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    Esportazioni italiane di vino per regione e tipologia – aggiornamento 2023

    Nell’anno di stabilizzazione delle esportazioni italiane di vino, emergono alcune tendenze che già abbiamo avuto di commentare diverse volte. Forse la più importante è quella del calo dei vini bianchi. Nelle esportazioni di vino fermo in bottiglia i DOP rossi calano del 5% mentre i DOP bianchi sono stabili, gli IGP rossi calano del 7% mentre gli IGP bianchi crescono del 2%. Il problema per noi e che le categorie sono sbilanciate, ossia che i vini rossi di qualità sono il 60% delle esportazioni di vino DOP e il 73% delle esportazioni di vino IGP. Se questa tendenza dovesse continuare (come penso sia probabile, vista l’evoluzione degli stili di consumo), potremmo trovarci di fronte a un problema “strutturale” che dovrebbe estendersi fino a un riequilibrio della base produttiva. Comunque questo non è il momento di addentrarci in queste discussioni. Le due analisi del post sono come al solito le esportazioni per tipologia e quelle per regione (delle aziende esportatrici). Della prima abbiamo detto il punto principale, della seconda possiamo soltanto ripeterci: le due regioni “rosse” italiane rilevanti per l’export, Toscana e Piemonte sono in calo del 4% e 6%, mentre il Nord Est italiano, supportato in questa analisi anche dal Prosecco, mantiene un livello stabile o crescente (Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige) di export. Passiamo a un commento più specifico, come al solito con le tabelle complete, disponibili anche su Solonumeri.

    Le esportazioni italiane di vino di 7.8 miliardi sono state realizzate per il 36% da aziende venete, del 15-16% ciascuna da Piemonte e Toscana, 8% dal Trentino Alto Adige, 6% Emilia Romagna, 4% Lombardia e per il 15% dalle restanti regioni.
    Per quanto riguarda l’andamento del 2023, il Veneto è stabile, di Toscana e Piemonte abbiamo detto, l’Emilia Romagna cresce del 3%, il Trentino Alto Adige del 4% e la Lombardia del 3%. Tra le altre regioni noterei la progressione dell’Abruzzo (+6%), del Friuli Venezia Giulia (+8% e addirittura +68% dal 2019!) e della Puglia (+5%).
    Passando ai dati delle esportazioni del vino in bottiglia troviamo alcuni “richiami” a questi dati. In Veneto non sono i vini fermi ma gli spumanti a mantenere il livello totale, visto il calo del 12% dei rossi DOP e del 4% dei bianchi DOP. I rossi piemontesi DOP invece tengono, mentre lo stesso non si può dire per i toscani (-4%). Sostanzialmente tutte le categorie di vino DOP evidenziate nel database Coeweb sono negative o tutt’al più stabili.
    Vi lascio alle tabelle.

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO

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    Argentina – produzione di vino 2023

    Aggiorniamo oggi I dati sulla produzione di vino argentino al 2023, in attesa dei dati 2024. I numeri sono terribili e mostrano un calo della produzione del 23% a 8.8 milioni di ettolitri, probabilmentee il livello più basso di sempre (o almeno da quando guardiamo i dati!). Se confrontato con la media degli ultimi 10 anni la produzione argentina è giù di oltre il 30%, senza particolari differenze tra vini rossi e vini bianchi e con soltanto un calo più moderato per i vini rosati. Il calo della produzione è quasi completamente da attribuire alla cattiva vendemmia, visto che la superficie vitata è calata soltanto dell’1% a 189mila ettari. Tra il 2010 e il 2023 si sono però persi circa 12mila ettari (201mila ettari nel 2010), soprattutto nelle varietà bianche e internazionali, mentre tiene il Malbec. Infine, questo calo produttivo si ribalta sulla debolezza delle esportazioni, che sono calate negli ultimi anni da circa 3 milioni di ettolitri a meno di 2 milioni nel 2023 (analisi in separata sede nelle prossime uscite). Bene passiamo a qualche commento in dettaglio, con grafici e tabelle nel resto del post.

    La produzione di vino in Argentina è scesa del 23% a 8.8 milioni di ettolitri nel 2023. Di questi 2.9 milioni di ettolitri sono vino bianco, -20% sul 2022 e del 33% sotto la media storica, 5.6 milioni sono di vino rosso, -24% sul 2022 e sempre -33% sullo storico e 300mila ettolitri sono vino rosato, -22% sul 2022 e del 18% sotto la media storica.
    La superficie vitata di 189mla ettari è scesa leggermente sul 2022 (includendo anche gli usi non per vinificazione), -1%. Di questi, il 23% è coltivato a Malbec, l’8% a Bonarda, il 6% a Cabernet Sauvignon e il 5% a Syrah. In realtà il ridimensionamento è partito nel 2019 e ha soprattutto riguardato le varietà bianche e rosate, che hanno perso oltre 8000 ettari, mentre le varietà rosse perdono di meno e addirittura il Malbec continua a crescere, raggiungendo nel 2023 47mila ettari vitati contro 44mila nel 2019.
    L’analisi geografica non mostra particolari variazioni. Mendoza rappresenta nel 2023 il 74% della produzione vinicola argentina, contro il 77% del 2022, mostrando quindi un calo più marcato della media (-26%). Rispetto agli ultimi 10 anni sono le regioni “minori” ad avere i dati meno negativi: la Rioja è soltanto il 9% sotto la media decennale, così come la zona denominata Salta, anche se queste zone rappresentano insieme meno del 10% della produzione.

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    Cina – importazioni di vino 2023

    Per il sesto anno di fila le importazioni di vino in Cina sono in netto calo. Nel 2023, con un ulteriore -21% il mercato cinese ha importato 1.1 miliardi di euro di vino, meno della metà del 2017 (2.5 miliardi) per un volume di 2.5 milioni di ettolitri (-26%), questo un terzo dei 7.5 milioni di ettolitri importati nel 2017. Ora, dire che i cinesi non bevono più vino non è forse del tutto corretto perché sembra difficile che il consumo possa essersi ridotto così tanto dopo essere cresciuto così tanto. Non essendo successo niente al prodotto vino, alla sua percezione e allo sforzo degli esportatori, penso che la conclusione più ovvia sia che questo calo di consumi sia in qualche modo “guidato”. Il test sarà la riapertura al vino australiano, che è passato da 700 milioni di euro di export a 3 milioni con i dazi e che proprio da queste settimane si è vista cancellare il balzello. In tutto questo noi italiani non abbiamo perso tanto perché la Cina non è mai stato un grande mercato. Nel 2023 le nostre esportazioni sono scese del 16% a 108 milioni, ma siamo la metà del Cile e un quinto della Francia. Vi ricordo che tutti i numeri sono disponibili nella sezione Solonumeri. L’analisi continua nel resto del post con grafici e tabelle.

    La Cina ha importato nel 2023 1.07 miliardi di euro di vino, -21%. In questo numero non sono ricompresi Macao (400 milioni, in crescita sul 2022) e Hong Kong (dati non ancora disponibili). Il calo medio annuo dal 2018 al 2023 è stato del 15%.
    Il volume importato è stato di 2.48 milioni di ettolitri, -26% e -18% annuo dal 2018 a questa parte.
    In questa ecatombe l’Italia dicevamo ma meglio degli altri, semplicemente perché partivamo da una posizione irrilevante. La Francia ha esportato 508 milioni di euro, -18% e -11% annuo, il Cile ha perso il 33% a 207 milioni (-8% annuo) e l’Italia a 108 milioni cala del 16% (-5% annuo). Noterete che tutti i numeri sui 5 anni sono meglio del -15% totale: il motivo è che l’Australia c’era nel 2018 e ora non c’è più e quindi la riga “altri” fa -43% annuo.
    Difficile trovare qualche numero positivo, nemmeno nel segmento degli spumanti che comunque resta marginale, con 73 milioni di euro di importazioni (-12%) rispetto a 74 milioni di vino sfuso (-37%) e 926 milioni di vino in bottiglia (-20%).
    Buona consultazione.

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    Portogallo – esportazioni di vino 2023

    Il Portogallo ottiene un nuovo ottimo risultato nel 2023 per quanto riguarda le esportazioni. In uno scenario chiaramente in calo il dato è quasi stabile a 928 milioni di euro e, confrontato con cinque anni fa, si posiziona su una crescita annua del 3% circa, con volumi stabili (non abbiamo peraltro il dato 2022 di confronto). Due mercati stanno sostenendo il Portogallo: Brasile e Polonia. Il primo è ormai diventato il quarto mercato, dopo Francia (in calo), USA (in calo) e Regno Unito (in leggera ripresa ma decisamente sotto i picchi del passato). La Polonia, come il Brasile cresce di oltre il 10% nel 2023 e ha un ritmo di crescita vicino al 10% sugli ultimi anni. La stragrande maggioranza del vino portoghese è esportato in bottiglia, il che supporta anche un buon prezzo medio (quasi 3  euro al litro), a differenza degli amici spagnoli (che viaggiano sotto 1.5 euro). Per chi è interessato il commento prosegue con grafici e tabelle.

    Il Portogallo ha esportato vino per 928 milioni di euro nel 2023, con un calo dell’1% sul 2022, quando aveva raggiunto il suo massimo storico. In termini di volume, il dato 2023 è di 3.2 milioni di ettolitri, che si confronta con i 3.3 del 2021 (non abbiamo il dato 2022).
    Le esportazioni sono principalmente di vino in bottiglia, 833 milioni di euro dei 928 totali, in calo dell’1%, mentre sono stabili le esportazioni di vino sfuso a 85 milioni.
    Dal punto di vista dei mercati, la Francia resta il primo mercato, con 104 milioni di euro (-6% sul 2022, -2% annuo sul 2018) e un volume di 343mila ettolitri. Il secondo mercato sono gli USA, anch’essi giù del 6% a 100 milioni (ma con un passato molto più brillante, sui 5 anni siamo a +4% medio) e poi il Regno Unito con 89 milioni e un leggero rimbalzo (+4%) dopo un anno negativo e in ogni caso con una serie di dati passati in crescita.
    Il Brasile è la vera forza trainante. Nel 2023 le esportazioni toccano il massimo storico di 80 milioni, +13%, con un volume di 260mila ettolitri. Il ritmo di crescita dal 2018 a questa parte è un promettente +9%.
    Nel post vi aggiungo un breve punto di vista sulla suddivisione delle esportazioni. Il 40% del totale è concentrato in questi 4 mercati.

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    Constellation Brands – risultati 2023 e previsioni 2024

    Il business del vino di Constellation Brands chiude il 2023 in scia ai trimestri precedenti, con un calo sia delle spedizioni (-12%) che delle vendite finali dei suoi prodotti (-6%). Nonostante le manovre per migliorare il portafoglio (riducendolo) l’anno è andato male, con un calo delle vendite di vino e spiriti del 10% e un calo del 12% dell’utile operativo a 400 milioni di dollari, ormai una frazione dei 3170 che l’azienda ha realizzato nel 2023, soprattutto grazie alla birra. E le previsioni per il 2024 non sono rosee: le vendite di vino sono attese stabili, con un ulteriore calo dei volumi (“mid-single digits”, ovvero intorno al 4-7%) da compensare con il prezzo, mentre per gli utili poche speranze: la divisione subirà secondo il budget un ulteriore calo del 9-11% nel 2024, ossia probabilmente da 400 a circa 360 milioni di dollari. Nonostante questo, Constellation Brands grazie alla birra prevede di crescere del 6-7% in fatturato e dell’8-10% a livello di utile operativo, grazie alla birra. Le azioni non hanno reagito bene all’annuncio anche se vengono da un periodo molto positivo e quindi si potrebbe ben dire si tratti di prese di profitto dopo l’annuncio del nuovo obiettivo di utile per azione, di nuovo in crescita del 10% circa sull’anno passato. L’analisi prosegue con tabelle e grafici.

    I dati consolidati di Constellation Brands mostrano un fatturato di 9.96 miliardi di dollari, +5.4%, un utile operativo di 3.17 miliardi, +12% e un utile netto di 1.7 miliardi, che si confronta con il pareggio dell’anno scorso, in cui però ci fu la maxi svalutazione di Canopy.
    Per la divisione vino e spiriti i dati sono decisamente peggiori: fatturato calato da 1.99 miliardi a 1.8 miliardi (di cui 1.55 miliardi sono vino), quindi -10% circa, per un margine sceso dal 22.8% al 22.2%. I dati del trimestre non sono migliori: le vendite calano un po’ meno, -6% (ma con il vino a -8%), l’utile operativo scende del 13% a 111 milioni.
    I dati relativi ai volumi e alla performance commerciale sono altrettanto deludenti. CB cala a 23.8 milioni di casse nel 2023, -12% e le vendite al dettaglio dei suoi prodotti nel mercato americano scendono del 7% (denotando dunque un “de-stocking” quindi un calo delle scorte in casa dei dettaglianti).
    Dal punto di vista finanziario il 2023 del gruppo (quindi tutto dentro) è stato un anno di moderazione dei riacquisti di azioni (scesi a 250 milioni da 1.7 miliardi) e dunque in generale del ritorno per gli azionisti, 903 milioni di dollari nel 2023 contro 2.3 miliardi nel 2022. Gli investimenti sono nuovamente in crescita dopo la pausa del 2022, a 1.3 miliardi da 1 miliardo, quasi interamente per aumentare la capacità produttiva della birra. Il debito quindi cala da 12.3 miliardi (2022) a 11.7 miliardi (2023) e con un miglioramento dell’EBITDA da 3.2 a 3.6 miliardi di dollari, il rapporto debito/EBITDA scende da 3.8 a 3.3, e il ritorno sul capitale sale dal 13.5% al 14.5%.

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    Esportazioni di vino Italia – aggiornamento gennaio 2024

    Gennaio è stato un mese positivo per le esportazioni di vino, come potete vedere qui sopra dopo una serie di mesi negativi, interrotti soltanto dalla parentesi di ottobre. Nel dettaglio con 539 milioni e un incremento del 14%, l’andamento annuo si muove verso la stabilità (-0.4% per gli amanti dei numeri precisi). All’origine di questo miglioramento, come si vede distintamente dal grafico, è la leggera ripresa del mercato americano (per i vini fermi), che sia in ottobre (+19%) che in gennaio (+14%) ha avuto un andamento molto superiore alla media. Non sono però nemmeno da sottovalutare i dati positivi registrati dalla Svizzera (+9%) e soprattutto dal Canada, che da qualche mese sembra essersi rimesso in carreggiata. Sono infine positivi i dati sugli spumanti, sempre trainati dal Prosecco (+17% sul mese e +6% sugli ultimi 12 mesi). Un’ultima annotazione: il principale fattore di crescita è stato il volume esportato. Dato la scarsa vendemmia e le previsioni mondiali pessimistiche sull’evoluzione dei consumi, penso che la lettura eccessivamente positiva di questi dati possa essere fuorviante. Passiamo a un’analisi più dettagliata con ulteriori grafici e le tabelle riassuntive.

    Il valore totale dell’export è di 539 milioni di euro, con un incremento del +14% rispetto al mese precedente. Il vino imbottigliato e i vini spumanti sono cresciuti entrambi tra il 14% e il 15%, mentre gli altri vini sono rimasti stabili. Il valore dell’export su base annua è ora stabile a 7.84 miliardi di euro, di cui 5.14 miliardi per il vino imbottigliato (-2%) e 2.23 miliardi per gli spumanti (+3%).
    Il recupero delle esportazioni di gennaio è essenzialmente legato ai volumi, 1.5 milioni di ettolitri, con un aumento dell’+11%. Il vino imbottigliato sale a 847 mila ettolitri (+15%), gli spumanti a 331 mila ettolitri (+17%). Il vino sfuso/altro è l’unico a registrare una diminuzione del volume esportato (-1%). Su base annua i volumi sono a 21.6 milioni di ettolitri, ossia -1% sull’anno precedente.
    L’andamento per paese è buono in gennaio con l’eccezione della Svezia. Noterei soltanto il rallentamento della Francia e del Belgio, oltre al dato straordinariamente positivo della Russia, quasi raddoppiata, che rappresenta da sola circa il 15% dell’incremento delle esportazioni di gennaio.
    Nel segmento degli spumanti, restano negativi i dati degli USA (-3% nel mese e -7% sui 12 mesi), mentre riprende vigore l’export verso il Regno Unito, che comunque va ricordato è uno dei paesi in cui negli ultimi anni i nostri prodotti non si sono sviluppati ulteriormente.

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    Concha y Toro – risultati 2023

    I dati 2023 di Concha y Toro sono pessimi, a ruota di quanto commentiamo sulle esportazioni cilene di vino. Le vendite sono calate del 4%, ma gli utili si sono dimezzati e il debito è cresciuto, risultato di una strategia che comunque non rinuncia a “sviluppare” l’attività. La presentazione dei risultati è molto interessante al di là dei numeri, in quanto contiene degli spunti interessanti sull’evoluzione e sui rischi che deve fronteggiare (preferenza per prodotti a basso alcol e basse calorie, innalzamento delle temperature che favoriscono le varietà bianche – Concha y Toro ha 12mila ettari e più varietà rosse -, competizione di altre bevande alcoliche come “ready-to-drink” e mix e via dicendo). La strategia è purtroppo una sola: tagliare i costi e spostarsi sui prodotti premium. L’azienda prevede di tornare a crescere nel 2024 oltre il +10%, avere un mix di vendite per il 60% nella divisione che loro chiamano “principal+invest”, dove ci sono i prodotti più pregiati, e raggiungere un utile operativo di 140 miliardi di peso nel 2025, pari al 15-16% delle vendite. A me sembra che in questi obiettivi ci sia già qualcosa che non va perché vendite +10% nel 2024 significa 920 miliardi di peso, mentre 140 miliardi di utile operativo se sono il 15-16% delle vendite significa 875-925 miliardi di peso, il che significa che nel 2025 prevedono di non crescere il fatturato. Ad ogni modo, così si legge sulla tavola della presentazione. Fatta questa premessa passiamo al commento dei dati.

    Concha y Toro ha realizzato 837 miliardi di peso di vendite nel 2023, con un calo del 4%, interamente generato nel primo semestre dell’anno. Le vendite di vino in Cile sono rimaste stabili, mentre sono in calo del 3% le esportazioni e del 15% le vendite americane del gruppo (-11% volumi, -2% prezzi e -2% cambi).
    Il margine industriale cala di ben 2 punti dal 39% al 37% (in questo caso in entrambi i semestri) causa calo dei volumi e del prezzo medio, ma anche le pressioni sui costi di spedizione e sui prodotti secchi nella prima parte dell’anno (ora sono risolti).
    La forbice con il margine operativo si allarga sempre di più perché le spese di vendita e commerciali non calano nel tentativo di mantenere una buona pressione sul mercato finale. Alla fine dei conti a fronte del calo delle vendite del 4%, il margine industriale scende del 9% a 309 miliardi, il MOL del 29% a 95 miliardi e l’utile operativo del 38% a 65 miliardi di peso. L’utile netto si dimezza da 87 a 43 miliardi.
    La parte finanziaria va di conseguenza. Il debito sale da 322 a 389 miliardi di peso, con il MOL che cala da 135 a 95 il rapporto debito/EBITDA (che già saliva nel 2022) passa da 2.6 a 4.1 volte. Per contenerlo, nel 2024 verranno tagliati gli investimenti, da 59 miliardi a 46 miliardi di peso.

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    Il valore dei vigneti in Italia per regione e provincia – dati CREA, aggiornamento 2022

    L’edizione 2022 del database CREA sul valore dei vigneti in Italia per regione, provincia e zona ha subito una revisione dei dati di alcune regioni che ha apportato ad alcune modifiche rispetto al passato. Per questo motivo, se confrontate i post passati con questo, non erano sbagliati quelli prima, sono stati cambiati da quest’anno. Seconda premessa: il post contiene alcuni dati, mentre quelli completi sono disponibili nella sezione Solonumeri.
    Fatte le premesse, i dati indicano per il 2022 un incremento del valore dei vigneti in Italia del 2.3% a 57500 euro per ettaro, con i maggiori incrementi in Piemonte (+8%), Lombardia e Friuli Venezia Giulia (+4%). Il grafico sopra è quello “critico” perché nel 2022 l’inflazione è stata protagonista, determinando in media annua un perdita di potere d’acquisto del 13.4% (11.3% dicembre su dicembre). Quindi, partendo da 56200 euro all’ettaro nel 2021 per “mantenere il valore reale” il valore dei vigneti sarebbe dovuto crescere a 63800 euro (+13% appunto), e questo non è stato, nemmeno in Piemonte. Si può dunque dire che, come vedete dalla riga verde chiaro, il valore dei vigneti sebbene cresciuto in termini nominali ha subito una forte riduzione in termini reali. Se scendiamo ancora più nel dettaglio della provincia, troviamo Firenze con +13.6%, unica provincia dove la crescita del valore ha battuto l’inflazione, secondo CREA. Bene, tabelle, grafici e ulteriori commenti sono nel resto del post, come al solito.

    Il valore dei vigneti in Italia nel 2022 è cresciuto secondo CREA del 2.3% a 57500 euro per ettaro. Si tratta di una accelerazione rispetto al passato ma ovviamente non in grado di compensare per l’inflazione (dicevamo 13% in media annua 2022). Nel periodo 2017-22 la crescita è dello 0.9% annuo (inflazione circa 3.4%), nel periodo 2012-22 dell’1% annuo (inflazione 2%).
    Veneto e Trentino Alto Adige spiccano per il valore assoluto (rivisto) dei vigneti con 142mila euro e 343mila euro per ettaro rispettivamente, seguiti dal Piemonte con 80mila euro.
    Se invece guardiamo i dati in termini di crescita nel medio termine sono soprattutto Piemonte e Toscana a mostrare le migliori dinamiche (+3% e +2% annuo sui 5 anni), a dimostrazione che alla fine i prezzi che spiccano i vini si “scaricano” anche sul valore delle terre dove vengono prodotti. Anche otticamente guardando la tabella vi potete accorgere che la dinamica dei prezzi nel Nord Italia è superiore al Centro che, a sua volta, supera le regioni del Sud.
    A livello provinciale e guardando alle dinamiche sugli ultimi 5 anni ritroviamo gli stessi punti. Cuneo +3.5% annuo 2017-22 e Brescia +3.5% sono le provincie con la maggior crescita. Qualche sorpresa (o dubbio) viene da alcune zone del Sud come Catania dove i prezzi delle uve sono cresciuti molto, mentre il valore dei vigneti sembra non essere cresciuto.
    Vi lascio ai grafici e alle tabelle.

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