Ringrazio Mediobanca che ha reso disponibili anche per il 2023 il rapporto sul settore vinicolo, consentendoci in questa maniera di continuare la nostra analisi che ormai prosegue da diversi anni. Il 2021 è stato un anno speciale per il settore, vista la combinazione di un incremento fatturato tale da recuperare la “linea” di medio termine e un miglioramento dei margini su un livello superiore a quello del livello pre-Covid. Il clima positivo di molti mercati nell’uscita dal Covid ha più che compensato i problemi di inizio 2021. Le 255 aziende (con fatturato oltre 20 milioni di euro) hanno realizzato un fatturato di 10.7 miliardi di euro (+14% e +4.6% annuo dal 2016), un EBITDA di 1.2 miliardi di euro (+30% e +7% annuo dal 2016), per un margine dell’11% (14.5% se escludiamo le cooperative) e un utile netto di 503 milioni, +26% e +8% annuo dal 2016. Con un livello occupazionale in crescita del 3% (18800 nel 2021 per queste aziende), la produttività del lavoro migliora sensibilmente, mentre gli investimenti, seppur in crescita del 13% (500 milioni di euro) sono costanti in termini relativi a circa il 5% del fatturato. Nel 2022 suonerà una musica leggermente diversa, soprattutto per quanto riguarda i margini: infatti da qualche prima indagine appare evidente che salvo le eccezioni delle cantine molto integrate, l’inflazione avrà un impatto negativo, destinato potenzialmente a continuare anche quest’anno. Passiamo a un’analisi dei numeri.
- Le 255 aziende qui considerate comprendono 82 cooperative e 18 società a controllo estero. Quelle con produzione prevalente di spumanti sono invece 52.
- Nel 2021 le vendite crescono del 14.5%, con un incremento più marcato in Italia (+16%) che non all’estero, anche se il confronto sconta una base di partenza più favorevole. Se confrontiamo le vendite con il 2019, l’incremento delle esportazioni (+14%) supera quello, seppur ottimo, dell’Italia (+8%). L’export resta leggermente sopra il 50% del fatturato.
- L’incremento dei margini è legato principalmente alla leva operativa sui costi del personale, cresciuti soltanto del 2% rispetto al periodo pre covid (il 2020 ha visto un calo “anormale” supportato dai contributi governativi) e portando quindi un beneficio dello 0.9% sul margine EBITDA, che altrimenti sarebbe stato stabile.
- Sotto l’EBITDA i numeri sono più difficili da leggere perché le forti rivalutazioni dei cespiti consentite dal governo italiano a fronte di futuri sgravi fiscali hanno deformato la voce degli ammortamenti, portando a un incremento del margine operativo soltanto dello 0.3%, da 6.3% al 6.6%.
- Sotto crescono gli oneri finanziari lordi (ma calano quelli netti a fronte di proventi non caratteristici) a fronte dell’inizio di accelerazione dei tassi e nonostante un debito stabile in valore assoluto ma in calo da un rapporto di 2.9 a 2.3 volte l’EBITDA (indicatore questo, come quello dei margini sporcato dalla presenza delle cooperative). Alla stabilità del debito ha anche contribuito un buon andamento del capitale circolante per il sistema, soprattutto caratterizzato dall’allungamento dei tempi di pagamento dei fornitori, secondo i dati di Mediobanca.
- Bene, vi lascio alle tabelle e ai grafici e appuntamento al prossimo post relativo alla categoria delle sole aziende.
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