A volte mi imbatto, si badi bene, in gente del mestiere, ed è questo il vero dramma, in chi dice: «Io con il Prosecco non voglio aver nulla a che fare». Eno-snob? Certo. Ma un fondo di ragione, diciamolo, ce l’hanno. Soprattutto quando, in certi locali gestiti da persone sciatte e senza amore per il proprio lavoro, viene servito quel liquidò senza arte né parte spacciato per Prosecco. Per citare Sandro Sangiorgi, un prodotto caricaturale e inconsistente, infarcito di bolle anonime, che porta la stessa denominazione di vini ben più autentici.
Eppure, quei detrattori fingono di non sapere, o almeno spero che fingano, che di Prosecco si può parlare da Valdobbiadene a Trieste, che esistono una DOCG e una DOC e che la qualità non è affatto la stessa. Il Prosecco di pianura, dove un tempo si piantava mais, non potrà mai raggiungere i livelli dei grandi vignaioli delle colline di Valdobbiadene. Anche se, va detto, le generalizzazioni sono ingiuste: esistono ottimi DOC di pianura, perché la differenza la fa il lavoro, quello duro e convinto, anche dove la terra sembra meno vocata.
Ecco, tutto questo per dire che ai detrattori del Prosecco farei assaggiare il Colfondo dell’Antica Quercia. Magari l’annata 2017, sì, avete letto bene, per capire fin dove può arrivare questa tipologia quando nasce in un luogo giusto e viene accompagnata senza scorciatoie.
L’Antica Quercia e i dieci anni di Su Alto
Con la vendemmia 2025 l’Antica Quercia, proprietà della famiglia Francavilla, a Scomigo, ha celebrato i dieci anni di Su Alto, il Colfondo nato nel 2015 e divenuto emblema della visione aziendale: non cercare facili scorciatoie, ma dare al vino il tempo necessario per farsi espressione del luogo.
Il progetto nasce come riscoperta della tradizione del Colfondo, interpretata con sensibilità contemporanea e zero compromessi. Le uve provengono dai vigneti Costa e Calvario, sul versante di ponente della collina di Scomigo, dove il sole indugia più a lungo e accompagna una maturazione lenta e regolare. La vendemmia è manuale; la fermentazione è spontanea, innescata da un pied de cuve indigeno; la presa di spuma avviene in bottiglia con mosto della stessa annata. Nessuna sboccatura: i lieviti restano lì, a proteggere e a raccontare.
Nelle prime vendemmie una parte delle bottiglie veniva addirittura trasferita ai piedi del Monte Civetta, a duemila metri di quota, per affinare lentamente in condizioni estreme: da qui il nome Su Alto.
Mini verticale: tre annate, un’unica identità
Ho avuto l’opportunità di degustare tre annate di Su Alto, proprio nell’anno della sua decima vendemmia. Un piccolo viaggio nel tempo che ha confermato quanto un Colfondo possa evolvere e mantenere vitalità e come la Glera, quando lasciata libera di esprimersi, riesca a rivelare una sorprendente gamma di nuance.
2021
È l’annata più giovane e si sente: il profumo è chiaro, luminoso, fatto di sensazioni pulite, quasi croccanti, che ricordano la frutta bianca e una freschezza citrina. Ma è in bocca che il vino cambia passo: entra morbido e poi si accende, quasi irrequieto, con una vitalità che corre veloce e una chiusura salata che lascia presagire un futuro promettente. È un vino che non sta fermo, e questa è la sua forza.
2019
Qui il tempo ha iniziato a lasciare la sua impronta: il naso è più avvolgente, con un’idea di frutto maturo e un accenno speziato che ricorda lo zenzero, qualcosa che pizzica con eleganza. Al sorso è più largo, più pieno, come se avesse preso consapevolezza del proprio peso. Eppure, sul finale, arriva una lama di freschezza che sorprende e che deve ancora integrarsi del tutto. È un vino in cammino, affascinante proprio per questo.
2017
La più matura delle tre è anche la più calma e sicura di sé. Il profumo è raccolto, compatto, quasi campestre: fiori secchi, grano, un’eco di frutta chiara. In bocca scorre senza esitazioni, saporito e continuo, con un’effervescenza fine che accompagna un finale dal carattere deciso, quasi marino, come un soffio salato che torna e non si dimentica. Una bottiglia che mostra cosa può diventare un Colfondo quando il tempo gli dà ragione.
Oggi, dieci vendemmie dopo, Su Alto non è semplicemente un Colfondo che celebra un anniversario: è la sintesi della filosofia della cantina. Interventi minimi, tempi lunghi, rispetto del paesaggio agricolo. La convinzione che un vino sur lie, se sostenuto da una materia prima selezionata e da un protocollo rigoroso, possa attraversare gli anni senza cedere a scorciatoie tecniche.
The Time of Colfondo: Ten Years of Su Alto
Sometimes I come across – and mind you, I mean people in the trade, which is the real drama – those who say: “I don’t want anything to do with Prosecco.” Wine snobbery? Certainly. But let’s be honest, they have a point. Especially when, in some bars run by careless people with no love for their work, that bland, uninspired liquid is passed off as Prosecco. To quote Sandro Sangiorgi: a caricatured, inconsistent product, full of anonymous bubbles, carrying the same name as much more authentic wines.
Yet these detractors pretend – or at least I hope they pretend – not to know that Prosecco stretches from Valdobbiadene to Trieste, that there is a DOCG and a DOC, and that quality is far from uniform. Plainland Prosecco, grown where corn fields once spread, can never reach the heights of the great winemakers of the Valdobbiadene hills. Even so, generalizations are unfair: excellent DOC Prosecco exists in the plains too, because the difference is made by hard, dedicated work, even where the land seems less suited.
All this to say: I would make Prosecco skeptics taste the Colfondo from Antica Quercia. Perhaps the 2017 vintage – yes, you read that correctly – to understand just how far this style can go when it comes from the right place and is handled without shortcuts.
Antica Quercia and Ten Years of Su Alto
With the 2025 harvest, Antica Quercia – owned by the Francavilla family in Scomigo – celebrated ten years of Su Alto, the Colfondo born in 2015 and now emblematic of the winery’s philosophy: no shortcuts, but giving the wine the time it needs to express the place it comes from.
The project began as a rediscovery of the Colfondo tradition, interpreted with contemporary sensitivity and zero compromise. The grapes come from the Costa and Calvario vineyards, on the western side of the Scomigo hill, where the sun lingers longer and ensures slow, even ripening. Harvesting is manual; fermentation is spontaneous, triggered by an indigenous pied de cuve; the secondary fermentation occurs in the bottle with must from the same vintage. No disgorging: the lees remain to protect and tell the story of the wine.
In the early vintages, some bottles were even placed at the foot of Monte Civetta, at 2,000 meters above sea level, to age slowly under extreme conditions – hence the name Su Alto.
Mini Vertical: Three Vintages, One Identity
I had the chance to taste three vintages of Su Alto during its tenth harvest. A small journey through time that confirmed how a Colfondo can evolve and maintain vitality, and how Glera, when left free to express itself, can reveal an astonishing range of nuances.
2021 – The Energy That Sparks
The youngest vintage and you can feel it: the aroma is clear, bright, with clean, almost crunchy sensations reminiscent of white fruit and a citrusy freshness. But the wine changes in the mouth: soft at first, it then ignites, almost restless, with a vitality that moves quickly and a salty finish that hints at a promising future. It’s a wine that doesn’t stay still, and that is its strength.
2019 – The Warmth That Still Breathes
Here time has begun to leave its mark: the nose is more enveloping, suggesting riper fruit and a hint of spice reminiscent of fresh root, something that tingles elegantly. On the palate, it is broader, fuller, as if it has become aware of its own weight. Yet at the finish, a blade of freshness surprises, not fully integrated yet. A wine in motion, fascinating for precisely that reason.
2017 – Depth That Fears No Time
The most mature of the three is also the calmest and most self-assured. The aroma is concentrated, compact, almost rustic: dried flowers, wheat, a whisper of pale fruit. On the palate, it flows effortlessly, flavorful and continuous, with fine effervescence accompanying a decisive finish, almost maritime, like a returning salty breeze that lingers. A bottle that shows what a Colfondo can become when time works in its favor.
Today, ten vintages later, Su Alto is not just a Colfondo celebrating an anniversary: it is the embodiment of the winery’s philosophy. Minimal intervention, long timelines, respect for the agricultural landscape. The belief that a sur lie wine, when made from carefully selected grapes and a consistent protocol, can withstand the years without resorting to technical shortcuts.
Fonte: http://www.lastanzadelvino.it/feed/

