Di vitigni resistenti “italiani” se ne parla già da qualche anno e recentemente si è iniziato anche ad assaggiare qualcosa. Il Friuli Venezia Giulia, grazie alla lungimiranza dei Vivai Cooperativi Rauscedo, è terra d’elezione per questo importante progetto già a partire dal 1998 grazie ad un’attività di ricerca iniziata dall’Università di Udine. Nel 2006 entrano in gioco anche i Vivai Cooperativi Rauscedo (VCR) e l’Istituto di Genomica Applicata. L’obbiettivo era quello di creare nuove varietà resistenti alle più pericolose malattie della vite, permettendo così di ridurre drasticamente i trattamenti in vigna fino ad arrivare a 2/3 trattamenti al massimo per annata, con ricadute positive sia per l’ambiente che per il consumatore. Nel 2015 sono state iscritte al Catalogo Nazionale le prime 10 varietà italiane resistenti, di cui VCR è licenziatario esclusivo: Fleurtai, Soreli, Sauvignon Kretos, Sauvignon Nepis, Sauvignon Rytos, Cabernet Eidos, Cabernet Volos, Merlot Khorus, Merlot Kanthus, Julius, i primi 5 a bacca bianca, i secondi a bacca rossa. Al momento, i vini ottenuti da queste varietà possono essere messi in commercio solo in Friuli Venezia Giulia e in Veneto, prossimamente in Trentino e Lombardia, poi dovrebbero seguire anche le altre regioni. Avevo assaggiato mesi fa in cantina da Terre di Ger gli ottimi Limine 2017 da uve Fleurtai e Sauvignon Kretos e El masut un blend di Merlot Khantus e Merlot Khorus, senza però approfondire l’argomento. L’occasione di riprendere il discorso si è materializzata qualche giorno fa, grazie a Gianfranco e Giulia Bianchini, proprietari dell’azienda Forchir di Camino al Tagliamento, siamo nelle Grave del Friuli, per la presentazione alla stampa del loro primo vino ottenuto da vitigni resistenti. Èthos è il nome del vino e deriva da un blend di Tocai Friulano (varietà Soreli e Fleurtai) e Sauvignon (varietà Kretos, Nepis e Rytos). Grazie agli interventi davvero illuminanti di Raffaele Testolin dell’Università di Udine e di Eugenio Sartori, Direttore dei Vivai Cooperativi Rauscedo, ho potuto, finalmente, mettere alcuni punti fermi sull’argomento, distinguendo chiaramente luci e ombre, vediamo quali:
- La legislazione vigente non consente di produrre vini DOC utilizzando ibridi, ovvero i vini ottenuti da vitigni resistenti, motivo per cui l’iscrizione al Catalogo Nazionale è avvenuta con l’annotazione “Uve non utilizzabili per i vini a denominazione di origine”. C’è una speranza però che le cose possano cambiare in futuro, poiché il genoma delle nuove varietà è costituito per almeno il 90% da geni di Vitis Vinifera. Il legislatore potrebbe pertanto intervenire iscrivendo queste varietà senza annotazioni ostative, come avviene in Germania, Francia, Austria, Slovenia e altri paesi europei.
- Le 10 varietà resistenti, per comprensibili ragioni di mercato, derivano principalmente da incroci con i vitigni internazionali: Sauvignon, Merlot, Cabernet Sauvignon, Pinot Nero e Pinot Bianco e, visto che ogni progetto di incrocio costa circa 500.000 euro, si può facilmente intuire che la sperimentazione sugli autoctoni resistenti non è di facile attuazione.
- Quando si parla di viti resistenti si intende resistenti a peronospora e, in molti casi, ad oidio. L’Università di Udine, licenziando le sue 10 varietà resistenti, ha sempre detto che servono 2-3 trattamenti anticrittogamici, oltre ai trattamenti contro tignola ed altro. La resistenza non è per tutto e non è per sempre, è necessario continuare con lo studio e la sperimentazione dei vitigni resistenti cercando nuovi incroci.
- l più grande vantaggio delle nuove varietà di viti è l’abbattimento dei costi della viticoltura, grazie al risparmio sui trattamenti. Quindi l’interesse per i produttori potrebbe essere enorme, non soltanto in Friuli Venezia Giulia, ma in tutta Italia, in Europa e negli altri Paesi a vocazione vitivinicola nel mondo. In viticoltura, infatti, i costi di produzione sono elevati a causa del numero elevato di interventi per la difesa dei vigneti e la disponibilità di varietà che non richiedono trattamenti è molto attraente.
Ma in definitiva com’è l’assaggio di Èthos di Forchir? Ricordiamo che è un blend di Tocai Friulano (varietà Soreli e Fleurtai) e Sauvignon (varietà Kretos, Nepis e Rytos); aspettandolo un po’ nel bicchiere sono i sentori di Sauvignon a prevalere, naturalmente parliamo di note delicate, nessun sentore vegetale esasperato. Vino davvero piacevole, duttile nell’abbinamento e dal prezzo franco cantina irresistibile. C’è un punto che accomuna, almeno fino ad oggi, i vini che ho assaggiato ottenuti da alcune delle 10 varietà resistenti italiane ed è la mancanza di una risoluzione finale, è come se mancasse un po’ di anima, qualcosa che non si è compiuto del tutto, ma è giusto ricordare che siamo solo all’inizio di questa affascinante storia.