Berlucchi chiude il 2017 con vendite quasi stabili e margini in ulteriore miglioramento rispetto al balzo già registrato nel 2016. La novità non riguarda però la parte economica, ma quella finanziaria: nel corso del 2017 l’azionista ha prelevato 40.3 milioni di euro di dividendi dall’azienda rispetto ai 6.5 milioni di euro distribuiti nel corso del 2016, e che corrispondono largo circa alla generazione di cassa dell’azienda. In questo modo, l’azienda passa da una posizione di cassa di 11 milioni di euro a un debito di 24 milioni, comunque sostenibile dato il livello dell’EBITDA di circa 8 milioni di euro.
È la terza operazione che vediamo nel corso degli ultimi due anni in cui gli azionisti di grandi aziende vinicole prelevano capitali che nel corso degli anni erano stati maturati; vi ricordo che sia Botter che Zonin avevano in modi diversi fatto passare decine di milioni di euro dall’azienda al patrimonio dell’azionista (la famiglia in questo e negli altri casi). Indipendentemente dalla destinazione e dalle ragioni di queste operazioni non è un bel segnale: significa che non c’è la volontà o la convenienza a investire. Nel caso specifico di Berlucchi è curioso osservare che le vendite all’estero languono a 1.5 milioni di euro contro i 38 dell’Italia. Possibile che non ci siano opportunità di investimento per aumentare le esportazioni? I casi di Ferrari e Ca del Bosco sembrerebbero dimostrare che qualche possibilità ci sarebbe.
Ma per ora restiamo sui dati 2017.
- Le vendite calano del 2.5% a 40 milioni di euro, con un -2.6% per l’Italia a 38.4 milioni di euro e un dato stabile a 1.5 milioni di euro all’estero. Secondo l’azienda il calo del fatturato è stato determinato dalla scarsa disponibilità di prodotto con la vendemmia 2017 e la necessità di mantenere scorte adeguate per i futuri esercizi.
- I margini sono invece in deciso e ulteriore miglioramento grazie alla forte attenzione ai costi. Il margine dopo gli acquisti di merci dall’esterno sale dal 69.7% al 70.4%, mentre sia i costi del personale (dal 14.2% al 14.1%, quindi in calo sia relativo che assoluto, pur mantenendo la forza lavoro a 102 unità da 101 del 2016) che le altre spese sono in diminuzione. Ne consegue un margine operativo lordo di 8.3 milioni da 7.8 dell’anno scorso, +5%.
- Con ammortamenti stabili (e dunque un utile operativo in crescita del 7%) e non ancora oneri finanziari visibili in bilancio dopo il pagamento del dividendo, l’utile netto cresce del 17% a 5.5 milioni.
- Abbiamo detto della parte finanziaria. Partendo da una cassa netta di 11 milioni nel 2016, l’azienda ha generato 8 milioni di cassa (da 6 milioni del 2016), di cui 1.4 milioni dalla riduzione del capitale circolante), ha investito per 3.3 milioni (da 2.3 del 2016), e ha come detto pagato 40.3 milioni di dividendi attraverso la riserva straordinaria di patrimonio netto. Risultato finale circa 24 milioni di indebitamento finanziario netto, pari a 3.0 volte il livello dell’EBITDA. Un livello decisamente consono alle caratteristiche del business: ottimi margini e pochi investimenti richiesti. Detto questo, dopo l’operazione è molto probabile che gli investimenti non vadano oltre quelli richiesti…
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