La strategia di premiumizzazione di Laurent Perrier sta arrivando all’estremo, tanto che nel secondo semestre del 2022 (ottobre-marzo) l’azienda ha visto un calo del fatturato del 13% (ad essere onesti, dopo un +44% del periodo corrispondente precedente) e anche i margini si sono ristretti, tornando sotto il livello anche di due anni fa. Ricapitolando: l’anno è stato comunque buono ma il secondo semestre, che come sapete è spostato di 3 mesi rispetto agli altri, mostra un “riflusso” dopo l’ubriacatura dei mesi precedenti. E gli azionisti non sono stati tanto contenti. Da inizio anno le azioni sono calate del 3% circa (dato al 27 luglio), peggio delle altre aziende concorrenti, di nuovo in onestà dopo anni di grande performance. L’azienda ha spiegato nella presentazione che “I volumi in crescita molto rapida nel primo semestre ha richiesto una diminuzione nel secondo per mantenere la qualità dei vini e garantire il futuro”. Quindi il +12% a volume del primo semestre si è trasformato in -7% alla fine dell’anno, con i prodotti “high-end” che sono tornati al 44% del fatturato dopo la parentesi al 42% del 2021. In ragione d’anno con vendite quasi stabili, i margini sono ulteriormente migliorati (ma non nel secondo semestre) e il bilancio chiude a quasi 60 milioni di utile, +17%, con un ulteriore calo del debito a 175 milioni, ben sotto il valore delle scorte di quasi 600 milioni. Passiamo a una breve analisi dei dati.
- Le vendite di 302 milioni crescono del 3%, con la Francia in calo del 14% a 60, l’Europa stabile a 138 milioni e il resto del mondo in crescita a 104, +21%. I driver sono stati +9% per il prezzo-mix (come nel primo semestre), i volumi a -7.4% (+12% nel primo semestre) e l’effetto cambi che da +2% nel primo semestre scende a +1% a fine anno, quindi con un secondo semestre presumibilmente leggermente negativo.
- Il margine industriale tocca il massimo storico al 57.4% (quasi a livello delle aziende degli spiriti), nonostante l’inflazione dei costi, mentre l’EBITDA arriva a 92 milioni e l’utile operativo a 84, con una crescita del 9-10% nell’anno ma un calo del 20% circa nel secondo semestre (19% e 23% rispettivamente).
- Avendo parlato dell’utile netto sopra passiamo alla parte finanziaria, con il debito sceso da 221 a 176 milioni dopo aver pagato 12 milioni di dividendi (il doppio del 2021) e ricomprato azioni per due milioni. Nel frattempo il valore delle scorte sale da 554 a 593 milioni, nuovo massimo storico per l’azienda.
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