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    Callmewine – risultati 2020

    Dopo Tannico, guardiamo anche il bilancio di Callmewine, 12.4 milioni di euro di fatturato in crescita del 93% nel 2020, secondo player italiano specializzato nell’ecommerce di vino dopo Tannico ed escludendo ItalianWineBrands che fa anche altre cose (e che ha vendite online di 23 miloni di euro nel 2020). Callmewine è stata oggetto di un’operazione di acquisizione di Italmobiliare a dicembre 2020, con l’acquisto del 60% del capitale e l’investimento di 13 milioni di euro. Di questi, 4 milioni sono entrati nell’azienda a titolo di aumento di capitale, facendo crescere in modo corrispondente la posizione finanziaria netta. La particolarità di Callmewine è però che diversamente da Tannico l’azienda non ha mai perso soldi, chiudendo i bilanci in pareggio e accumulando (prima dell’aumento di capitale) una posizione finanziaria leggermente positiva nel corso degli anni. Purtroppo la redazione del bilanci in forma estremamente ridotta non consente un’analisi come facciamo di solito, ma comunque ci proviamo.

    Le vendite sono cresciute del 93% nel 2020 a 12.4 milioni di euro, a un ritmo decisamente superiore al +25% circa annuo fatto registrare negli ultimi anni.
    Il margine lordo sulle vendite si è mantenuto tra il 24% e il 26% negli ultimi anni, al 25.5% per la precisione nel 2020.
    L’azienda non ha praticamente strutture logistiche a guardare il capitale investito (nullo) e l’entità degli ammortamenti molto limitata. Per questo motivo, dopo circa 2.4 milioni di costi operativi e di spese del personale di meno di 300mila euro (per un totale di 9 dipendenti), il bilancio ha sempre chiuso in pareggio o leggero utile
    L’equilibrio finanziario si è anche mantenuto non soltanto non facendo perdite ma anche grazie alla gestione del magazzino, che è cresciuto meno delle vendite. Siamo al 15% del fatturato nel 2020, contro il 17% del 2019 e il 21% del 2018. In questa maniera, Callmewine è riuscita a ridurre gradualmente anche il capitale circolante.
    Nel 2020 è intervenuto l’aumento di capitale di 4 milioni di euro, che ha portato la posizione finanziaria netta a 4.6 milioni. Vedremo come verranno utilizzati questi soldi.

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO

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    Frescobaldi – risultati e dati di bilancio 2020

    Pur subendo un calo delle vendite del 13% a 106 milioni di euro, più marcato nel mercato italiano, Frescobaldi ha registrato nel 2020 risultati finanziari sostanzialmente stabili rispetto al 2019 (utile operativo di 28 milioni e utile netto di 19), grazie all’attento controllo dei costi. Gli investimenti sono stati concentrati su quelli strategici, amplificando la generazione di cassa, pur in un anno così sfortunato. L’azienda incomincia quindi il 2021 con un saldo di cassa netta di 17 milioni di euro e una previsione di vendite stabili rispetto al 2020. Grafici, tabelle e commento più approfondito nel prosieguo del post.

    Le vendite hanno subito un calo più pesante nel mercato italiano, -23% a 35 milioni di euro, mentre le esportazioni sono scese soltanto del 7% a 71 milioni di euro, presumibilmente beneficiando del buon andamento del mercato americano, che rappresenta circa un quarto del fatturato totale e quindi un buon 35-40% di tutta l’attività fuori dall’Italia.
    Nell’anno della pandemia Frescobaldi ha mantenuto il primo margine invariato sopra l’80%, stante un’incidenza degli acquisti pari al 18% delle vendite (l’azienda produce perlopiù con materie prime vinicole prodotte internamente). A fronte del fatturato più contenuto l’impatto negativo sul primo margine è stato di circa 3 milioni di euro. Il taglio di costi è stato invece particolarmente marcato nell’ambito dei servizi, scesi da 36 a 24 milioni di euro con una riduzione molto forte delle attività di marketing, pubblicità, consulenze. Ciò ha consentito di risparmiare 12 milioni di euro e di più che compensare l’impatto negativo sui margini derivante dal costo del personale, che è calato soltanto di 1 milione di euro, a 24 milioni. A livello operativo quindi i dati sono stabili rispetto al 2019, 41 milioni di margine operativo lordo e 28 milioni di utile operativo, con un margine sulle vendite che sale di 4 punti percentuali al 39% e 27% rispettivamente.
    Con oneri finanziari e minoranze circa stabili e niente tasse, l’utile netto di 18.8 milioni di euro è perfettamente in linea con il 2019.

    A livello finanziario e patrimoniale ci sono due cose da notare: per prima cosa, la rivalutazione del marchio Frescobaldi per 25 milioni di euro, a fronte del pagamento (nel 2021) di una imposta sostitutiva del 3%. Dopodiché questi 25 milioni di euro saranno ammortizzati per 18 anni, generando uno scudo fiscale al 24%. Il vantaggio sarà significativo (stimo circa 5 milioni di euro spalmato negli anni). Ciò ha determinato un corrispondente incremento del capitale investito, finito nel patrimonio netto. La seconda cosa è relativa al rafforzamento del profilo finanziario. Nel 2020, gli utili sono stati stabili ma gli investimenti sono calati a 10 milioni di euro, il livello più contenuto dal 2013 a questa parte. Pur pagando 5 milioni di euro di dividendi (in leggerissimo incremento sul 2019), il debito di 2 milioni di euro del 2019 si è trasformato in 17 milioni di euro di cassa.
    Poco viene detto relativamente alle previsioni del 2021, salvo che nonostante l’inizio difficile, l’incoraggiante progresso della campagna vaccinale potrebbe consentire di raggiungere un fatturato simile al 2020.

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    Argentina – esportazioni di vino – aggiornamento 2020

    Le esportazioni argentine hanno tenuto botta nel 2020 perdendo soltanto il 4% per un valore di 680 milioni di euro. A consentire un andamento così poco negativo in un anno difficile come il 2020 sono state due componenti, in parte sovrapposte: l’andamento particolarmente positivo nel Regno Unito (+7% a 110 milioni di euro) e la forte crescita nelle esportazioni di vino sfuso (da 1.1 a 1.9 milioni di ettolitri, per un valore passato da 59 a 74 milioni di euro). La situazione nel mercato americano continua a deteriorare dopo gli anni d’oro del Malbec e la diversificazione geografica delle esportazioni argentine di vino continua a migliorare: gli USA sono nel 2021 scesi a una quota del 29% delle esportazioni argentine, contro il picco di oltre il 40% raggiunto nel 2012. Bene, fatta questa premessa andiamo a guardare i dati in dettaglio, anche per rispondere alla domanda: dove è andato tutto questo vino sfuso?

    Le esportazioni di vino argentine sono cresciute nel 2020 in volume da 3 a 3.8 milioni di ettolitri ma a questo è corrisposto un calo del 4% a valore a 680 milioni di euro per via del deterioramento del mix esportato, con il forte incremento dei vini sfusi cui abbiamo accennato sopra.
    Il mercato americano resta la principale destinazione del vino argentino, ma perde anche nel 2020 il 9% scendendo poco sotto i 200 milioni di euro. I volumi spediti nel mercato USA sono scesi in modo corrispondente a 612mila ettolitri.
    Il calo americano è parzialmente compensato dal Regno Unito, salito del 7% da 102 a 110 milioni di euro (con un forte incremento dei volumi, +33%) e dal Brasile, passato da 52 a 58 milioni (+12%).
    Ma dove è andato tutto questo vino argentino vi chiederete? Beh, secondo UN Comtrade sono stati Spagna e Cina ad assorbire un gran quantitativo, rispettivamente da 48mila a 378mila ettolitri e da 154mila a 387mila ettolitri.

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    Tannico – risultati 2020

    Come per le aziende di produzione, anche nel segmento del commercio (soprattutto elettronico) stanno succedendo diverse cose. Campari ha acquistato la metà di Tannico rifinanziandola e si è impegnata per altri 30 milioni di euro per promuovere l’acquisizione di Ventealaproprietè in Francia, cercando dunque di “internazionalizzare” il business dell’azienda molto incentrato sull’Italia. Ma non è successo soltanto questo, Italmobiliare è entrata non solo in Botter/Mondodelvino ma anche in Callmewine (12.3 milioni di vendite nel 2020, investimento di 13 milioni per il 60% dell’azienda, in parte come aumento di capitale), altro player nazionale nel segmento dell’ecommerce di cui analizzeremo il bilancio tra qualche giorno. È notizia di qualche giorno fa, infine, l’acquisizione da parte di Quadrivio-Pambianco di Xtrawine, il terzo grande ecommerce italiano del vino (10.8 milioni di fatturato nel 2020), con una spiccata propensione alle esportazioni.
    Tornando a Tannico, oggi guardiamo ai dati di bilancio 2020. Con il COVID, la crescita delle vendite è ulteriormente accelerata, +83% a 37 milioni di euro rispetto al precedente triennio caratterizzato da una crescita del 44% annua. Con un leggero miglioramento del margine lordo Tannico è riuscita a compensare i maggiori costi operativi e ha chiuso con una perdita allineata agli anni scorsi, 1.6 milioni. Le maggiori novità vengono però dal lato finanziario, dove con l’ingresso di Campari l’azienda ha visto la posizione di cassa migliorare da 2.9 a 9.5 milioni di euro. Togliendo i 7.8 milioni contribuiti nel 2020, la cassa bruciata nell’anno è stata circa 1.2 milioni di euro. Passiamo a una breve analisi dei numeri.

    Il fatturato in Italia cresce dell’83%, mentre più che raddoppiano le vendite in Europa che restano però marginali (5%). Ancora meno importante il contributo del “resto del mondo”, al 2% del fatturato.
    Il margine lordo sulle vendite migliora, dal 27% al 29%, mentre crescono in linea con le vendite le spese per servizi, dove il minor prezzo medio di vendita dei prodotti ha determinato un aggravio più che proporzionale dei costi di logistica.
    Il bilancio chiude con una perdita operativa di 1.6 milioni (come nel 2019) e una perdita netta simile e uguale anch’essa al 2019.
    La parte finanziaria è più interessante, con il contributo di 7.8 milioni da Campari ma anche l’inizio di un piano di investimenti da quasi 4 milioni per un nuovo centro logistico, di cui appunto 1 milione già speso nel 2020. C’è poi un investimento di circa 0.5 milioni per il nuovo winebar a Milano.

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    Esportazioni di vino italiano – aggiornamento aprile 2021

    Le esportazioni italiane di vino si sono ulteriormente riprese in Aprile, che ha segnato un +30% sul già indebolito aprile 2020 ma anche un +19% sul corrispondente mese del 2019. Come molti hanno già commentato, questo balzo riporta a +4% il saldo da fine anno e colma una parte del gap COVID (vedere grafico all’interno). Sui 12 mesi le esportazioni sono ancora a -1.5%, circa 150 milioni distanti dal picco precedente. I dati dettagliati di seguito restituiscono un quadro di forte rimbalzo in tutte le geografie (da notare che la Cina torna nella top 10 dell’export dei vini in bottiglia), ma comunque il mercato più debole resta il Regno Unito (-12% nei 4 mesi, molto vicini sia spumanti che vini in bottiglia a questo dato), il Canada, la Svezia e il Giappone. Sono invece marcatamente positivi i dati relativi al Belgio (+50% nei 4 mesi) e della Svizzera (+23%). Il mercato USA, di gran lunga il più importante per l’Italia ha chiuso i 4 mesi con 510 milioni di euro, -3%. Dati dettagliati e grafici sono nel seguito del post. Buona consultazione.
    Fonte: ISTAT

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    Emilia Romagna – produzione di vino 2020 – dati ISTAT e MIPAAF

    Continuiamo il viaggio tra le regioni italiane con i dati relativi all’Emilia Romagna, mostrando come da qualche settimana a questa parte sia i dati ISTAT che i dati MIPAAF. Le serie storiche sono relative a ISTAT e sono quelle che storicamente pubblichiamo. Dal 2020 ho poi trovato anche i dati del Ministero (MIPAAF) e quindi trovate nel grafico qui sotto che cosa dicono le due fonti. La differenza nel caso dell’Emilia Romagna è a dir poco sconcertante. Secondo ISTAT in Emilia Romagna si producono 6.6 milioni di ettolitri di vino, secondo il ministero sono invece 7.9 milioni di ettolitri. Beh, c’è di che lamentarsi essendo entrambe le fonti pagate dai contribuenti italiani. La differenza come vedete dal grafico risiede soprattutto nel dato produttivo relativo ai vini da tavola, che il MIPAAF stima essere vicino a 4 milioni di ettolitri, mentre per ISTAT si ferma a 2.7 milioni. Sono invece più allineati gli altri dati, talchè si può dire che nel 2020 si sono prodotti circa 400mila ettolitri di vini DOC bianchi e 1.2-1.3 milioni di DOC rossi, 1.1 milioni di ettolitri di IGT rossi e 1.1-1.2 milioni di ettolitri di IGT bianche. Spero che il post possa rispondere alle vostre domande e non porvene delle altre. Il mio commento oggi si ferma qui. All’interno del post trovate i grafici storici dell’ISTAT (che dal 2020 non riporta più la produzione di mosto e quindi ho cancellato la colonna). Buona consultazione.

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    Santa Margherita – risultati e dati di bilancio 2020

    Pur con un calo del fatturato vicino al 10%, Santa Margherita è riuscita nell’anno del COVID a generare più profitti che nel 2019 (46 milioni di utile operativo contro 44 dell’anno scorso). Il bilancio che analizziamo oggi contiene alcune importanti discontinuità a livello fiscale e patrimoniale, visto che l’azienda ha da un lato definito con l’Agenzia delle Entrate la pratica “patent box” (6 milioni di euro di beneficio relativo al 2015-19 ma contabilizzato quest’anno) e dall’altra ha aderito allo schema di rivalutazione dei beni aziendali (per 101 milioni) che ha un impatto importante sul capitale investito (e dal prossimo anno presumibilmente dal livello degli ammortamenti. Tornando ai temi importanti, i cali di vendite più importanti sono stati nei marchi recentemente acquistati (Mesa e Ca Maio, -20% e -16% rispettivamente) ma l’azione di “protezione dei profitti” è parallela a tutta l’azienda e deriva dal forte taglio delle spese pubblicitarie e dei servizi, dal beneficio dei minori costi delle materie prime e, in piccola parte, dal supporto governativo. Poco si dice delle previsioni 2021, salvo che il fatturato dei primi mesi del 2021 è in decremento rispetto all’anno precedente. Passiamo ai numeri.

    Le vendite calano del 9.2% a 172 milioni, con una riduzione leggermente meno marcata per il vino confezionato a 8.5%, con l’Italia a -15.8% e le esportazioni a -5.1%. Per entità legale, Santa Margherita cala del 10%, Ca’ del Bosco dell’11%, Pile e Lamole del 12%, Ca’ Maiol del 16% e Mesa del 20%, mentre l’attività dell’importatore americano è giù del 5% (-1.6% escluso l’impatto dei cambi).
    A fronte di questo calo delle vendite, l’EBITDA del gruppo sale del 4% a 57 milioni di euro (margine dal 29% al 33%) e l’utile operativo cresce del 5% a 46.5%. Sotto l’utile operativo i dati sono fortemente influenzati dai componenti di cui discutevamo sopra e di quelle relative allo scorso anno, che hanno determinato un’aliquota fiscale particolarmente bassa quest’anno (8%) e molto alta l’anno scorso (57%), in entrambi i casi lontana dalla media del gruppo del 25% circa degli ultimi anni. Ad ogni modo, l’utile netto è stato 38 miloni, dai 20 del 2019 e dai 26 del 2018.
    Non abbiamo visibilità sui conti consolidati relativamente ai costi, ma per quanto riguarda Santa Margherita SpA, il costo degli acquisiti è sceso di circa 1-1.5% rispetto alle vendite, sono state poi tagliate del 25% le spese pubblicitarie e ovviamente non si è viaggiato.
    Passando per chiudere alla parte finanziaria, il debito finanziario netto sale da 146 a 153 milioni di euro dopo aver distribuito 20 milioni di euro di dividendi all’azionista (11 milioni nel 2019). Il patrimonio netto e il capitale investito sono fortemente influenzati dalla rivalutazione e dunque determinano per converso un calo del ritorno sul capitale. Più importante invece è sottolineare come anche in un anno difficile come il 2020 Santa Margherita sia riuscita a generare cassa.

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    Constellation Brands – risultati primo trimestre 2021

    Forse è vero che Constellation Brands ha risultati soddisfacenti (io non sono tanto d’accordo), ma sicuramente non è vero che la divisione vino va bene. Le vendite calano e non soltanto per la dismissione di alcuni brands a Gallo. I margini della divisione calano, mentre dovevano salire perchè avevano venduto i marchi a basso margine. Invece, complice anche la vendita di vino sfuso “affumicato” dagli incendi, siamo scesi al 23% dal 26-27% storico. E poi, lasciatemi dire, quando un’azienda sbandiera un aumento delle previsioni di utile e questo aumento è da 9.95-10.25 a 10.00-10.30 (utile netto rettificato da una serie infinita di cose, tra cui la cannabis), beh allora c’è qualcosa che non torna. Infine, il comunicato stampa è pieno di riferimenti al programma di riacquisto di azioni sul mercato che andrà ben oltre la generazione di cassa dell’azienda, determinando quindi (come già successo in questo primo trimestre, un incremento del debito aziendale. Bene, per chi è interessato segue una breve analisi dei risultati con focus sulla parte vino.

    Le vendite del primo trimestre sono calate da 10.8 milioni di casse a 6.7 milioni, ma se togliamo quelle dei marchi venduti il confronto sarebbe da fare con 6.3 milioni, quindi con un incremento di volumi del 6%. Purtroppo però le depletions, cioè le vendite dei distributori ai dettagliani sono calate del 7.5%, il che significa che nel complesso le cose non sono andate coì bene.
    In termini di fatturato, il calo per il vino è del 20% (causa dismissioni) a 398 milioni di dollari. Se aggiungiamo gli spirits, che fanno parte del medesimo segmento, arriviamo a 455 milioni, con un calo del 28%.
    I margini sono in caduta a causa anche dei danni dovuti agli incendi, che hanno costretto il gruppo a cedere quantitativi ingenti di vino sfuso a prezzo di costo. Il margine operativo del trimestre scende al 23%, che è anche la media degli ultimi 12 mesi.
    Constellation mantiene la guidance invariata per la sua divisione vino e cioè: un calo del 22-24% del fatturato, un calo del 23-25% dell’utile operativo, tutto dovuto alle dismissioni, in quanto la previsione di vendite “organiche” è di fare +2/+4%. Niente a che vedere con l’obiettivo di +7/9% per la birra.
    Dal punto di vista finanziario e allargando al gruppo globalmente, l’indebitamento risale a 11 miliardi di dollari dopo aver pagato nel trimestre tra dividendi e riacquisti di azioni circa 560 milioni. La previsione del management per l’anno è di acquistare azioni proprie per altre 500 milioni, per poi allargare il piano a 2.5 miliardi di dollari nel corso del 2022.

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