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    Esportazioni di vino Italia – aggiornamento aprile 2024

    Con un balzo del 16% nel mese di aprile, le esportazioni italiane di vino chiudono il primo quadrimestre a +7% (2.53 miliardi di euro) e riportano le lancette dell’orologio degli ultimi 12 mesi a zero, ossia 7.93 miliardi già visti di questi tempi proprio un anno fa. Il dato di aprile preso singolarmente ha poca rilevanza, essendo impattato dalla tempistica della Pasqua (che aveva avuto un impatto negativo in marzo, -4%) e da una base di confronto più favorevole (aprile 2023 era stato il primo mese negativo dell’anno, -4%), ma certamente il risultato è positivo, tanto più che una delle due componenti (quella della base di confronto favorevole) si ripresenterà anche nelle prossime 5 mensilità, da maggio a settembre compreso. Inutile richiamare le solite gerarchie, spumanti meglio di vini fermi (+23% contro +15%). Vale forse la pena di fare una delle altre solite considerazioni di queste pagine: i dati restano fortemente guidati dai volumi e non dal prezzo/mix: in aprile solo +2% del +16% rilevato, nei primi 4 mesi +1% del +7% di cui sopra e nei 12 mesi 0%. O forse due considerazioni: la Russia è +75% sul mese, +126% sui 4 mesi (tornando a un livello del 4% totale). Vi piace? A me no. Nel resto del post commenti più dettagliati e tutte le tabelle.

    Le esportazioni crescono del 16% a Aprile a 690 milioni di euro, con +15% per i vini fermi in bottiglia a 460 milioni, +23% per gli spumanti a 191 milioni e +9% a 39 milioni per tutto il resto.
    Muovendoci sul primo quadrimestre, il saldo è a +7%, 2530 milioni, con i vini fermi in bottiglia a 1702 milioni, +6%, gli spumanti a +11% per 684 milioni (poco rilevanti in questo periodo dell’anno) e il resto a 145 milioni, -1%.
    Tutti i principali mercati sono positivi nel mese, mentre qualche segno negativo si vede ancora nel saldo quadrimestrale. In particolare, gli USA sono a +6%, la Germania e il Regno Unito a +2% e +12% rispettivamente, la Svizzera resta negativa a -3%, il Canada sale a +11%, la Francia è ancora a -6% (con una base di comparazione difficilissima, peraltro). Come dicevamo la Russia chiude a 103 milioni di euro e un incremento del 126% sul medesimo periodo dello scorso anno. La Cina è a 29 milioni, sostanzialmente stabile rispetto al livello dei primi 4 mesi dell’anno scorso.
    I dati sono migliori per gli spumanti, come vedete dalla tabella allegata sotto. USA a +4%, Regno Unito +14%, Germania e Francia +5/6%, Russia +121% e Belgio a +30%.
    Vi lascio alla consultazione delle tabelle, anticipandovi un ulteriore aggiornamento prima di Ferragosto (11 agosto per la precisione) con i dati di maggio.

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    Cava – produzione e vendite, aggiornamento 2023

    La produzione e le vendite di Cava nel 2023 sono rimaste stabili poco sopra 250 milioni di bottiglie, grazie al recupero del mercato domestico che ha compensato la flessione nei mercati extraeuropei (dopo due anni eccezionali, a onor del vero), tra i quali USA, Giappone e Russia hanno rivestito un ruolo particolarmente importante in questo deterioramento. Alcuni trend che avevamo negli ultimi anni sembrano essersi interrotti. Parliamo in particolare del processo di “premiumizzazione” del prodotto, dove le categorie “riserva” e “gran riserva” regrediscono a favore dei prodotti più basici, ma anche del prodotto rosato, che non si discosta dal 10% circa del totale prodotto e venduto. Unico trend ancora in atto è quello “bio”, con questo tipo di prodotti che ormai hanno raggiunto una quota del 15% sul totale. Proseguiamo l’analisi all’interno del post con l’aiuto di diversi grafici e tabelle.

    Le vendite di Cava sono rimaste sostanzialmente stabili a 254 milioni di bottiglie nel 2023, un livello compatibile con quanto visto dal 2017 a questa parte (e con l’eccezione dell’anno Covid 2020). Di queste circa 81 milioni sono in Spagna, con un rimbalzo del 4% dopo un pessimo 2023. Come potete apprezzare dalla tabella, il consumo di Cava in Spagna è del 20% circa sotto i livelli di circa 20 anni fa (100 milioni di bottiglie).
    Il mercato europeo resta sotto le 100 milioni di bottiglie con un piccolo recupero, mentre il mercato extraeuropeo dopo due anni di forte crescita (+30% sia nel 2021 che nel 2022) cala del 5% a 73 milioni di bottiglie.
    Se guardiamo ai principali paesi esteri, la Germania resta il primo mercato con 31 milioni di bottiglie, +4%, il Belgio diventa il secondo mercato estero con 22 milioni (+5%), mentre gli USA scalano terzi con un calo del 13% per 19 milioni di bottiglie. Tra gli altri mercati esteri con le variazioni più significative, va sottolineato il calo del 13% del Giappone con 10 milioni di bottiglie e del 14% della Russia con 6.4 milioni di bottiglie. Eccezionali in senso positivo invece sono l’andamento in Brasile (da 1.9 a 3.3 milioni di bottiglie, +76% dopo diversi anni intorno a 1-1.5 milioni) e quello della Polonia, ugualmente in crescita su un livello mai toccato prima, 2.9 milioni di bottiglie, +35%
    Guardando alle tipologie di prodotto, come dicevamo, Riserva giù del 18% a 23 milioni di bottiglie, Gran Riserva -5% a 4 milioni, quindi prodotto “base” a compensare salendo leggermente a 224 milioni.
    I vini rosati sono a circa il 9% del prodotto totale, in leggero calo rispetto a 2021 e 2022, mentre i vini bio sembrano continuare a crescere, dal 13% al 15% del totale tra il 2022 e il 2023.

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    Vendite al dettaglio di vino (GDO Italia) – dati Circana, primo semestre 2024

    Fonte: Circana. Dati elaborati da I numeri del vino. Nota bene: i dati vengono ri-basati di trimestre in trimestre per le variazioni del campione
    I dati di vendita di vino nella GDO per il secondo trimestre mostrano un calo del 2% a circa 700 milioni di euro. In realtà i dati andrebbero più letti in ottica semestrale, in quanto la tempistica della Pasqua ha determinato un calo di quasi il 5% delle vendite di spumanti, che era stato accorpato nel +13% del primo trimestre. Se passiamo per un momento ai sei mesi, le vendite crescono dell’1.6% a 1.4 miliardi di euro con un calo dei volumi dell’1.3% a 3.54 milioni di ettolitri, incorporando quindi ancora un impatto positivo nei prezzi del 3%. E in questo contesto l’andamento degli spumanti resta più positivo di quello del vino fermo: nel semestre, +3.3% per le vendite in euro contro +1.2% per i vini fermi. Nonostante una primavera fredda, soprattutto al nord, continua l’andamento negativo dei vini rossi a vantaggio dei vini bianchi e ricomincia ad allargarsi la forbice tra i vini DOC e i vini IGT, a vantaggio dei secondi che hanno un prezzo del 35% più basso, un segno chiaramente negativo rispetto all’evoluzione strutturale del passato, tesa verso i vini di maggiore qualità. Bene, fatte queste premesse l’analisi continua nel resto del post con grafici e tabelle dettagliate.

    Le vendite di vino nella GDO nel secondo trimestre calano dell’1.8% a 699 milioni di euro, con un impatto negativo dei volumi del 3% a 1.75 milioni di ettolitri e un beneficio dell’1.2% del prezzo medio al litro, 4 euro. I dati semestrali restano in territorio positivo: +1.6% a valore, -1.3% a volume e +2.9% in termini di prezzo medio.
    Gli spumanti calano nel trimestre del 4.7% a 145 milioni, mentre i vini fermi sono a 1% per 547 milioni. Nel secondo trimestre i vini rossi sono a -4% (confrontandosi con un ottimo secondo trimestre 2023), i vini bianchi crescono del 2% e i vini rosati del 2.7%.
    In termini di categorie, i vini DOC calano del 2.2%, i vini da tavola dell’1.1% mentre i vini IGT (dove probabilmente si concentrano maggiormente rosati e bianchi) crescono dell’1.5%.
    Nel segmento degli spumanti i vini Charmat secchi sono comunque meno peggio delle altre categorie con un calo del 3.2% (contro -6% per i metodo classico).
    Guardando all’epoca pre-covid, quindi su un ottica di 4.5 anni, il vino fermo cresce in valore del 14% e cala in volume del 3.6%, il vino spumante cresce del 43% in valore (+53% per gli Charmat secchi) e del 27% in volume (+36%). Nel segmento dei vini fermi, i vini IGT sono a +21%, i vini DOC a +16% mentre i vini da tavola sono a +1% rispetto a fine 2019. Per colore, +30% i rosati, +17% i bianchi e +11% i rossi, in quest’ultimo caso con un calo dell’8% dei volumi venduti, contro i volumi stabili dei vini bianchi.

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    Veneto – produzione di vino e superfici vitate 2023 – dati ISTAT

    La produzione di vino in Veneto è calata del 10% a 10.6 milioni di ettolitri secondo i dati ISTAT, ma si è mantenuta al di sopra della media del decennio precedente (circa 10.25 milioni di ettolitri). I dati che commentiamo oggi sono abbastanza compatibili con le risultanze dell’altra fonte di dati sulla produzione vinicola, AGEA (che ho tratto da una presentazione ISMEA, la quale si è rifiutata di condividere ulteriori dettagli), che raccoglie le dichiarazioni di produzione e che dice 11.1 milioni di ettolitri, con una variazione negativa del 12% rispetto al 2022. L’andamento produttivo è simile per i vini bianchi che per i vini rossi, i primi ovviamente sopra la media storica a differenza dei secondi per via del fenomeno del Prosecco, mentre dal punto di vista della categorie qualitative sono i vini IGP che calano un po’ di meno, pur mantenendosi largamente sotto le medie storiche. Secondo ISTAT, infine, la superficie vitata scende del 2% a 93 mila ettari. Il Veneto resta la regione con la produzione di vino più elevata d’Italia seguita dalla Puglia (6 milioni di ettolitri circa nel 2023). Passiamo a un’analisi più dettagliata nel post con diverse tabelle e grafici.

    La produzione di vino in Veneto è stata di 10.6 milioni di ettolitri secondo ISTAT e 11.1 milioni di ettolitri secondo AGEA, con un calo del 10% e 12% rispettivamente rispetto al 2022 secondo queste fonti.
    I vini bianchi sono calati del 10% a 8.7 milioni di ettolitri, ma sono rimasti largamente sopra la media dei 10 anni precedenti (8 milioni), con un peso dell’81% della produzione di vino, ormai stabile da qualche anni. I vini rossi sono calati marginalmente di più, -11% a 2.2 milioni di ettolitri, e sono ben sotto la media decennale di 2.23 milioni di ettolitri.
    Categorie qualitative. I vini DOC sono giù del 13% a 8 milioni di ettolitri (75% della produzione totale), mentre i vini IGT con 2.25 milioni di ettolitri calano del 4% soltanto. I punti di partenza erano però diversi, essendo i DOC comunque del 18% sopra la media storica e gli IGT del 18% sotto la media. Il calo della produzione DOC è più marcato per i vini bianchi (-13% a 6.7 milioni di ettolitri) che per i rossi (-12% a 1.06 milioni), mentre nel caso degli IGT tutto il calo è concentrato nei vini rossi (-12% a 0.9 milioni di ettolitri) mentre gli IGT bianchi, 1.4 milioni di ettolitri, sono stabili.
    Infine uno sguardo ai dati di superficie vitata, 93 mila ettari, -2%, dei quali 40600 a Treviso (-2%), 28720 a Verona (+1%) e 9mila in provincia di Venezia (-6%).

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO

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    I risultati delle aziende produttrici di spumante – dati 2022 – aggiornamento Mediobanca

    Le aziende vinicole italiane specializzate nella produzione di vini spumanti (56 nel rapporto attuale) hanno continuato a crescere più del campione totale di Mediobanca anche nel 2022 (ossia +17% contro +9%) ma hanno subito in maniera più marcata le pressioni inflazionistiche, tanto che il margine (pur partendo da un livello leggermente più basso) è sceso in maniera più marcata (5.3% contro 5.9% del campione totale). Alla fine dei conti, a livello operativo le cose vanno addirittura peggio che per il campione generale (-4% contro il -1% del campione totale) anche se il debito è sceso, mentre quello del campione è rimasto sostanzialmente stabile, ma chiaramente con una crescita tanto marcata delle vendite forse ci si sarebbe aspettato qualcosa di meglio. Anche perché, nel 2023 si assisterà alla normalizzazione della componente estera, che rimane in termini di peso al di sotto del campione generale (42% del totale contro 51%). Ma entriamo più nel dettaglio con ulteriori grafici di confronto e la tabella riassuntiva.

    Le vendite del campione Mediobanca delle aziende spumantistiche crescono del 17% a 3 miliardi di euro, con un +17% per le vendite estere a 1.25 miliardi e +16.5% per le vendite italiane a 1.74 miliardi di euro.
    I margini come dicevamo sono calati più che per il campione totale. In particolare, il valore aggiunto cala di 2 punti percentuali dal 17% al 15%, livello più basso dal 2013 a questa parte, per una crescita in valore assoluto soltanto del 2%. Con un costo del personale in salita del 6% (e gli occupati che crescono da 3241 a 3423) e ammortamenti a +2%, l’utile operativo cala del 4% a 157 milioni di euro per un margine del 5.3% (6.4% lo scorso anno). I maggiori oneri finanziari (+21%) e tasse stabili appesantiscono poi l’utile netto, in calo del 9% a 124 milioni, dopo il record di 137 del 2021.
    A livello finanziario, il debito scende da 480 milioni a 455 milioni, il che implica una leva finanziaria stabile sul MOL a 1.8 volte e un miglioramento del rapporto debito su patrimonio dal 24% al 21%. Gli investimenti del comparto spumantistico sono leggermente calati nel 2022 a 125 milioni (134 nel 2021) per un peso sul fatturato del 4% contro il 5% dell’anno scorso.
    Il ritorno sul capitale delle aziende spumantistiche scende dunque dall’8.2% al 7.5%, riportandosi sul livello del 2020.

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    Santa Margherita – risultati e dati di bilancio 2023

    Come abbiamo visto per i primi bilanci commentati (Frescobaldi, Masi e IWB), il 2023 è stato un anno non semplice per le aziende vinicole italiane, soprattutto confrontato con i dati eccellenti registrati nel 2022. Santa Margherita ha chiuso l’anno con un leggero calo delle vendite consolidate (-2%, 255 milioni) e dei profitti (-5% per l’utile operativo e -9% per l’utile netto) interamente a causa dei cambi, che comunque sono rimasti su un livello di assoluta eccellenza nel settore (25% margine operativo, 16% margine netto). Per una serie di operazioni intragruppo e per via dell’aumento del capitale circolante, l’indebitamento è cresciuto a 137 milioni, ma si mantiene comunque su livelli gestibili. Entrando nel dettaglio delle diverse unità operative del gruppo e considerando la diversa esposizione geografica con l’Italia in crescita e alcuni mercati esteri in calo, Ca del Bosco ha avuto un buon anno mentre Santa Margherita dopo l’eccezionale crescita registrata nel 2022 ha avuto un anno di assetstamento. Le prime indicazioni sull’evoluzione del 2024, per quanto si riferiscano ai primi due mesi dell’anno sono di generalizzato calo delle spedizioni, fatta eccezione per la controllata (al 60%) Ca del Bosco. Passiamo a un commento più in dettaglio dei numeri con grafici e tabelle nel resto del post.

    Il fatturato consolidato cala del 2% a 255 milioni di euro (-0.1% prima delle variazioni cambio). Nella relazione si evidenzia una leggera crescita delle vendite italiane del 3% circa e un calo simile per le esportazioni, che rappresentano circa il 73% delle vendite.
    I margini sono in leggera contrazione anche in questo caso per via dei cambi (utile operativo +0.1% prima de cambi). Si nota lo sforzo di controllare i costi (materie prime e sevizi -1%, costo del personale +2%). Il MOL dopo gli accantonamenti cala del 5% a 85 milioni di euro, così come l’utile operativo, che si attesta a 65 milioni dai 68 dell’anno scorso, beneficiando di un leggero calo degli ammortamenti. L’utile netto è invece sceso da 46 a 42 milioni, anche per via dell’aumento degli oneri finanziari (maggiori tassi di interessi e maggiore debito) e un’aliquota fiscale tornata al 24% dal 16% dello scorso anno. Come dicevamo sopra, il livello dei margini resta elevatissimo nel panorama nazionale (campione Mediobanca 2022 solo aziende 9%, Santa Margherita 2023 25%).
    Tra le principali controllate, Ca del Bosco segna un incremento delle vendite del 6% a 53 milioni, con un MOL di 20 milioni (+9%), entrambi al massimo storico. La capogruppo Santa Margherita – che ha all’interno del suo fatturato anche parte del fatturato degli altri marchi del gruppo – ha un calo del fatturato del 12% a 130 milioni dopo il record del 2022 di 149 milioni, compensato da minori elisioni. Il MOL della capogruppo torna al livello del 2021, 33 milioni (43 nel 2022).
    Dal punto di vista finanziario, Santa Margherita ha distribuito 24 milioni di dividendi e ha avuto un incremento del debito finanziario netto di 19 milioni, da 118 a 137 milioni, per un rapporto di 1.6 volte il MOL (1.3x nel 2022, 1.6x nel 2021). A pesare su tale aumento è stato l’aumento del capitale circolante (+34 milioni, derivante da oltre 20 milioni di minori debiti di funzionamento), oltre all’aumento delle immobilizzazioni frutto degli investimenti (tra di essi, 8 milioni per Ca del Bosco, 3 milioni per le tenute agricole Santa Margherita, 7 milioni per la capogruppo Santa Margherita).

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    I risultati delle aziende vinicole italiane (escluse cooperative) 2022 – aggiornamento Mediobanca

    Eccoci alla seconda puntata dell’analisi dei dati del rapporto sul settore del vino prodotto dall’Area Studi Mediobanca, che ringrazio di aver condiviso. Le aziende vinicole italiane (ex cooperative) hanno generato un fatturato di 6.3 miliardi di euro nel 2022 e, per via della maggiore esposizione alle esportazioni (56%, contro il 39% delle cooperative) che sono cresciute di meno delle vendite italiane, hanno avuto una crescita del 7%. L’andamento dei margini è abbastanza sovrapponibile a quanto detto riguardo al campione totale: l’inflazione ha eroso i margini, circa 60-70 punti base, gli oneri finanziari sono cresciuti (+15%) per l’aumento dei tassi di interesse, l’utile netto scende del 10% rispetto al risultato eccezionale del 2021. Gli investimenti sono comunque cresciuti del 14% e sono stati quasi completamente riassorbiti dall’autofinanziamento, visto che il debito è rimasto stabile. Il 2023 sarà un anno nuovamente “difficile” dal punto di vista finanziario, visto lo stallo delle esportazioni e un mercato italiano comunque in crescita, ma molto meno del 2022. Sarà però un anno in cui si vedrà un graduale incremento dell’esposizione estera delle nostre aziende, non in termini di export ma di acquisizioni di aziende vinicole all’estero, una buona notizia per il processo di internazionalizzazione. Bene, per ulteriori dettagli e una tabella riassuntiva dei principali numeri vi invito a proseguire nella lettura del post!

    Le vendite delle aziende vinicole italiane crescono del 5.5% all’estero (3.5 miliardi) e dell’8.7% in Italia a 2.7 miliardi di euro.
    Nel 2022 il valore aggiunto cresce del 5% a 1.4 miliardi di euro, con una erosione del margine dal 23.2% al 22.7%, che si allarga a livello di margine operativo lordo, sceso dal 14.4% (livello record) al 13.7% per via dell’aumento del costo del personale del 9% (di cui +3.5% numero di addetti). Il MOL cresce del 2% a 857 milioni, mentre l’utile operativo è a +0.8% a 565 milioni.
    L’aumento degli oneri finanziari e degli oneri non ricorrenti sono poi la causa del calo dell’utile netto cumulato delle aziende, passato dai 405 milioni di euro record del 2021 a 362 milioni di euro.
    Queste 153 aziende hanno investito nel 2022 340 milioni di euro, il 14% in più del 2021, con un accenno alla ripresa del ciclo di investimenti, mentre hanno occupato 11233 addetti, 381 in più rispetto al 2021.
    Dal punto di vista finanziario, l’indebitamento è quasi stabile a 1.37 miliardi di euro, mentre il patrimonio netto cresce del 5% e il capitale investito del 4.9% a 8.5 miliardi di euro. Ne risulta un ritorno sul capitale investito del 7.3% (7.7% nel 2021) e un ROE (utile netto su patrimonio netto) intorno al 5%, in calo rispetto al 6% del 2021.

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    Vranken Pommery – dati di bilancio 2023

    Come abbiamo già commentato guardando I risultati di LVMH e di Lanson, anche Vranken ha avuto un 2023 quasi a “due facce”, con una prima parte dell’anno ancora positiva, soprattutto nell’evoluzione dei margini e una seconda parte dell’anno in leggerissimo calo di vendite e con un margine sostanzialmente allineato a quello degli anni scorsi. Alla fine dei conti, nonostante l’aumento del debito (circa 10 milioni) è allineato all’aumento del magazzino (9 milioni), l’azienda non è riuscita a generare cassa sufficiente anche per pagare i dividendi agli azionisti, rimasti stabili a 7 milioni di euro. Come sempre, la relazione degli amministratori è avara di dettagli aziendali (mentre ci sono ricchissime informazioni sul mercato…) e nulla dice sulle prospettive dell’azienda per il 2024. Passiamo a una breve analisi dei principali dati contabili.

    Le vendite crescono dell’1% a 338 milioni di euro, con un incremento del 7% in Francia a 146 milioni, un calo dell’8% nel resto d’Europa a 118 milioni e una crescita del 6% nel resto del mondo a 75 milioni. Dopo un primo semestre in cui la maggior parte della crescita veniva proprio dal resto del mondo, nella seconda parte dell’anno le esportazioni si sono molto indebolite (-11% resto d’Europa, -3% resto del mondo), parzialmente compensate da un andamento più positivo in Francia (+9%).
    Le vendite per categoria vedono lo Champagne e il Porto in crescita dell’1% circa a 311 milioni e i “vin de sable” a 27 milioni di euro +6%.
    I margini sono migliorati e sono al massimo da molti anni a questa parte anche in prospettiva storica. Nel 2023 l’EBITDA tocca quota 54 milioni, +11% e con un margine del 16%, mentre l’utile operativo cresce del 15% a 39 milioni, con un margine dell’11.6%, il più elevato dal 2007 a questa parte. A livello di utile netto i dati sono molto meno positivi a causa dell’incremento pesante degli oneri finanziari, da 18 a 29 milioni di euro che si mangia completamente l’incremento di 5 milioni di euro a livello operativo per determinare un calo dell’utile netto da 10 a 6 milioni di euro. Nonostante questo l’azienda ha mantenuto anche per il 2024 la previsione di pagare 7 milioni di dividendi, come gli anni scorsi.
    Dal punto di vista finanziario, Vranken Pommery ha investito circa 22 milioni di euro e ne ha pagati 7 agli azionisti in dividendi. Il magazzino è allineato all’indebitamento finanziario netto.

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