http://www.lastanzadelvino.it Storie di vino, storie di persone, storie di luoghi Mon, 25 Jun 2018 15:22:06 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.4.1 http://www.lastanzadelvino.it/2018/06/25/nutrimenti-a-venezia-i-migliori-vini-ditalia/ http://www.lastanzadelvino.it/2018/06/25/nutrimenti-a-venezia-i-migliori-vini-ditalia/#respond Mon, 25 Jun 2018 15:22:06 +0000
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In occasione di NutriMenti | Settimana della Cultura Gastronomica, primo appuntamento organizzato dall’Alta Scuola Italiana di Gastronomia Luigi Veronelli alla Fondazione Giorgio Cini di Venezia, accanto agli incontri dedicati alla cultura della terra e della tavola, sarà proposta una selezione di vini d’eccellenza. Da degustare presso il Sensorium, banco d’assaggio ospitato nel Cenacolo Palladiano, o lasciandosi guidare da alcune voci autorevoli della critica gastronomica italiana.
Fondazione Giorgio Cini
Isola di San Giorgio Maggiore (Venezia)
Dal 5 al 7 luglio 2018 con prenotazione obbligatoria
25 giugno 2018 – Terra, Immaginazione, Parola e Sensi. Mancano, ormai, pochi giorni a NutriMenti, la Settimana della Cultura Gastronomica organizzata dall’Alta Scuola Italiana di Gastronomia Luigi Veronelli a Venezia, sull’Isola di San Giorgio Maggiore. La sede della Fondazione Giorgio Cini, partner del progetto e realtà di riferimento internazionale per l’arte e la cultura, ospiterà non solo una ricca programmazione di conferenze, incontri e dibattiti dedicati al sapere della terra e della tavola, ma anche una selezione di vini italiani d’eccellenza, da degustare in un contesto di rara bellezza.
Da giovedì 5 a sabato 7 luglio, infatti, la magnifica sala realizzata alla fine del Cinquecento dall’architetto Andrea Palladio, in collaborazione con il pittore Paolo Caliari detto il Veronese, diverrà il “Sensorium” dell’Alta Scuola Veronelli, uno spazio dedicato ai “capolavori della vitivinicoltura italiana”, i vini che i visitatori potranno degustare contribuendo al progetto con l’acquisto online di un apposito ticket (con 20 € si ha diritto all’assaggio di 5 grandi vini). Guido Berlucchi, Ca’ del Bosco, Cantine Ferrari, Les Crêtes, Kellerei Terlan, Vie di Romans, Villa Bucci, Braida, Masi Agricola, Marchesi Antinori, Fèlsina, Gianfranco Fino e Donnafugata sono state le prime aziende a sostenere l’Alta Scuola Italiana di Gastronomia Luigi Veronelli mettendo a disposizione il proprio vino più rappresentativo (l’elenco completo dei vini proposti è disponibile qui).
Il sapere sensibile degli occhi, del naso e della bocca dialogherà, perciò, con gli interventi dei relatori di assoluto rilievo chiamati a “fare il punto” della cultura gastronomica italiana. Tra i numerosi e qualificati contributi previsti nel corso di NutriMenti vi sono quelli di Alberto Capatti, Presidente del Comitato Scientifico dell’Alta Scuola Italiana di Gastronomia Luigi Veronelli, Aldo Colonetti, filosofo, storico e teorico dell’arte, Joško Gravner, vignaiolo in Oslavia, Marco Martella, fondatore della rivista Jardins¸ Stefano Castriota, economista, Massimo Bertamini, responsabile del corso di laurea in viticoltura ed enologia del C3A Trento, Alberto Natale, Coordinatore del Centro Studi Camporesi dell’Università di Bologna e Pierluigi Basso Fossali, professore di scienze del linguaggio presso l’Università Lumière Lyon 2 (su www.altascuolaveronelli.it è disponibile il programma completo degli incontri, tutti gratuiti previa prenotazione online).
Particolarmente interessante per i professionisti ma anche per i cultori del vino sarà l’appuntamento di venerdì 6 luglio intitolato “Dare voce al vino: il messaggio nella bottiglia”. Quattro grandi degustatori rifletteranno sulle quattro parole chiave di NutriMenti: Luciano Ferraro, caporedattore del Corriere della Sera e autore della rubrica settimanale DiVini, si ispirerà a Immaginazione; Parola sarà, invece, l’oggetto delle riflessioni di Fabio Rizzari, giornalista e già curatore della guida I Vini d’Italia de L’Espresso; Gigi Brozzoni, curatore della Guida Oro I Vini di Veronelli, si occuperà di Terra, mentre i Sensi saranno al centro dell’esposizione di Andrea Alpi, responsabile didattico dell’Alta Scuola Italiana di Gastronomia Luigi Veronelli. Quattro grandi firme, quattro concetti fondamentali per la cultura gastronomica. Quattro grandi vini, proposti al pubblico, daranno il segno a riflessioni e divagazioni. La partecipazione all’incontro – che si svolgerà in forma di simposio – è gratuita, previa prenotazione online.
Il programma di assaggi proseguirà sabato 7 luglio, alle ore 13:30, con la degustazione gratuita per gli “under 30” (fruibile a pagamento per tutti gli altri) “Le cinque idee che sconvolsero il mondo enologico”, un racconto in cinque calici del contributo dato da Luigi Veronelli in cinquant’anni di attività giornalistica al miglioramento qualitativo dei vini d’Italia (ticket disponibile qui).
A chiudere la prima edizione di NutriMenti sarà, infine, sabato 7 luglio, alle ore 18.30, un inedito appuntamento che accosterà il mondo del vino a quello della musica: Luca Damiani, scrittore, musicologo e conduttore della fortunata trasmissione “Sei Gradi” di RadioTre, guiderà “Sesto Senso – Sei brani musicali, sei vini, sei racconti” (ticket disponibile qui), un viaggio musicale in cui le connessioni tra un brano e il successivo sono sorprendenti e inusuali. Andrea Alpi ne interpreta il senso e lo completa proponendo a tutti i partecipanti, ad ogni passo, un assaggio raccontato che si fa musica grazie alla chitarra del Maestro Claudio Farinone.
Ogni informazione su NutriMenti | Settimana della Cultura Gastronomica è disponibile sul sito www.altascuolaveronelli.it, da cui è possibile eseguire la prenotazione agli eventi, necessaria anche per quelli gratuiti.
L’Alta Scuola Italiana di Gastronomia Luigi Veronelli è un progetto di Seminario Permanente Luigi Veronelli e Fondazione Giorgio Cini, con il sostegno di Banca Generali Private.
Per maggiori informazioni consultare la brochure istituzionale.
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Per la settima edizione la manifestazione cresce e approda al Superstudio Più di Milano
Un luogo d’eccezione dove i produttori, l’horeca, la stampa e tutti gli appassionati si daranno appuntamento il 7 e l’8 Ottobre per mettere in scena la due giorni meneghina dedicata a degustazioni e incontri con il mondo del vino
Primi indiscrezioni in merito a Bottiglie Aperte Milano Wine Show, che quest’anno punta ancora più in alto e debutta al Superstudio Più, cuore pulsante della città e prestigiosa location in Via Tortona.
Grande attesa per l’evento – prodotto e organizzato da ABS Wine&Spirits, Gruppo Aliante Business Solution, in collaborazione con Blend di Federico Gordini, ideatore del format della manifestazione – che in soli sei anni si è affermato come il più importante appuntamento milanese sul vino, abbracciandone ogni sfaccettatura. Milano diventa di nuovo la capitale della comunicazione, del retail e dell’innovazione di settore e attende un pubblico di oltre 5000 persone tra stampa, operatori di settore e appassionati.
La scelta del Superstudio Più è in linea con l’obiettivo di crescita nei numeri degli interlocutori coinvolti nella manifestazione. Il poliedrico spazio espositivo, cornice di importanti e innovative iniziative nazionali e internazionali, è ideale per agevolare e personalizzare l’esperienza business dell’incontro tra produttori, distributori, consumatori e giornalisti. Spazio di tendenza e facilmente raggiungibile, il Superstudio Più, ospiterà la due giorni di Bottiglie Aperte che riserverà non poche sorprese con tanti incontri su tematiche d’attualità, masterclass con verticali guidate da esperti e momenti di approfondimento.
Non resta che alzare i calici per un primo brindisi per Bottiglie Aperte e attendere che il sipario si alzi su questa settima edizione in cui Milano si confermerà portavoce di tutta l’eccellenza del Vino Made in Italy.
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Venerdì 22 giugno 2018 in tutta la penisola aperitivi, cene e degustazioni con i vini dei cinque Consorzi del rosato, freschi dei successi al Mondial du Rosé
Tutto pronto per la giornata in rosa che coinvolgerà tutta l’Italia. Venerdì 22 giugno 2018 è #oggirosé: tutta la penisola sarà animata da aperitivi, cene e degustazioni tematiche per un totale di oltre 300 microeventi dedicati al vino rosé. Capofila dell’evento è il Consorzio Tutela del Chiaretto e del Bardolino, che assieme ai Consorzi del Valtènesi, dei Vini d’Abruzzo (per il Cerasuolo d’Abruzzo), del Castel del Monte e del Salice Salentino ha da poco firmato il Patto d’Intenti per la valorizzazione del vino rosato autoctono italiano e registra un deciso incremento nella produzione.
“L’evento #oggirosé – spiega Franco Cristoforetti, presidente del Consorzio di Tutela Chiaretto e Bardolino – ha suscitato sin da subito una grande curiosità da parte di molte cantine, bar, enoteche ed esercizi commerciali che dedicheranno la giornata alla scoperta del rosé, che sta ottenendo un successo sempre maggiore anche sul mercato. Le vendite del Chiaretto di Bardolino hanno raggiunto a fine maggio i 4,4 milioni di bottiglie dall’inizio dell’anno, con un incremento dell’8,2% sullo stesso periodo dello scorso anno. Se raffrontiamo le sole vendite del mese di maggio, il trend di crescita è ancora più eclatante: il 40,1% in più rispetto a maggio 2017 e il 51,2% rispetto alla media quinquennale dello stesso mese. Un dato che ci riempie di soddisfazione e ci spinge a lavorare ancora di più per la promozione del vino rosato autoctono italiano”.
Le cinque denominazioni si sono confermate al vertice del settore anche durante il Mondial du Rosé 2018 svoltosi a fine aprile a Cannes, nel cuore della patria del rosé francese. Delle nove medaglie d’oro conquistate dall’Italia, sei sono riferite alle denominazioni protagoniste del Patto: gli ori ottenuti da Castel del Monte Bombino Nero Veritas e da Castel del Monte Rosato Primaronda, entrambe della cantina Torrevento, dal Cerasuolo d’Abruzzo Colle Maggio di Torre Zambra e da tre etichette di Chiaretto di Bardolino con l’Heaven Scent di Vigneti Villabella, il Tecla di Benazzoli e il Classico di Valetti. Completano il medagliere dei cinque Consorzi otto medaglie d’argento, tutte per il Chiaretto gardesano delle due riviere: il Chiaretto di Bardolino ha tre argenti con I Seregni di Tinazzi, il Chiaretto di Monteci e il Villa Cordevigo Bio di Vigneti Villabella, mentre il Valtènesi Chiaretto ha cinque argenti con le cantine Due Pini, Monte Cicogna, La Guarda, Avanzi e La Pergola con Selene.
Il via ufficiale a #oggirosé verrà dato alla mezzanotte del 21 giugno alla Tenuta San Martino di Legnago (Verona) al termine della manifestazione Rosé in Tenuta, che vedrà protagonisti i rosati italiani.
Il calendario di tutti gli eventi è disponibile sul sito: www.oggirose.it
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Enjoy Collio 2018 è stata la seconda edizione di quella che potremmo definire a tutti gli effetti l’anteprima della nuova annata dei vini del Collio; manifestazione che di fatto va ad affiancarsi a tutte le grandi anteprime italiane, in calendario dal mese di gennaio in poi, che accompagnano i giornalisti di tutto il mondo alla scoperta dei nuovi vini del Belpaese introdotti nel mercato. È stato un passaggio davvero importante quello fatto dal Consorzio Collio lo scorso anno che ha consentito di rimettere in circolo aria nuova in una delicata fase di rilancio. Atto coraggioso e anche rischioso ma, di sicuro, premiante, come confermano i dati sulla partecipazione di eno – appassionati e turisti alle degustazioni, alle visite cantina e in generale a tutti gli appuntamenti previsti dal ricco programma di Enjoy Collio Experience 2018.
Tirando le somme di questa seconda edizione emergono con forza due certezze: la qualità assoluta dei Collio Bianco e la longevità come valore fondante per la storia presente e ovviamente futura del Collio. Per la DOCG Collio Bianco si deve fare presto, lo reclama l’elevato livello dei 23 campioni degustati alla cieca che sta a dimostrare come la strada intrapresa lo scorso anno, per l’approvazione del nuovo disciplinare, sia quella giusta e davvero spiace, e preoccupa, constatare che, durante le giornate dedicate alla stampa, ci sia stata meno enfasi ed entusiasmo su questo aspetto. L’idea del Collio Bianco Gran selezione DOCG realizzato con gli autoctoni friulano (dal 40% al 70%) – ribolla gialla (max 30%) e malvasia (max 30%), da mettere in vendita dopo almeno 24 mesi d’invecchiamento, unita alla riconoscibilità della “Bottiglia Collio”, pensata qualche anno fa da Edi Keber, sono un’idea vincente per riposizionare il Collio tra i grandi terroir del mondo; posto che il Collio merita, non solo per qualità ma anche per tradizione, innovazione e pionierismo: non dimentichiamoci che da qui è partita la rivoluzione che ha cambiato il corso della storia dei vini bianchi italiani.
La seconda certezza è la longevità. È indubbio, che i bianchi del Collio hanno un potenziale d’invecchiamento straordinario, anzi è uno dei veri e propri punti di forza della denominazione; ciò che a 8/9 mesi dalla vendemmia appare in cerca di identità, dopo 5,6,7 anni spesso diventa sublime; non solo, si possono assaggiare vini con 20/30 anni sulle spalle che continuano ad avere freschezza, eleganza e complessità. Perché allora non puntare, anche in una logica commerciale, su questi tesori seguendo l’esempio della cantina di Terlano? Sarebbe un ulteriore elemento distintivo per il Collio e qui questa cosa si può fare più che in molti altri posti del mondo.
I migliori assaggi (alla cieca) di Enjoy Collio 2018
Gli autoctoni
Ribolla
Trovo che la ribolla si esprima ottimamente in uvaggio, in purezza mi impressiona meno. Discorso a parte per Oslavia ovviamente, dove la macerazione apre scenari particolari e unici. Tra gli assaggi migliori: Ascevi Luwa Ribolla Gialla Doc Collio 2017, Primosic – Ribolla Gialla di Oslavia Riserva Doc Collio 2013 e Ribolla Gialla di Oslavia Riserva 2009.
Friulano
Vitigno che amo tantissimo. Le vecchie vigne regalano bianchi di autentica poesia, tra i più grandi in Italia e non solo; motore indispensabile per Il Collio Bianco al quale dona spessore e prospettiva. Nell’edizione 2018 di Enjoy Collio Experience livelli davvero altissimi per il friulano, ed è davvero un grande piacere. Volendo proprio fare qualche nome tra i 39 campioni assaggiati cito: Borgo Conventi Friulano Doc Collio 2017, Humar Friulano Doc Collio 2017, Castello di Spessa Friulano Doc Collio 2017, La Rajade Friulano Doc Collio 2017, Blazic Friulano Doc Collio 2017, Venica Friulano Ronco delle Cime Doc Collio 2017, Polencic Isidoro Friulano Doc Collio 2017, Fantinel Friulano Doc Collio 2016. Si tratta però di un esercizio di stile perché i campioni, tranne forse solo un paio, erano davvero notevoli.
Anche per la malvasia belle notizie, certo 9 vini assaggiati non sono una grande campionatura però quello che ho degustato era davvero notevole, su tutti: Terre del Faet Malvasia Doc Collio 2017, Pascolo Malvasia Doc Collio 2017, Fiegl Malvasia Doc Collio 2017, Casa delle Rose Malvasia Doc Collio 2017.
Collio Bianco
Fuoriclasse assoluto, che si esprime dopo qualche anno in bottiglia, splendidi gli assaggi di: Collavini Collio Bianco Broy 2016, Skok Collio Bianco Pe-Ar 2016, Fantinel Collio Bianco Frontiere 2015, Gradis’ciutta Collio Bianco Bràtinis 2015, Russiz Superiore Collio Bianco Col Disore 2015, Marco Felluga Collio Bianco Molamatta 2014, Tercic Collio Bianco Planta 2013 e il Collio Bianco vecchie Vigne 2004 di Roncus. Alle porte dell’Olimpo il Collio Bianco Riserva 2009 di Gradis’ciutta.
Internazionali
Pinot Bianco
Non capirò mai perché in Collio non si punti di più sul pinot bianco in purezza, si vincerebbe facile. Solo 8 campioni in assaggio tutti di livello assoluto ma se devo fare 3 nomi dico: Casa delle Rose Pinot Bianco Doc Collio 2017, Castello di Spessa Pinot Bianco Santarosa Doc Collio 2017, Venica Pinot Bianco Tàlis Doc Collio 2017. Poi c’è un fuoriquota che si chiama Russiz Superiore Pinot Bianco Riserva Doc Collio 2015, parkerianamente ampiamente oltre i 90 punti.
Chardonnay
Pochi campioni diamine, 6 in tutto e notevoli, indimenticabile Komjanc Alessio Chardonnay Doc Collio 2016.
Sauvignon
I campioni in questo caso erano 23. Risultati controversi: per una batteria ho gridato al miracolo, annata 2017 strepitosa, sauvignon eleganti e misurati, privi di barocchismi, poi sono ritornato sulla terra, comunque parliamo sempre di una qualità complessiva di ottimo livello. Su tutti: Subida di Monte Sauvignon Doc Collio 2017, Pascolo Sauvignon Doc Collio 2017, Komjanc Alessio Sauvignon Doc Collio 2017, Ronchirò Sauvignon Doc Collio 2017, Castello di Spessa Sauvignon Doc Collio 2017, Russiz Superiore Sauvignon Riserva Doc Collio 2013.
Pinot Grigio
Nel Collio si sta puntando molto sul pinot grigio cercando di smarcarsi il più possibile dall’offerta medio bassa che spesso affligge il mercato, l’idea (vincente), nel nuovo disciplinare, è quella di puntare sul Pinot Grigio Superiore DOCG, basse rese e tempi lunghi di affinamento; speriamo la cosa arrivi in porto. Per il momento si cresce pian piano, annata 2017 sicuramente interessante, su tutti: Borgo Conventi Pinot Grigio Doc Collio 2017 e Marco Felluga Pinot Grigio Mongris Doc Collio 2017.
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Non so chi sia stato il primo a parlare di vino come prodotto culturale, ma trovo sia una definizione autentica, che né rispecchia a pieno identità e reale natura, che è poi quella di raccontare, attraverso un liquido contenuto in una bottiglia, una terra, gli uomini che la abitano e le loro tradizioni. In questo senso l’Italia ha un patrimonio divulgativo inestimabile. Prendiamo per esempio l’Abruzzo, regione spesso dimentica, eppure terra di produttori straordinari: Valentini, Masciarelli, Pepe, giusto per fare qualche nome. Basterebbe questo ad annoverare il patrimonio vitivinicolo di questa regione del centro/sud Italia tra i più interessanti al mondo, ma poi arrivano il piccolo comune di Tollo e la sua DOP Tullum a sparigliare le carte. Parliamo di un abitato di circa 4.000 persone che insiste su 14,96 km quadrati e dista 10 km dall’Adriatico e 25 Km dalla Maiella, tanto che nel mese di maggio capita di stare in mare con i piedi in acqua mentre con lo sguardo puoi ancora vedere le vette innevate del Massiccio. Proprio per questo motivo, grazie alle notevoli escursioni termiche tra il giorno e la notte, il territorio della Dop Tullum presenta peculiarità diverse dalle altre aree d’Abruzzo. A beneficiarne le uve di Montepulciano, Pecorino e Passerina, anche se, tra tutte, è proprio il Pecorino che qui trova una vocazione davvero unica.
La Dop Terre Tollesi o Tullum è stata riconosciuta con D.M. nel corso dell’anno 2009 e nel 2014 il Consorzio di Tutela Dop Terre Tollesi o Tullum è stato autorizzato ad esercitare il controllo erga omnes. A caratterizzare la Dop la rigidità dei parametri produttivi, tanto che per la prima volta in Abruzzo, sulla base dello studio di zonazione compiuto dal prof. Attilio Scienza, è stato introdotto nel disciplinare il concetto di cru, individuando nei singoli fogli di mappa i vigneti autorizzati all’impianto delle specifiche varietà. Le tipologie attualmente prodotte sono: Rosso Riserva, Rosso, Pecorino, Pecorino Bio, Passerina, Chardonnay Spumante e Passito Rosso.
La coltivazione della vite e il consumo dell’uva e del vino a Tollo risalgono all’epoca romana, come dimostrano il rinvenimento di una dolia da vino e da olio e celle vinarie, ma anche di resti di una Villa romana dove la viticoltura aveva un ruolo centrale. La specializzazione viticola si mantiene nei secoli e le dominazioni che si susseguirono a Tollo ne mantennero la specificità, dai Longobardi ai Normanni no al Regno di Napoli. In età medievale, nelle decime degli anni 1308, 1323 e 1325 Tullo o Tullum appare citato, in modo profetico, fra le località che devono prestazioni di “Laboratores seu vinarum” alla Diocesi Teatina. Alle soglie dell’età moderna, nel 1776, nel Regno di Napoli il vino di Tollo era già famoso tanto da essere celebrato nei componimenti poetici del frate Bernardo Maria Valera pubblicati nel 1835, il quale definisce la zona di Tollo come: “Piccola terra nell’Abruzzo Citeriore, e non molto lontana dal mare Adriatico, di amena situazione, e celebre pel suo vino rosso, (rubino) volgarmente detto Lacrima”. Dopo tanti secoli di crescita, nel corso della seconda guerra mondiale, Tollo fu letteralmente rasa al suolo, unico paese in Abruzzo, in quanto il fronte, a partire dal novembre 1943, corse lungo il confine con il territorio di Ortona. Insieme al centro storico andarono distrutte le aziende agricole ed i vigneti. I coltivatori tollesi non si persero però d’animo e, nell’immediato dopoguerra, ripresero la coltivazione della vite. Le dolci colline tornarono a ricamarsi di vigneti. Grazie alla vite, Tollo fu uno dei pochissimi paesi abruzzesi a non essere stato interessato, se non marginalmente, dal fenomeno dell’emigrazione. Iniziò così il rinascimento della viticoltura a Tollo, cammino che fa segnare una tappa cruciale con l’istituzione della DOP Tullum. Oggi Tollo conta oltre 4.000 abitanti e la produzione di vino è tornata ad essere l’attività principale.
La verticale di Pecorino Feudo Antico
Feudo Antico nasce nel 2004 con l’obiettivo di dare una nuova vita agli autoctoni Pecorino e Passerina, prima che questi due vitigni diventassero popolarissimi, addirittura di moda. Nei primi anni del 2000 erano infatti trascurati, vuoi perché necessitavano di impianti a rese limitate, vuoi perché vitigni abbastanza difficili che portano a risultati apprezzabili con grande fatica. Per i primi reimpianti di Pecorino, viene individuata una piccola tenuta in località San Pietro ed è proprio durante i lavori di preparazione del suolo che vengono alla luce i resti della fondamenta di una Villa romana, di una dolia in terracotta per la conservazione del vino e di una cella vinaria. Un segnale dal passato inconfutabile e un legame indissolubile con gli antenati che stava ad indicare la strada da percorrere non solo per Feudo Antico ma per tutti i viticoltori di Tollo e che ha portato alla nascita della più piccola Dop d’Italia, la Dop Tullum.
Le uve che danno origine al Pecorino Tullum Dop di Feudo Antico provengono dai vigneti che fanno parte del foglio di mappa n.1 e n.3 di località San Pietro e n.11 di località Colle di Tollo. Il sistema di allevamento è la Pergola abruzzese mentre la vinificazione avviene mediante macerazione a freddo delle bucce e fermentazione in serbatoi di acciaio inox a temperatura controllata; affinamento sui lieviti in vasche di vetrocemento per 6 mesi. Il Pecorino, nel comprensorio di Tollo sa esprimersi in maniera incantevole, soprattutto se abbiamo la pazienza e l’intelligenza di dimenticarlo in bottiglia per qualche anno, come ha confermato la verticale di 7 annate svoltasi il 28 maggio presso l’Enomuseo di Tollo. Partendo da un 2016 scalpitante si è arrivati alla 2008, la prima annata in cui è stato prodotto il Pecorino Tullum Dop di Feudo Antico, che forse tra tutte le annate in degustazione è quella che più ha mostrato i segni del tempo. Nel mezzo, la concretezza delle annate 2014 e 2013, il fascino delle annate 2012 e 2011, per arrivare a uno strepitoso 2010.
La storia dei Trabocchi, di Villa Maiella e del mangiare divinamente
In Abruzzo si mangia divinamente, non è un caso che uno dei cuochi più interessanti di sempre, il tristellato Niko Romito, sia abruzzese fino al midollo. Dietro o forse meglio affianco a Niko Romito un bel movimento di ristoratori prodigiosi, come ad esempio la famiglia Tinari. Il loro ristorante, Villa Maiella, si trova a Guardiagrele in provincia di Chieti ed è uno dei ristoranti di culto di tutto il centro/sud. La cucina è gestita da Arcangelo Tinari, mentre in sala c’è il fratello Pascal, mamma Angela e papà Peppino affiancano, supervisionano e si divertono, affiancati da nonna Ginetta: quando si dice la rappresentazione emblematica della conduzione familiare. La sfoglia grezza al ragù di cinghiale e consommè al caffè e il lardo spalmabile servito con lo zafferano, che sembra butto ma burro non è, valgono il viaggio da qualunque punto d’Italia voi partiate.
Per approfondimenti obbligatori potete digitare http://www.villamaiella.it/
Per la cucina di mare, non si può prescindere da una sosta ad un Trabocco. I Trabocchi, a guardarli bene, sono infernali macchine da pesca che sembrano uscite direttamente da Waterworld , apocalittico film di fantascienza, in parte sottovalutato, del 1995. Eppure hanno una storia antichissima, pare risalgano all’VIII secolo d.C. Dopo un periodo di oblio, grazie ad una legge emanata dalla Regione Abruzzo nel 1994, sono stati recuperati e in alcuni casi diventati di ristoranti di pesce di ottimo livello, come il Trabocco Pesce Palombo nel territorio di Fossacesia in Contrada la Penna località la “Fuggitelle”, di proprietà della famiglia Verì.
Per indispensabili approfondimenti potete digitare http://www.costadeitrabocchi.net/ e http://traboccopescepalombo.it/
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Il tempo, l’ora e la nosiola sono i tre ingredienti indispensabili per ottenere il “passito dei passiti”, ovvero il Vino Santo Trentino. Il tempo perché, anche se il periodo minimo fissato dal disciplinare per l’imbottigliamento è di 4 anni, i produttori preferiscono aspettare molto di più, arrivando fino ad un decennio. L’Ora è il vento che dal lago di Garda soffia da sud verso nord entrando prepotente dalle finestre dei locali dove le uve sono messe a dimora sui graticci per l’appassimento. Poi c’è la nosiola, un’uva autoctona trentina della Valle dei Laghi mai amata e valorizzata per quel che invece meriterebbe. Questi i tre elementi per realizzare la pozione magica che mi piace immaginare sia stata creata, secoli fa, nel Castello di Toblino da qualche alchimista e che fosse il vino con cui si inebriavano nei loro incontri d’amore, sempre al Castello, il principe vescovo Carlo Emanuele Madruzzo e la bella Claudia Particella. Madruzzo era l’ultimo principe dell’omonima dinastia che per 120 aveva governato la diocesi di Trento, Claudia Particella era la sua giovane amante dalla quale il prelato aveva avuto anche dei figli, ma la storia finì in dramma come si può facilmente immaginare. Lasciando da parte miti e leggende, si sa per certo che le prime testimonianze storiche riguardanti il Vino Santo Trentino risalgono al 1648 e sono contenute nelle “Cronache di Trento” dove l’autore, tal Pincio Giano Pirro, elogia l’insuperabile Vino santo prodotto sui Colli di Santa Massenza. Nonostante questa nota di 400 anni fa, le prime bottiglie destinate alla vendita furono quelle messe in commercio dalla cantina Angelini Giannotti agli inizi del 1800. Seguirono, nel 1822, le bottiglie di Vino Santo dei Conti Wolkenstein che dimoravano a Castel Toblino. Fu proprio il cantiniere del castello, Giacomo Sommadossi a presentare per la prima volta il Vino Santo ai concorsi internazionali ottenendo successi lusinghieri. Iniziò così il mito di questo vino rarissimo che lega il proprio nome ad uno sparuto gruppo di aziende (si contano sulle dita di una mano) tra cui la Cantina di Toblino, che, lungimirante, fin dagli inizi della produzione del “passito dei passiti” avviata nel 1965, ha conservato un centinaio di bottiglie per annata. La Cantina di Toblino, magnanima, volendo condividere questo tesoro con uno gruppetto di fortunati, ha organizzato di recente una straordinaria verticale partendo dall’ultima annata in commercio, la 2003, per arrivare a quella della prima vendemmia della Cantina, il 1965. Dal mezzo secolo in archivio sono state scelte per la degustazione le annate 2003, 2000, 1990, 1984, 1978, 1971, 1965. Nessuno dei sette vini ha mostrato segni di cedimento, anzi, a conferma dell’incredibile longevità del Vino Santo, tra tutte le annate quella che più ha lasciato un solco indelebile, anche nel degustatore più insensibile, è stata proprio il 1965, di una complessità inesauribile e al tempo stesso romantico come un bicchiere di Sherry dei più grandi.
Nonostante tutta questa magnificenza però il Vino Santo Trentino, non riesce a ottenere dal mercato il riconoscimento che meriterebbe. I motivi sono molteplici: troppo piccola la produzione (appena 20 mila bottiglie da mezzo litro, ad opera di un ristretto gruppo di cantine, riunite nell’Associazione Produttori del Vino Santo Trentino), troppo circoscritta la loro diffusione. La Cantina di Toblino però non demorde, anche perché ritiene che questo prezioso nettare possa essere davvero l’emblema di un territorio visitato ogni anno da un elevatissimo numero di enoturisti (e non). Il progetto che mira a ottenere la DOCG potrebbe essere un passo importante in tal senso. Tuttavia, per attirare l’attenzione, senza mancare di rispetto a nessuno, potrebbe essere interessante smuovere le acque, un po’ stagnanti, dell’abbinamento cibo-vino che relegano il Vino Santo Trentino alla consuetudine dei formaggi erborinati, del foie Gras e della pasticceria secca quando va bene, altrimenti si resta imprigionati nella monotona consuetudine del vino da meditazione. Si può osare invece. Prendendo spunto, ad esempio, da quello che sta facendo Francesco Intorcia (Heritage) con i suoi Marsala, abbinati al gelato salato del mago Stefano Guizzetti (Ciacco Lab).A prima vista ci si muove su piani destabilizzanti ma poi le armonie che si creano nell’abbinamento del Marsala con il gelato di ricotta di pecora con bottarga e olio; al gelato di burro e alici sui crostini, oppure al gelato al gusto di brasato su un letto di polenta, ci fanno dimenticare la noia e godere all’inverosimile.
Come si ottiene il Vino Santo Trentino
I grappoli esclusivamente spargoli di nosiola, raccolti a mano vengono messi a riposo nei fruttai, distesi sui tradizionali graticci (fatti in passato col fondo in canne, oggi con reti metalliche dalle maglie più o meno fitte) fino ai primi giorni di marzo: un periodo di appassimento che è forse il più lungo a cui venga sottoposta un’uva, durante il quale il peso dei grappoli si riduce di circa un terzo. Responsabile principale del fenomeno è una muffa nobile, la Botrytis cinerea, che in determinate condizioni di temperatura, umidità e ventilazione aggredisce gli acini favorendo l’evaporazione dell’acqua e la concentrazione degli zuccheri. Durante la Settimana Santa, da cui – probabilmente – viene il nome del vino, le uve appassite vengono spremute. Il mosto che si ottiene, dopo alcuni travasi per essere ripulito, viene poi lasciato decantare. La fermentazione avviene in botti di legno (per lo più di rovere) non nuove, durante la quale si verifica anche un lento processo di illimpidimento che accompagna il lungo invecchiamento del vino. Il tipo di botti, la composizione dei mosti, la resa dei lieviti sono tutti fattori che possono incidere sul risultato finale. L’imbottigliamento avviene dopo quattro anni dalla vendemmia (periodo minimo fissato dal disciplinare) ma la maggior parte dei produttori aspetta molto di più, dai 7 ai 10 anni.
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La delegazione Vignaioli Indipendenti Trevigiani FIVI si dissocia dall’ipotesi formulata dal Presidente del Prosecco Doc Stefano Zanette, di introdurre il “Prosecco Rosè” nel disciplinare di produzione del Prosecco DOC.
La delegazione Vignaioli Indipendenti Trevigiani FIVI, prende le distanze dalle dichiarazioni del Presidente del Consorzio Prosecco Doc Stefano Zanette, nel momento in cui si rende possibilista in merito a l’introduzione della tipologia “Prosecco Rosè” nel disciplinare di produzione del Prosecco Doc.
Secondo quanto dichiarato da Zanette si apprenderebbe la volontà di dar vita ad una linea “Premium” in cui possa essere utilizzato il Pinot Nero anche se vinificato in rosso, in deroga quindi al principio in cui veniva permesso, nella misura massima del 15%, se vinificato in bianco.
Premesso che, la decisione è stata presa in maniera unilaterale senza richiesta di confronto le realtà locali impegnati nella produzione e nella comunicazione del Prosecco, la delegazione dei Vignaioli Indipendenti Trevigiani FIVI non intende assolutamente avallare questa ipotesi per i motivi che seguono:
- Il concetto di qualità “Premium”, suggerita da Zanette, viene già espresso dai vignaioli da sempre con l’utilizzo della Glera e con una viticoltura accorta;
- L’idea che sia necessario il Pinot Nero come migliorativo dequalifica, non solo l’identità della Glera, ma anche quella dei vitigni autoctoni a bacca rossa già esistenti nel territorio;
- Prevedendo una tipologia “Prosecco Rosè” si andrebbe a rendere ancor più generalista l’idea del Prosecco diluendo ogni concetto legato a tradizione e cultura di un luogo;
- Con l’introduzione del “Prosecco Rosè” viene cancellato ogni politica di valorizzazione del territorio portata avanti con fatica negli anni;
La delegazione FIVI Vignaioli Indipendenti Trevigiani
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Lunedì 11 giugno 2018 Scansano celebrerà il 40° della nascita della famosa denominazione della costa toscana con la prima edizione di “Rosso Morellino”: una masterclass e un banco di assaggio, ma soprattutto un momento di convivialità e incontro con i produttori, che giorno dopo giorno contribuiscono a rendere unica la denominazione
Se solo l’anno scorso la Docg ha compiuto dieci anni, quest’anno è tempo di un’altra ricorrenza particolarmente sentita per il territorio maremmano: il riconoscimento della prima denominazione, nel 1978, per il Morellino di Scansano. Per festeggiare il raggiungimento dei 40 anni della Doc, Il Consorzio Tutela Morellino di Scansano annuncia la prima edizione di un evento rivolto a operatori del settore e appassionati, che avrà luogo nel borgo medievale che regala il nome alla denominazione.
“Rosso Morellino. 40 anni di storia” è in programma lunedì 11 giugno a Scansano. Ad aprire la manifestazione, l’ottocentesco Teatro Castagnoli accoglierà le autorità locali e i rappresentanti del Consorzio per un momento istituzionale che traccerà la storia e le prospettive di un vino che ha saputo conquistarsi grande apprezzamento sia in Italia che all’estero e che guarda al futuro con entusiasmo.
Subito dopo la parola passerà ai vini, con un ricco programma che impegnerà produttori e visitatori per tutta la giornata. Si comincia alle ore 11 nelle adiacenti ex scuole elementari, con una masterclass a posti limitati condotta dal giornalista e critico enogastronomico Filippo Bartolotta. Sarà un viaggio lungo alcune delle annate più rappresentative del Morellino di Scansano, con l’obiettivo di analizzare sia i tratti di più facile lettura di questo vino, che quelli più complessi e articolati che solo il tempo sa donargli, grazie alla capacità del Sangiovese di saper evolvere e leggere il territorio compreso tra l’Ombrone e l’Albegna.
Contemporaneamente, sempre alle ore 11, si apriranno anche le porte del banco di assaggio all’interno del quale un’ampia selezione di produttori accoglierà giornalisti ed operatori del settore, ma anche appassionati e wine lover, con i vini in commercio sia nella tipologia “Annata” che in quella “Riserva”. Un’opportunità unica per approfondire la propria conoscenza del Morellino di Scansano, ma soprattutto la possibilità di confrontarsi con le cantine del territorio e raccogliere gli aneddoti che hanno caratterizzato questi 40 anni di storia. Le degustazioni inizieranno, sempre all’interno delle ex scuole elementari situate vicino al Teatro Castagnoli di Scansano, alle ore 11.00 e termineranno alle ore 18.00.
“Il conferimento della Denominazione di Origine Controllata nel lontano 1978 è stato un tassello fondamentale per la valorizzazione di un territorio unico e incontaminato che vede proprio nella produzione del suo famoso vino a base Sangiovese una delle eccellenze di punta di tutto il comprensorio” ha commentato Rossano Teglielli, presidente del Consorzio. “La scelta di celebrare il quarantesimo anniversario con un evento nel cuore della Maremma ci permette di sottolineare ancora una volta il legame indissolubile che il Morellino di Scansano ha con il suo territorio”.
Ulteriori informazioni su dettagli, costi e modalità di partecipazione a “Rosso Morellino. 40 anni di storia” saranno presto disponibili sul sito www.consorziomorellino.it
LA DENOMINAZIONE E IL CONSORZIO TUTELA MORELLINO DI SCANSANO. Riconosciuto denominazione di origine controllata nel 1978, il Morellino di Scansano festeggia quest’anno i suoi primi 40 anni. In questo periodo molto è stato fatto per la sua valorizzazione, in virtù delle sue qualità intrinseche e della crescente rinomanza internazionale, tanto da ottenere nel 2006 la Denominazione di Origine Controllata e Garantita, a partire dalla vendemmia 2007.
Il Consorzio Tutela Morellino di Scansano è attivo in questa opera di promozione e tutela. Nato nel 1992 per volontà di un piccolo gruppo di produttori, nel corso degli anni il Consorzio è andato man mano ampliando il comparto associativo, fino ad accogliere più di 200 soci, oltre 90 dei quali con almeno una propria etichetta di Morellino di Scansano sul mercato.
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