Nonostante il caldo, la stanchezza, i mille pensieri, arrivano i bicchieri che ti mettono in pace per qualche minuto. Metti il mondo in attesa, abbassi il volume delle parole e dei rumori intorno, ti dimentichi per un attimo il caldo, complice la bottiglia servita fredda di frigo, perfetta. Assapori la tua fiorentina cotta bene, ti autocomplimenti con te stesso per la cottura, e per l’acquisto anche. E per la scelta del vino. Volevo farmi una fiorentina, vera, dopo tanto tempo, nonostante scaldare una bistecchiera ora comporti di superare la soglia termica critica di sopravvivenza in cucina. Ma il vento di oggi salva la situazione. In cantina di sangiovese ho l’imbarazzo della scelta, eppure me ne mancano un’infinità di validi. C’è una bottiglia che punto da un po’ e stasera è il suo turno. Tre Rocche 2012, Romagna Sangiovese Superiore di Fattoria Nicolucci (aka Casetto dei Mandorli). Inutile dire sia la selezione appena sotto il mitico Vigna del Generale. L’annata è calda, ma al confronto di questa 2017 forse la ricorderemo come fresca. Ma chemmifrega. Ma chevvifrega soprattutto. Verso, mi conforto nel suo rubino pieno ma trasparente, appena appannato forse. Il naso è fresco, impatta inizialmente di carne fresca, la liquirizia e la menta, il frutto rosso che sembra dolce, e ancora ritorni balsamici.
Mi vengono in mente i discorsi nelle chat whatsapp con gli amici. La Romagna, l’identità, non ne abbiamo forse, a Montalcino fanno gruppo e fanno qualità. Non lo so. Sono stanco delle discussioni ormai, sono quasi stanco di questo mondo autoreferenziale, che spesso visto da fuori pare un bel cane di razza, elegante al limite della supponenza, che poi al primo soffio di vento si mette a rincorrere la propria coda in scene tra il buffo ed il patetico.
Prendo un sorso, buono. Buono. E’ questo che cerca la gente penso, un vino che lo bevi ed è buono. A nessuno frega niente davvero della liquirizia, del cardamomo, della rava e della fava. Solo noi enofanatici ce la meniamo con ‘ste cazzate, e dopo aver trovato mille cose in un naso poi magari tiriamo un sorso e facciam fatica ad ingollare il resto del bicchiere. Penso a quante cose leggo ogni giorno sul vino, le stesse storie trite e ritrite, la chimica,, il commerciale, il prosecco, il tavernello, il naturale, l’artigiano, i lieviti, chi ha scoperto che concimare coi ciccioli rende le uve più saporite e chi diserba anche i gerani di sua nonna pur di non essere considerato bio-simpatizzante, chi pota solo in luna nuova con saturno allineato ad Urano, chi racconta cose e ne fa altre, chi infine, il vino lo fa davvero, lavora in vigna, non dice una mazza, si fa il culo e produce un nettare. Leggo ogni giorno delle sfighe continue dei vignaioli e mi incazzo e so che non posso fare altro che comprare vino, quello che mi piace e che al momento trovo meritevole, mentre le istituzioni e buona parte della società se ne fregano, continuando a inventarsi altri problemi e soluzioni più problematiche degli stessi.
Torno al mio bicchiere, e non devo tenerlo da sommelier scuola AIS per gustarmelo, l’importante è portarlo alle labbra, e che sia ancora giustamente fresco. Lo è, il sorso è un sollievo, sposa la carne al sangue, ha un frutto nitido, di ciliegia e more, mi ricorda, perché mi ricorda frutti che mangio dall’infanzia. Forse è questo il vino buono, ti ricorda qualcosa di bello, di infantile, di personale. Per questo è tanto variopinto e può dividere quanto appassionare. Perché siamo esseri umani, così tremendamente e stupendamente diversi, e sempre così uguali in fondo, come l’uva è sempre uva. Bevo il mio buon sangiovese, Predappio e le vigne di Nicolucci sono una casa speciale per lui, ed io ne godo. Bisognava attenderla questa bottiglia, non so, sono felice di averla aperta oggi, avere atteso. La vita è anche questo, nell’epoca del digitale, del commento a bruciapelo, dell’immagine a tutti i costi, del tutto subito, one-click, consegna in 24 ore, cotto e mangiato, comprato e buttato. Sarò Slow, sarò semplicemente io, incazzato, incoerente, ignorante, che mi bevo il mio vino. Ed è buono.