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    Advini – risultati 2020

    Fonte: Advini
    Dunque, Advini ha chiuso il 2020 con risultati piuttosto deludenti, a mio parere. Però la presentazione di questi risultati parla di una gestione operativa efficace, un perimetro di attività che si è difeso bene e ovviamente di un rafforzamento della liquidità. Evidentemente questo rafforzamento deriva dall’aver fatto altro debito e quindi, più cassa ma più debito. Per intenderci, le vendite calano del 7% e l’utile netto passa da +4 milioni a -3 milioni. Advini è un’azienda in una “via di mezzo” tra i vincitori nello scenario COVID, cioè quelli esposti alle vendite al supermercato e dirette ai clienti a distanza (leggi internet), e i perdenti, quindi aziende che vendono vini con destinazione ristoranti e in genere di alto livello. I nuovi obiettivi 2023 sono di arrivare a 300 milioni di vendite, quindi +20% rispetto al 2020, 9% di EBITDA, quindi 27 milioni contro l’attuale 17 milioni e una generazione di cassa di 10 milioni di euro all’anno. Nel corso degli oltre 10 anni in cui abbiamo seguito le vicende di Advini abbiamo visto numerosi piani ambizioni susseguirsi, nessuno dei quali sinora ha raggiunto i risultati sperati. Passiamo ai numeri.

    Le vendite calano del 7% a 249 milioni di euro, con un andamento stabile tra il primo e il secondo semestre. Il fatturato in Francia cala del 5% a 140 milioni mentre le esportazioni sono scese del 10% a 108 milioni.
    Il “focus” di Advini va peggio essendo più esposto all’Horeca e alle esportazioni. La divisione marchi propri vede un calo importante sia del fatturato (-24% a 79 milioni di euro) che dell’EBITDA (praticamente dimezzato da 14.6 a 7.7 milioni di euro), il che in parole povere significa che la divisione “vin et service” cioè quella a minore valore aggiunto in realtà ha salvato i conti del 2020.
    A livello di EBITDA consolidato le cose non vanno troppo male, visto che si passa da 18 a 17 milioni di euro, un calo dell’11% tutto concentrato nel primo semestre. I dolori vengono sotto, con un forte incremento delle svalutazioni di merci e crediti verso clienti che non pagheranno più, la mancanza di proventi straordinari e le tasse, che invece nel 2019 erano state a credito. Risultato finale: un utile operativo che resta intorno al pareggio sia nel primo che nel secondo semestre e l’ultima riga che passa da utile (3 milioni) del 2019 a una perdita bella rotonda di 4.4 milioni, quasi tutta concentrata nel primo semestre.
    Dal punto di vista finanziario, Advini ha stoppato il pagamento dei dividendi, comperando qualche azione propria (0.4 milioni) e ha tagliato i dividendi a zero. L’anno chiude con un incremento del debito di 4 milioni di euro, da 144 a 148 milioni.

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    La produzione di vino in Italia nel 2020 – dati finali ISTAT e MIPAAF

    La domanda su quanto vino si produce in Italia non potrebbe avere risposta più compiuta di quella di oggi, visto che sono riuscito fortunosamente a mettere insieme sia i dati ISTAT (facilmente reperibili) che quelli del MIPAAF (ministero dell’agricoltura, per intenderci), che invece non sono mai riuscito a ottenere. Ma questa volta grazie a Federvini che ha pubblicato una “foto” del dettaglio regionale, ci sono anche questi dati. Quindi, mi sono domandato: perchè Federvini si e io no? Ho già mandato una PEC al ministero per ottenere i dati del passato, in modo da poter costruire una serie parallela e dare piena visibilità.
    Dopo le note speranzose veniamo alle note dolenti. I dati ISTAT e i dati MIPAAF sono piuttosto distanti. In termini assoluti non parliamo di numeri esorbitanti a livello nazionale, circa il 6%, forse anche dovuto al fatto che ISTAT ha deciso di includere anche i mosti nella produzione del vino. Più si va nel dettaglio più diventa eclatante che la produzione di regioni “non irrilevanti” nel panorama italiano come la Campania abbiano un dato MIPAAF che è la metà di quello di ISTAT. Ecco, io questa volta “mi fermo qui”. Metto le tabelle in allegato e vi auguro buona giornata!
    Ah, dimenticavo, la sezione Solonumeri è ora aggiornata con la doppia colonna “I” sta per ISTAT, “M” sta per MIPAAF.

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    Esportazioni di vino italiano – aggiornamento febbraio 2021

    Sebbene sia rimasto un mese negativo (-4%), Febbraio ha contribuito a ridurre il forte calo di gennaio e a portare il dato dei primi 3 mesi a -13%. I dati restano molto volatili, influenzati pesantemente dalle dinamiche del COVID e dalle basi di comparazione. Va notato il buon risultato dei vini spumanti stabili nel mese e di alcuni paesi, soprattutto europei, che stanno mantenendosi su cali limitati. Il mercato nord americano resta molto negativo. Il “passo” degli ultimi 12 mesi è -5%. A partire dal prossimo mese di marzo sarà il caso di ipotizzare un confronto non più con il 2020 ma con il 2019 per cercare una base di comparazione più normale, ma è presto per parlarne. Passiamo a un’analisi più dettagliata, con tutte le tabelle nel resto del post.

    Le esportazioni di febbraio sono calate del 4.2% a 447 milioni di euro, portando il totale del bimestre a 836 milioni, -13% e a 6.17 miliardi di euro il passo sui 12 mesi, -5.1%.
    Il calo è leggermente più marcato per i volumi, scesi del 9% nel mese di febbraio e del 15% nei primi 2 mesi dell’anno (2.75 milioni di ettolitri).
    Dal punto di vista delle categorie, sta succedendo un po’ il contrario del 2020: tengono meglio gli spumanti (stabili in febbraio, -8% nei due mesi) che i vini fermi in bottiglia (-5% in febbraio, -15% nei due mesi). In questo contesto, la reattività del Prosecco (+6% in Febbraio, -3% nei primi due mesi).
    Dal punto di vista geografico, come vedete dalle tabelle la partenza d’anno è molto pesante in USA (-26% a 200 milioni di euro nel bimestre) e nel Regno Unito (-28% a 62 milioni di euro). Entrambi, però erano in maggiore difficoltà di noi in questo periodo di COVID e sono messi molto meglio di noi (o sarebbe meglio dire hanno 2-3 mesi di anticipo nelle aperture) grazie alla rapidità della vaccinazione. Sono invece meno pesanti i dati relativi alla Germania (-7%) e Svizzera (-4%), dove probabilmente il consumo del vino italiano è più legato alla distribuzione che non alla ristorazione.
    Gli spumanti come dicevamo sono in fase di stabilizzazione, ma stiamo parlando di mesi molto leggeri. Il primo test sarà a marzo con il picco pasquale. Con 185 milioni di export il calo è dell’8% ed è guidato dal -24% del Regno Unito, che da solo rappresenta la metà delle esportazioni perse in valore.

    Fonte: inumerdelvino.it su dati www.coeweb.istat.it
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    Francia – produzione di vino 2020

    Fonte: Agreste
    In attesa di vedere quanto impatteranno le tremende gelate di queste ultime settimane, concentriamoci oggi sui dati finali di produzione di vino francese del 2020. Il 2020 è stato per il vino un anno “normale” in Francia, con una produzione di 47 milioni di ettolitri, in crescita dell’11% sull’anno precedente e del 7% circa sopra la media degli ultimi anni. Più importante, in Francia assistiamo a un graduale incremento della superficie vitata da un paio di anni: nel 2020 sono stati raggiunti 753mila ettari. Nel 2020 si è fortemente ripresa la produzione di vino bianco, tornando ad avvicinarsi al livello dei vini rossi, che restano la “spina dorsale” della produzione a volume francese. Il 2020 è poi l’anno della produzione record di vino dedicato alla distillazione, che per la prima volta ha superato i 10 milioni di ettolitri, supportato dalla domanda sempre crescente di Cognac. Tornando alle gelate, le prime stime parlano di una produzione 2021 di 30-35 milioni di ettolitri di vino, il che sarebbe anche inferiore al record storico degli ultimi 10 anni, toccato nel 2017 con 37 milioni di ettolitri. Passiamo a commentare qualche altro numero insieme.

    La produzione francese di vino è stata di 46.9 milioni di ettolitri nel 2020, +10.9% sul 2019 e +6.3% sulla media del quinquennio.
    La produzione di vini di qualità in realtà non è cresciuta rispetto al 2019, a 19.1 milioni di ettolitri, -2% in un anno e -6% sulla media storica. Sono invece in crescita dell’8% i vini IGP a 13.4 milioni di ettolitri e i vini da tavola, +47% a 3.7 milioni di ettolitri, entrambe le categorie ben sopra la media storica. Dove i dati sono particolarmente positivi è nel segmento dei vini bianchi per distillazione, dove anche complice un 2019 negativo, la crescita ha superato il 35%.
    Il bilanciamento della produzione tra bianchi e rossi è nel 2020 quasi perfetto, 49% contro 51%, ma questo dato nasconde il forte contributo dei bianchi per distillazione, escludendo i quali la produzione di vino bianco scende a 12 milioni di ettolitri, la metà di quella di vino rosso (24 milioni di ettolitri).
    Per quanto riguarda la suddivisione per regioni, i dati sono sempre molto difficili da leggere, dato che Agreste divide per regioni fisiche e non vinicole. E noi conosciamo bene le seconde, ma diamo meno valore alle prime. Detto questo, il 2020 dovrebbe essere stato un buon anno per la viticoltura del sud (Languedoc Roussillon), mentre Bordeaux e Champagne sono rispettivamente 10% e 18% sotto media.

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    Il valore della produzione di vino nel mondo – stima INDV 2020

    Fonte: inumeridelvino.it su dati UN Comtrade e OIV
    Ripropongo l’analisi del valore della produzione mondiale di vino che costruisco utilizzando i dati di produzione mondiale di vino di OIV e ISTAT e i prezzi medi di export del vino (su una media mobile triennale) dei dati doganali. Nel 2020 i due componenti del valore economico sono stati rispettivamente stabile (produzione) e in calo del 5% (prezzo medio di export). Siccome però usiamo una media mobile triennale per smussare la volatilità dei prezzi, questo “teorico” calo del 5% del valore della produzione non si percepisce, essendo compensato dall’incremento degli anni precedenti. Ad ogni modo, il dato finale è di un valore della produzione mondiale di vino calcolato ai prezzi di export di circa 82 miliardi di euro, contro 81 del 2019 e il record di 87 (secondo la nostra metologia di calcolo) del 2018, quando si verificò una vendemmia particolarmente favorevole. La Francia resta chiaramente il leader con una quota del mercato mondiale tra il 35% e il 40% (38% nel 2020), mentre l’Italia vale poco meno del 20% del mercato mondiale, per un valore della produzione di circa 15 miliardi di euro. Passiamo ad analizzare anche i dati delle altre nazioni.

    Se entriamo nel dettaglio dell’andamento dei prezzi, il dato puntuale del 2020 gioca a sfavore di tre nazioni incluse nell’analisi: Argentina (-29%), Germania (-20%) e USA (-12%). Se portato sulla media triennale, i paesi impattati sono Argentina e USA. Ricordiamo peraltro per gli Stati Uniti il dato di prezzo all’export è meno rilevante che per altri paesi vista la scarsa rilevanza delle esportazioni rispetto alla produzione nazionale.
    Ad ogni modo, guardando il risultato finale l’Italia esce bene da questa analisi dietro la Francia (31 miliardi di euro), forse più per le buone vendemmie degli ultimi anni che non per i prezzi, che ristagnano intorno a 300 euro per ettolitro dal 2018 a questa parte. Gli USA si confermano la terza forza mondiale nel vino con un valore di circa 8 miliardi di euro (che di nuovo, sottostima il valore reale) e poi viene la Spagna con 5.3 miliardi.
    Dietro questi quattro paesi c’è un salto rilevante, con un gruppo di paesi con 2-3 miliardi di euro di valore della produzione, con l’Argentina (in regresso), l’Australia (in regresso), la Germania (stabile) e il Cile (anch’esso con dati calanti).
    Diciamo che tra i paesi del nuovo mondo soltanto il Sud Africa sembra aver recuperato posizioni, grazie al progresso registrato nel prezzo medio di export. Sono invece meno positivi di quanto lo siano in termini di export in valuta locale i dati della Nuova Zelanda, la cui produzione annua ha un valore di poco più di un miliardo di euro.

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    Portogallo – esportazioni di vino 2020

    Fonte: UN Comtrade
    Il Portogallo ha registrato una delle migliori performance tra i grandi esportatori nel settore del vino nel 2020, l’unico in crescita a occhio insieme alla Nuova Zelanda. L’origine di questo incremento del 3% del valore esportato (contro un calo medio intorno al 5% nel mondo) e del 5% del volume (rispetto a volumi stabili) è nell’andamento eccellente del prodotto portoghese nel mercato inglese e, a differenza di quasi tutti gli altri paesi, nel mercato brasiliano, che per il Portogallo è diventato nel giro di pochi anni la quarta destinazione, dopo la Francia (dove sono appassionati di Porto), gli USA e il Regno Unito appunto. Il Portogallo si conferma dunque l’ottavo esportatore mondiale di vino. Passiamo a una breve analisi dei dati.

    Le esportazioni 2020 crescono del 3% a 849 milioni di euro, in linea con l’andamento registrato negli ultimi 5 anni e dunque apparentemente non influenzate dalla Pandemia. In termini di volume, le esportazioni sono in crescita più marcata, +5% a 3.13 milioni di ettolitri.
    La maggior parte delle esportazioni (781 milioni di euro) è relativa ai vini in bottiglia e ai vini sfusi (circa 50 milioni), con una decina di milioni di euro di esportazioni di vini spumanti.
    Passando alle geografie, la Francia si conferma di gran lunga il maggior importatore di vino portoghese, seppur in calo. Nel 2020 le esportazioni verso la Francia calano del 3% in valore a 111 milioni di euro e della medesima proporzione in volume, 411mila ettolitri.
    Dopo la Francia vengono a 90-95 milioni di euro gli USA e il Regno Unito, ma con andamenti molto difformi. Gli USA sono cresciuti del 3%, mentre il Regno Unito sale del 17% dopo anni di relativa stabilità.
    Scorrendo la lista dei paesi destinatari, va sottolineato il mercato brasiliano, dove i vini portoghesi sono cresciuti di oltre il 15% annuo negli ultimi 5 anni e anche nel 2020 hanno registrato un +24% per 68 milioni di euro.
    Il secondo mercato da sottolineare in positivo è la Svezia, dove le esportazioni sono passate da 21 a 29 milioni di euro, +38%, mentre come nel 2019 anche nel 2020 sta calando l’export in Angola, ormai un mercato secondario con 26 milioni di euro ben sotto i livelli toccati qualche anno fa.

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    Australia – esportazioni di vino 2020

    Fonte: UN Comtrade
    Il post odierno è particolarmente interessante. L’Australia ha costruito negli ultimi anni una posizione di leadership nel mercato cinese del vino e, da dicembre 2020, ha subito l’applicazione di dazi doganali proibitivi che le autorità cinesi hanno deciso ipotizzando pratiche concorrenziali scorrette (ossia esportazioni di vino sottocosto). Come vedrete dal grafico all’interno del post preso da Wine Australia, da dicembre niente più importazioni di vino australiano in Cina. Non stiamo parlando di poca cosa: nel 2019 il vino australiano faceva il 39% delle esportazioni in Cina, e nel 2020 nonostante il calo siamo al 33%. É dunque a rischio una grossa fetta della torta del vino australiano all’estero. Nel 2020, che poi è la ragione del post di oggi, il vino australiano si è “salvato” con un forte incremento registrato nel Regno Unito, a Hong Kong e in Nuova Zelanda. Nel 2021 la storia sarà completamente diversa e anche il grafico animato qui sopra verrà rivoluzionato come è successo negli ultimi anni con una leadership passata dal mercato inglese, a quello americano e infine a quello cinese. Per quanto riguarda le esportazioni 2020, il valore è rimasto invariato in dollari australiani a 2.95 miliardi, mentre il volume esportato è cresciuto del 2% a 7.6 milioni di ettolitri. Passiamo a commentare qualche dato insieme.

    Le esportazioni di vino australiane sono state stabili in dollari australiani a 2.95 miliardi, mentre sono calate del 3% se espresse in Euro a circa 1.8 miliardi di euro. I volumi sono invece marginalmente cresciuti del 2%.
    Il tema chiave è la Cina, che nel corso del 2020 ha subito un calo del 13% ma resta pur sempre di gran lunga il principale mercato per l’Australia con 986 milioni di dollari locali di export, -13%. Se mettiamo insieme anche Hong Kong (che non subisce i dazi) il calo è dell’11% a 1.13 miliardi di dollari. Come vedete dal grafico sopra, da dicembre 2020 le esportazioni in Cina si sono semplicemente azzerate. Questo significa che quello che è successo nel 2020, con il calo cinese compensato dagli altri mercati sarà difficilmente replicabile.
    Il principale supporto al vino australiano viene dal mercato inglese, dove la Brexit ha invece creato un vantaggio per l’Australia, parte del Commonwealth. L’export torna a 500 milioni di sterline, +36%, pur sempre lontanissimo dai fasti del passato (oltre 900 milioni).
    Il Nord America è invece stabile sia in USA che in Canada a 441 e 192 milioni di dollari rispettivamente.
    Sale del 15% l’export verso Hong Kong e verso la Nuova Zelanda, anche se qui cominciamo ad andare su mercati che rappresentano il 3-4% delle esportazioni totali.
    Oltre all’Australia, come vedete dalla tabella allegata, sono negativi i dati di export verso Singapore, Olanda e Giappone.

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