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Perchè il vino italiano dovrebbe guardare all'Africa (e non alla Cina)

Tra le molte, stimolanti sessioni dell’ultima edizione di Wine2Wine Business Forum, quella che personalmente mi ha colpito di più è stato lo speech corale dedicato ad alcuni Paesi dell’Africa subsahariana come Nigeria, Sudafrica, Ghana, Kenya. Un piccolissimo spaccato su un continente in merito al quale la maggior parte degli italiani è rimasta ferma al “hic sunt leones” di coloniale ottocentesca memoria, semmai aggiornato (spesso in negativo) dalla cronaca delle problematiche migratorie. Invece l’Africa è un luogo di millenarie culture oggi in grande fermento, dinamico, giovane, con enormi potenzialità. Un luogo al quale il mondo del vino dovrebbe iniziare a guardare con attenzione. Degli spazi che il vino italiano potrebbe ritagliarsi su questo continente ho parlato con uno degli speaker di Wine2Wine: Victor Ikem, business director di Drinks Revolution Limited. L’intervista integrale (in inglese) è pubblicata qui.

Può spiegare brevemente il quadro attuale del mercato vinicolo nigeriano? 

Con una popolazione che attualmente è di circa 205 milioni di abitanti e che si prevede raggiungerà i 450 milioni nel 2050, la Nigeria è il mercato più promettente per chiunque guardi al futuro e sia interessato all’Africa.  Il mercato vinicolo nigeriano offre un mix unico di opportunità diverse: è giovane e ha un tasso di crescita annuale superiore al 5%. E’ un mercato molto dinamico, che accanto ai tradizionali mercati aperti distribuiti in diverse regioni e città presenta canali di vendita al dettaglio ben sviluppati.  In Nigeria è presente una varietà di vini spumanti, fermi, rossi e bianchi, la maggior parte dei quali importati da Francia, Sudafrica e Spagna, ma sono presenti anche vini provenienti da Cile, Austria, Argentina e Portogallo. Negli ultimi anni, il vino italiano non è stato una priorità per gli importatori nigeriani, forse per una mancanza di interesse da parte dei produttori di vino italiani a esplorare e sfruttare le opportunità esistenti in questo Paese”.

La maggior parte dei produttori di vino italiani pensa che il proprio futuro sia in Asia e quasi tutti stanno cercando di entrare nel mercato cinese. Se avessi un’azienda vinicola, investirei invece nei Paesi africani. Mi sbaglio? 

“Non avrebbe torto a scegliere di investire in Africa, perchè è un continente in evoluzione e molto ricettivo. L’importante è capire il mercato attraverso un’interazione e un impegno costanti, e trovare i partner giusti con cui lavorare.   L’Africa ha industrie tecnologiche e dell’intrattenimento in piena espansione che stanno guidando la crescita economica. La partecipazione in Africa deve essere un gioco lungo, il ritorno sull’investimento richiede più tempo perchè prima occorre educare i consumatori ai vini italiani. L’Italia è diventata popolare in Asia per la moda, le auto veloci, il calcio e il turismo, quindi l’asiatico medio è esposto alla vita italiana. L’Africa, invece, non lo conosce e quindi è necessario educarla, ma sul lungo termine chi investe in questo paese trarrà maggiori benefici che in Asia”.

Chi è oggi il consumatore nigeriano di vino?

Ci sono varie categorie: in primo luogo ci sono i consumatori anziani, tra i 50 e i 70 anni, che rappresentano ca. il 25-30% del mercato. Sono persone che in genere hanno viaggiato, hanno un palato ormai maturo e  una lunga esperienza di consumo del vino, oltre ad una grande familiarità con le varietà internazionali. La seconda, crescente categoria è costituita da consumatori giovani, finora bevitori di birra e alcolici, che stanno passando al consumo di vino, convinti che sia più salutare. Si tratta di individui di età compresa tra i 18 e i 35 anni che aspirano ad uno stile di vita agiato, apprezzano i vini dolci e quelli più facili da bere, sia rossi che bianchi. Essi rappresentano circa il 60% o più del mercato. Il resto  sono persone che oscillano ancora tra birra, alcolici e vino”.

Quali sono al momento  i vini italiani più richiesti?

“C’è un grande interesse e una forte domanda per il Prosecco, che nella maggior parte dei casi sostituisce lo Champagne. Alcuni consumatori hanno mostrato interesse anche per il Pinot Grigio, il Moscato, il Lambrusco e altri”.

Quali sono i problemi principali dell’esportazione di vino in Nigeria?

I problemi non sono troppo complicati, a patto che si trovino i partner giusti con cui lavorare, che devono saper gestire il processo di approvazione, le procedure doganali di importazione, le accise e gli altri aspetti relativi alle procedure di pagamento”.

In breve, perché un produttore di vino italiano dovrebbe esportare in Nigeria e a quali partnership dovrebbe guardare? 

Il mercato nigeriano è molto grande , c’è posto per tutti coloro che sono interessati ad entrarvi. Il ritorno sull’investimento e i guadagni sono garantiti perché il potenziale di crescita è elevato, però non bisogna avere fretta. E’ necessario costruire una collaborazione a lungo termine con i partner locali di importazione, focalizzandosi sullo sviluppo del mercato e sulla costruzione del marchio”.


Fonte: https://vinopigro.it/blog/?format=rss

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