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    Consumo di vino in Francia (dati 2022) – confronto con Italia e focus sui giovani

    Fonte: France AgriMer
    Le indagini sui consumi di vino destano sempre il mio interesse, sia per capire le differenze tra diverse culture, sia soprattutto per capire se e quanto il settore del vino sarà soggetto a un declino nel lungo termine. Il rapporto sui consumi di vino in Francia è costruito in modo simile a quello italiano e sottolinea un calo strutturale nel consumo di vino, soprattutto nel segmento dei giovani. Il confronto con i dati italiani mette però in luce importanti differenze. Innanzitutto il consumo di vino in Francia è più diffuso che in Italia: il 63% dei francesi beve vino contro il 55% degli italiani. In secondo luogo, la preoccupazione del calo della penetrazione tra i giovani francesi non si vede nel mercato italiano. Come mai? Il consumo di vino tra i giovani in Francia viene da % elevatissime: nel 2015 il 67% dei giovani tra 18 e 24 anni consumavano vino contro il 40% degli italiani. È ovvio che ora sono scesi al 54%, mentre in Italia da una base più bassa si è saliti grazie al consumo sporadico (e credo al prosecco e agli aperitivi) al 45%. Idem per la fascia di 25-34 anni (35 per i francesi, ma fa niente): loro partivano dal 72%, noi dal 54% della popolazione nel 2015, loro hanno perso 5 punti e noi ne abbiamo guadagnati 4. Dunque tirando le fila, sembra chiaro che i francesi bevono di più (il 81% beve bevande alcoliche contro il 66% in Italia) e che dunque avranno più da perdere in futuro, anche se c’è un numero che non torna nel ragionamento: soltanto l’11% dei francesi beve vino tutti i giorni contro il 17% degli Italiani. Passiamo a qualche dato in più.

    Il rapporto sul consumo di vino e bevande alcoliche confronta i dati 2022 con il 2015, mostrando un incremento dal 33% al 37% delle persone che non bevono vino in Francia, mentre i consumatori regolari sono scesi dal 16% all’11% della popolazione. Sono anche in calo quelli che i francesi chiamano “sporadici frequenti”, dal 21% del 2015 al 19%, mentre crescono gli “sporadici rari”, dal 30% al 32%.
    Ovviamente l’età dei consumatori è un fattore importante (e perdonerete il copia-incolla brutale del grafico). I non consumatori sono inversamente proporzionali all’età (salvo a età avanzate, per motivi di salute), il contrario per i consumatori. Vedrete però che chi consuma vino tutte le settimane è meno del 30% della popolazione in tutte le fasce di età.
    Il confronto con l’Italia che proponiamo nell’apertura è particolarmente interessante e mostra chiaramente come il consumo di vino sia più radicato in Francia che in Italia, soprattutto mi viene da dire tra i giovani. Le percentuali di consumo sono molto diverse anche nel 2022, nonostante la convergenza: il 54% dei francesi tra 18 e 24 anni consuma vino contro il 45% degli italiani, il 67% contro il 59% dei 25-34enni. Dall’altra parte è anche vero che secondo le indagini ISTAT il 17% degli italiani beve ancora vino tutti i giorni, mentre secondo l’istituto francese France Agrimer questa abitudine è propria soltanto dell’11% dei francesi.

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    LVMH divisione vino – risultati 2023

    I risultati pubblicati dal LVMH a fine gennaio sono stati considerati sorprendentemente positivi dagli investitori, visto il pessimismo diffuso sull’andamento del settore del lusso. La divisione vino e spiriti era fortemente influenzata anch’essa dalle vicissitudini del Cognac, che in effetti ha pesantemente influenzato la divisione anche nella seconda parte del 2023. Quello che più interessa a noi, ossia la divisione Champagne e vini, invece è andata meno peggio (vendite -5%), nel contesto di un calo dei volumi (-7/9% nel secondo semestre) e di un recupero ulteriore del prezzo mix. Ma soprattutto è andata bene nel margine operativo, che ha quasi raggiunto quello del Cognac al 32% circa nel 2023 e addirittura è stato superiore nell’ultima parte dell’anno, anche grazie alla più spiccata stagionalità. La direzione resta “crescita guidata dalla strategia del valore”, ossia aumentare i prezzi a fronte di una maggiore qualità del prodotto. Le iniziative sono diverse, partendo dal secondo capitolo della partnership di Dom Perignon con Lady Gaga, al nuovo Blanc Singulier di Ruinart che mira a esaltare lo Champagne d’annata fino all’espansione nei vini rosati tramite l’acquisizione di Chateau Minuty. Nel resto del posto, grafici e tabelle dettagliate dei risultati.

    Le vendite della divisione sono state 6.6 miliardi di euro nel 2023, con un calo del 7% sul 2022, definito eccezionale dal management.
    Nel segmento dello Champagne le vendite sono cresciute del 2% a livello organico, nonostante un calo del 6% dei volumi a 66 milioni di bottiglie. La divisione inclusi i vini ha un fatturato stabile, aggiungendo altri 53 milioni di bottiglie vendute, anche in questo caso a -7%. In totale nel 2023 la parte Champagne e vini ha avuto un fatturato uguale al 2022, 3.46 miliardi di euro.
    Se guardiamo soltanto al secondo semestre, le vendite sono in rallentamento, -5% per Champagne e vini, con volumi di Champagne a -9%.
    A livello di margini le cose invece vanno a gonfie vele per la parte Champagne e vini, meno per la parte del Cognac. Stando su quello che a noi interessa l’anno 2023 chiude con 1.1 miliardi di euro di utile operativo, per un margine del 31.6%, superiore al contributo del Cognac (1.0 miliardi) per la prima volta da 15 anni.
    A causa di uno spostamento di avviamento (per oltre 6 miliardi di euro) dalla divisione alla capogruppo, i dati relativi al capitale investito non sono coerenti con il passato. Il ritorno sul capitale calcolato sul 2023, comunque, sulla base dei nuovi dati arriva al 13%, mentre il livello degli investimenti a 538 milioni tocca il suo massimo storico all’8% delle vendite (della divisione nel suo complesso).

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    Produzione e consumo di vini bianchi (dati 2000-2021) – rapporto OIV

    Il segmento del vino bianco sta prendendo sempre più spazio col passare degli anni, insieme ai vini rosati. OIV calcola che il suo consumo sia passato dal 40% al 42% tra il 2000-2004 e il 2017-2021 su un totale a sua volta passato da 232 a 239 milioni di ettolitri. Il che significa da 93 a 101 milioni di ettolitri nel giro di… 17 anni diciamo. La produzione si è mossa di conseguenza, passando dal 46% al 49% del totale mondiale, ossia da 124 a 131 milioni di ettolitri (qui bisogna ricordare che parte del vino bianco viene utilizzato per produrre brandy, cognac e via dicendo e nel totale prodotto c’è questo contributo di circa 30 milioni di ettolitri, mentre non viene giustamente incluso nella parte dei consumi). La seconda cosa da ricordare quando si guardano questi numeri è che il vino spumante fa parte della categoria del vino bianco e quindi viste le abitudini di consumo degli ultimi anni… aiuta. Essendo l’Italia il maggior produttore mondiale di vino anche nel segmento del vino bianco siamo in cima alla classifica per quanto riguarda la produzione, 29 milioni di ettolitri nel 2021 puntuale e il 21% circa della produzione media mondiale 2014-2021, davanti a Francia, Spagna e USA. Nel segmento del consumo sono proprio gli americani a essere cresciuti nel corso degli anni, seguiti da noi italiani, dai tedeschi e poi dai francesi. Bene, passiamo a una breve analisi dei dati.

    La fotografia della produzione 2021 di vini bianchi vede l’Italia al vertice con 29 milioni di ettolitri, seguita dalla Francia con 18, Spagna 17 e poi USA a 13. Vengono poi Sud Africa, Argentina e Germania nell’intorno dei 6m/hl. Questa gerarchia si ripresenta immutata anche guardando le % medie 2014-2021 (su un totale non dichiarato), con Italia al 21%, Francia al 15%, Spagna al 14% e USA all’11%.
    Nei consumi è evidente invece la “scalata” americana, dove sono passati dal 13% del consumato mondiale nel 2000-2006 al 19% nel 2014-2021, con l’Italia che ha perso quota negli anni centrali del 2007-13 per poi stabilizzarsi al 13% del consumo mondiale, la Germania stabilmente all’8% del totale e poi la Francia che perde gradualmente quota nel tempo scendendo al 7% del totale mondiale. Il dato in ettolitri relativo al 2021 dice USA 18 milioni, Italia 14, Germania 8 e Francia 6.6, stesso livello del Regno Unito all’incirca.
    Mettendo tutto insieme si ripresenta il “surplus” produttivo italiano (21% della produzione, 13% dei consumi 2014-21), ma anche Francese (15% contro 7%) e soprattutto spagnolo (14% contro 4%). In questo caso, e a differenza di quanto commentato per i vini rossi, la situazione appare meno preoccupante, proprio per la presenza nel totale del vino spumante, una categoria che segue logiche parzialmente differenti da quelle del vino fermo.

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    Produzione e consumo di vini rossi (dati 2000-2021) – rapporto OIV

    Proseguiamo l’analisi numerica dai dati forniti da OIV nel suo interessante rapporto in prospettiva storica sulla produzione e consumo di vino nel mondo, con un’analisi più dettagliata relativa ai vini rossi. Come sapete la categoria è “in declino”, nel senso che tra il 2000-2004 e il 2017-21 la produzione è passata dal 48% al 43% del totale mondiale, ossia da 129 a 113 milioni di ettolitri. I dati di consumo “mimano” questa trasformazione, con un consumo sceso, secondo le statistiche OIV da 119 a 115 milioni di ettolitri annui (i numeri non si parlano ma… così è). L’Italia resta il maggior produttore mondiale di vini rossi sia in percentuale media degli ultimi anni (17% del totale) che in valore assoluto per il 2021, circa 20 milioni di ettolitri. Per nostra fortuna, gli USA restano il maggior consumatore mondiale della categoria, con 11.5 milioni di ettolitri e questo ci protegge per certi versi. Però se guardate il grafico vi accorgerete quanto la Francia sia riuscita a “ridirigere” la sua produzione dai rossi alle altre categorie, essendo passata dal 22% del totale mondiale al 14% (Italia dal 19% al 17%). La Spagna forse è messa peggio di tutti essendo cresciuta dal 12% al 14% del totale, anche se il contesto è quello di un calo della produzione nel tempo. Essendo poi l’Italia soltanto il 7% del consumo mondiale, il nostro export copre il 10% circa della produzione 2021 di vini rossi. Bene, tanti dati, vi invito a proseguire nella lettura!

    Il consumo mondiale di vini rossi è stimato da OIV nel periodo 2017-21 a 115 milioni di ettolitri. Se prendiamo la suddivisione del consumo sul periodo la Cina primeggia (13% dei consumi), superando la Francia (10%) e gli USA (9%). In realtà visto quanto successo di recente, gli USA nel 2021 sono il primo consumatore a 11.5 milioni di ettolitri (niente %… OIV…), la Cina è seconda con 9.8m e la Francia scende a 9.1, preceduta dalla Germania.
    In termini di penetrazione del consumo, la Cina segnava nel 2021 il 92% dei consumi nel vino rosso, seguita dall’81% del Cile e dal 70% circa degli altri paesi chiave dell’America latina, Argentina e Brasile. Poi il 67% del Giappone.
    Passando alla produzione, i dati medi indicano il 17% della produzione mondiale 2014-21 in Italia, il 14% in Francia e Spagna, l’8% in Cina, il 6-7% ciascuno in Argentina e Cile. Se prendiamo il 2021 in modo isolato, l’Italia sembrerebbe avere un ruolo ancora più rilevante, con 20 milioni di ettolitri, contro i 14 della Spagna e i “soli” 12 della Francia, che sembra dunque essersi maggiormente adattata a questa tendenza.
    Questo ci porta agli “sbilanci” tra consumi e produzione: l’Italia deve esportare 10 milioni di ettolitri o più, fonte di uno sbilancio 2021 tra 19.8 prodotti e 9 consumati. Se c’è un problema ce l’hanno anche gli spagnoli, bevono 5.6 e producono 14.4, quindi non sono distanti, mentre la Francia che produce 12 e beve 9 è molto meglio messa. Se volete, i dati sono anche in percentuale nel grafico qui allegato.
    Buona consultazione!

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    I consumi di vino nel mondo per tipologia (2021) – studio OIV

    OIV ha prodotto un ottimo studio (scaricabile qui) che analizza in prospettiva storica l’evoluzione della produzione e del consumo di vino per colore, che ci consentirà di fare qualche post specifico nelle prossime settimane. Oggi parliamo di consumi di vino e per la prima volta (mi sembra), OIV ci fornisce una prospettiva storica a livello mondo per colore e a livello nazionale. Il valore aggiunto del mio lavoro di oggi è di “mischiare” i numeri di OIV per costruire un quadro del tipo di vino consumato nei principali mercati. E così si scopre i cinesi bevono praticamente solo vino rosso (dati 2021), gli americani e gli italiani sono quelli che più apprezzano i vini bianchi (55-60% dei consumi) e che in Francia per esempio si bevono più vini rosati che non vini bianchi (l’avreste mai detto?). Ad ogni modo, lo studio conferma il declino strutturale dei vini rossi nei consumi di vino, sostituito principalmente dai vini bianchi e in parte dai vini rosati. Passiamo a un’analisi dettagliata dei numeri.

    OIV ha calcolato che i consumi di vino medi 2017-21 sono stati di 239 milioni di ettolitri, rispetto ai 232 rilevati nella media 2000-2004, quindi con un leggero incremento (3%) nell’arco di… 17 anni prendendo il punto medio dei due periodi considerati.
    Il consumo di vino rosso è passato in questo lasso di tempo da 119 a 115 milioni di ettolitri, quindi dal 51% al 48% dei consumi totali, mentre il consumo dei vini rosati è cresciuto da 20 a 23 milioni di ettolitri, ossia dall’8.7% al 9.5% del totale. Sono i vini bianchi che però hanno avuto il più forte sviluppo (e in questo si considerano anche gli spumanti, attenzione), passando dal 40% al 42.2% dei consumi totali, ossia da 93 a 101 milioni di ettolitri in totale.
    Lo studio poi fornisce tutta una serie di classifiche di consumo e produzione per colore che analizzeremo in futuro. Noi abbiamo preso i dati e li abbiamo re-impacchettati come dicevo prima per ricostruire i consumi per nazione. Così si riesce a spaccare i 33 milioni di ettolitri consumati in USA nel 2021: ben 18 sono di vino bianco, contro 11 di vino rosso, 55% contro 35%, e il restante 10% è vino rosato, segmento in cui gli americani sono i secondi consumatori mondiali in valore assoluto, terzi dopo Francia e Regno Unito in termini relativi.
    L’Italia è a forte vocazione vini bianchi, il 59% dei consumi, 14 dei 24 milioni che si ricava sommando i pezzi, mentre i vini rosati hanno poco successo (soltanto il 4%). In Francia invece sono preponderanti i vini rossi, il 39% del totale, ma i vini rosati con 7 milioni di ettolitri consumati e il 33% del totale sono più importanti dei vini bianchi (28% del totale).
    Vi lascio ai dati, noterete la forte vocazione al consumo di vini rossi dell’Argentina (70%), piuttosto che il bilanciamento quasi perfetto tra rossi e bianchi del mercato inglese e tedesco

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    Le superfici vitate bio nel mondo – dati 2021 FiBL & IFOAM

    FiBL & IFOAM hanno pubblicato il rapporto 2023 sulle superfici bio mondiali, aggiornato al 2021. Il totale assomma a 510mila ettari, ossia il 7.5% della superficie vitata mondiale (come riportato). I totali non tornano quando si sommano le superfici effettivamente bio di 377mila ettari e quelle in conversione di 95mila ettari, ma questi sono i dati come riportati, probabilmente a causa delle numerose caselle vuote. Vi avverto anche che per quanto riguarda l’Italia il dato 2001 riportato in tabella dal rapporto è 104mila ettari (totali, quindi comprese in conversione) e dunque diverso da quello di Sinab, che abbiamo recensito nel 2021 essere di 126mila ettari totali, di cui 101mila convertiti (molto simile ai 104mila del rapporto) ma senza i 24mila ettari in conversione. Se aggiungessimo questi 24mila al conto totale si raggiungerebbe il totale di 534mila ettari. Ad ogni modo, la principale nazione per superfici bio nel mondo resterebbe comunque la Spagna con 142mila ettari, seguita dalla Francia con 136mila ettari (dato non aggiornato e con un ammontare importante “in conversione”, essendo uguale a quello del 2020) e verrebbe poi comunque l’Italia con 104mila del rapporto (o 126mila secondo Sinab). In termini di penetrazione sul totale, lasciando fuori le nazioni poco rilevanti, la prima nazione per penetrazione è la Francia con il 19% (secondo Sinab nel 2021 in Italia 21%), seguita dalla Svizzera con il 17% e dall’Italia con il 15%. Passiamo a una breve analisi dei dati.

    La superficie vitata mondiale biologica è stimata da FiBL & IFOAM a 510mila ettari nel 2021, pari al 7.5% della superficie mondiale, con un progresso dello 0.2% e di 6mila ettari rispetto al 2020, quando i numeri erano 504mila e 6.7%.
    Forse per via della “deviazione” sul dato italiano a cui mancano circa 22mila ettari, dopo una progressione da 30-40mila ettari all’anno nel 2021 si registra un deciso rallentamento.
    In termini di esposizione per continenti, dei 510mila ettari 435mila sono in Europa, 49mila in America, 15mila in Asia, 6mila in Oceania e 5mila in Africa.
    Se guardiamo agli ettari vitati bio già certificati soltanto, secondo il rapporto sono 377mila nel mondo, di cui 105mila in Spagna, 104mila in Italia e 79mila in Francia. In questa “subveduta” l’Italia sembra essere quella con il ritmo di crescita più marcato secondo lo studio (circa 10mila ettari all’anno), mentre il dato spagnolo sembra avviarsi verso una stabilizzazione. Come detto sopra, i dati francesi sono essenzialmente uguali a quelli del 2020.
    Va sempre ricordato che il conto degli ettari francesi ha anche a che fare con i vigneti per il Cognac e l’Armagnac che “falsano” un po’ tutti i conti quando si parla di vino soltanto.

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    La valutazione delle aziende vinicole – aggiornamento 2024

    Buongiorno. Il lavoro di oggi riguarda la valutazione delle aziende vinicole quotate, con I prezzi rilevati intorno al 15 gennaio e i multipli di mercato proiettati al 2024 e al 2025 secondo le stime degli analisti. Come sapete il 2023 è stato un anno eccellente per le borse mondiali, con crescite superiori al 20%. In questo contesto, se consideriamo il valore azionario cumulato del nostro campione (che è fatto dalle medesime aziende dell’anno scorso) troviamo un risultato nettamente meno positivo, circa +6%. Quindi la prima considerazione è che il settore del vino ha avuto un 2023 meno positivo che in altri settori (comprensibile, visto che i grandi temi del 2023 sono stati i tassi di interesse che hanno favorito le aziende del settore finanziario e la tecnologia, che ha supportato le “magnifice 7” americane). Nonostante questo, le valutazioni sembrano essere in leggera crescita. Le aziende della Champagne sono quotate a 2.9 volte le vendite, erano 2.7 lo scorso anno, le aziende internazionali stavano a 5.0 volte le vendite sono ora a 5.2 volte (ma senza Constellation Brands si scende da 4 a 3 volte), quelle europee (Schloss Wachenheim, Advini, IWB e Masi) stanno a 1.3 volte le vendite contro 1.2 volte lo scorso anno. Il 2024 è un anno molto più incerto: il crollo dell’inflazione farà calare i tassi di crescita (che per le aziende sono “nominali”), le valutazioni sembrano piuttosto elevate. Vedremo. Per ora se siete interessati nella tabella all’interno trovate altri grafici e la tabella con tutti i numeri.

    Il campione analizzato include le seguenti aziende quotate: Lanson BCC, Vranken Pommery e Laurent Perrier per lo Champagne; Constellation Brands, Treasury Wine Estates, Concha y Toro, Duckhorn, Vintage Wine Estates (senza multipli perchè quasi fallita) e Delegat per le aziende extraeuropee; Schloss Wachenheim, Advini, Italian Wine Brands e Masi per l’Europa. Se ne trovate altre fatemi sapere!
    Le aziende europee sono poco rappresentate e presentano multipli a forte sconto rispetto a quelle internazionali, anche a causa della loro dimensione contenuta (e quindi minore liquidità e interesse da parte degli investitori) e dei minori margini. Un’azienda focalizzata sul vino di qualità come Masi ha un margine del 9% atteso per il 2024, la Duckhorn in USA ha una margine del 29% (e un valore di mercato di 1 miliardo contro 150 milioni), il che vi fa rendere conto della differenza.
    Dunque il campione più rappresentativo è certamente quello americano. C’è dentro Constellation che ormai ha poco a che fare con il vino. Se facessimo un esercizio “escluso Constellation”, arriviamo a dei multipli di circa 3.2 volte le vendite per un margine operativo medio del 24%. Le 4 piccole europee in confronto stanno a 1.3 volte le vendite e hanno un margine del 7% quindi… è vero che le aziende europee sono valutate poco, è altrettanto vero guadagnano molto di meno…

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    Domaine Armand Rousseau – dati di bilancio 2022

    Sono riuscito a trovare i bilanci di Domaine Armand Rousseau e ho deciso di pubblicarli perché rappresentano un punto di eccellenza che raramente ho visto nella mia ultra-trentennale carriera di analista. Il domaine in questione fa probabilmente i vini più buoni che io abbia mai bevuto. Ho anche la fortuna di avere qualche bottiglia in cantina. Secondo il loro sito corporate hanno 15.3 ettari nelle più belle vigne della Borgogna di Gevrey-Chambertin e Wikipedia parla di 65mila bottiglie prodotte ogni anno, il che quadra abbastanza con il concetto di produzione di qualità elevatissima. Bene, nel 2022 (anno chiuso a luglio), Domaine A Rousseau ha toccato un fatturato di 13 milioni di euro (equivalente a circa 200 euro a bottiglia venduta), ha dei margini che credo pochi abbiano visto in un bilancio (83% margine EBITDA, 60% margine netto) salvo scomodare aziende immobiliari, una posizione di cassa che cresce vertiginosamente di anno in anno, praticamente nessun credito verso i clienti (anzi il dato è “negativo” visto che i clienti pagano in anticipo per avere i suoi vini) e un andamento che negli ultimi anni ha chiaramente incorporato il grande momento dei vini borgognoni: fatturato x2.5 dal 2015 al 2022, utili x3.0. Con l’avvertenza che la quantità di dati a disposizione è limitata (poche note al bilancio, nessuna suddivisione delle vendite o dei costi), vi invito a proseguire la lettura se interessati.

    Nel 2022, ovvero 2021/22 il Domaine ha toccato un fatturato di 13.3 milioni di euro, in crescita del 2.4% circa, se guardiamo agli ultimi 5 anni il fatturato è esattamente raddoppiato per un tasso di crescita annuo del 15% circa.
    I margini sono da record. L’azienda ipotizzo non abbia costi “esterni” salvo quello di acquistare le materie secche (bottiglie, tappi, etichette) e dunque di questi 13.3 milioni di euro se ne consuma meno di 1 milione (che comunque sono 14 euro per bottiglia…) e si arriva a un margine lordo del 93%, poi poco più di 1 milione di costo del personale (+5% nel 2022) e un EBITDA di 11 milioni (margine 83%) e un utile operativo di poco inferiore (margine 81%). Nessun onere finanziario, 27% di tasse, utile netto 7.9 milioni di euro, ossia il 60% del fatturato.
    La posizione finanziaria è molto solida, il capitale circolante è fatto soltanto da un paio di milioni di euro di magazzino, visto che i crediti verso clienti sono inferiori agli anticipi che i clienti pagano per accaparrarsi le bottiglia, non abbiamo il dato sugli investimenti. Nel 2022 la cassa netta tocca i 40 milioni di euro, +7 sui 33 del 2021 e dunque molto coerente con gli 8 milioni di euro di dividendi e considerando un piccolo dividendo distribuito agli azionisti (famiglia: quinta generazione).
    Giù il cappello (“Chapeau” in lingua originale). Vi lascio ai grafici e alla cartina dei vigneti, tratta dal loro sito internet.

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