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    Argea – risultati e analisi di bilancio 2024

    I dati 2024 di Argea sono senza dubbio molto positivi. Sebbene le vendite non siano cresciute soltanto del 3.6%, di cui circa 1 punto percentuale grazie al consolidamento di Zaccagnini, i margini sono migliorati sensibilmente e il debito è calato sotto la soglia psicologica dei 100 milioni di euro, dove stava prima dell’operazione di acquisizione di MGM. Con un fatturato di 453 milioni, il gruppo è secondo in Italia dopo il conglomerato Cantine Riunite & CIV (che include GIV). L’attività del gruppo procede spedita. Nel 2024 si è finalizzata una piccola acquisizione di un marchio in Svizzera già distribuito (Enzo Bartoli) il che dovrebbe portare a un miglioramento dei margini di profitto, ed è iniziata la procedura di vendita della società distributiva russa, che sarà finalizzata nel 2025. Quest’anno Argea ha acquisito Wines Unlimited Inc., importatore USA di diverse etichette (tra cui Zaccagnini): operazione già effettuata da Herita (Santa Margherita) anni fa, che ha determinato un forte incremento dei margini sul mercato locale. Leggendo la relazione sembrerebbe di capire che l’operazione sia costata circa 40 milioni di euro. Le previsioni 2025 indicano un ulteriore miglioramento dei margini, con una strategia che menziona anche i vini No Alcohol e la strategia di premiumizzazione di Poderi dal Nespoli.
    Passiamo a un’analisi più dettagliata dei dati con grafici e tabelle.

    Le vendite 2024 crescono del 3.6% a 453 milioni di euro. Come abbiamo calcolato nel bilancio 2023, l’impatto dei “12 mesi” di Zaccagnini del 2024 rispetto al periodo di consolidamento più limitato del 2023 è di circa 5 milioni, ossia l’1% del fatturato. Le vendite italiane calano dell’8% a 41 milioni, quelle estere crescono del 5% a 413 milioni. Dal 2024 Argea distingue vendite EU (ex Italia), 160 milioni, e resto del mondo, 253 milioni.
    I margini come dicevamo sono in crescita, essenzialmente grazie al minor costo degli acquisti, passati dal 68% al 65% del fatturato, mentre le spese per servizi crescono dal 13% al 14% delle vendite e il personale resta stabile intorno al 7%. L’EBITDA del 2024 raggiunge quota 69 milioni di euro, +12%, per un margine del 15% dal 14% del 2023. Come sapete l’utile operativo e l’utile netto sono fortemente influenzati dall’ammortamento dell’avviamento. Se lo “togliamo”, l’utile operativo passa da 49 a 56 milioni (dall’11.1% al 12.5% del fatturato). L’utile netto segna una perdita di 7 milioni rispetto ai 16 del 2023, ma come dicevamo appena sopra gli oltre 30 milioni di ammortamenti “farlocchi” distorcono non di poco la lettura.
    La parte finanziaria vede un debito di 97 milioni, in discesa dai 121 del 2023. Già nel 2023 avevamo espresso apprezzamento per la gestione finanziaria (debito stabile con l’acquisizione di Zaccagnini in mezzo), e quest’anno lo rifacciamo. Il magazzino scende di 10 milioni di euro, gli investimenti sono sotto controllo al 3% del fatturato, l’azienda non ha pagato dividendi e dunque i 24 milioni di generazione di cassa netta sono andati tutti a riduzione del debito e in preparazione dell’operazione di acquisizione dell’importatore americano.

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO

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    I dati finanziari cumulati 2023 delle aziende di spumanti – Rapporto Mediobanca

    Chiudiamo l’analisi dei dati finanziari cumulati delle aziende vinicole italiane elaborato dall’Area Studi Mediobanca con il “campione” di 58 aziende produttrici di vini spumanti. Come è lecito attendersi, i dati sono migliori di quelle del campione generale, vista la dinamica leggermente migliore del fatturato 2023 (+1% contro il leggero calo), soprattutto considerando l’eccezionale crescita degli ultimi anni, e una leggera ripresa dei margini dopo il dato in forte calo del 2022. Anche per le aziende spumantistiche troviamo un significativo incremento della leva finanziaria, pur restando sotto la media generale (2.1 volte l’EBITDA contro 2.8x per il totale), da legare sia al forte incremento degli investimenti (6% delle vendite contro una media del 5% dei 5 anni precedenti) che del capitale circolante netto, legato in questo caso all’incremento delle rimanenze.
    Bene, le prospettive 2024 delineate dal rapporto sono di un leggero incremento del fatturato (2% circa) a fronte della previsione di fatturato stabile per il campione nel suo complesso, che secondo i budget delle aziende potrebbe accelerare nel 2025 al +4%… sempre che abbiano fatto i conti dopo le turbolenze relative ai dazi.
    Passiamo a un’analisi dettagliata con tabelle e grafici.

    Le 58 aziende specializzate negli spumanti sono cresciute dell’1% a 2.95 miliardi di euro, con un incremento medio annuo rispetto al 2018 ribasato del 6%, che si compone di un +8% per le esportazioni e di un comunque eccellente +5% per le vendite italiane, che anche nel 2023 rappresentano il 60% del totale
    I margini sono in miglioramento, anche se visti in prospettiva storica si confrontano con un 2022 molto negativo. Il margine industriale cresce dal 15.5% al 16.3%, pur restando sotto il 17.5-18% record dell’epoca Covid e si porta dietro un incremento dell’EBITDA o MOL del 6% a 280 milioni, margine 9.5%, e un utile operativo di 175 milioni, 5.9%, di nuovo 1 punto sotto il quasi 7% dell’epoca Covid.
    A differenza del campione generale alcuni proventi non ricorrenti hanno supportato la gestione finanziaria (che ha mostrato oneri finanziari raddoppiati) e determinato quindi una crescita più marcata dell’utile netto, che è stato di 147 milioni di euro, dai 132 del 2022 e in linea con i 148 del 2021.
    Chiudiamo con un cenno alla struttura finanziaria. Il debito sale da 479 a 581 milioni, per un rapporto sull’EBITDA che va da 1.8 a 2.1 volte, quindi un incremento meno marcato del campione generale, soprattutto grazie alla migliore crescita dell’EBITDA. Come dicevamo sopra, gli investimenti cresciuti di 50 milioni a 175 milioni e il forte incremento delle rimanenze di magazzino, +108 milioni, sono alla base della maggiore leva finanziaria.
    Vi lascio ai grafici e alle tabelle.

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    Callmewine – risultati 2024

    Callmewine è la prima azienda di ecommerce di vino di cui analizziamo i dati 2024 e la vista non è di quelle piacevoli. La sensazione personale è che alcune di queste aziende abbiano cambiato strategia. Inizialmente la logica era diventare sempre più grandi offrendo buoni prezzi (e subendo un margine più basso dell’enoteca) e diventare profittevoli con l’aumento della scala. Stile Amazon insomma. Oggi se guardiamo ai dati, dopo la sbornia del Covid, siamo passati dalla ricerca della dimensione alla ricerca dei margini, lasciando il primo percorso “a metà strada”. Lo vediamo da questi numeri dove il margine lordo % sulle vendite cresce, i costi scendono con un calo delle vendite del 16%, lo leggiamo su internet quando Tannico parla di un “aumento dello scontrino medio”.
    Tornando a Callmewine, il 2024 è un anno molto difficile che segue la traiettoria partita nel 2021 di perdite sempre più marcate, che arrivano a 2.1 milioni di euro. La struttura finanziaria torna in equilibrio grazie al contributo dei soci di 1.4 milioni di euro in aumento di capitale, oltre a un ulteriore 1 milione di euro a titolo di prestito soci, il secondo dopo i 4 milioni iniettati nel 2020.
    Passiamo a una breve analisi dei dati.

    Le vendite calano del 16% a 11.5 milioni di euro e restano molto concentrate sull’Italia (10 milioni, in calo del 19%) nonostante lo sforzo di uscire dai confini (bisogna dire che la controllata inglese non è consolidata).
    Come dicevo sopra il margine sugli acquisti sale dal 26.3% al 26.9% del fatturato e dunque limita la discesa del margine lordo al 14%, 3.1 milioni.
    Lo sforzo di taglio dei costi è evidentissimo: il costo del personale cala dell’8%, le spese per servizi sono giù del 7%.
    Purtroppo con 2 milioni di vendite in meno era difficile fare di meglio: la perdita operativa sale da 2.2 a 2.7 milioni di euro, la perdita netta da 1.7 a 2.1 milioni, grazie alla linea delle imposte, che segna un credito di 0.7 milioni da 0.5 dello scorso anno.
    La parte finanziaria vede una situazione di debito netto di 0.2 milioni da 1 milione del 2023, escludendo il finanziamento soci di 1 milione di euro che “sta in mezzo”. Olte a questo ci sono stati 1.4 milioni di euro che arrivano dai soci come aumento di capitale e un calo del capitale circolante di 0.5 milioni, essenzialmente legato all’incremento dei tempi di pagamento dei fornitori (le cantine). Questi due componenti compensano le perdite.

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    Etablissements Nicolas: numeri 2018-2023

    Nicolas, casa fondata nel 1822, è il primo distributore di vini nelle città francesi ed è stato votato per due volte (l’ultima nel 2024) come il marchio preferito dai consumatori francesi, nella categoria “commercianti di vino”. Il marchio conta ora 559 negozi in tutto il mondo: 481 in Francia, di cui 306 nell’Île-de-France e 156 in Parigi centro, il resto in altri 13 paesi. La maison, infatti, ha storicamente mantenuto un legame molto forte con la capitale, da quando Louis Nicolas aprì il suo primo negozio. A inizio ‘800 il vino si beveva nel luogo in cui si acquistava in botti; fu proprio Louis Nicolas a inventare e rendere popolare il vino in bottiglia!
    Nel corso degli anni il marchio si è diversificato proponendo altri tipi di bevande. Oggi il suo fatturato è Il 48% è costituito da vini fermi, il 32% da spumanti, il 17% da distillati e il resto da birre e altre bevande. Il marchio vende circa 800 referenze nei negozi e tramite il suo sito e-commerce, con un rinnovo delle referenze ogni anno.

    Dopo l’aumento delle vendite dovuto alle restrizioni (lock-down) sulle libertà personali di spostamento, che hanno visto crescere il fatturato, quest’ultimo si è stabilizzato sui valori pre-Covid.
    I margini operativi sono rimasti piuttosto stabili negli anni e gli ultimi dati disponibili del 2023 mostrano valori in linea con la media storica (circa 6% per il MOL sui ricavi e circa il 4% per l’utile operativo).
    La società ha sempre avuto, dal 2018 ad oggi, una cassa netta, che ha ampiamente superato il debito (quindi Nicolas non ha debito netto).
    Questa solida struttura finanziaria penalizza, come ovvio, il ritorno sia sul capitale investito, sia sui mezzi propri.

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    Purcari Wines – analisi di bilancio 2024 e OPA

    Appena trovata Purcari Wines, una nuova azienda vinicola quotata… e viene ora probabilmente de-listata dalla borsa rumena in seguito a un’OPA lanciata da Maspex, un gruppo polacco attivo nel segmento alimentare. Tempo buttato a costruire il modello…
    Il prezzo a cui viene proposta l’acquisizione è di 21RON (vedere grafico qui sopra, prezzo mai raggiunto dalle azioni), che corrispondono a un valore totale di 840 milioni di RON e a un valore di impresa di 1.03 miliardi di RON (che diviso 5 fa circa 200 milioni di euro). Se consideriamo le attese degli analisti per il 2025 di Purcari (piuttosto aggressive visto l’andamento molto poco convincente che commenteremo di seguito – 470 milioni di RON di vendite 131 milioni di EBITDA e 63 milioni di utile netto), l’acquisizione proposta è a un multiplo di 2.2 volte le vendite, 8 volte l’EBITDA e 13 volte gli utili.
    Tornando ai dati del 2024, diciamo che sono stati molto lontani dagli obiettivi di crescita che avevano previsto. Avevano cominciato indicando +16/20%, poi a maggio dicevano +12/15%, ad agosto 5-10% e hanno finito a +3.7%. Hanno invece centrato in pieno l’obiettivo di margine, 26-28% e hanno chiuso a 28.1%, ma sotto l’EBITDA sono raddoppiati gli oneri finanziari, crescono gli ammortamenti e alla fine (anche per colpa di alcuni proventi non ricorrenti dello scorso anno) si arriva a un utile netto di 54 milioni di RON contro i 60 dell’anno precedente. Infine, il capitale circolante cresce e con gli investimenti ha portato il debito a 1.8 volte l’EBITDA da 1.4 dell’anno precedente.
    Passiamo ad analizzare qualche dato insieme.

    Le vendite di 382 milioni di RON (dividere per 5 per avere euro) crescono del 3.7% grazie alla crescita del 15% in Romania e dell’8% in Moldavia, mentre gli altri mercati e le attività minori sono in calo del 18%.
    Il margine lordo è in forte progresso, dal 41% al 48% delle vendite, già al livello previsto a piano per il 2027 (48-51%) ma viene mangiato quasi completamente dall’aumento di oltre il 30% dei costi operativi, tra cui sottolineerei il marketing, per cui si arriva a un EBITDA del 28% contro il 27% dell’anno scorso, comunque nell’intorno delle indicazioni sull’anno. Come dicevo sopra poi ci sono oneri finanziari in crescita (da 3.2 a 7.2), le tasse che raddoppiano (da 7 a 14 milioni) e quindi il progresso operativo si perde per arrivare a un utile netto di 54 milioni di RON contro 60 dell’anno scorso.
    A livello finanziario il debito netto passa da 138 a 195 milioni di RON, con oltre 50 milioni di RON di assorbimento di circolante (che è tanto), altri 57 milioni di investimenti (che sono tanti considerato che gli ammortamenti sono la metà, 29), 14 milioni di acquisizioni e dulcis in fundo 26 milioni di RON di dividendi, contro i 22 pagati lo scorso anno.
    Il primo trimestre ha visto una accelerazione delle vendite a +12%, ma una diluizione del margine EBITDA dal 28.3% al 26.2% e un utile netto calato da 11 a 9 milioni di RON. Ma a questo punto, poco importa, visto che l’azienda sarà molto probabilmente comperata, e sarà un problema dei nuovi proprietari.

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    Herita (era Santa Margherita) – risultati e dati di bilancio 2024

    Santa Margherita S.p.a. ha pubblicato per la prima volta il proprio bilancio con la nuova denominazione sociale diventata “Herita S.p.a.”. L’esercizio  2024 mostra un leggero leggero calo sia per le vendite (-3% a 248 milioni) che per l’utile netto (41 milioni). Nonostante questo, Herita ha mantenuto una generazione di cassa particolarmente interessante, che ha consentito di pagare un buon dividendo (25 milioni) ma soprattutto di acquistare il 5% di Ca’ del Bosco (per 11 milioni) portando la partecipazione nel secondo marchio più importante del gruppo al 65%. Il debito è rimasto invariato a 138 milioni, un livello perfettamente compatibile con i margini dell’azienda, a 1.7 volte l’EBITDA.
    L’operazione di acquisto di questo 5% mette in luce l’elevato valore della partecipazione. L’azienda è stata valutata poco meno di 300 milioni di euro (di cui 223 milioni di valore azionario), che corrisponde a un multiplo di 5.6 volte le vendite e 16 volte l’EBITDA. Gli alti margini (35% EBITDA), la presenza di un magazzino molto rilevante (57 milioni di euro al costo di produzione) e di un patrimonio fondiario rilevante sono certamente fattori che hanno influenzato la valutazione della quota.
    Passiamo a un’analisi più dettagliata dei numeri.

    Le vendite consolidate calano del 3% a 248 milioni, con un calo leggermente meno marcato per i prodotti finiti a -2.6%. All’interno di questa categoria le vendite in Italia sono in calo dell’1.7%, le esportazioni sono scese del 4.3%).
    Non disponiamo delle vendite per marchio ma per entità legale, che non sono pienamente sovrapponibili, visto che Herita (Santa Margherita) SpA distribuisce anche alcuni dei marchi del gruppo. Le vendite di Ca’ del Bosco sono in calo dell’1% a 52 milioni, Pile e Lamole nel Chianti cresce del 7%, mentre Ca’ Maiol (Lugana) perde il 20% a 6 milioni riflettendo i minori volumi prodotti a causa degli eventi meteorologici avversi subiti nell’annata vendemmiale precedente.
    I margini sono in leggero calo essenzialmente a causa della diminuzione del fatturato. Il valore aggiunto scende dal 47% al 46.3% mentre l’EBITDA o MOL scende da 85 a 80 milioni (-6%) con un margine che passa dal 33% al 32%. Ammortamenti e oneri finanziari sono stabili (i secondi grazie alle rettifiche su cambi) e l’aliquota fiscale scende di un paio di punti al 22%, il che consente di mantenere l’utile a 41 milioni, in calo soltanto del 4% sul 2023. A questo contribuisce anche l’impatto dei minori interessi di minoranza derivanti dall’incremento della quota in Ca’ del Bosco.
    Il debito è stabile a 138 milioni di euro, corrispondente a 1.7 volte l’EBITDA (1.6x nel 2023). Il flusso di cassa si è attestato a 60 milioni di euro ed è praticamente stato interamente ridistribuito tra il dividendo (25 milioni, sarà stabile anche quest’anno e corrisponde a poco più del 60% dell’utile), l’investimento nella quota di Ca’ Del Bosco (11 milioni), gli investimenti (stimiamo circa 15-16 milioni, considerando che solo Herita e Ca’ del Bosco ne hanno fatti 12) e un leggero incremento del capitale circolante (+5 milioni) dovuto soprattutto all’aumento delle rimanenze (+10).

    Dati in formato testo disponibili nella sezione Solonumeri.

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    I dati finanziari cumulati delle aziende vinicole 2023 – Rapporto Mediobanca

    I risultati 2023 delle 154 aziende vinicole italiane con oltre 20 milioni di fatturato analizzate dal rapporto Area Studi Mediobanca hanno avuto un 2023 stabile a livello operativo, con un deterioramento dell’utile netto e della redditività per gli azionisti essenzialmente dovuto all’incremento del debito e di conseguenza degli oneri finanziari. Le conclusioni sono quasi le medesime della scorsa settimana, quando abbiamo analizzato il campione totale (255 aziende) che includeva anche le cooperative. Senza di esse il fatturato è andato leggermente meglio, i margini sono rimasti stabili, mentre la leva finanziaria è salita in virtù di maggiori investimenti e di un marcato peggioramento del capitale circolante netto.
    Le prospettive non sono purtroppo rosee. Le indicazioni preliminari di Mediobanca dicono che il fatturato 2024 è rimasto stabile, mentre le aspettative per il 2025 sono per una crescita molto leggera nella migliore delle ipotesi. Sarà dunque importante rivolgere l’attenzione ai costi, e in particolare a quelli gestibili, come il costo del personale che nel 2024 è cresciuto a un passo ben superiore a quello delle vendite.
    Passiamo avanti con il commento dei numeri, tabella e grafici.

    Le vendite delle 154 aziende incluse nel campione sono rimaste stabili, con un andamento uguale per Italia ed export, coerente con il dato ISTAT relativo alle esportazioni. Se confrontiamo i 6.2 miliardi di fatturato con il dato ribasato di 5 anni deriviamo una crescita delle vendite annua del 4%, fatta di +3.9% in Italia e +4.4% all’estero.
    Il margine industriale è migliorato dal 23% al 23.6%, ma il progresso è stato mangiato da un incremento del costo del personale del 4.6%, costato lo 0.4% di margine che porta quindi l’EBITDA sulle vendite a un progresso più limitato, dal 13.9% al 14.1%, per un valore di 873 milioni, comunque il più elevato del campione. Anche in questo caso se allarghiamo lo sguardo a 5 anni, vediamo che le aziende vinicole italiane hanno guadagnato in produttività (a differenza del 2023), visto che a fronte di un incremento annuo del 5.6% del margine industriale, il valore aggiunto cresce del 6.3% annuo, implicando un incremento più moderato del costo del personale. L’utile operativo è stabile al 9.2% vista la crescita dell’incidenza degli ammortamenti.
    L’utile netto del campione cala da 375 a 331 milioni. Il dato qui è più difficile da “giudicare” visto che intervengono una serie di componenti non ricorrenti. Quello che è chiaro è che gli oneri finanziari sono cresciuti di 40 milioni di euro a 57 milioni, e questo spiega quasi in toto il calo degli utili.
    Questo incremento degli interessi passivi ci ricollega alla parte finanziaria: l’indebitamento finanziario netto sale da 1.4 a 2 miliardi di euro, per un rapporto con l’EBITDA di 2.3 (da 1.6). Il capitale investito cresce da 8.6 a 9.4 miliardi per via dei crescenti investimenti (393 milioni nel 2023, il 6.4% del fatturato, livello più alto dal 2018) ma anche del capitale circolante. Pur rimanendo molto ben patrimonializzato (debito/patrimonio 0.3), il settore ha visto quindi un incremento della leva finanziaria, probabilmente anche legato al maggiore dinamismo della parte acquisizioni. LEGGI TUTTO

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    I dati finanziari cumulati del settore vino 2023 – Rapporto Mediobanca

    Il rapporto sul settore del vino prodotto da Area Studi Mediobanca è da sempre un punto di riferimento e un appuntamento fisso del blog per il rigore e la completezza dell’analisi. Ringrazio Gabriele Barbaresco e il suo gruppo di lavoro (che ho recentemente conoscuito di persona) per averlo condiviso anche quest’anno. In questo post analizziamo i dati cumulati di 255 aziende vinicole con oltre 20 milioni di fatturato, seguiranno quelli delle aziende non cooperative e delle aziende specializzate nel segmento degli spumanti.
    Dopo il balzo del 2022, nel 2023 il fatturato delle aziende vinicole italiane non è cresciuto (-0.1%), anche se il calo dei costi delle materie prime ha consentito un robusto miglioramento del margine industriale (di quasi 1 punto percentuale). Il risultato finale è di un utile netto in calo, eroso scendendo nel conto economico dall’aumento del costo del personale (+646 addetti, +4% il loro costo), degli ammortamenti (+4.6%) ma soprattutto degli oneri finanziari (maggiore debito per via di investimenti e acquisizioni).
    Anche dal punto di vista finanziario, dopo anni estremamente virtuosi, il debito e i rapporti di indebitamento crescono (2.8x debito netto su MOL da 2.3x), per via dell’aumento delle scorte, dei maggiori investimenti (e riteniamo acquisizioni).
    Cosa dice il rapporto sul 2024? Beh, i dati preliminari parlano di un altro anno con vendite stabili, anche se le previsioni indicano un miglioramento più deciso dei margini, che consentirebbe un incremento degli utili del 10% circa.
    Passiamo a un’analisi più dettagliata dei dati con tabelle e dati.

    Le vendite delle 255 aziende (di cui 82 cooperative, 154 aziende italiane e 19 estere) sono rimaste stabili a 11.7 miliardi, con un perfetto bilanciamento Italia-estero entrambi a 5.8-5.9 miliardi.
    I margini sono leggermente cresciuti, con un incremento del valore aggiunto del 4.3% a 2.28 miliardi di euro, per un margine del 19.5%. Con un incremento del costo del personale del 4.3% (addetti +3.3% a 20487), il MOL (o EBITDA in senso lato) è cresciuto del 4.3% anch’esso a 1.23 miliardi, mentre l’incremento degli ammortamenti del 4.6% ha portato l’utile operativo a un +4% a 722 milioni di euro, per un margine del 6.2% rispetto al 5.9%, ancora sotto il 6.6% “record” del 2021. La voce più negativa è quella degli oneri finanziari, praticamente raddoppiati, che si sono mangiati la crescita dell’utile operativo, portando a un utile netto di 412 milioni, in calo del 19% sul dato del 2022.
    Passando alla parte finanziaria, il debito finanziario netto cresce in modo marcato, da 2.7 a 3.4 miliardi di euro, passando da 0.28 a 0.34 volte il patrimonio e da 2.3 a 2.8 volte l’EBITDA. Sebbene si tratti di rapporti molto moderati, soprattutto considerando la dotazione fondiaria dell’attività, si tratta del primo cambio di tendenza da diversi anni. Oltre all’aumento del capitale circolante (soprattutto legato alle scorte di magazzino, da 3.2 a 3.6 miliardi di euro), si è registrato un incremento degli investimenti (da 591 a 665 milioni di euro, dal 5% al 5.7% del fatturato), anche legato al crescente consolidamento del settore.
    Bene, vi lascio alle tabelle e ai grafici.

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