Gli Appuntamenti con la tradizione che da ormai una decina d’anni i fratelli Merzari organizzano nella loro bella Villa de Winckels (ristorante, hotel, bistrot), sono dei piccoli eventi enogastronomici magnificamente organizzati che ogni volta richiamano centinaia di appassionati da Verona e zone limitrofe. Il luogo – Tregnago – non è proprio a portata di mano per chi non è dell’Est veronese, ma il viaggio vale l’esperienza. Dopo il Valpolicella Superiore (tenutosi a novembre 2018), giorni fa era la volta dell’Amarone della Valpolicella: in degustazione le annate in commercio, e non solo. Tra nuovi ingressi e vecchie conoscenze, assaggiare randomly tra i quasi 60 produttori ha permesso di avere una panoramica su come si muovono le cose (più o meno consapevolmente) nel panorama di questo celebre rosso veronese. C’è un grande impegno (che a volte sconfina nell’ansia), soprattutto nei produttori più giovani, di produrre nel modo più naturale possibile, inseguendo uno stile che per molti intende essere agli antipodi con quello che ha reso famoso l’Amarone nel mondo. Il nuovo Amarone vuole insomma essere un vino con più frutto, più eleganza, meno alcol, più bevibilità. Peccato che, finora, pochi riescano a centrare questo obiettivo. In molti dei vini assaggiati la materia prima è sì di elevata qualità, ma il risultato finale appare un po’ sghembo: poco male, è solo questione di tempo, e di farsi un (bel) po’ d’esperienza in campo e in cantina. L’alcol, in particolare, in più di un campione ci è sembrato fuori fase rispetto alla struttura complessiva, come una testa troppo grande piazzata su un fisico esile. Del resto, l’Amarone è un vino molto tecnico, occorrono anni per imparare a gestire ll’appassimento. E’ stato comunque positivo riscontrare nei vini assaggiati una bella asciuttezza, quasi un desiderio di rigore , di verticalità dopo anni di larghezze e morbidezze eccessive. Un cambio di registro che non potrà che far bene a questo vino, perchè finalmente torna a renderlo un amico – e non concorrente – del cibo.
Di seguito, qualche nota presa qua e la’:
Pietro Zanoni, “Amarone della Valpolicella Zovo 2011”: polvere di caffè al naso e in bocca, spezie scure, buona salinità, equilibrato.
Rubinelli Vajol, “Amarone della Valpolicella 2012”: erbe balsamiche e ciliegia sotto spirito, buona stuttura
Roccolo Grassi, “Amarone della Valpolicella 2012″: fruttato rosso al naso e in bocca, lungo e di grande finezza
Massimago, “Amarone della Valpolicella 2015”: fresco e scattante, sa di prugna e noci
Falezze di Luca Anselmi, “Amarone della Valpolicella 2012”: frutta scura al naso e al gusto, rotondo, ancora troppo giovane
Corte Scaletta, “Amarone della Valpolcella 2012”: profumi di menta ed erbe di campo, tannini di seta grezza, sottobosco e funghi.
Piccoli Daniela, “Amarone della Valpolicella Monte La Parte 2011”: sentori quasi floreali, in bocca fruttini rossi e neri di rovo ben maturi, sontuoso, un bel tessuto di velluto damascato.
San Cassiano, “Amarone della Valpolicella Riserva 2013”: bel vino, ricco, fruttato maturo, molto equilibrato e armonico a dispetto dei 17 gradi alcol.
Terre di Leone, “Amarone della Valpolicella 2014”. nell’annata in cui la Natura ha cercato di insegnare ai vigneti a nuotare, un vino aderente allo stile maranese: più balsamico che fruttato, elegante e lungo.
Per finire, una nota di merito va, oltre che all’organizzazione (vorrei che tutti quelli che organizzano degustazioni, Consorzi di Tutela in primis, prendessero esempio dagli appuntamenti di Villa de Winckels, che non lesina mai sulle bottigliette d’acqua), alla parte gastronomica. Personalmente ho trovato ottime le pizze di “Il Roccolo Pizza&Vino”, molto buoni i formaggi di capra di “Malga Fagioli”, ma soprattutto fantastici i bocconi di gallinella in guscio di polenta fritta della cucina del ristorante. Dopo tutto, la buona riuscita di eventi come questo dipende anche da questi (non piccoli) dettagli.