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    Il consumo di vino in USA – aggiornamento Wine Market Council 2021-22

    Diciamolo subito: senza l’intelligenza artificiale non avrei mai trovato questo materiale del Wine Market Council.
    Il Wine Market Council dicevo appunto sviluppa statistiche sulla struttura dei consumi americani di vino. Come potete immediatamente leggere dalle statistiche soltanto un terzo degli americani consuma vino, mentre quasi il 40% non beve niente o quasi niente. Ci troviamo dunque di fronte a un mercato grande ma “diverso” da quelli vicini a noi. Innanzitutto, per gli americani il consumo “abituale” non è giornaliero. Soltanto il 7% di quel 33%, quindi il 2% degli americani beve vino giornalmente. È più da intendere come abitudine settimanale (la metà dei bevitori) o anche meno che settimanale (circa il 45%). C’è poi un tema di fasce di età, che invece accomuna credo tutti i paesi del mondo: i giovani bevono meno vino e più bevande alcoliche, forse per le abitudini della loro età (e allora si trasformerà), ma forse anche per stili di consumo diversi. Così si scopre che a fronte del 40% circa di americani 70enni o più che bevono vino, meno del 30% della fascia 21-29 anni lo fa. Il tutto nell’ambito di un consumo di vino che in % alla popolazione totale è arrivato nel 2021 al minimo degli ultimi anni (la storia arriva al 2015), con un calo sia dei consumatori abituali che di quelli sporadici (il che differisce dai nostri mercati in cui i primi scendono e gli altri salgono). Ah, ultima cosa non meno importante: le donne consumano più vino che gli uomini, non viceversa come da noi! Bene, se vi interessa l’argomento nel resto del post ci sono ulteriori dettagli, grafici e tabelle.

    Il consumo di bevande alcoliche in USA copre il 72% della popolazione oltre 21 anni, ossia 251 milioni di americani. Di questi, il 10% beve raramente, il 29% beve bevande alcoliche che non sono vino, il 15% beve vino ma non più di una volta al mese, mentre il rimanente 18% beve vino con una frequenza almeno settimanale.
    Soltanto il 2.3% della popolazione americana in età compatibile con il consumo di bevande alcoliche beve vino con una frequenza giornaliera. Giusto per confronto, se leggete i post relativi a Francia e Italia trovate questa penetrazione all’11% e al 17% rispettivamente.
    I bevitori abituali di vino (quindi “settimanali”) sono poi in proporzione all’età dal 16% della popolazione giovane al 23% della popolazione di ultra70enni. Lo stesso in realtà vale per quelli sporadici (“mensili o meno”), dal 13% dei giovani al 16% degli anziani.
    Altre considerazioni sembrano essere interessanti: gli astemi sono meno tra i giovani che tra gli anziani: 20-25% contro 37%. Come già sappiamo guardando i nostri dati, i giovani bevono “altre bevande alcoliche”: il 35% del totale contro il 14% del totale.
    Chiudo con un paio di considerazioni ulteriori altrettanto interessanti: in USA sono più le donne che gli uomini a bere vino (28% contro 38%), mentre dal punto di vista della provenienza, soltanto gli ispanici bevono meno vino (ma più altre bevande, presumibilmente birra).

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO

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    Produzione e consumo di vini rosati (dati 2000-2021) – rapporto OIV

    L’OIV ha spesso guardato al segmento dei vini rosati con dei focus speciali. Ci ritorniamo sopra oggi, sempre grazie ai dati OIV ma relativi al loro rapporto annuale che ha coinvolto tutte le categorie di vino e che potete trovare scorrendo i post degli ultimi giorni. I vini rosati sono senza dubbio una categoria in crescita, ma con un “footprint” un’orma ancora molto concentrata e con una rappresentatività molto limitata: 10% dei consumi e 8% della produzione nella media secondo OIV 2017-2021, per un totale poco sopra i 20 milioni di ettolitri. Però con un trend positivo, essendo passati dall’8.7% al 9.5% del consumo mondiale, da 20 a 23 milioni di ettolitri tra il 2000-2004 e il 2017-2021. Come vedrete dai grafici e dalle tabelle che seguono il segmento dei vini rosati è guidato chiaramente da Francia e USA per quanto riguarda i consumi e si aggiunge la Spagna quando si considerano i dati produttivi, mentre l’Italia ha posizioni marginali, intorno o meno del 4% sia per quanto produciamo che per quanto beviamo. Il primo grafico vi aggiunge una curiosità: quanto è il vino rosato in proporzione al vino totale. E qui leggiamo l’Uruguay davanti a tutti (avrei immaginato vini rossi in preponderanza, viste le carni che hanno), ma anche come già citato in precedenza che i francesi bevono secondo OIV più vino rosato che vino bianco. I dati 2021 aggiungono una seconda cuiriosità: i francesi sembrerebbero produrre meno vino rosato di quello che bevono, mentre gli americani al contrario sono in surplus: quasi un “controsenso” nel contesto normale del vino mondiale! Bene, passiamo a una breve analisi dei dati.

    Secondo OIV, nel 2014-2021 il 32% del vino rosato mondiale è prodotto in Francia, una quota in crescita relativa nel tempo, visto che era il 27% nel 2007-13 e il 24% nel 2000-2006. Questo aumento di quota è andato a discapito degli spagnoli, scesi al 19% del totale mondiale dal 26% inizio secolo, mentre gli USA si sono mantenuti poco sotto il 20%. L’Italia come dicevamo è lontana, rappresenta solo il 5% del totale mondiale.
    Se guardiamo ai dati 2021 in particolare e in ettolitri, la Francia ha prodotto 6.5 milioni di ettolitri, la Spagna 3.7, gli USA 3.4 e l’Italia poco più di 1.
    Passando al consumo, la Francia guida con il 37% del totale mondiale nel 2014-21 (più basso di inizio secolo ma in ripresa rispetto al 2007-13), poi gli USA stabili nel tempo al 14%, i tedeschi intorno all’8%, gli inglesi al 6% e gli italiani al 4%. Di nuovo passando ai dati in ettolitri 2021, OIV stima che i francesi abbiano bevuto 7.6 milioni di ettolitri (nota bene: più di quello che hanno prodotto!), gli USA 3.2 (nota bene: meno di quello che hanno prodotto, unica categoria del vino in cui sono “autosufficienti”), i tedeschi 1.7 e gli inglesi 1.6.

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    Produzione e consumo di vini bianchi (dati 2000-2021) – rapporto OIV

    Il segmento del vino bianco sta prendendo sempre più spazio col passare degli anni, insieme ai vini rosati. OIV calcola che il suo consumo sia passato dal 40% al 42% tra il 2000-2004 e il 2017-2021 su un totale a sua volta passato da 232 a 239 milioni di ettolitri. Il che significa da 93 a 101 milioni di ettolitri nel giro di… 17 anni diciamo. La produzione si è mossa di conseguenza, passando dal 46% al 49% del totale mondiale, ossia da 124 a 131 milioni di ettolitri (qui bisogna ricordare che parte del vino bianco viene utilizzato per produrre brandy, cognac e via dicendo e nel totale prodotto c’è questo contributo di circa 30 milioni di ettolitri, mentre non viene giustamente incluso nella parte dei consumi). La seconda cosa da ricordare quando si guardano questi numeri è che il vino spumante fa parte della categoria del vino bianco e quindi viste le abitudini di consumo degli ultimi anni… aiuta. Essendo l’Italia il maggior produttore mondiale di vino anche nel segmento del vino bianco siamo in cima alla classifica per quanto riguarda la produzione, 29 milioni di ettolitri nel 2021 puntuale e il 21% circa della produzione media mondiale 2014-2021, davanti a Francia, Spagna e USA. Nel segmento del consumo sono proprio gli americani a essere cresciuti nel corso degli anni, seguiti da noi italiani, dai tedeschi e poi dai francesi. Bene, passiamo a una breve analisi dei dati.

    La fotografia della produzione 2021 di vini bianchi vede l’Italia al vertice con 29 milioni di ettolitri, seguita dalla Francia con 18, Spagna 17 e poi USA a 13. Vengono poi Sud Africa, Argentina e Germania nell’intorno dei 6m/hl. Questa gerarchia si ripresenta immutata anche guardando le % medie 2014-2021 (su un totale non dichiarato), con Italia al 21%, Francia al 15%, Spagna al 14% e USA all’11%.
    Nei consumi è evidente invece la “scalata” americana, dove sono passati dal 13% del consumato mondiale nel 2000-2006 al 19% nel 2014-2021, con l’Italia che ha perso quota negli anni centrali del 2007-13 per poi stabilizzarsi al 13% del consumo mondiale, la Germania stabilmente all’8% del totale e poi la Francia che perde gradualmente quota nel tempo scendendo al 7% del totale mondiale. Il dato in ettolitri relativo al 2021 dice USA 18 milioni, Italia 14, Germania 8 e Francia 6.6, stesso livello del Regno Unito all’incirca.
    Mettendo tutto insieme si ripresenta il “surplus” produttivo italiano (21% della produzione, 13% dei consumi 2014-21), ma anche Francese (15% contro 7%) e soprattutto spagnolo (14% contro 4%). In questo caso, e a differenza di quanto commentato per i vini rossi, la situazione appare meno preoccupante, proprio per la presenza nel totale del vino spumante, una categoria che segue logiche parzialmente differenti da quelle del vino fermo.

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    Produzione e consumo di vini rossi (dati 2000-2021) – rapporto OIV

    Proseguiamo l’analisi numerica dai dati forniti da OIV nel suo interessante rapporto in prospettiva storica sulla produzione e consumo di vino nel mondo, con un’analisi più dettagliata relativa ai vini rossi. Come sapete la categoria è “in declino”, nel senso che tra il 2000-2004 e il 2017-21 la produzione è passata dal 48% al 43% del totale mondiale, ossia da 129 a 113 milioni di ettolitri. I dati di consumo “mimano” questa trasformazione, con un consumo sceso, secondo le statistiche OIV da 119 a 115 milioni di ettolitri annui (i numeri non si parlano ma… così è). L’Italia resta il maggior produttore mondiale di vini rossi sia in percentuale media degli ultimi anni (17% del totale) che in valore assoluto per il 2021, circa 20 milioni di ettolitri. Per nostra fortuna, gli USA restano il maggior consumatore mondiale della categoria, con 11.5 milioni di ettolitri e questo ci protegge per certi versi. Però se guardate il grafico vi accorgerete quanto la Francia sia riuscita a “ridirigere” la sua produzione dai rossi alle altre categorie, essendo passata dal 22% del totale mondiale al 14% (Italia dal 19% al 17%). La Spagna forse è messa peggio di tutti essendo cresciuta dal 12% al 14% del totale, anche se il contesto è quello di un calo della produzione nel tempo. Essendo poi l’Italia soltanto il 7% del consumo mondiale, il nostro export copre il 10% circa della produzione 2021 di vini rossi. Bene, tanti dati, vi invito a proseguire nella lettura!

    Il consumo mondiale di vini rossi è stimato da OIV nel periodo 2017-21 a 115 milioni di ettolitri. Se prendiamo la suddivisione del consumo sul periodo la Cina primeggia (13% dei consumi), superando la Francia (10%) e gli USA (9%). In realtà visto quanto successo di recente, gli USA nel 2021 sono il primo consumatore a 11.5 milioni di ettolitri (niente %… OIV…), la Cina è seconda con 9.8m e la Francia scende a 9.1, preceduta dalla Germania.
    In termini di penetrazione del consumo, la Cina segnava nel 2021 il 92% dei consumi nel vino rosso, seguita dall’81% del Cile e dal 70% circa degli altri paesi chiave dell’America latina, Argentina e Brasile. Poi il 67% del Giappone.
    Passando alla produzione, i dati medi indicano il 17% della produzione mondiale 2014-21 in Italia, il 14% in Francia e Spagna, l’8% in Cina, il 6-7% ciascuno in Argentina e Cile. Se prendiamo il 2021 in modo isolato, l’Italia sembrerebbe avere un ruolo ancora più rilevante, con 20 milioni di ettolitri, contro i 14 della Spagna e i “soli” 12 della Francia, che sembra dunque essersi maggiormente adattata a questa tendenza.
    Questo ci porta agli “sbilanci” tra consumi e produzione: l’Italia deve esportare 10 milioni di ettolitri o più, fonte di uno sbilancio 2021 tra 19.8 prodotti e 9 consumati. Se c’è un problema ce l’hanno anche gli spagnoli, bevono 5.6 e producono 14.4, quindi non sono distanti, mentre la Francia che produce 12 e beve 9 è molto meglio messa. Se volete, i dati sono anche in percentuale nel grafico qui allegato.
    Buona consultazione!

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    I consumi di vino nel mondo per tipologia (2021) – studio OIV

    OIV ha prodotto un ottimo studio (scaricabile qui) che analizza in prospettiva storica l’evoluzione della produzione e del consumo di vino per colore, che ci consentirà di fare qualche post specifico nelle prossime settimane. Oggi parliamo di consumi di vino e per la prima volta (mi sembra), OIV ci fornisce una prospettiva storica a livello mondo per colore e a livello nazionale. Il valore aggiunto del mio lavoro di oggi è di “mischiare” i numeri di OIV per costruire un quadro del tipo di vino consumato nei principali mercati. E così si scopre i cinesi bevono praticamente solo vino rosso (dati 2021), gli americani e gli italiani sono quelli che più apprezzano i vini bianchi (55-60% dei consumi) e che in Francia per esempio si bevono più vini rosati che non vini bianchi (l’avreste mai detto?). Ad ogni modo, lo studio conferma il declino strutturale dei vini rossi nei consumi di vino, sostituito principalmente dai vini bianchi e in parte dai vini rosati. Passiamo a un’analisi dettagliata dei numeri.

    OIV ha calcolato che i consumi di vino medi 2017-21 sono stati di 239 milioni di ettolitri, rispetto ai 232 rilevati nella media 2000-2004, quindi con un leggero incremento (3%) nell’arco di… 17 anni prendendo il punto medio dei due periodi considerati.
    Il consumo di vino rosso è passato in questo lasso di tempo da 119 a 115 milioni di ettolitri, quindi dal 51% al 48% dei consumi totali, mentre il consumo dei vini rosati è cresciuto da 20 a 23 milioni di ettolitri, ossia dall’8.7% al 9.5% del totale. Sono i vini bianchi che però hanno avuto il più forte sviluppo (e in questo si considerano anche gli spumanti, attenzione), passando dal 40% al 42.2% dei consumi totali, ossia da 93 a 101 milioni di ettolitri in totale.
    Lo studio poi fornisce tutta una serie di classifiche di consumo e produzione per colore che analizzeremo in futuro. Noi abbiamo preso i dati e li abbiamo re-impacchettati come dicevo prima per ricostruire i consumi per nazione. Così si riesce a spaccare i 33 milioni di ettolitri consumati in USA nel 2021: ben 18 sono di vino bianco, contro 11 di vino rosso, 55% contro 35%, e il restante 10% è vino rosato, segmento in cui gli americani sono i secondi consumatori mondiali in valore assoluto, terzi dopo Francia e Regno Unito in termini relativi.
    L’Italia è a forte vocazione vini bianchi, il 59% dei consumi, 14 dei 24 milioni che si ricava sommando i pezzi, mentre i vini rosati hanno poco successo (soltanto il 4%). In Francia invece sono preponderanti i vini rossi, il 39% del totale, ma i vini rosati con 7 milioni di ettolitri consumati e il 33% del totale sono più importanti dei vini bianchi (28% del totale).
    Vi lascio ai dati, noterete la forte vocazione al consumo di vini rossi dell’Argentina (70%), piuttosto che il bilanciamento quasi perfetto tra rossi e bianchi del mercato inglese e tedesco

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    Le superfici vitate bio nel mondo – dati 2021 FiBL & IFOAM

    FiBL & IFOAM hanno pubblicato il rapporto 2023 sulle superfici bio mondiali, aggiornato al 2021. Il totale assomma a 510mila ettari, ossia il 7.5% della superficie vitata mondiale (come riportato). I totali non tornano quando si sommano le superfici effettivamente bio di 377mila ettari e quelle in conversione di 95mila ettari, ma questi sono i dati come riportati, probabilmente a causa delle numerose caselle vuote. Vi avverto anche che per quanto riguarda l’Italia il dato 2001 riportato in tabella dal rapporto è 104mila ettari (totali, quindi comprese in conversione) e dunque diverso da quello di Sinab, che abbiamo recensito nel 2021 essere di 126mila ettari totali, di cui 101mila convertiti (molto simile ai 104mila del rapporto) ma senza i 24mila ettari in conversione. Se aggiungessimo questi 24mila al conto totale si raggiungerebbe il totale di 534mila ettari. Ad ogni modo, la principale nazione per superfici bio nel mondo resterebbe comunque la Spagna con 142mila ettari, seguita dalla Francia con 136mila ettari (dato non aggiornato e con un ammontare importante “in conversione”, essendo uguale a quello del 2020) e verrebbe poi comunque l’Italia con 104mila del rapporto (o 126mila secondo Sinab). In termini di penetrazione sul totale, lasciando fuori le nazioni poco rilevanti, la prima nazione per penetrazione è la Francia con il 19% (secondo Sinab nel 2021 in Italia 21%), seguita dalla Svizzera con il 17% e dall’Italia con il 15%. Passiamo a una breve analisi dei dati.

    La superficie vitata mondiale biologica è stimata da FiBL & IFOAM a 510mila ettari nel 2021, pari al 7.5% della superficie mondiale, con un progresso dello 0.2% e di 6mila ettari rispetto al 2020, quando i numeri erano 504mila e 6.7%.
    Forse per via della “deviazione” sul dato italiano a cui mancano circa 22mila ettari, dopo una progressione da 30-40mila ettari all’anno nel 2021 si registra un deciso rallentamento.
    In termini di esposizione per continenti, dei 510mila ettari 435mila sono in Europa, 49mila in America, 15mila in Asia, 6mila in Oceania e 5mila in Africa.
    Se guardiamo agli ettari vitati bio già certificati soltanto, secondo il rapporto sono 377mila nel mondo, di cui 105mila in Spagna, 104mila in Italia e 79mila in Francia. In questa “subveduta” l’Italia sembra essere quella con il ritmo di crescita più marcato secondo lo studio (circa 10mila ettari all’anno), mentre il dato spagnolo sembra avviarsi verso una stabilizzazione. Come detto sopra, i dati francesi sono essenzialmente uguali a quelli del 2020.
    Va sempre ricordato che il conto degli ettari francesi ha anche a che fare con i vigneti per il Cognac e l’Armagnac che “falsano” un po’ tutti i conti quando si parla di vino soltanto.

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    La valutazione delle aziende vinicole – aggiornamento 2024

    Buongiorno. Il lavoro di oggi riguarda la valutazione delle aziende vinicole quotate, con I prezzi rilevati intorno al 15 gennaio e i multipli di mercato proiettati al 2024 e al 2025 secondo le stime degli analisti. Come sapete il 2023 è stato un anno eccellente per le borse mondiali, con crescite superiori al 20%. In questo contesto, se consideriamo il valore azionario cumulato del nostro campione (che è fatto dalle medesime aziende dell’anno scorso) troviamo un risultato nettamente meno positivo, circa +6%. Quindi la prima considerazione è che il settore del vino ha avuto un 2023 meno positivo che in altri settori (comprensibile, visto che i grandi temi del 2023 sono stati i tassi di interesse che hanno favorito le aziende del settore finanziario e la tecnologia, che ha supportato le “magnifice 7” americane). Nonostante questo, le valutazioni sembrano essere in leggera crescita. Le aziende della Champagne sono quotate a 2.9 volte le vendite, erano 2.7 lo scorso anno, le aziende internazionali stavano a 5.0 volte le vendite sono ora a 5.2 volte (ma senza Constellation Brands si scende da 4 a 3 volte), quelle europee (Schloss Wachenheim, Advini, IWB e Masi) stanno a 1.3 volte le vendite contro 1.2 volte lo scorso anno. Il 2024 è un anno molto più incerto: il crollo dell’inflazione farà calare i tassi di crescita (che per le aziende sono “nominali”), le valutazioni sembrano piuttosto elevate. Vedremo. Per ora se siete interessati nella tabella all’interno trovate altri grafici e la tabella con tutti i numeri.

    Il campione analizzato include le seguenti aziende quotate: Lanson BCC, Vranken Pommery e Laurent Perrier per lo Champagne; Constellation Brands, Treasury Wine Estates, Concha y Toro, Duckhorn, Vintage Wine Estates (senza multipli perchè quasi fallita) e Delegat per le aziende extraeuropee; Schloss Wachenheim, Advini, Italian Wine Brands e Masi per l’Europa. Se ne trovate altre fatemi sapere!
    Le aziende europee sono poco rappresentate e presentano multipli a forte sconto rispetto a quelle internazionali, anche a causa della loro dimensione contenuta (e quindi minore liquidità e interesse da parte degli investitori) e dei minori margini. Un’azienda focalizzata sul vino di qualità come Masi ha un margine del 9% atteso per il 2024, la Duckhorn in USA ha una margine del 29% (e un valore di mercato di 1 miliardo contro 150 milioni), il che vi fa rendere conto della differenza.
    Dunque il campione più rappresentativo è certamente quello americano. C’è dentro Constellation che ormai ha poco a che fare con il vino. Se facessimo un esercizio “escluso Constellation”, arriviamo a dei multipli di circa 3.2 volte le vendite per un margine operativo medio del 24%. Le 4 piccole europee in confronto stanno a 1.3 volte le vendite e hanno un margine del 7% quindi… è vero che le aziende europee sono valutate poco, è altrettanto vero guadagnano molto di meno…

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    Constellation Brands – risultati primi 9 mesi 2023

    E fu così che dopo molti trimestri deboli la divisione vino di Constellation Brands ha fatto un vero e proprio fosso nel trimestre chiave dell’anno. Conseguenza: il capo della divisione è ormai messo alla porta (a partire dal 29 febbraio) senza neanche aspettare di avere un rimpiazzo. Le attese sull’anno fiscale della divisione vino sono state tagliate a un calo delle vendite del 7-9% e dell’utile operavo del 6-8%, dal giorno alla notte considerando che fino al secondo trimestre si parlava di vendite stabili e di un incremento del 2-4% dell’utile operativo. D’altronde nel terzo trimestre le “depletions”, ossia le vendite al dettaglio sono calate del 10%, dopo il -8% del secondo trimestre e il -6% del primo, nonostante la base di comparazione (come si vede bene nel primo grafico) fosse mano a mano più facile da raggiungere. In totale CBrands divisione vino ha realizzato vendite per 2.7 miliardi di dollari nel trimestre, contro 2.4 di quello corrispondente 2022 e un utile di 509 milioni di dollari, contro 468, tutto grazie alla birra. Le previsioni per l’anno restano stabili in termini di utile netto ma sono state incrementate in termini di generazione di cassa (da 1.2-1.3 miliardi di dollari a 1.4-1.5), sempre grazie al successo della divisione birra. La divisione delle droghe leggere continua a perdere soldi, anche più che in passato. Alla fine questi dati sono stati accolti positivamente dagli investitori, segno anche che del vino non gliene frega più niente… passiamo a una breve analisi dei dati.

    Le consegne di vino sono scese del 12% a 6.1 milioni di casse, di cui 5.3 milioni (sempre -12%) nel mercato americano, per un fatturato vino e spiriti di 502 milioni di dollari, -8% sul trimestre 2022. Di questi, 436 sono vino (-7.4%) e 67 sono spiriti (-10%).
    A livello operativo, tutta Constellation ha generato 797 milioni di dollari di utile, di cui 128 sono nel vino, -5%, con un margine in leggero miglioramento (25.4% nel trimestre contro 24.8% lo scorso anno) grazie all’impatto dei marchi a minor margine venduti. La birra genera invece 669 milioni, per un margine del 31% e una crescita del 9%. La divisione Canopy perde nel trimestre 42 milioni di dollari, erano 37 lo scorso anno.
    A livello finanziario le cose vanno invece meglio: i dividendi sono cresciuti a 163 milioni da 146 lo scorso anno, l’azienda ha ricomprato 215 milioni di dollari di azioni proprie portando la “restituzione” agli azionisti nei 9 mesi a 740 milioni di dollari (su un valore di borsa di 45 miliardi). Gli investimenti sono in crescita e nonostante tutto questo il debito netto scende a 10.7 miliardi di dollari dagli 11 del secondo trimestre e contro 12 di un anno fa. Il debito su EBITDA scende a 3.0 da 3.5 dell’anno scorso.

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