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    Treasury Wine Estates – risultati 2023/24

    Appena completata l’acquisizione di DAOU (ricordiamo: “luxury wine” in USA, pagata 1.3 miliardi di dollari australiani, aggiunge circa il 20% agli utili), TWE annuncia il prossimo passo: la riorganizzazione della divisione “commercial” e “premium”, mettendo insieme la parte australiana (cioè tutto meno Penfolds) e un pezzo delle attività americane che sono attive in questa fascia di mercato… per sbarazzarsene e diventare così un’azienda focalizzata sui “luxury” wines, che hanno margini (Penfolds 42%) e prospettive di crescita superiori (IWSR per gli USA +2.5% annuo al 2028 per i vini sopra i 40 dollari, contro un -0.8% annuo del mercato in generale). Questa storia l’abbiamo vista in altre occasioni (Constellation Brands che vende a Gallo, Pernod Ricard che vende ai private equity) ed è ulteriore conferma del “problema” del consumo di vino di fascia media e bassa, destinato a diminuire nel tempo.
    Venendo all’argomento del giorno, i risultati, tutto come previsto. Avevano detto crescita a media/alta singola cifra per l’anno dell’utile operativo dopo un brutto primo semestre e hanno fatto +6.4%, che poi è diventato un rotondo +29% considerando DAOU e i minori costi corporate. Le vendite (2.74 miliardi di dollari nell’anno, +13%) si stanno riprendendo anche e soprattutto grazie alla riapertura del mercato cinese (con i costi di ri-entrata connessi) e l’acquisizione di DAOU è stata ben digerita con una buona parte del prezzo pagato dagli azionisti, tale per cui il rapporto debito/EBITDA sale di poco, da 1.9 a 2.1 volte. Il titolo in borsa ha reagito bene ai numeri, anche grazie all’annuncio di un obiettivo per il 2024-25 di un utile operativo di 780-810 milioni di dollari australiani, rispetto ai 669 del 2023-24. Passiamo a guardarli più in dettaglio con tabelle e grafici aggiuntivi.

    Le vendite di 2.74 miliardi crescono del 13%, con un calo dell’1% dei volumi, una crescita del 12% del prezzo per cassa (125 dollari per le 12 bottiglie) e un contributo positivo dei cambi del 2%.
    Il mix migliora in modo significativo, con Penfolds e TWE America entrambe a 1 miliardo di vendite e in crescita del 22% sull’anno scorso, con un margine del 42% (dal 45%) e 23% (dal 25%). TWE Premium invece, concentrata su Australia e Europa, vede un calo delle vendite del 6% e un margine che resta stabile intorno al 10%.
    Si arriva quindi a un utile operativo di 421 milioni per Penfolds, +15%, di 231 per l’America, +13% e di 76 milioni per TWE Premium, che dopo i costi centrali fanno un totale di 669 milioni, +29% sul 2022-23 e in linea con gli obiettivi del gruppo. Sotto l’utile operativo aumentano gli oneri finanziari per il maggiore debito (acquisizione) ma soprattutto vengono contabilizzati 320 milioni di dollari di svalutazioni tra valore dei marchi e goodwill di precedenti acquisizioni, che portano l’utile netto a scendere a circa 100 milioni di dollari australiani (408 se si escludono gli oneri non ricorrenti).
    Dal punto di vista finanziario il debito sale a 1.2 miliardi di dollari, che diventano 1.7 includendo i leasing IFRS16, per un rapporto sull’EBITDA di poco superiore a 2.

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    Andrew Peller – risultati 2023 (marzo 2024)

    Come promesso nell’ultima assemblea degli azionisti, Andrew Peller ha messo a segno un sostanzioso miglioramento dei margini nel 2023 (anno concluso il 31 marzo 2024), grazie alla riduzione dei costi esterni e all’aumento dei prezzi per compensare una variazione negativa di dazi. Non è ancora abbastanza: nonostante l’utile operativo si sia ripreso (da 38 a 50 milioni di dollari) e il management (il signor John Peller, tra l’altro prossimo alla pensione) abbia dato un messaggio rassicurante, l’azione in borsa è stabile sui livelli minimi toccati l’anno scorso, che restituiscono una valorizzazione di borsa pari a circa 180 milioni di dollari, che corrisponde, sommando i 200 milioni circa di debito, a un rapporto con le vendite di 1 volta e a un rapporto con l’EBITDA di circa 5.3 volte. A guardare il grafico degli utili storici, in effetti di strada ce n’è ancora molta da fare per tornare ai 63 milioni di dollari toccati nel 2019 e 2020. Passiamo a un’analisi più dettagliata con grafici e tabelle ne resto del post.

    Il fatturato 2023 è aumentato dell’1% a 386 milioni (di cui circa 12 fatturati all’export) nonostante la debolezza nelle vendite dirette a causa di un minor traffico di visitatori e degli incendi boschivi nell’ovest del Canada. Inoltre, la riduzione di circa 6 milioni di dollari risultante dall’abrogazione del dazio federale sulle accise ha avuto un leggero impatto negativo, non compensato dagli aumenti di prezzo appositamente predisposti a compensazione.
    Il margine lordo è aumentato al 39% dal 37% dell’anno precedente, da 142 a 131 milioni in valore assoluto, grazie al programma di taglio dei costi pari a circa 9 milioni di dollari canadesi, ossia circa il 2.5% delle vendite, che hanno riguardato rinegoziazione delle tariffe di trasporto per le materie prime e la valutazione di fonti alternative per le bottiglie di vetro e altri componenti. Durante l’anno fiscale 2024, questi programmi hanno comportato un risparmio di costi di 9,3 milioni di dollari. L’utile netto è ancora sotto il punto il pareggio.
    Dal punto di vista finanziario, l’indebitamento resta stabile a 208 milioni di dollari dopo aver pagato dividendi per 10 milioni di dollari canadesi, stabili rispetto allo scorso anno e investito per 14 milioni di dollari, molto meno che nell’annata precedente (20 milioni).

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    Yantai Changyu Pioneer Wine – risultati 2023

    Con un po’ di fortuna sono riuscito a trovare I bilanci completi di Yantai Changiu Pioneer Wine e quindi riusciamo oggi ad avere un quadro più completo dei dati 2023 ma anche di quelli passati. Diciamo subito che vista la crisi che percepiamo noi nel consumo di vino dei cinesi, l’azienda non sembra essere stata impattata come dovrebbe. I margini sono ovviamente sotto pressione e molto inferiori al passato (17% a livello operativo nel 2023 contro il 30% e più di 10 anni fa) ma YCPW resta ampiamente profittevole e con una buona valorizzazione di borsa. Per intenderci: vendite di 4.4 miliardi di remimbi (572 milioni di euro), utile netto aggiustato di 464 milioni (61 milioni di euro), una cassa netta di 1.7 miliardi (220 milioni di euro) in forte crescita grazie alla razionalizzazione del magazzino. Valore in borsa: 12 miliardi di remimbi, pari a circa 1.6 miliardi di euro, il che significa un rapporto sugli utili del 2023 di circa 25 volte e un rapporto tra valore d’impresa e utile operativo di 14 volte. Tutti questi numeri lasciano intendere che gli investitori pensano che il progresso visto nel 2023 (almeno a livello di vendite) possa continuare. Passiamo a un’analisi più dettagliata con grafici e tabelle allegate.

    Tutto in remimbi di qui in avanti, per derivare gli euro, dividete per 7.7.
    Le vendite sono cresciute del 12% nel 2023 a 4.4 miliardi, di cui 3.1 miliardi nel vino (+10%), 1.2 miliardi nel brandy (+16%). Le vendite domestiche crescono del 13% a 3.8 miliardi, le esportazioni del 4% a 623 milioni e rappresentano il 14% del fatturato totale.
    I margini sono come dicevamo molto sotto i livelli storici. A livello di “gross margin”, nel 2023 YCPW è passata dal 58% al 59% ma viene da un passato eccezionale con margini anche superiori al 70%. Ad ogni modo, il gross margin cresce nel 2023 del 14% a 2.6 miliardi, il livello più elevato dell’era post-Covid. Per darvi un riferimento, nel 2012 era di 4.3 miliardi…
    L’utile operativo e l’utile netto aggiustato sono rispettivamente a 739 milioni (-2%, per un margine del 17%) e 464 milioni (+12%). Di nuovo parametro di confronto storico, l’azienda guadagnava 10 anni fa circa 2 miliardi, quindi siamo oggi a meno di un quarto degli utili del passato.
    A livello finanziario, con investimenti moderati e in calo negli ultimi anni, dividendi di 300-350 milioni all’anno e una eccellente gestione del capitale circolante, Yantai sta accumulando cassa. Nel 2023 è cresciuta a 1.7 miliardi, da 1 miliardo dell’anno precedente. Il capitale investito scende da 9.8 a 9.3 miliardi per un ritorno sul capitale di circa l’8%.

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    Masi – risultati primo semestre 2024

    Masi ha chiuso il primo semestre 2024 con risultati deludenti. Le vendite sono calate del 9%, i margini sono scesi al punto più basso dall’anno del Covid (6% a livello operativo), ma soprattutto si ritrova con un debito di 34 milioni di euro a fine semestre, in crescita importante rispetto ai 21 di un anno fa, in seguito all’incremento delle scorte e agli investimenti, ma anche aggiungerei io al fatto che negli ultimi 12 mesi l’azienda non ha di fatto prodotto utili (0.02 milioni di euro nel primo semestre e una perdita di 1.1 milioni nel secondo semestre dell’anno 2023, con una generazione di cassa di soli 4 milioni). Nel frattempo, Red Circle di Renzo Rosso ha rivenduto le quote agli azionisti di maggioranza (la famiglia Boscaini) e l’azienda ha deciso di semplificare i processi di governance, iniziando anche il percorso per diventare società benefit. L’uscita dal semestre sembra essere in miglioramento: gli ordini sono in ripresa e il secondo semestre potrebbe essere meglio (già il secondo trimestre è stato meglio del primo). L’andamento borsistico non è stato positivo nel 2024, con il titolo partito a 5 euro ora intorno a 4.2 euro, quindi -16%, per un valore di mercato di 135 milioni. Con una quota di “flottante” dell’8% soltanto sarebbe necessario prendere una decisione: o stare con una quota degli azionisti di minoranza più elevata oppure togliere l’azione dal mercato. Vedremo, per ora occupiamoci dei numeri.

    Le vendite sono calate del 9% a 30 milioni, di cui 9.4 in Italia, -3%, 9.7 in Europa, -13%, 10.1 in America a -5% e 1 milione nel resto del mondo. Nel semestre calano soprattutto le vendite dei top wines, scesi del 21% a 7.4 milioni di euro, contro il -5% e -3% segnato dai premium wines (leggi Campofiorin) e dai classical wines rispettivamente.
    I margini sono in calo soprattutto per il peso dei costi fissi su un fatturato in calo, dato che il margine lordo resta sopra il 63%. Il margine EBITDA cala dal 17% al 12%, l’utile operativo scende da 3.4 a 1.7 milioni per un margine del 5.6% contro il 10.2% di un anno fa. Grazie a un buon contributo degli utili su cambi, il bilancio chiude in pareggio.
    Dal punto di vista finanziario, come dicevamo il debito sale a 34 milioni di euro. Masi ha investito 6 milioni di euro nel semestre (quindi molto) e ha avuto un incremento di 16 milioni di euro del capitale circolante, per aumentare le scorte di Amarone. Va anche detto che 4 milioni di euro di debiti sono rispuntati perché non è stata rinnovata una operazione di cessione di crediti pro-soluto. Non ha pagato dividendi agli azionisti.

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    Laurent Perrier – risultati e analisi di bilancio 2023

    I dati 2023 (marzo 2024) di Laurent Perrier confermano i benefici della “premiumizzazione” nell’attuale fase di contrazione delle spedizioni di Champagne. Nonostante un calo dei volumi del 12% a circa 10 milioni di bottiglie, le vendite sono rimaste stabili grazie ad un potente miglioramento del prezzo-mix. E la combinazione di meno volumi e più prezzo è stata ovviamente molto positiva per i margini, che sono saliti anche nel 2023, toccando il massimo storico (di circa il 35% di margine EBITDA e 32% di margine operativo). La struttura finanziaria vede quest’anno un incremento del capitale investito e del debito dovuto all’aumento del magazzino, il cui rapporto con il debito peraltro continua ad aumentare leggermente anche nel 2023. Le indicazioni sull’evoluzione della gestione sono come sempre fumose e non contengono particolari obiettivi. Passiamo a un’analisi più dettagliata con grafici e tabelle.

    Le vendite sono stabili a circa 303 milioni (312 se consideriamo anche i prodotti intermedi, nella nuova configurazione), con un secondo semestre a +2%. Le vendite per area geografica mostrano un calo del 5% in Francia a 57 milioni (molto male il secondo semestre a -14%), una ulteriore crescita delle vendite nel resto d’Europa a 144 milioni (+5%, secondo semestre +13%) e un leggero ritracciamento nel resto del mondo, -2% a 102 milioni (-4% nel secondo semestre).
    I margini sono in forte miglioramento con il MOL a 107 milioni di euro, +16% e con un margine che passa dal 30% al 35%. La maggior parte del miglioramento (4 punti percentuali) viene dal “gross margin”, ossia dalla differenza tra vendite e costo del venduto, quindi prima dei costi commerciali e generali, che sono cresciuti di circa il 9% nel corso dell’anno.
    Gli oneri finanziari crescono ulteriormente causa tassi di interessi e con un tax rate stabile al 25%, Laurent Perrier chiude il 2023 con un utile netto di 64 milioni di euro, contro 59 dell’anno passato, +8% e con rapporto sulle vendite eccellente, 21%.
    Dal punto di vista finanziario, il debito (escluso IFRS16) cresce da 176 a 187 milioni di euro, dopo aver pagato circa 12 milioni di euro di dividendi, aver fatto crescere il magazzino da 593 a 644 milioni di euro e incrementato gli investimenti da 7 a 10 milioni. Il rapporto magazzino debito è molto solido a 3.44 e il rapporto debito/EBITDA scende da 1.9 a 1.8 volte.
    Alla borsa di Parigi le azioni sono stabili, per un valore di mercato di circa 720 milioni di euro (al 13 luglio 2024, data in cui redigo questo articolo), rispetto a 320 milioni circa per Lanson e 134 per Vranken Pommery.

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    Chapel Down – presentazione, risultati e… destino?

    Grazie al suggerimento dell’amico Martin Cubertafond, professore universitario e consulente nel settore del vino, ho dato un occhio al bilancio di Chapel Down, la principale azienda spumantistica inglese. Chapel Down è quotata in borsa a Londra con un valore di mercato di circa 150 milioni di euro da dicembre 2023 (ha 4 azionisti principali con il 50%, mentre il resto è flottante). Con 367 ettari vitati (circa il 10% del vigneto inglese) e una “capacità produttiva” dalle proprie uve di circa 3.4 milioni di bottiglie annue rappresenta una quota piuttosto significativa degli spumanti inglesi. Le vigne sono tutte localizzate nel Kent, ossia nella lingua di terra all’estremo sud-est dell’isola, diciamo la “rive droite” del Tamigi. Nel 2023 ha generato 17 milioni di sterline di fatturato vendendo 1.4 milioni di bottiglie, di cui l’80% circa sono di spumanti e il 20% di vini fermi. Proprio mentre ci approcciamo alla prima analisi, l’azienda ha comunicato che il consiglio di amministrazione sta prendendo in considerazione “opzioni strategiche”. In altre parole, pur essendo profittevole (5 milioni di sterline di EBITDA, pari al 32% delle vendite) i piani di sviluppo (altri 40 ettari nel 2024) e la necessità di creare un magazzino “stile Champagne” assorbono tutta la cassa. Si cerca quindi un partner che apporti risorse. Negli ultimi giorni è stata chiamata in causa Treasury Wine Estate, che però si è chiamata fuori. Vedremo, per ora analizziamo i numeri nel resto del post con tabelle e grafici.

    Le vendite di Chapel Down sono cresciute velocemente negli ultimi anni, da 11 milioni di sterline del 2020 a 17 del 2023, quando la crescita annua è stata del 15%.
    La crescita del 2023 è quasi tutta venuta dal prezzo medio di vendita, salito da 10 a 11.6 sterline per bottiglia.
    Se suddividiamo le vendite per categoria, il 69% del fatturato sono spumanti, il 10% “a touch of sparkle”, quindi probabilmente quello che qui chiamiamo saten, il 21% è di vino fermo. Nel 2023 tutta la crescita è venuta dagli spumanti, +25%. Inutile dire che le vendite sono quasi completamente realizzate nel mercato locale (esportazioni: 5%) e per un buon 50% nel canale off-trade (quindi negozi di terzi), il 12% nel canale ontrade (Horeca), il 17% online e il 16% con vendite dirette e tour.
    Come dicevamo l’azienda è profittevole: il margine lordo è al 52% (per riferimento, Laurante Perrier 62% – ma prima del Covid stava sul 50-55%, Lanson 51%), il margine EBITDA è il 32%, l’utile operativo è il 21% del fatturato, ossia 3.7 milioni su 17.2, l’utile netto è di circa 2 milioni di sterline.
    La parte finanziaria è la nota “dolente”: il capitale investito cresce velocemente, al ritmo di 5-6 milioni di sterline all’anno, appesantito dalla forte crescita del magazzino (attualmente 23 miloni, dai 16 dell’anno scorso) e dagli investimenti di circa 2 milioni di sterline all’anno. Nel 2023 l’azienda ha “bruciato” 4.5 milioni di sterline e ha finanziamenti per poco più di 10: urge quindi un’analisi di quanti soldi sono necessari per andare avanti.

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    LVMH – risultati primo semestre 2024

    Anno cattivo o ritorno alla normalità? I dati del primo semestre di LVMH divisione vino e spiriti sono in forte calo, ossia -12% per le vendite e -26% per l’utile operativo. Se prendiamo il numero in valore assoluto di 777 milioni di utile operativo semestrale e lo confrontiamo con quello del 2019, 772 milioni, allora forse possiamo dire che i dati sono piuttosto cattivi. L’azienda ha continuato a investire pesantemente in questi anni, vende il 10% in più del 2019 sia in volume che in valore e fa gli stessi utili di 5 anni fa, poco prima del Covid. Unica eccezione nel quadro grigio sono, per assurdo, i vini fermi che crescono in volume da 27 a 31 milioni di bottiglie, grazie alle acquisizioni. Resiste la Francia, calano gli USA, l’Europa e crolla il mercato asiatico dove molto del Cognac di LVMH va a finire. Qualcuno comincia a dire che LVMH potrebbe un giorno sbarazzarsi del segmento vino e spiriti. Vedremo cosa succede. Per ora concentriamoci sui numeri del semestre nel resto del post con tabelle e grafici.

    Le vendite sono calate del 12% a 2.8 miliardi di euro, di cui 1.41 miliardi sono Cognac e spiriti e 1.39 miliardi vini e Champagne.
    In termini di volume, LVMH ha consegnato 107.7 milioni di bottiglie nel primo semestre 2024, che rappresenta un calo del 2% sull’anno scorso. Si può dunque dire che c’è stato un impatto negativo del “prezzo-mix” del 10% circa, dopo anni in cui la situazione “migliorava”.
    Se entriamo nel dettaglio, le consegne di Champagne sono state 25.6 milioni, -15% sul semestre 2023, quelle dei vini fermi invece sono cresciute a 31.2 milioni, +16% grazie alle acquisizioni. Il prezzo medio di vendita è sceso del 12% da 27.8 a 24.6 euro.
    I margini di profitto sono in calo, con un utile operativo della divisione di 777 milioni come dicevamo, il che implica un calo del margine dal 33% al 28%. All’interno del dato, lo Champagne e i vini hanno un utile operativo di 351 milioni nei sei mesi, per un margine del 25%. In confronto il margine del Cognac e degli spiriti (che cala in maniera analoga, -26%), sono ancora molto superiori, intorno al 30%.
    LVMH continua a investire nella divisione sia in magazzino che investimenti veri e propri. Nel primo semestre ha speso 538 milioni, più ha incrementato a 6.8 miliardi di euro il valore del magazzino, da 5.9 miliardi a fine anno e 6.1 miliardi a giugno 2023. Il capitale investito è calato per via della svalutazione di alcuni marchi e si attesta ora a circa 17 miliardi di euro.

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    Constellation Brands – risultati primo trimestre 2024

    Il business “vino” di Constellation Brands continua a ridursi, frutto del cattivo andamento delle vendite (-13% a livello di vendite finali al dettaglio nel primo trimestre fiscale) e delle decisioni di disfarsi dei marchi meno “di moda”. I dati, che per il gruppo sono eccellenti grazie alle perdite ridotte della divisione Canopy e del sempre eccellente andamento della birra, mostrano una nuova riduzione dei margini che lascia poco scampo per il resto dell’anno: le vendite sono previste stabili (il che già implica un recupero nei prossimi trimestri dopo il -9% fatturato e -5% in termini di consegne) e l’utile operativo della divisione è sempre previsto calare del 10% circa. Ad oggi, l’attività “vino” rappresenta l’11% dell’utile operativo del gruppo e ha un margine (sugli ultimi 12 mesi) calato al 21.4%, quindi anche diluitivo rispetto al 33% circa del gruppo. Non ci sarebbe da sorprendersi se Constellation Brands decidesse di uscire completamente dal business nei prossimi anni.
    Questi dati però ci forniscono anche una cortina al tornasole per il business vino in Nord America, dove il management riferisce di condizioni di mercato sfidanti che costringono l’azienda a tagliare gli investimenti di marketing, creando così un circolo vizioso.
    Bene, passiamo a commentare i dati più in dettaglio con l’aiuto di grafici e tabelle.

    Le vendite consolidate del gruppo sono cresciute del 6% a 2.66 miliardi di dollari nel primo trimestre, con un +8% per la birra (2.3 miliardi), un -9% per il vino (329 milioni) e un +8% per gli spiriti. La divisione Canopy non è consolidata ma entra sotto l’utile operativo come contributo ai profitti (per la prima volta da anni in questo trimestre).
    In termini di consegne, CBrands ha venduto 5.6 milioni di casse, di cui 4.9 nel mercato USA, rispetto alle 5.9 e 5.2 del trimestre 2003, quindi con un calo del 5% e 6% rispettivamente.
    Il margine dell’attività vino/spiriti scende da 79 a 60 milioni di dollari nel trimestre per un margine del 15% contro il 19% del 2023, portando il margine sugli ultimi 12 mesi al 21.4%. A livello consolidato l’utile operativo cresce del 23% a 942 milioni di dollari, grazie alla birra, +29% a 882 milioni, con un margine eccezionale del 39%.
    Tornando ai dati consolidati, gli utili sono “esplosi” grazie alla mancanza delle svalutazioni di Canopy (415 milioni nel 2023) che diventano 82 milioni di contributo positivo, portando l’utile netto a 877 milioni. Tutto come previsto, visto che le indicazioni sull’anno non sono per il momento cambiate.
    Passando brevemente alla parte finanziaria, il debito cala a 11.4 miliardi di dollari (11.7 a fine anno), ossia 3 volte l’EBITDA degli ultimi 12 mesi, il livello più basso degli ultimi due anni, nonostante la remunerazione per gli azionisti (dividendo più riacquisto di azioni) sia praticamente raddoppiata nel trimestre a 385 milioni, oltre alla crescita degli investimenti da circa 300 a 375 milioni di dollari.

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