Advini ha chiuso il primo semestre con un bilancio in pareggio e un calo del 7% del fatturato. Possiamo dunque dire che le cose non siano andate troppo male, grazie alla forte esposizione del gruppo alla distribuzione rispetto alla ristorazione, dove peraltro si è incentrata la strategia di crescita degli ultimi anni. Il punto forte di questi numeri è nella generazione di cassa: Advini è riuscita a mantenere il livello di debito che aveva a fine anno, e dunque il confronto con giugno 2019 è molto favorevole. Il punto debole è invece nel calo pesante dei propri marchi che erano quasi arrivati al 40% del fatturato e sono ora ricrollati a circa un terzo. Da questo dato si comprende molto bene come sia andata l’attività dei vini di alta gamma, per loro natura più rivolti verso la ristorazione. Il messaggio del management resta positivo: visti i dati di “uscita” dal semestre (giugno e luglio), l’attesa è di migliorare nel secondo semestre. Ma di obiettivi non ne vengono forniti. Passiamo ai numeri.
- Il fatturato del primo semestre cala del 7% a 122 milioni di euro. L’azienda non fornisce un quadro chiaro delle vendite per mercato (pur lamentandosi dei dazi introdotti da Trump per i vini francesi).
- Fornisce invece la quota di fatturato con i marchi propri rispetto ai marchi di terzi. Il bilanciamento passa da 39/61 a 32/68. Questo significa che i marchi propri sono calati da 51 a 39 milioni di euro (-24%) a vantaggio delle private label che invece sono cresciute da 80 a 83 milioni di euro (+4%).
- Nonostante questo il margine industrial non è calato molto, dal 38% al 37%. Scende invece di più il margine operativo lordo (dal 6.4% al 4.6%), per via dell’incidenza maggiore dei costi fissi commerciali e generali. In valore assoluto la contrazione è del 23% a 5.6 milioni di euro.
- Con l’incremento degli ammortamenti, l’utile operativo è in pareggio e in fondo al bilancio il dato è anch’esso leggermente negativo.
- Meglio vanno le cose dal punto di vista della cassa. L’azienda ha un debito di 142 milioni di euro, contro 174 milioni di euro a fine giugno 2019 e 145 milioni di euro a fine anno 2019 (ma il fine è strutturalmente un buon momento per prendere la misura del debito). Contribuiscono a questo risultato una generazione di cassa di 5 milioni di euro, l’assenza di pagamenti di tasse, ma soprattutto circa 2.5 milioni di euro di calo del capitale circolante. Nella parte di investimenti, sono stati ceduti attivi per 1 milione di euro.
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