un valore totale di 840 milioni di RON e a un valore di impresa di 1.03 miliardi di RON (che diviso 5 fa circa 200 milioni di euro). Se consideriamo le attese degli analisti per il 2025 di Purcari (piuttosto aggressive visto l’andamento molto poco convincente che commenteremo di seguito – 470 milioni di RON di vendite 131 milioni di EBITDA e 63 milioni di utile netto), l’acquisizione proposta è a un multiplo di 2.2 volte le vendite, 8 volte l’EBITDA e 13 volte gli utili.
    Tornando ai dati del 2024, diciamo che sono stati molto lontani dagli obiettivi di crescita che avevano previsto. Avevano cominciato indicando +16/20%, poi a maggio dicevano +12/15%, ad agosto 5-10% e hanno finito a +3.7%. Hanno invece centrato in pieno l’obiettivo di margine, 26-28% e hanno chiuso a 28.1%, ma sotto l’EBITDA sono raddoppiati gli oneri finanziari, crescono gli ammortamenti e alla fine (anche per colpa di alcuni proventi non ricorrenti dello scorso anno) si arriva a un utile netto di 54 milioni di RON contro i 60 dell’anno precedente. Infine, il capitale circolante cresce e con gli investimenti ha portato il debito a 1.8 volte l’EBITDA da 1.4 dell’anno precedente.
    Passiamo ad analizzare qualche dato insieme.

    Le vendite di 382 milioni di RON (dividere per 5 per avere euro) crescono del 3.7% grazie alla crescita del 15% in Romania e dell’8% in Moldavia, mentre gli altri mercati e le attività minori sono in calo del 18%.
    Il margine lordo è in forte progresso, dal 41% al 48% delle vendite, già al livello previsto a piano per il 2027 (48-51%) ma viene mangiato quasi completamente dall’aumento di oltre il 30% dei costi operativi, tra cui sottolineerei il marketing, per cui si arriva a un EBITDA del 28% contro il 27% dell’anno scorso, comunque nell’intorno delle indicazioni sull’anno. Come dicevo sopra poi ci sono oneri finanziari in crescita (da 3.2 a 7.2), le tasse che raddoppiano (da 7 a 14 milioni) e quindi il progresso operativo si perde per arrivare a un utile netto di 54 milioni di RON contro 60 dell’anno scorso.
    A livello finanziario il debito netto passa da 138 a 195 milioni di RON, con oltre 50 milioni di RON di assorbimento di circolante (che è tanto), altri 57 milioni di investimenti (che sono tanti considerato che gli ammortamenti sono la metà, 29), 14 milioni di acquisizioni e dulcis in fundo 26 milioni di RON di dividendi, contro i 22 pagati lo scorso anno.
    Il primo trimestre ha visto una accelerazione delle vendite a +12%, ma una diluizione del margine EBITDA dal 28.3% al 26.2% e un utile netto calato da 11 a 9 milioni di RON. Ma a questo punto, poco importa, visto che l’azienda sarà molto probabilmente comperata, e sarà un problema dei nuovi proprietari.

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    Herita (era Santa Margherita) – risultati e dati di bilancio 2024

    Santa Margherita S.p.a. ha pubblicato per la prima volta il proprio bilancio con la nuova denominazione sociale diventata “Herita S.p.a.”. L’esercizio  2024 mostra un leggero leggero calo sia per le vendite (-3% a 248 milioni) che per l’utile netto (41 milioni). Nonostante questo, Herita ha mantenuto una generazione di cassa particolarmente interessante, che ha consentito di pagare un buon dividendo (25 milioni) ma soprattutto di acquistare il 5% di Ca’ del Bosco (per 11 milioni) portando la partecipazione nel secondo marchio più importante del gruppo al 65%. Il debito è rimasto invariato a 138 milioni, un livello perfettamente compatibile con i margini dell’azienda, a 1.7 volte l’EBITDA.
    L’operazione di acquisto di questo 5% mette in luce l’elevato valore della partecipazione. L’azienda è stata valutata poco meno di 300 milioni di euro (di cui 223 milioni di valore azionario), che corrisponde a un multiplo di 5.6 volte le vendite e 16 volte l’EBITDA. Gli alti margini (35% EBITDA), la presenza di un magazzino molto rilevante (57 milioni di euro al costo di produzione) e di un patrimonio fondiario rilevante sono certamente fattori che hanno influenzato la valutazione della quota.
    Passiamo a un’analisi più dettagliata dei numeri.

    Le vendite consolidate calano del 3% a 248 milioni, con un calo leggermente meno marcato per i prodotti finiti a -2.6%. All’interno di questa categoria le vendite in Italia sono in calo dell’1.7%, le esportazioni sono scese del 4.3%).
    Non disponiamo delle vendite per marchio ma per entità legale, che non sono pienamente sovrapponibili, visto che Herita (Santa Margherita) SpA distribuisce anche alcuni dei marchi del gruppo. Le vendite di Ca’ del Bosco sono in calo dell’1% a 52 milioni, Pile e Lamole nel Chianti cresce del 7%, mentre Ca’ Maiol (Lugana) perde il 20% a 6 milioni riflettendo i minori volumi prodotti a causa degli eventi meteorologici avversi subiti nell’annata vendemmiale precedente.
    I margini sono in leggero calo essenzialmente a causa della diminuzione del fatturato. Il valore aggiunto scende dal 47% al 46.3% mentre l’EBITDA o MOL scende da 85 a 80 milioni (-6%) con un margine che passa dal 33% al 32%. Ammortamenti e oneri finanziari sono stabili (i secondi grazie alle rettifiche su cambi) e l’aliquota fiscale scende di un paio di punti al 22%, il che consente di mantenere l’utile a 41 milioni, in calo soltanto del 4% sul 2023. A questo contribuisce anche l’impatto dei minori interessi di minoranza derivanti dall’incremento della quota in Ca’ del Bosco.
    Il debito è stabile a 138 milioni di euro, corrispondente a 1.7 volte l’EBITDA (1.6x nel 2023). Il flusso di cassa si è attestato a 60 milioni di euro ed è praticamente stato interamente ridistribuito tra il dividendo (25 milioni, sarà stabile anche quest’anno e corrisponde a poco più del 60% dell’utile), l’investimento nella quota di Ca’ Del Bosco (11 milioni), gli investimenti (stimiamo circa 15-16 milioni, considerando che solo Herita e Ca’ del Bosco ne hanno fatti 12) e un leggero incremento del capitale circolante (+5 milioni) dovuto soprattutto all’aumento delle rimanenze (+10).

    Dati in formato testo disponibili nella sezione Solonumeri.

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO