Correva l’anno 2017 quando il Collio Bianco Gran selezione, realizzato con le varietà autoctone storiche, friulano (dal 40% al 70%) – ribolla gialla (max 30%) e malvasia (max 30%), sembrava dovesse trovare la strada spianata grazie all’approvazione del nuovo Disciplinare che prevedeva, tra l’altro, oltre al recupero dell’uvaggio storico, l’ uscita sul mercato dopo almeno 24 mesi d’invecchiamento e con una riconoscibilità evidente dovuta alla “Bottiglia Collio”, pensata qualche anno prima da Edi Keber. Era l’idea vincente per riposizionare il Collio tra i grandi terroir del mondo. Come spesso succede, quando si tratta di mettere d’accordo più teste che la pensano in modo diverso, l’idea rimase al palo, preferendo il mantenimento dello status quo. In realtà questo pensiero non ha mai abbandonato un manipolo di produttori che in quel disegno, marcatamente identitario, vedevano e vedono una straordinaria possibilità per il rilancio del Collio tout court.
A questo proposito la Cantina Produttori di Cormons, Terre del Faet, Edi Keber e Muzic, hanno fortemente voluto riproporre quel progetto che adesso prende il nome di “Collio Bianco da uve autoctone”, dotandosi di una sorta di manifesto programmatico che si potrebbe riassumere in questi punti:
- Utilizzo bottiglia Collio
- Il marchio “Collio –vino da uve autoctone” va posizionato nella parte superiore dell’etichetta frontale, la scritta Collio deve avere una dimensione minima di 1,5 cm
- C’è la possibilità di utilizzare retro etichette e di utilizzare o meno il marchio anche su queste
- Etichetta di dimensione 7×11 (oppure dimensioni simili) con sfondo chiaro
- Utilizzo del nome “Collio Uve Autoctone” nella promozione, guide, siti e materiale pubblicitario per dare il più possibile un’identità comune ai vini dei diversi produttori
- Preferibile non affiancare nomi di fantasia
- Uscita del vino ad almeno 18 mesi dalla vendemmia
- Utilizzo di tutte le tre varietà autoctone (friulano, malvasia, ribolla gialla ) con prevalenza del friulano
- Vino senza macerazioni o con macerazioni brevi prefermentative
- Possibilità di utilizzare botti di legno per l’affinamento (preferibilmente legno grande) senza che il legno abbia predominanza organolettica sulle note varietali dei vitigni
- Nel caso di utilizzo di menzioni (es. riserva) è preferibile che vengano indicate solamente in retro etichetta per mantenere la continuità grafica sul fronte etichetta
Le buone idee, si sa, sono contagiose; non è un caso che il Collio Bianco da uve autoctone abbia fatto breccia anche in altri cuori; presto si aggiungeranno i produttori Maurizio Buzzinelli, Korsic e Alessio Komianc e via via altri, il perché è facile intuirlo leggendo le parole di Andrea Drius (Terre del Faet) che riassumono l’essenza di tutto il progetto:
“Questa “nuova – vecchia “idea di vino per noi è fondamentale per dare identità allo storico Bianco delle nostre Colline.
Pensiamo che mettere il Territorio davanti a tutto, anche a costo di fare un passo indietro come aziende sia fondamentale per riportare il Collio al prestigio che aveva un tempo.
La speranza è che sia un vino riconoscibile, che finalmente si parli di Collio e non si parli di varietà di uva .
Avremmo vinto quando si dirà “beviamo un Collio “ ed a nessuno importerà nulla delle varietà , ma tutti sapranno cosa aspettarsi .
Troppo spesso i grandi vini friulani sono conosciuti con nomi aziendali e di fantasia, ed è riconoscibile uno stile personale.
Cercheremo invece di puntare su uno stile di territorio e per fare questo abbiamo deciso di ascoltare quella che è la storia della nostra zona. La cosa più importante è fare una scelta ed avere un racconto univoco da comunicare in giro per il mondo.
Per le varietà che utilizziamo ci rifacciamo alla storia. Sono le varietà che si sono diffuse nel primo dopo guerra perché si adattavano al meglio alle nostre colline (ribolla parti alte, tocai metà collina , malvasia zone calde e con più acqua ) ed erano state scelte dai contadini senza nessuno scopo commerciale. Si piantava la varietà che dava migliori risultati nel posto ideale, senza essere influenzati da spinte commerciali.
Crediamo che sia il messaggio più forte che possiamo comunicare come vino, come storia e come territorio .
Per fare questo abbiamo deciso di richiamare le vecchie etichette dove la parola Collio era sempre nella parte superiore e sempre scritto molto. In grande, era un vanto scriverlo e non sono un obbligo.”