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    Dievole Wine Resort inaugura le nuove camere e suite

    Immerso tra i vigneti e circondato da boschi lussureggianti, Dievole Wine Resort è un punto di riferimento dell’ospitalità d’autore nel cuore del Chianti Classico. Da quest’anno lo sarà ancora di più, grazie a 14 nuove camere e suite ricavate nel Colombaio, uno degli edifici che compongono il borgo, situato in una posizione panoramica con vista […] LEGGI TUTTO

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    Fèlsina presenta Rancia Chianti Classico Gran Selezione DOCG 2021

    Nel Rancia Chianti Classico Gran Selezione 2021 c’è tutta la passione di Fèlsina per la valorizzazione del suo territorio e delle sue singole peculiarità. Il vino dell’azienda, un Sangiovese in purezza prodotto a Poggio a Rancia nella UGA Castelnuovo Berardenga, si presenta per la prima volta come “Gran Selezione”. Spiega Giovanni Poggiali, alla guida dell’azienda: […] LEGGI TUTTO

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    Amalberga, rinasce la DOC Ostuni

    Dario De Pascale, socio fondatore di Amalberga, durante il webinar di presentazione dei vini della sua cantina, ripete questo concetto più volte, come un mantra: “Abbiamo deciso sin dall’inizio di questa avventura, più di dieci anni fa, che saremmo usciti sul mercato solo quando i nostri vini fossero stati veramente pronti”. Scelta coraggiosa in un’epoca in cui vige il tutto e subito, dove la capacità di saper attendere invece che essere vissuta come una virtù è vissuta spesso come un disagio.

    Dario De Pascale

    E pensare che tra gli anni ’70 e ’80 del secolo scorso, per fare un parallelo con la musica, le case discografiche aspettavano almeno fino alla pubblicazione del terzo long playing/CD per poter decretare il successo o l’insuccesso di un’artista, tanto per dire, se non fosse stato così, ci saremmo persi Lucio Dalla. Di questi tempi, se non sforni almeno un tormentone al mese duri una stagione al massimo, tutto questo a scapito della qualità media della produzione musicale, oggi davvero scarsa. Tornando al vino e ad Amalberga, la dimensione dell’attesa che ha animato Dario De Pascale e i suoi soci (amici) Roberto Fracassetti e Roberto Candia, con la collaborazione degli enologi Valentino Ciarla e Gloria Battista, grazie anche alla forte volontà di far rinascere la DOC Ostuni, ha prodotto risultati davvero notevoli.

    Gloria Battista

    Vini davvero intriganti quelli di Amalberga, confesso di essermene innamorato perché sono l’esempio lampante di quello che dovrebbe essere il vino oggi, che con un termine un po’ abusato potremmo definire moderno ma tant’è. Il segreto dei vini di Amalberga, se di segreto possiamo parlare, è di essere semplici dove per semplicità si intende essere dotati di una bevibilità estrema associata a una capacità innata di accompagnare il cibo, essere gastronomici come si dice in gergo. Il bello però è questi stessi vini presentano tratti di grande originalità, eleganza e anche complessità, mi riferisco in particolare ai due bianchi Stùne e Icona d’Itria, anche dotati di grande capacità di reggere il tempo. L’Ottavianello Ostuni Rosso, invece, è il vino che vorrei trovare tutti i giorni sulla mia tavola, anche d’estate, leggermente fresco è davvero irresistibile.  

    La cantina e il territorio della DOC Ostuni

    Il nome della cantina si ispira alla monaca belga Amalberga di Temse, nota come santa nelle Fiandre e protettrice di agricoltori e marinai. Amalberga ha compiuto un lavoro meticoloso sui vigneti già esistenti e su nuovi piccoli appezzamenti seguendo i dettami dell’agricoltura biologica. Negli 11 ettari di proprietà e nei restanti 12 di aziende collegate si allevano le viti di francavilla, impigno, minutolo, bianco D’Alessano, primitivo, verdeca, ottavianello, susumaniello, aleatico e negroamaro.

    Tra questi spiccano i vigneti storici di primitivo, risalente al 1952, di verdeca, con alberelli di oltre 60 anni, e di negroamaro, con un’età media di 55 anni. Nonostante il debutto ufficiale avvenuto a Vinitaly 2024 e il completamento della struttura programmato sempre per l’estate 2024, il progetto Amalberga inizia nelle campagne ostunesi più di 10 anni fa con obiettivi chiari e innovativi per la denominazione e per il territorio: la creazione diun’azienda vitivinicola contemporanea nei vini, nell’architettura e nell’accoglienza.

    La storia della Doc Ostuni

    Istituita nel gennaio 1972 per riconoscere e normare la vocazione vitivinicola del territorio e gestita sin dal principio dalla cantina cooperativa di Ostuni, la denominazione include nel disciplinare Bianco di Ostuni – che vede l’impiego di uve impigno, francavilla e verdeca – e Ottavianello di Ostuni, che oltre a quest’ultimo prevede il notardomenico e in piccola parte il negroamaro, il susumaniello e il primitivo.

    Nonostante la tutela riservata all’area ostunese, gli incentivi all’espianto dei vigneti, gli scandali dell’enologia italiana negli anni Ottanta e politiche nazionali e comunitarie poco lungimiranti hanno portato alla estirpazione della quasi totalità della superficie vitata di Ostuni e della valle d’Itria, che contava oltre 4000 ettari vitati. Un danno consistente per il territorio, per il comparto vitivinicolo e per la Doc Ostuni che è sopravvissuta solo grazie al lavoro della famiglia Grecoche con un solo ettaro di proprietà ha rivendicato ogni anno la denominazione.

    OggiAmalberga, attraverso il suo progetto e i suoi vini, punta a raccontare e valorizzare questo territorio affinché abbia la posizione che merita nel panorama vitivinicolo regionale.

    I Vini degustati

    Il progetto Amalberga nasce con l’obiettivo di riscoprire la denominazione Doc Ostuni, un territorio straordinario, ma dal potenziale inespresso.

    Stùne DOC Bianco Ostuni 2023: la semplicità è una cosa complessa dice l’enologo Valentino Ciarla durante il webinar, perfetta sintesi di questo vino ottenuto 50% da uve impigno e 50% da uve francavidda. Naso delicato e al tempo stesso avvolgente di frutta agrumata e fiori. Al sorse è fresco sapido, dinamico, piacevolezza unita ad eleganza.

    Icona d’Itria IGT Salento Verdeca 2023 la Puglia attuale, senza dimenticare da dove si viene. Questa verdeca in purezza ottenuta da vigneti di oltre sessant’anni è di una espressività disarmante. All’olfatto è un vino di grande complessità, frutta fresca e agrumata ma anche delicate note vegetali. Al sorso è elegante, pieno, espressivo, finale lungo e avvolgente. Un vino di grande longevità, mi aspetto grande soprese per il futuro.

    Stùne Ottavianello DOC Ostuni Rosso 2023: da uve ottavianello, è il vino che vorrei trovare tutti i giorni sulla mia tavola, anche d’estate, leggermente fresco è davvero irresistibile, dicevo sopra. All’olfatto profumi di frutta rossa di grande piacevolezza, al palato è dinamico e succoso, da bere e da ribere. LEGGI TUTTO

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    I sessant’anni del Consorzio Collio: Il Collio è vivo, evviva il Collio

    Il 31 maggio del 1964, 152º giorno dell’anno secondo il calendario gregoriano, la luna si trovava nell’ultimo quarto, e le radio trasmettevano in continuazione le note di È l’uomo per me di Mina e di Love Me Do dei Beatles. Nei cinema, Sedotta e abbandonata di Pietro Germi smuoveva coscienze e sbancava al botteghino. Il 31 maggio 1964 era una domenica, giorno inusuale per la firma di un atto notarile, ne converrete. Ma, ça va sans dire, il motivo era sicuramente da ricercare nella necessità di non sottrarre tempo prezioso al lavoro in un giorno feriale.

    Ebbene, proprio in quella data di 60 anni fa, si firmava l’atto costitutivo del Consorzio Collio. Il primo presidente, nonché deus ex machina di tutta l’operazione consorzio, fu il conte Douglas Attems. Il conte, che proprio in quel periodo aveva iniziato a imbottigliare i suoi vini, compattò attorno a sé un gruppo di produttori con l’intento di arrivare il prima possibile all’ottenimento della DOC. Attems, a seguito della promulgazione della Legge 930 del 1963 che sanciva la nascita delle Denominazioni di Origine Controllata, ne aveva intuito l’importanza e la necessità di arrivarci al più presto, perché questo avrebbe significato prestigio e riconoscimento per quelle dolci colline che circondano Gorizia e che sarebbero poi diventate il Collio.

    Le botti dipinte della Cantina Produttori di Cormons

    Il conte soleva iniziare il suo discorso, quando parlava con qualcuno di vino, con una frase che era una sorta di manifesto programmatico: “…vede, noi del Collio…”. In quelle parole c’era la necessità di esibire tutta la grandeur che Attems, con un senso di preveggenza, attribuiva a quella piccola denominazione dalla quale sarebbe ripartita poi, grazie a pionieri come Mario Schiopetto e Marco Felluga, la rinascita del vino bianco italiano.

    Lo staf del Consorzio Collio con al centro il presidente David Buzzinelli e la direttrice Lavinia Zamaro

    Sessant’anni fa, si diceva, numero tondo, motivo di orgoglio e di festa per il Consorzio Collio, guidato oggi dal presidente David Buzzinelli e dalla direttrice Lavinia Zamaro, che hanno voluto celebrare la ricorrenza con un evento dedicato alla stampa e agli amici di sempre, proprio nello stesso giorno della firma dell’atto costitutivo, che ha avuto il suo momento clou con la masterclass “Assaggi di storia del Collio”. Occasione ghiotta per fare il punto dello stato di salute della denominazione grazie anche alla sapiente guida dell’ottimo Michele Paiano, sommelier per più di un ventennio de La Subida di Cormons.

    Michele Paiano

    La degustazione è stata una sorta di percorso nel bicchiere, attraversando il Collio di ieri e di oggi in tre momenti: Il Collio oggi, ovvero Ribolla Gialla 2022, Pinot Grigio 2022, Friulano 2021, Sauvignon 2023, Collio Bianco 2022. La longevità del Collio Bianco con una degustazione orizzontale di cinque annate dalla 2013 alla 2018 e Il Collio Rosso con degustazione delle annate 2008, 2012, 2013, 2018.

    Diciamo subito che la denominazione è in grandissima forma. Dopo il periodo di stanca di qualche anno fa, ricordo ancora le parole di Marco Felluga al Premio Collio del 2014, quando l’allora past president lanciò un grido d’allarme ritenendo che il Collio stesse perdendo appeal. Oggi, quel fascino, che si traduce in grandi vini nel bicchiere, è stato ritrovato quasi del tutto, soprattutto negli assaggi di Friulano, Sauvignon, Pinot Grigio e Pinot Bianco, anche se quest’ultimo non era presente tra i vini della masterclass; forse è la sola Ribolla Gialla a non esprimersi ancora su grandi livelli, ma questo discorso meriterebbe un approfondimento.

    Ovviamente non sto parlando della Ribolla Gialla di Oslavia perché quello è un microcosmo a sé. Su ottimi livelli anche il Collio Rosso. In questo caso parliamo di cabernet franc, cabernet sauvignon e merlot, ovvero i vitigni che vanno a comporre gli assemblaggi dei vini degustati. I vitigni bordolesi, che ormai potremmo definire autoctoni, in Collio si esprimono su grandi livelli, è un dato incontrovertibile. La vera perla identitaria, se così si può definire, resta però il Collio Bianco e qui si apre un discorso piuttosto delicato.

    Alcuni sono convinti che il territorio sia talmente espressivo da prevalere sempre sulla varietà e pertanto per fare il Collio Bianco, anche per non destabilizzare il consumatore, ha senso utilizzare tutte le uve a bacca bianca previste dal Disciplinare: chardonnay, malvasia istriana, picolit, pinot bianco, pinot grigio, riesling italico, riesling renano, ribolla gialla, sauvignon, friulano e con un massimo del 15% degli aromatici traminer e müller thurgau. Invece, per quanto mi riguarda, trovo molto più affascinante l’idea di ottenere il Collio Bianco solo da uve autoctone.

    Mappa del Collio

    Già nel 2017 mi appassionò l’idea, purtroppo poi tramontata, del Collio Bianco Gran Selezione, che doveva essere realizzato con le varietà autoctone storiche: friulano (dal 40% al 70%), ribolla gialla (max 30%) e malvasia (max 30%). Sembrava che questo progetto dovesse trovare la strada spianata grazie all’approvazione del nuovo Disciplinare che prevedeva, tra l’altro, oltre al recupero dell’uvaggio storico, l’uscita sul mercato dopo almeno 24 mesi d’invecchiamento e con una riconoscibilità evidente dovuta alla “Bottiglia Collio”, pensata qualche anno prima da Edi Keber.

    Era l’idea vincente per riposizionare il Collio tra i grandi terroir del mondo. Come spesso succede, quando si tratta di mettere d’accordo più teste che la pensano in modo diverso, l’idea rimase al palo, preferendo il mantenimento dello status quo. In realtà, questo pensiero non ha mai abbandonato un manipolo di produttori che in quel disegno, marcatamente identitario, vedevano e vedono una straordinaria possibilità per il rilancio del Collio tout court e che hanno dato vita, per l’appunto, al progetto “Collio Bianco da uve autoctone”.

    Il convegno “Collio, un viaggio lungo 60 anni”

    Nessuno mette in dubbio che in Collio gli internazionali diano grandi vini e che questi già trovino e possano continuare a trovare in futuro la loro strada nella DOC; ma alla fine qual è il vero tratto distintivo del Collio? Non può bastare il solo fatto che qui si facciano grandi vini bianchi. In una fase piuttosto delicata del comparto vino, e con altri areali sia italiani che internazionali pronti ad insediare il primato bianchista del Collio, è necessario distinguersi, è necessario essere unici e il Collio Bianco ottenuto da sole uve autoctone con l’uvaggio tradizionale (friulano in prevalenza, malvasia e ribolla gialla) va sicuramente in questa direzione.

    Il termine tradizione deriva direttamente dal sostantivo latino “traditio”, il cui primo significato era “consegna”; si legava infatti al verbo “trado” che voleva dire appunto “consegnare, porgere, trasmettere”. Spesso capita che la parola tradizione sia associata a una sorta di immobilismo, di conservatorismo; in realtà è vero l’opposto. Tradizione significa trasmettere ad altri affinché vadano avanti, nel percorso di vita che gli spetta, senza fermarsi e così all’infinito.

    Il Collio è vivo, evviva il Collio! LEGGI TUTTO

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    Ai blocchi di partenza la terza edizione di Red Montalcino

    Il Consorzio del vino Brunello di Montalcino venerdì 21 giugno torna ad ospitare nella Fortezza medievale del borgo toscano Red Montalcino, l’evento sarà anche l’occasione per festeggiare i primi quarant’anni della denominazione. Espressione versatile e contemporanea di un territorio enoico conosciuto in tutto il mondo, il Rosso di Montalcino – che quest’anno spegne quaranta candeline – sarà protagonista di momenti di confronto, assaggi, degustazioni e food pairing.

    Ad aprire il programma della terza edizione della manifestazione, “Red Evolution: origini e futuro del Rosso di Montalcino”, il talk moderato dalla caporedattrice di Rainews24 Barbara Di Fresco (riservato su invito, ore 11 | Chiostro di Sant’Agostino) che attraverso le voci di Enzo Tiezzi, Andrea Costanti e Francesco Ripaccioli ripercorre i primi quarant’anni della denominazione e fa il punto sulle prospettive e le nuove tendenze di un prodotto identitario per uno sguardo che dal passato guarda al futuro della doc.  

    Alle 18 la Fortezza apre i battenti anche agli eno-appassionati per il consueto walk around tasting con 68 aziende. Si prosegue con l’apertura dei food corner che propongono specialità gastronomiche regionali, vegan e fusion (ore 20), dell’enoteca collettiva con servizio sommelier e dell’area mixology con prodotti locali (ore 22). A chiudere Red Montalcino sotto le stelle, il djset firmato di Jay Carol Gigli del duo Jas&Jay.

    Per informazioni, elenco aziende partecipanti e biglietti: https://www.consorziobrunellodimontalcino.it/it/1993/red-montalcino

    In caso di maltempo l’evento è rimandato al giorno successivo. LEGGI TUTTO

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    Tutto pronto per Mare e Vitovska in Morje 2024

    La vitovska è un vitigno unico, che parla del Carso, di una terra di confine, di roccia e mare. Cresce in quel piccolo angolo di territorio alle spalle di Trieste, che si allunga a est verso il Breg, piccola vallata erosa e creata nei millenni dal torrente Rosandra e a ovest verso il Carso italiano e sloveno. La vitovska dona vini che raccontano con trasparenza il carattere autentico di queste terre affascinanti, ricche di storia e tradizioni.La 18ª edizione di Mare e Vitovska in Morje si terrà dal 26 al 29 giugno nel suggestivo scenario del Castello di Duino, a Trieste. La manifestazione, organizzata dall’Associazione dei Viticoltori del Carso-Kras in collaborazione con i ristoratori della zona, è nata dal desiderio di valorizzare e far conoscere le eccellenze enogastronomiche locali.

    Foto di Robi Jacomin

    All’evento partecipano i produttori del Carso triestino e quelli del Carso sloveno, oltre ad alcuni vignaioli ospiti provenienti da altre regioni d’Italia. Completano il programma: un’offerta gastronomica del territorio abbinata con estrema cura ai vini in degustazione, un convegno, una camminata fra le vigne, il tutto in un contesto cosmopolita e internazionale, simboleggiato dall’incantevole panorama affacciato sul mare con vista su Slovenia, Croazia e le prime Alpi Giulie.

    L’edizione 2024 di Mare e Vitovska in Morje riserva una novità per chi desidera vivere l’esperienza dell’evento in modo più coinvolgente. Gli appassionati potranno soggiornare negli agriturismi gestiti direttamente dai produttori locali, immersi nello splendido paesaggio dei vigneti. Ogni prenotazione prevede anche la possibilità di usufruire di un biglietto per accedere a Mare e Vitovska in Morje a un prezzo speciale.Per informazioni e prenotazioni scrivere a carsohostkras@gmail.com.

    Foto di Robi Jacomin

    ProgrammaMercoledì, 26 giugnoFAI un giro in vignaPasseggiata alla scoperta dei vigneti di Bruno LenardonPer informazioni e prenotazioni scrivere a trieste@delegazionefai.fondoambiente.it

    Giovedì, 27 giugnoCena di benvenuto presso la Lokanda Devetak – www.devetak.comInfo e prenotazioni – 0481 882488 | info@devetak.com

    Venerdì, 28 giugnoCastello di Duino – TriesteOre 15.30 – Convegno d’apertura della 18ª edizione di Mare e Vitovska in Morje:L’origine crea il prodotto o è il prodotto a creare l’origine?L’origine del prodotto rappresenta una merce da sfruttare o un valore da difendere? Il sistema nazionale ormai sostiene principalmente le grandi aziende, i piccoli produttori e il valore dei loro prodotti invece faticano ad affermarsi: un problema anche per il valore delle denominazioni di origine?Ospite principale l’imprenditore, fondatore della catena Eataly e scrittore Oscar Farinetti.Durante il convegno verrà presentato il suo ultimo libro dal titolo “10 mosse per affrontare il futuro”, edito da Solferino.Per partecipare al convegno, riservando un posto, inviare una e-mail a info@carsovinokras.it.I posti sono limitati, al raggiungimento delle disponibilità verranno chiuse le iscrizioni.

    Dalle ore 18.00 alle 22.00 apertura ai visitatori dell’area espositiva, con degustazione dei vini del Carso e delle specialità dei ristoranti locali.Per accedere all’area espositiva del Castello è necessario acquistare il biglietto d’ingresso.

    Sabato, 29 giugnoCastello di Duino – TriesteDalle ore 18.00 alle 22.00 apertura ai visitatori dell’area espositiva, con degustazione dei viniDel Carso e delle specialità dei ristoranti locali.Per accedere all’area espositiva del Castello è necessario acquistare il biglietto d’ingresso.

    IngressoIl costo del biglietto è di 40 euro in prevendita e 45 all’ingresso della manifestazione.Si consiglia di prenotare, l’evento è sempre sold-out.I biglietti saranno disponibili da giugno su Trieste.Green.

    Altre informazioni sull’evento:www.mareevitovska.euwww.facebook.com/CarsoVinoKraswww.instagram.com/carsovinokrasinfo@carsovinokras.it, Robi Jakomin LEGGI TUTTO

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    Kalòs e Kagathòs: La Filosofia di Avignonesi tra Bellezza e Nobiltà d’Animo

    di Patrizia Vigolo

    Nel cuore della meravigliosa campagna toscana, la Cantina Avignonesi è diventata un simbolo di sostenibilità e innovazione nel mondo vinicolo.

    Nata nel lontano 1974 come azienda agricola, Avignonesi ha progressivamente ridefinito il proprio scopo, evolvendo da semplice produttore di vino a un leader nel settore della “buona industria vitivinicola”.

    Nel 2009 la cantina ha subito una trasformazione significativa quando è stata acquistata da Virginie Saverys. Da allora, Avignonesi si è distinta non solo per i suoi vini eccellenti, ma anche per il suo impegno verso l’agricoltura biologica e biodinamica, ponendosi come leader nell’industria vitivinicola sostenibile.

    Lavorare per un futuro migliore

    La filosofia di Avignonesi può essere riassunta nel concetto di kalòs e kagathòs, termini dell’antica Grecia che uniscono il bello (kalòs) e il buono (kagathòs), esprimendo una profonda coerenza tra etica ed estetica. Questo concetto sottolinea che per essere veramente “belli”, i prodotti e le azioni devono essere intrinsecamente buoni e giusti. In pratica, questo significa che la qualità estetica dei vini e delle esperienze offerte deve essere accompagnata da un impegno etico e sostenibile.

    Produrre vini nobili significa anche comportarsi in maniera nobile, rispettando la terra, le persone e la comunità di Montepulciano. Questo impegno si riflette nella missione dell’azienda di nutrire la terra e le persone, creando un mondo migliore per le generazioni future.

    Vigneto “La Stella”

    Ecco perché sotto la guida di Virginie Saverys, Avignonesi ha adottato pratiche agricole biologiche e biodinamiche, riconosciute formalmente nel 2021 con il riconoscimento di Società Benefit. L’azienda utilizza tecniche che migliorano la salute del suolo e la biodiversità, minimizzando l’impatto ambientale e producendo vini di qualità superiore. Questa dedizione alla sostenibilità si estende anche ai sistemi distributivi e all’educazione del consumatore, con un approccio trasparente e innovativo.

    “Lavorare ogni giorno per diventare un buon antenato: Questa frase rappresenta il cuore della filosofia di Avignonesi. Significa impegnarsi quotidianamente per lasciare un’eredità positiva e sostenibile, non solo per la propria generazione, ma per quelle future. Questo approccio si riflette in ogni scelta aziendale, dalla gestione dei vigneti alla produzione dei vini, fino alle pratiche di ospitalità e distribuzione.

    Matteo Giustiniani_Amministratore Delegato del Gruppo Avignonesi

    La scelta di abbracciare l’agricoltura biologica e biodinamica non è quindi solo una decisione tecnica, ma un impegno etico. La biodinamica, in particolare, va oltre il biologico, considerando la fattoria come un organismo vivente che deve essere autosufficiente e sostenibile. Questo significa evitare pesticidi e fertilizzanti chimici, promuovere la biodiversità, e utilizzare preparati naturali per migliorare la salute del suolo e delle piante.

    Vini d’eccellenza, frutto di passione, rispetto e competenza

    Avignonesi raggruppa vigneti, un orto sinergico, oliveti, bosco e seminativo. I vigneti occupano circa 170 ettari in cui si coltivano principalmente Sangiovese, Merlot, Trebbiano e Malvasia.

    Da queste uve nascono vini di pregio, che narrano la storia del territorio e la dedizione di Avignonesi. Tra le eccellenze spiccano il Vino Nobile di Montepulciano, un prestigioso DOCG che incarna l’essenza stessa della cantina, e il Vin Santo Occhio di Pernice, un vino dolce e avvolgente che rappresenta la quintessenza della tradizione enologica toscana.

    Inoltre, l’azienda possiede 7 ettari di oliveti, un orto sinergico su una superficie di 0,5 ettari (un metodo di coltivazione che sfrutta la sinergia tra le piante e gli elementi naturali), 43 ettari di bosco e 48 ettari di terreni seminativi.

    Un vino che ci ha particolarmente colpiti è stato il “Vino Nobile di Montepulciano D.O.C.G. 2013” 10 Year Vintage Release.

    Uve 100% Sangiovese. Fermentato, invecchiato, imbottigliato e conservato con cura nella cantina di Avignonesi. La fermentazione alcolica con macerazione sulle bucce dura da 20 a 30 giorni, variando a seconda dei singoli lotti di vino. Questo processo è condotto dai lieviti selezionati dal pied de cuve dell’azienda. Il vino è poi affinato per 12 mesi in barrique francesi, seguiti da 6 mesi in botti di rovere di Slavonia, e infine riposa per almeno 8 anni in bottiglia, sviluppando così la sua complessità e profondità aromatica.

    Il colore è di un intenso rosso rubino. Al naso, il bouquet è elegante e complesso, iniziando con note floreali di viola mammola e rose selvatiche, seguite da sentori di prugna, marasca e frutta rossa. Nonostante si tratti di un 2013, i sentori fruttati sono ancora freschi ma accompagnati da sfumature di goudron, liquirizia, caffè e cacao. Al palato, il vino si presenta rotondo e fresco, ben strutturato e di lunga persistenza, con piacevoli note balsamiche in chiusura.

    E’ una incantevole combinazione di aromi che conferma ancora una volta la capacità del Sangiovese di evolvere in maniera iconica.

    Classica Day: un evento dedicato agli appassionati Ogni anno, nel mese di marzo, Avignonesi organizza il Classica Day, un evento dedicato agli operatori del settore e agli appassionati di vino. Un’occasione per scoprire le ultime novità della cantina, degustare i migliori vini e approfondire la conoscenza del territorio e della filosofia produttiva di Avignonesi. L’edizione 2024, svoltasi il 17 e 18 marzo, ha visto la partecipazione di 450 persone, che hanno potuto apprezzare l’eccellenza dei vini Avignonesi e vivere un’esperienza unica nel cuore della Toscana.

    Le due giornate sono state caratterizzate da attività specifiche pensate per favorire il dialogo e promuovere una viticoltura di qualità. La cena di gala, ospitata nell’Appassitoio de Le Capezzine, uno dei luoghi più emblematici del Gruppo Avignonesi, si è aperta con delle bollicine, sia alcoliche (Clarabella 180) che virtuosamente analcoliche (French Bloom Rosé). La serata è poi proseguita con la degustazione dei vini di Avignonesi, tra cui il Dadi Rosso 2022, un vino che rappresenta un ponte verso il futuro e l’innovazione.

    Successivamente, è stato servito il Vino Nobile di Montepulciano del 2010, una delle icone del gruppo e della denominazione, un 100% Sangiovese proveniente dalla riserva storica di Avignonesi.

    La cena è culminata con il Vin Santo Occhio di Pernice 2010, una gemma rara e preziosa. Color ambra con riflessi dorati. Al naso, il vino si rivela avvolgente ed estremamente complesso, con sentori di miele, castagna, mandorla, marmellata d’arancia, datteri ed albicocca. In bocca emergono note di mandorla tostata, amaretto, noce fresca e fico secco. Il vino è caldo e piacevole, con un finale lungo e persistente.

    La giornata del 18 marzo è stata altrettanto ricca di eventi, iniziando con una masterclass dedicata al “Desiderio” Toscana Merlot Igt nelle annate 2017 e 2018.

    Il “Desiderio” 2017 ha un impatto olfattivo è esplosivo. Il bouquet aromatico, ampio e complesso, spazia dalla confettura di ciliegie e prugne a note di tè nero, rabarbaro e grafite, con lievi accenni finali di tabacco fermentato. L’ingresso al palato è prorompente, investendo i sensi con la tipica e imponente struttura del Merlot toscano, avvolgente e calorosa.

    Il “Desiderio” 2018 invece fa sicuramente emergere maggiormente la parte fruttata e in secondo piano emergono alcune spezie più dolci. Note fresche di frutti di bosco, mirtillo e lampone si intrecciano con delicate sfumature di spezie dolci come lo zafferano e il cardamomo, arricchite da fresche note di erbe mediterranee e pino marittimo. Al palato, il vino si presenta morbido, corposo, rotondo e ben strutturato, con tannini setosi e un retrogusto persistente arricchito da un tocco di cioccolato fondente.

    “Piantiamo gli alberi sotto la cui ombra non ci siederemo mai”.

    (Antico Proverbio) LEGGI TUTTO

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    Bottiglie di fascia media: dove costano di meno?

    Ubuy – app leader per lo shopping transfrontaliero – ha condotto di recente una ricerca che ha analizzato più di 50 Paesi produttori di vino, prendendo in esame 5 fattori: volume di produzione di vino, consumo pro capite, aree coltivate a vigneto, importazioni di vino e prezzo delle bottiglie di fascia media. Il punteggio composito è stato calcolato considerando questi cinque parametri per ogni Paese.Mettendo insieme questi fattori, la classifica vede al primo posto la Francia, con un punteggio composito di 88.09, seguita però dall’Italia (73.37). Considerato che produzione annua ed estensione dei vigneti sono fattori che cambiano abbastanza di frequente, è probabile che l’anno prossimo (se l‘indagine verrà ripetuta), il posizionamento sarà diverso.Terzo posto per la Spagna (67.65 di punteggio). Analizzando più da vicino questi risultati, vediamo come tra i primi dieci Paesi sui 50 analizzati – ovvero Francia, Italia, Spagna, Germania, Portogallo, USA, UK, Argentina, Cile, Cina – quello che offre il vino di fascia media più accessibile è l’Argentina: solo $ 4 a bottiglia. Il più caro lo troviamo negli USA ($ 15), seguita dalla Cina ($13.86) /, sia l’Argentina a offrire il vino di fascia media più accessibile: appena 4$ a bottiglia. Italia e Spagna condividono lo stesso prezzo medio a bottiglia (7,62 dollari), mentre la Germania parte da $ 6,52. Più economici i vini di fascia media del Portogallo: solo $5,44, inferiore perfino al prezzo di un vino di fascia media cileno ($5,52), mentre nel Regno Unito non si spende meno di $12 a bottiglia.I risultati dell’indagine si possono vedere qui. LEGGI TUTTO