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La rinascita del Bardolino

Lo sapevate che a Boardolino nel 1825, ben trent’anni prima della Classificazione di Bordeaux, i commercianti di vino ragionavano per sottozone e ne avevano individuate tre? Fu poi Giovanni Battista Perez nel 1900, nel volume “La Provincia di Verona ed i suoi vini”, ad identificarle anche geomorfologicamente.  Ma non è finita, sempre verso la fine dell’800 il Bardolino veniva servito nel Gran Hotel svizzeri al pari dei vini di Borgogna e del Beaujolais. Purtroppo però, nel corso del 900, con l’enorme afflusso di turisti verso il lago di Garda, il Bardolino diviene  vino da battaglia, senza più nessuna velleità di qualità, atto solo a placare esclusivamente la sete dei viandanti.  Basti pensare che ancora fino al 2008 il Bardolino si vendeva a 42 centesimi al litro. Nel 2009 la svolta. Il Consorzio di Tutela affida a Angelo Peretti il progetto di risanamento con l’obiettivo di riportare il Bardolino ai fasti di un tempo. Angelo, lavorando duramente con l’aiuto dei produttori, fa il miracolo. Dapprima, dopo che era quasi scomparso dalla geografia del vino italiano, fa diventare il Chiaretto il rosato più importante e venduto d’Italia, siamo arrivati a 12 milioni di bottiglie, poi, getta le basi del progetto Bardolino Cru-Village. Sostanzialmente si è di lavorato nell’ottica di mettere sul mercato un grande Bardolino, prodotto esclusivamente nelle tre sottozone La Rocca Bardolino (per la zona centrale lungo la riviera del lago) Montebaldo Bardolino (per la zona settentrionale pedemontana) e Sommacampagna Bardolino (per le colline moreniche meridionali). Le bottiglie verranno identificate da un bolino con la figura di San Zeno, patrono di Verona, e amico dei vignaioli, scrisse anche un sermone su di loro. Attualmente sono 14 le aziende, per un totale di 49 vini, che per ora hanno superato l’esame di un comitato volontario, costituito in seno al Consorzio di tutela dagli stessi produttori, che potranno fregiarsi della menzione della sottozona. Il progetto Bardolino Cru-Village  prevede che i produttori si impongano canoni più restrittivi rispetto a quelli consentiti dalla denominazione, ovvero: scelta di vigneti di almeno 7 anni, resa massima di 100 quintali/ettaro, scelta della Corvina nella massima misura consentita (80% fino ad oggi, 95% con il nuovo disciplinare), nessun appassimento, uso ragionato del legno (solo legni grandi o barrique dal secondo passaggio) ed immissione nel mercato non prima di un anno dalla vendemmia. L’attuazione del progetto Bardolino Cru-Village andrà a dimostrare, ancora con più concretezza, l’errata concezione che il Bardolino sia vino d’annata, da bersi giovane, niente di più falso. In generale parliamo di vini che hanno un potenziale di affinamento come minimo di 5 anni e prova concreta ne è stata una degustazione verticale per festeggiare il 50° anno di attività del Consorzio Bardolino. Alla prova dei fatti, il Bardolino SP 2011 di Albino Piona, il Bardolino Classico Tacchetto 2010 di Guerrieri Rizzardi o il Bardolino 2007 di Le Fraghe hanno dimostrato tutta la loro grandezza. Come la mettiamo però poi con gli assaggi del Bardolino 1956 di Masi, assolutamente ancora bevibile e dall’acidità sferzante, o con il Bardolino Bertani 1968 che metterei oggi, senza alcun tipo di problema, a tavola? Temo che quel potenziale di affinamento di minimo 5 anni sia alquanto sottostimato, e quindi bentornato Bardolino!


Fonte: http://www.lastanzadelvino.it/feed/


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Canada – consumo e mercato del vino, dati 2016/17

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