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La responsabilità sociale nel DNA di Cantine Settesoli

La storia di Cantine Settesoli inizia nel 1958, in un momento storico e culturale non favorevole per la viticoltura siciliana. A quell’epoca il sistema tradizionale di vendita dell’uva era basato sulla presenza del mediatore: una figura commerciale ante litteram che acquisiva la quasi totalità della produzione, ma solo ad un prezzo estremamente vantaggioso… per sè. Se l’accordo sul prezzo non si fosse raggiunto, il mediatore avrebbe cercato altrove l’uva; ma il viticoltore avrebbe perso il guadagno relativo alla produzione di un intero anno di lavoro in campagna. Questo sistema di vendita si reggeva su un presupposto fondamentale: il prezzo dell’uva era stabilito a priori ed era bassissimo, adatto esclusivamente alle esigenze del mercato e non dei coltivatori.

Le Cantine Settesoli nacquero proprio per valorizzare economicamente il lavoro degli agricoltori menfitani. Un primo piccolo gruppo di viticoltori con vigneti nell’areale di Menfi ebbe l’intuizione, incredibile per l’epoca, di fondare una cooperativa a cui conferire l’uva, una organizzazione che potesse non solo acquistare il prodotto, ma anche trasformarlo in un bene di maggior valore economico: il vino.

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Un atto del 1958 in cui compare la firma, tra i soci fondatori, del nonno dell’attuale presidente Giuseppe Bursi, getta le basi per la crescita di quella che oggi è una delle più importanti cooperative vinicole europee, con export in oltre 40 paesi nel mondo.

L’evoluzione: la differenziazione e il viaggio verso l’aumento del valore

Con la nascita della cooperativa si aggiunge alla coltivazione anche la produzione vinicola, inizialmente destinata in modo quasi esclusivo alla vendita di sfuso. Per arrivare alla prima bottiglia è necessario aspettare fino al 1974 quando, con un’intuizione folgorante simile a quella che aveva portato alla fondazione della cooperativa, i soci guidati dall’allora presidente Diego Planeta scelgono di confezionare parte della produzione: Cantine Settesoli diventa così la prima cooperativa vinicola siciliana a produrre e commercializzare i propri vini in bottiglia, che incominceranno ad essere venduti anche all’estero.

L’evoluzione successiva è datata 1999, anno di nascita del marchio Mandrarossa: oggi pluripremiato top brand di Cantine Settesoli, Mandrarossa risponde all’esigenza di aumentare la qualità e il valore di una parte della produzione, rivolgendosi esclusivamente al canale distributivo Horeca. Brand molto legato alla sperimentazione, attentissimo alla gestione del vigneto e alla qualità dell’uva, figlio delle migliori selezioni disponibili su 6000 ettari di coltivazioni, Mandrarossa è il marchio portatore di un messaggio di innovazione e qualità che molti non ritenevano possibile per una cantina cooperativa.

Dopo più di 60 anni, valore non solo all’uva ma anche al territorio: un circolo virtuoso generato da una visione lucida e strategica

Fin dalla loro nascita, Cantine Settesoli ha creato un indotto sul territorio menfitano che si è sviluppato negli anni, fino  a dare vita ad una vera economia parallela perfettamente integrata con il territorio e con la produzione vinicola: questo indotto ha inizialmente favorito la nascita di altre cantine private, la produzione e la vendita di macchinari e attrezzature agricole (trattori, rimorchi, fitofarmaci), fino ad arrivare allo sviluppo nelle forniture di servizi settoriali (ad esempio i trasporti).

La vera innovazione però arriva con la stabilizzazione di un’economia circolare che coinvolge non solo l’indotto vinicolo, ma anche lo sviluppo turistico. Per questo motivo si può parlare di una sostenibilità a 360 gradi: Cantine Settesoli non  solo produce  vino di qualità dalla forte identità territoriale, sia convenzionale che biologico, ma costituisce un modello di gestione etica della cantina intesa come comunità, punto di riferimento economico e sociale di un intero territorio.

“La differenza tra un’azienda vinicola privata e una cantina cooperativa è enorme, soprattutto per quanto riguarda la responsabilità sociale”, afferma Giuseppe Bursi, Presidente di Cantine Settesoli dal dicembre 2017. “Noi ci collochiamo esattamente all’intersezione tra l’imprenditoria e il sostegno sociale; è grazie infatti alla nostra cooperativa che 5000 famiglie dislocate su nove comuni e tre provincie possono lavorare con la prospettiva di un futuro più roseo. Io sento quotidianamente il peso di questa responsabilità ed è per questo motivo che l’azienda che ho la fortuna di presiedere va gestita in maniera efficiente e trasparente, solo così potrà rappresentare  un modello per tutte le cantine cooperative, sia sotto il profilo produttivo che etico

Continua Giuseppe Bursi: “Cantine Settesoli deve essere l’esempio per uno sviluppo sostenibile, sia sotto il profilo territoriale che produttivo: è questo un obiettivo non solo possibile ma doveroso. Per quanto riguarda la produzione vinicola, la richiesta che cogliamo dal mercato è quella di vini biologici, prodotti in territori dove è molto alta l’attenzione ai valori della sostenibilità. Questa direzione, intrapresa da Cantine Settesoli anni fa, ci permette oggi di avere ben 870 ettari in coltivazione bio grazie ai quali i soci ricavano, oltre al prezzo convenzionale delle uve, un’integrazione della remunerazione garantita dall’UE. Il nostro lavoro incessante in questa direzione ci ha portato a creare Jummare, una linea di vini esclusivamente biologici. Questa scelta ci permetterà di riconoscere ai soci che producono in biologico, nel pieno rispetto dei parametri di coltivazione stabiliti, una remunerazione più alta rispetto alle uve gestite in modo convenzionale, rafforzando il concetto per cui  lavorare in modo pulito genera anche valore economico.

Abbiamo inoltre l’esigenza di salvaguardare questo magnifico territorio mantenendolo integro e lontano dal degrado edilizio. Il concetto di sostenibilità è un’introiezione culturale che va accettata, condivisa in ogni suo aspetto e praticata a partire proprio dalla gestione agricola del territorio;  la razionalizzazione nei consumi di acqua e l’attenzione al ricorso ad antiparassitari, insieme alla gestione ordinata dei fondi agricoli, sono un esempio delle buone pratiche che muovono in primis dagli agricoltori e i cui presupposti arrivano fino all’organizzazione dell’indotto turistico.

Come i nostri genitori hanno gettato le basi per lo sviluppo economico di questa rilevante porzione della Sicilia sud occidentale, così il nostro dovere è quello di non compromettere il futuro dei nostri giovani, lavorando perché le attuali pratiche  di sostenibilità siano il fondamento di  future strategie di sviluppo sostenibile, per la creazione e la salvaguardia di un ambiente naturale, economico e sociale sano. In questo modo aiutiamo i nostri ragazzi a non abbandonare la propria terra, offrendo loro uno scenario culturale e organizzativo entro il quale muoversi, creare, sopravvivere.

Perché ciò che conta, per noi, è la terra; è il nostro valore, l’origine della nostra esperienza e la nostra ricchezza. La terra genera valore, che genera cultura, che a sua volta genera valore: un circolo virtuoso che, dopo 62 anni, porta oggi frutti maturi.

Il passo successivo sarà quello di   mantenere le condizioni ideali per un’apertura ad investimenti esterni: la comunità nata intorno a Cantine Settesoli è viva, produttiva e aperta a nuove sfide. Questo è un territorio unico, capace di accogliere tuti coloro che hanno intenzione di creare valore e bellezza in un ambiente sano e meraviglioso dal punto di vista naturalistico, paesaggistico ed enogastronomico. È l’ambiente che abbiamo contribuito a costruire e che è nostro dovere continuare a proteggere, senza mai abbassare la guardia.”


Fonte: https://www.bereilvino.it/feed/

Canada – consumi e mercato del vino, dati 2018/19

Ad ogni creator il suo momento Freschello!