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    Antinori – risultati e analisi di bilancio 2023

    Il bilancio 2023 del Gruppo Antinori rappresenta un forte punto di discontinuità con il passato per via dell’inclusione per 6 mesi di Stag’s Leap Wine Cellars, azienda vinicola americana di cui Antinori ha acquistato tutte le quote (possedeva il 15%) nel giugno 2023. Anche se diventa quindi più difficile giudicare l’andamento 2023 dati i forti impatti che questa operazione ha avuto, si comincia a delineare il nuovo Gruppo Antinori, che mostrerà il suo nuovo volto nel 2024 quando il contributo di Stag’s Leap Wine Cellars sarà completo.
    Qualche numero per orientarci. Le vendite consolidate sono cresciute del 9% a 352 milioni di euro, con un contributo di Stag’s Leap Wine Cellars che stimiamo nell’ordine di 35-40 milioni, l’EBITDA cresce del 6% a 161 milioni di euro, mentre l’utile netto di 65 milioni (circa -20%) è sporcato dall’ammortamento dell’avviamento di Stag’s Leap Wine Cellars(8.6 milioni soltanto per 6 mesi) e da circa 6 milioni di imposte una tantum riferite a una disputa con il fisco sui prezzi di trasferimento degli anni passati. La struttura finanziaria cambia in modo radicale, visti gli investimenti di quasi 650 milioni che includono 548 milioni per acquisizioni, riteniamo principalmente da attribuire all’acquisizione dell’85% di Stag’s Leap Wine Cellars. In confronto, la società Marchesi Antinori, che rappresenta lo sviluppo commerciale (ma non agricolo) del marchio Antinori, ha un fatturato di 250 milioni (+2% sul 2022), un EBITDA di 74 milioni (62 nel 2022) e un utile netto di 29 (inferiore di 6 rispetto a 35 nel 2022 a causa della definizione fiscale sui prezzi di trasferimento).
    Il 2024 sarà l’anno di completa visibilità per il gruppo, che potrebbe avvicinarsi alla soglia dei 400 milioni di fatturato nella sua nuova dimensione multinazionale.
    Passiamo a una breve analisi dei dati, con grafici e tabella riassuntiva.

    Le vendite crescono del 9% a 352 milioni di euro. Il fatturato americano diventa 73 milioni da 57 del 2022 ma cela l’elisione dei ricavi intragruppo tra Stag’s Leap e Antinori (impatto circa 10 milioni), l’Italia cresce del 5% a 135 milioni, l’Europa del 10% a 70 milioni. La suddivisione delle vendite per prodotto ci aiuta a definire il contributo di Stag’s Leap Wine Cellars quando si dice che “la vendita di prodotti finiti è incrementata di circa Euro 36,3 milioni (+13%), interamente dovuto all’entrata di Stag’s Leap Wine Cellars nel perimetro di consolidato a partire dal 1° luglio 2023.”
    I costi sono ovviamente stravolti dal nuovo perimetro di consolidamento e dalle conseguenze dell’allocazione dell’avviamento che ha avuto un impatto importante sugli ammortamenti (circa 9 milioni che diventeranno 18 nel 2024). L’EBITDA cresce del 6% a 161 milioni, mentre l’utile operativo cala del 5% a 98 milioni per via delle partite contabili di cui sopra. Gli oneri finanziari crescono per via della nuova struttura finanziaria e le tasse includono 6 milioni di “straordinari”, il tutto per arrivare a un utile netto di 65 milioni contro gli 83 del 2022 (che considera l’effetto per il nuovo metodo di valorizzazione delle rimanenze).
    La struttura finanziaria cambia radicalmente. L’acquisizione porta il Gruppo su una posizione finanziaria netta di 411 milioni di euro, confrontato con una posizione finanziaria netta positiva di 124 milioni nel 2022. La posizione finanziaria netta nel 2022 riportata nel bilancio 2022 era di 225. Questa differenza di 101 milioni deriva da un diverso calcolo in quanto, dal 2023, il Gruppo ha ritenuto più opportuno escludere dalla posizione finanziaria netta il portafoglio dei titoli detenuti a scadenza iscritti tra le immobilizzazioni finanziarie. Il numero da confrontare con il 411 è 124, il che implica un incremento del debito di 535 milioni. All’interno di questo dato ci sono circa 640 milioni di investimenti, di cui 548 per acquisizioni e il pagamento di 6 milioni di dividendi erogati sia ai soci di maggioranza sia a quelli di minoranza delle società controllate.

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO

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    Naked Wines – risultati 2023/24

    Gli anni tumultuosi per Naked Wines non sono ancora finiti. Per chi di voi non la conoscesse Naked Wines è un ecommerce di vino con un modello di business un po’ particolare, atto a promuovere nuove cantine attraverso il meccanismo degli “angels” (ora circa 900mila) e delle sottoscrizioni, con circa 235 cantine (tutte alternative direi).
    Il ritorno del fondatore al timone ha fatto partire una forte cura dimagrante, con cambi di management e limite ai costi, il tutto per portare Naked Wines su una dimensione più piccola ma più sostenibile. Non si comperano più vini che magari non si vendono (e bisogna svalutare), le spese sono “cappate” a una % del fatturato e via dicendo. Quindi il risultato sono dati di vendite in calo (-18% nel 2023) destinate a scendere ancora nel 2024-25 (-7/-17% previsto), perdite nel conto economico essenzialmente dovute alle svalutazioni di magazzino e agli oneri per ristrutturare, ma una “chiusura dei rubinetti” per salvaguardare la cassa, che infatti nell’anno è cresciuta (da 10 a 19 milioni di sterline) grazie proprio alla gestione del capitale circolante.
    Dicevamo che il 2024-25 è un altro anno di purgatorio, visto che l’utile operativo è previsto di nuovo in negativo per colpa delle svalutazioni ma un altro anno di generazione di cassa (altri 10 milioni). Il mercato per ora non apprezza. L’azienda quota sulla borsa inglese a 40 milioni di sterline di valore di mercato (contro 290 milioni di vendite…).
    Qual è il problema? Oggi Naked Wines si sta ristrutturando, cosa succede quando la cura dimagrante è finita? Sarà ancora in grado di correre? Sarà questo modello di business, basato sui vini alternativi, ancora profittevole?
    Passiamo a una breve analisi dei dati.

    Le vendite sono calate del 18% a 290 milioni di sterline, di cui -23% negli USA a 129 milioni, -9% nel Regno Unito a 124 milioni e -20% in Australia a 37 milioni.
    In termini di contributo dalle tipologie di cliente, 24 milioni vengono dai nuovi clienti (su cui si perdono 23 milioni) e 267 milioni dai clienti esistenti, sui cui si fa un margine “lordo” di 65 milioni. Il tutto per un margine di contribuzione di 42 milioni, in forte calo dai 65 dell’anno scorso per colpa dei clienti esistenti. Questa “perdita” di 23 milioni si è solo in parte ribattuta in parte sull’utile operativo, calato da 17 a 5 milioni, grazie al forte taglio dei costi (peraltro esplosi negli ultimi anni!). Ci sono poi stati 17 milioni di svalutazioni e costi di ristrutturazione, che hanno portato il saldo a -12 milioni, contro -14 dell’anno precedente. Alla fine soprattutto per colpa degli oneri straordinari, il bilancio chiude con una perdita di 21 milioni (17 l’anno prima).
    La parte finanziaria va meglio. La cassa prima del debito IFRS16 cresce da 10 a 19 milioni, grazie a un calo del capitale circolante di 12 milioni, essenzialmente guidato dal magazzino, che passa da 166 a 145 milioni di euro.

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    Italian Wine Brands – risultati primo semestre 2024

    I risultati del primo semestre di Italian Wine Brands sono ottimi. Pur in un contesto di vendite deboli (-3%, 191 milioni), l’azienda è riuscita a migliorare i margini grazie in parte a un miglior margine industriale (minore costo dei materiali “secchi”, quindi vetro e via dicendo, miglior mix delle vendite e internalizzazione della produzione) ma è anche intervenuta in modo importante sulla base di costi operativi, con i costi per servizi calati in valore grazie in parte ai costi energetici e di trasporto ma anche per l’integrazione commerciale. Così il margine operativo lordo cresce del 27% a 22 milioni e l’utile netto raddoppia a 10.3 milioni di euro, beneficiando tra l’altro di minori oneri finanziari, grazie al minor debito (da 138 milioni a 94, prima di IFRS16, pur avendo restituito 5 milioni agli azionisti tra acquisto azioni proprie e dividendi). Dopo un risultato così positivo, la prospettiva per il secondo semestre è più cauta nel contesto di un mercato in rallentamento e anche l’approccio alla crescita per acquisizioni (IWB è stata molto attiva negli ultimi tre anni) sta diventando più selettivo. I progressi di questi mesi sono ben visibili nelle quotazioni di borsa, che sono migliorate sensibilmente con le azioni intorno ai 22 euro subito il comunicato dei risultati, in progresso del 18% dall’inizio dell’anno e del 21% negli ultimi 12 mesi, per un valore di mercato che ha di poco superato la soglia dei 200 milioni di euro. Nel resto del post un’analisi più dettagliata e tutti grafici e tabella riassuntiva dei numeri.

    Le vendite calano del 3% riflettendo un calo del 4% delle vendite “distance selling” a 28 milioni (all’interno di questo numero 9.3 milioni di vendite online, +7%), un calo del 3% delle vendite wholesale a 135 milioni di euro e un incremento del 2% delle vendite HoReCa a 27.6 milioni (dato dell’anno precedente riclassificato da 30 milioni a 27). IWB commenta che i suoi marchi “top brand” crescono del 9%, contribuendo al miglioramento dei margini.
    Da un punto di vista geografico, l’Italia cresce del 16% a 36 milioni mentre le vendite estere calano del 6% a 155 milioni con un andamento negativo nel Regno Unito e Germania non compensato dai dati positivi in USA e Svizzera.
    Abbiamo detto sopra delle ragioni di miglioramento dei margini. L’EBITDA rettificato passa dall’8.8% all’11.5% delle vendite, da 17.3 a 21.9 milioni di euro, +27%, l’utile operativo è a +43% da 11 a 15.6 milioni di euro, con un ammontare di oneri non ricorrenti di circa 1.6 milioni di euro (1 milione nel semestre 2023). Utile netto quasi raddoppia a 10.3 milioni (rettificato, mentre quello dopo gli oneri non ricorrenti è a 9.1).
    La parte finanziaria vede un calo del debito da 101 milioni di fine anno (139 a fine giugno 2023) a 94 milioni a fine giugno, dopo aver pagato 4.7 milioni di dividendi e aver acquistato azioni proprie per 0.5 milioni. Gli investimenti molto limitati (1.4 milioni rispetto a 4 dell’anno precedente) aiutano a spiegare il calo del debito, insieme al fabbisogno molto limitato di capitale circolante, incrementato solo di 3 milioni (nonostante la stagionalità) rispetto ai +15 milioni del semestre 2023.

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    Mack & Schuhle Itallia – risultati 2023

    Introduciamo oggi nel blog una nuova azienda che negli ultimi anni è rapidamente cresciuta fino ad arrivare a ridosso delle top 10 italiane. Si tratta di Mack & Schuhle Italia (M&S di qui in avanti), che nel 2023 ha avuto un fatturato in crescita del 67% a 172 milioni di euro. M&S è un’azienda giovane, nata nel 2008 per iniziativa della famiglia Angelillo allo scopo di commercializzare vino, con un altro nome. Negli anni successivi sono stati aperti stabilimenti, acquistate cantine e nel 2016 il distributore tedesco Mack & Schuhle si compra il 50%, quota mantenuta sino ad oggi (l’altro 50% di proprietà della famiglia fondatrice). Proprio nel 2022 cambia nome per diventare Mark & Schuhle Italia. Nel 2023 ha commercializzato 59 milioni di bottiglie, quindi circa 0.4 milioni di ettolitri di vino. Gli stabilimenti produttivi sono in Puglia e Friuli Venezia Giulia, ma ha accordi per l’acquisto di vini in Sicilia, Toscana, Emilia Romagna, Veneto, Lombardia e Piemonte. Veniamo ai numeri: la M&S ha margini limitati, 3.5% EBITDA e un capitale investito (24 milioni) molto basso rispetto alla sua dimensione commerciale (172 milioni di fatturato). Siamo quindi di fronte a un’azienda con una limitata integrazione verticale, ma ovviamente se guardate il grafico qui sopra… da 12 milioni di fatturato nel 2016 a 172 nel 2023… con un grande successo. Bene, nel resto del post commentiamo tutti i numeri e altri grafici.

    Le vendite di 172 milioni (+67%) sono realizzate per il 22% in Italia, 38 milioni (+14% nel 2023), per il 66% in Europa, 113 milioni (+82% nel 2023) e per il 12% nel resto del mondo, 21 milioni (+181%).
    La struttura dei costi è coerente con quello che dicevamo sopra. L’85% dei costi sono acquisti esterni (81% nel 2022), il costo del personale è soltanto il 2% del fatturato (3% nel 2022) e tutti gli altri costi sono circa il 10% del totale, di questi quasi la metà si riferiscono a costi di trasporto. L’EBITDA di 6 milioni di euro nel 2023 è quindi il 3.5% del fatturato contro il 2.8% del 2022.
    Pochi ammortamenti (meno di 2 milioni), un paio di milioni di oneri finanziari, tassazione a meno del 10% dell’utile pretasse consentono a M&S di chiudere il 2023 con 2.2 milioni di euro di utile.
    Dal punto di vista finanziario come dicevamo l’azienda ha un capitale investito limitato, fatto di circa 20 milioni di immobilizzazioni e un capitale circolante di un paio di milioni. Nel 2023 l’azienda ha chiuso con un indebitamento di 17 milioni di euro, 2.9 volte il MOL, da una posizione neutra nel 2022. L’aumento del debito nel 2023 deriva essenzialmente dal capitale circolante, con un forte incremento del magazzino per supportare la crescita (44 milioni da 26 milioni del 2022). Sono state poi compiute alcune piccole operazioni straordinarie, come l’acquisto di una piccola quota della casa madre per 1 milione di euro e il pagamento di una caparra di 1.5 milioni per una acquisizione di una azienda vinicola.

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    Concha y Toro – risultati primo semestre 2024

    Il sole sembra tornato a splendere sui risultati di Concha y Toro in parte in seguito all’ulteriore cura dimagrante sui costi che l’azienda ha messo in atto, ma soprattutto grazie alla forte svalutazione del peso cileno che ha ridato competitività all’azienda, che come sapete si sostiene sulle esportazioni, 68% delle vendite nel primo semestre e che hanno goduto di un impatto valuta del 17% rispetto a una crescita (in recupero sul 2023) del 25% totale. Ad ogni modo i dati semestrali 2024 sono incoraggianti. Le vendite crescono in totale del 22%, anche grazie alla ripresa delle vendite locali in USA, il gross margin torna in area 39% dopo la caduta al 36% dell’anno scorso e lo stesso fanno il MOL e l’utile operativo, anche se non siamo ancora al livello record (sia in valore assoluto che in termini percentuali al fatturato) del semestre 2021. Il titolo in borsa ha reagito bene ai dati, con un recupero che ha riportato il titolo non distante dai massimi recenti, anche perché con il fatturato degli ultimi 12 mesi è già arrivata all’obiettivo 2024 e quindi gli serve soltanto essere stabile nel secondo semestre (ma crescerà probabilmente anche solo per i cambi). Il suo valore di mercato si aggira intorno ai 900 miliardi di peso. Questo, come i numeri che daremo sono tutti in miliardi di peso cileno, per avere un’idea in euro dividete per 1000 (quindi pensati 1 miliardo di peso =  1 milione di euro). Passiamo a un breve resoconto dei dati con tabelle e grafici.

    Le vendite crescono del 22% a 443 miliardi di peso, di cui 66 sono “locali” in Cile e stabili, 299 sono esportazioni (+25%) e 70 sono “locali” in USA (+32%). L’impatto dei cambi sulla crescita è importante ed è stato il 17%, mentre il volume totale è stato in crescita del 5% nel semestre a 15 milioni di casse.
    Il prezzo/mix delle vendite è stato quindi stabile, anche se la quota di prodotti che CyT definisce premium/high-end è arrivata al 53% delle vendite.
    Il “gross margin”, quindi dopo i costi di produzione e prima di quelli commerciali e generali torna al 39% dopo la caduta al 36.4% dell’anno scorso, aiutato dalla svalutazione del peso cileno e dai programmi di efficienza. Il vantaggio cumulato sui margini si allarga man mano che si scende nel P&L ed arriva a 7 punti percentuali sull’utile operativo, che passa dal 5% al 12%, di fatto tornando al livello del 2022.
    Dal punto di vista finanziario le cose vanno un po’ meno bene, con il debito di 406 milioni che sale sia rispetto a fine anno (ci sta, vista la stagionalità), ma anche e soprattutto rispetto a un anno fa (375 milioni). La ripresa dell’EBITDA determina comunque un calo del rapporto debito/EBITDA che scende a 3.1 volte.

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    Tannico – risultati 2023

    I risultati di Tannico 2023 che commentiamo oggi lasciano poco spazio alle interpretazioni. Le vendite calano del 7% (65 milioni), le perdite aumentano (11 milioni) non solo per questo ma perché l’azienda spende sempre di più in personale per migliorare le capacità manageriali (non sembrano vedersi risultati per il momento), gli azionisti (Campari e LVMH 50/50) hanno dovuto metterci altri 10 milioni per tenere in piedi la baracca. La parte italiana va molto peggio della parte francese (ventealapropriete.com), almeno come fatturato (e anche in confronto ad alcuni concorrenti, come Callmewine per esempio). E, dulcis in fundo, il 2024 è anche l’anno del completamento dell’operazione ventealaproprietè, con l’ultimo pezzo del 33% dell’azienda francese che dovrebbe andare nelle mani di Tannico per un esborso di 17.7 milioni di euro (che Campari e LVMH dovranno finanziare) e senza grandi effetti sui dati visto che i numeri che commentiamo già comprendono il 100% del pezzo francese. Passiamo ai dati in dettaglio.

    Le vendite 2023 sono calate del 7% a 64 milioni di euro, con un andamento molto negativo dell’Italia, -10% a 29 milioni e un calo del 3.5% della parte francese a 35 milioni di euro. Viene da domandarsi se non sia il caso che Tannico Italia non apra una sezione un po’ come la parte francese con vendite “a tema” (magari già lo fa).
    I margini sugli acquisti, quindi il puro margine commerciale è stato del 30.3%, quindi non distante dal 31.3% del 2022 e migliore dei dati degli anni precedenti. Sono stati tagliati i costi per i servizi (-9%) ma è stato più che compensato dall’aumento dei costi del personale, da 5.1 a 7.2 milioni.
    Il riassuno è nei dati: la perdita operativa dichiarata sale da 7.3 a 10.8 milioni, quella “aggiustata” da 6.2 a 9.7 milioni e il bilancio chiude con una perdita netta di 11 milioni di euro.
    Dal punto di vista finanziario, Tannico è passato da 1 milione di debito a fine 2022 a 5 milioni di cassa, dopo il contributo di 10.5 milioni dei soci, quindi ha “bruciato” circa 5 milioni di euro nel 2023, rispetto gli 8 milioni del 2022. A fare a differenza è stato l’andamento del capitale circolante, calato di 2 milioni (grazie al magazzino ma anche alle maggiori dilazioni di pagamento dei debiti verso fornitori), quando invece era peggiorato di 9 milioni di euro nel 2022. Considerata anche l’acquisizione di venteprivee costata 36 milioni nel 2021, gli azionisti hanno iniettato 62 milioni di euro dal 2016 a questa parte.

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    Guido Berlucchi – risultati 2023

    In un anno mediamente difficile per le aziende vinicole, Guido Berlucchi archivia il suo bilancio migliore di sempre. Le vendite sono cresciute del 4% nonostante un calo dei volume quantificato dall’azienda attorno al 5%, il che indica lo sforzo di spostare le vendite verso fasce di prezzo più elevate. Questo esercizio si vede molto bene, in senso positivo, sui margini e sui profitti in generale (13 milioni di EBITDA, margine al 23%), e in senso invece più negativo dal punto di vista finanziario, dato che è necessario tenere i prodotti più a lungo in maturazione e quindi investire nel magazzino. Proprio in questa differenza, utili eccellenti ma forte incremento del debito (da 32 a 53 milioni di euro), si sostanzia il bilancio 2023 di Berlucchi. Di certo, dopo gli anni pre-Covid in cui Berlucchi sembrava gestita “per la stabilità” e in qualche modo sacrificata alle operazioni finanziarie dei suoi azionisti (nel 2017-18 gli azionisti prelevarono 75 milioni di euro dall’azienda), troviamo oggi un’azienda che cresce e investe in maniera costante, senza aver subito contraccolpi dal rientro dall’era Covid. Bene, passiamo a un commento dei numeri con ulteriori grafici e tabelle.

    Le vendite sono cresciute del 4% a 54.4 milioni di euro, con un incremento del 3% in Italia a 51 milioni e del 14% all’estero a 3.4 milioni.
    I margini sono in forte miglioramento grazie al costo delle materie prime e, immaginiamo, al miglior mix di vendite, che sono scesi in maniera drastica non solo nel 2023 ma già nel 2022. Nel 2023 erano il 29% del fatturato contro il 34% del 2022 e il 40% del 2021. Per un riferimento storico l’azienda pre-Covid aveva un peso di questi costi del 30% delle vendite circa.
    Quindi i margini sono migliorati di circa 5 punti, essendo il costo del personale e i costi per i servizi essenzialmente in linea in % al fatturato. Il MOL cresce quindi a 13 milioni di euro, +29% e al 23% del fatturato, nuovo record considerato che Berlucchi girava intorno al 20% negli anni pre-Covid.
    L’utile operativo sale di conseguenza a 9.5 milioni e a livello di utile netto Berlucchi chiude a 7.1 milioni, +23%, dopo aver pagato tasse per il 28% di aliquota.
    La parte finanziaria gira “al contrario” a causa di un forte incremento del capitale circolante, con 15 miloni di crediti verso clienti aggiuntivi, 8 milioni di incremento del magazzino e investimenti piuttosto limitati ma in crescita negli ultimi 4-5 anni (siamo nel 2023 a 2.3 milioni). Ne risulta quindi un incremento del debito da 32 a 53 milioni, con un’ulteriore emissione di prestito obbligazionario (9 milioni). Come negli ultimi 4-5 anni, non sono stati pagati dividendi.

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    Treasury Wine Estates – risultati 2023/24

    Appena completata l’acquisizione di DAOU (ricordiamo: “luxury wine” in USA, pagata 1.3 miliardi di dollari australiani, aggiunge circa il 20% agli utili), TWE annuncia il prossimo passo: la riorganizzazione della divisione “commercial” e “premium”, mettendo insieme la parte australiana (cioè tutto meno Penfolds) e un pezzo delle attività americane che sono attive in questa fascia di mercato… per sbarazzarsene e diventare così un’azienda focalizzata sui “luxury” wines, che hanno margini (Penfolds 42%) e prospettive di crescita superiori (IWSR per gli USA +2.5% annuo al 2028 per i vini sopra i 40 dollari, contro un -0.8% annuo del mercato in generale). Questa storia l’abbiamo vista in altre occasioni (Constellation Brands che vende a Gallo, Pernod Ricard che vende ai private equity) ed è ulteriore conferma del “problema” del consumo di vino di fascia media e bassa, destinato a diminuire nel tempo.
    Venendo all’argomento del giorno, i risultati, tutto come previsto. Avevano detto crescita a media/alta singola cifra per l’anno dell’utile operativo dopo un brutto primo semestre e hanno fatto +6.4%, che poi è diventato un rotondo +29% considerando DAOU e i minori costi corporate. Le vendite (2.74 miliardi di dollari nell’anno, +13%) si stanno riprendendo anche e soprattutto grazie alla riapertura del mercato cinese (con i costi di ri-entrata connessi) e l’acquisizione di DAOU è stata ben digerita con una buona parte del prezzo pagato dagli azionisti, tale per cui il rapporto debito/EBITDA sale di poco, da 1.9 a 2.1 volte. Il titolo in borsa ha reagito bene ai numeri, anche grazie all’annuncio di un obiettivo per il 2024-25 di un utile operativo di 780-810 milioni di dollari australiani, rispetto ai 669 del 2023-24. Passiamo a guardarli più in dettaglio con tabelle e grafici aggiuntivi.

    Le vendite di 2.74 miliardi crescono del 13%, con un calo dell’1% dei volumi, una crescita del 12% del prezzo per cassa (125 dollari per le 12 bottiglie) e un contributo positivo dei cambi del 2%.
    Il mix migliora in modo significativo, con Penfolds e TWE America entrambe a 1 miliardo di vendite e in crescita del 22% sull’anno scorso, con un margine del 42% (dal 45%) e 23% (dal 25%). TWE Premium invece, concentrata su Australia e Europa, vede un calo delle vendite del 6% e un margine che resta stabile intorno al 10%.
    Si arriva quindi a un utile operativo di 421 milioni per Penfolds, +15%, di 231 per l’America, +13% e di 76 milioni per TWE Premium, che dopo i costi centrali fanno un totale di 669 milioni, +29% sul 2022-23 e in linea con gli obiettivi del gruppo. Sotto l’utile operativo aumentano gli oneri finanziari per il maggiore debito (acquisizione) ma soprattutto vengono contabilizzati 320 milioni di dollari di svalutazioni tra valore dei marchi e goodwill di precedenti acquisizioni, che portano l’utile netto a scendere a circa 100 milioni di dollari australiani (408 se si escludono gli oneri non ricorrenti).
    Dal punto di vista finanziario il debito sale a 1.2 miliardi di dollari, che diventano 1.7 includendo i leasing IFRS16, per un rapporto sull’EBITDA di poco superiore a 2.

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