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Piccole Dop crescono – Viaggio nella DOP Tullum

Non so chi sia stato il primo a parlare di vino come prodotto culturale, ma trovo sia una definizione autentica, che né rispecchia a pieno identità e reale natura, che è poi quella di raccontare, attraverso un liquido contenuto in una bottiglia, una terra, gli uomini che la abitano e le loro tradizioni. In questo senso l’Italia ha un patrimonio divulgativo inestimabile. Prendiamo per esempio l’Abruzzo, regione spesso dimentica, eppure terra di produttori straordinari: Valentini, Masciarelli, Pepe, giusto per fare qualche nome. Basterebbe questo ad annoverare il patrimonio vitivinicolo di questa regione del centro/sud Italia tra i più interessanti al mondo, ma poi arrivano il piccolo comune di Tollo e la sua DOP Tullum a sparigliare le carte. Parliamo di un abitato di circa 4.000 persone che insiste su 14,96 km quadrati e dista 10 km dall’Adriatico e 25 Km dalla Maiella, tanto che nel mese di maggio capita di stare in mare con i piedi in acqua mentre con lo sguardo puoi ancora vedere le vette innevate del Massiccio.   Proprio per questo motivo, grazie alle notevoli escursioni termiche tra il giorno e la notte, il territorio della Dop Tullum presenta peculiarità diverse dalle altre aree d’Abruzzo. A beneficiarne le uve di Montepulciano, Pecorino e Passerina, anche se, tra tutte, è proprio il Pecorino che qui trova una vocazione davvero unica.

La Dop Terre Tollesi o Tullum è stata riconosciuta con D.M. nel corso dell’anno 2009 e nel 2014 il Consorzio di Tutela Dop Terre Tollesi o Tullum è stato autorizzato ad esercitare il controllo erga omnes. A caratterizzare la Dop la rigidità dei parametri produttivi, tanto che per la prima volta in Abruzzo, sulla base dello studio di zonazione compiuto dal prof. Attilio Scienza, è stato introdotto nel disciplinare il concetto di cru, individuando nei singoli fogli di mappa i vigneti autorizzati all’impianto delle specifiche varietà. Le tipologie attualmente prodotte sono: Rosso Riserva, Rosso, Pecorino, Pecorino Bio, Passerina, Chardonnay Spumante e Passito Rosso.

Un po’ di storia

La coltivazione della vite e il consumo dell’uva e del vino a Tollo risalgono all’epoca romana, come dimostrano il rinvenimento di una dolia da vino e da olio e celle vinarie, ma anche di resti di una Villa romana dove la viticoltura aveva un ruolo centrale. La specializzazione viticola si mantiene nei secoli e le dominazioni che si susseguirono a Tollo ne mantennero la specificità, dai Longobardi ai Normanni no al Regno di Napoli. In età medievale, nelle decime degli anni 1308, 1323 e 1325 Tullo o Tullum appare citato, in modo profetico, fra le località che devono prestazioni di “Laboratores seu vinarum” alla Diocesi Teatina. Alle soglie dell’età moderna, nel 1776, nel Regno di Napoli il vino di Tollo era già famoso tanto da essere celebrato nei componimenti poetici del frate Bernardo Maria Valera pubblicati nel 1835, il quale definisce la zona di Tollo come: “Piccola terra nell’Abruzzo Citeriore, e non molto lontana dal mare Adriatico, di amena situazione, e celebre pel suo vino rosso, (rubino) volgarmente detto Lacrima”. Dopo tanti secoli di crescita, nel corso della seconda guerra mondiale, Tollo fu letteralmente rasa al suolo, unico paese in Abruzzo, in quanto il fronte, a partire dal novembre 1943, corse lungo il confine con il territorio di Ortona. Insieme al centro storico andarono distrutte le aziende agricole ed i vigneti. I coltivatori tollesi non si persero però d’animo e, nell’immediato dopoguerra, ripresero la coltivazione della vite. Le dolci colline tornarono a ricamarsi di vigneti. Grazie alla vite, Tollo fu uno dei pochissimi paesi abruzzesi a non essere stato interessato, se non marginalmente, dal fenomeno dell’emigrazione. Iniziò così il rinascimento della viticoltura a Tollo, cammino che fa segnare una tappa cruciale con l’istituzione della DOP Tullum. Oggi Tollo conta oltre 4.000 abitanti e la produzione di vino è tornata ad essere l’attività principale.

La verticale di Pecorino Feudo Antico

Feudo Antico nasce nel 2004 con l’obiettivo di dare una nuova vita agli autoctoni Pecorino e Passerina, prima che questi due vitigni diventassero popolarissimi, addirittura di moda. Nei primi anni del 2000 erano infatti trascurati, vuoi perché necessitavano di impianti a rese limitate, vuoi perché vitigni abbastanza difficili che portano a risultati apprezzabili con grande fatica.  Per i primi reimpianti di Pecorino, viene individuata una piccola tenuta in località San Pietro ed è proprio durante i lavori di preparazione del suolo che vengono alla luce i resti della fondamenta di una Villa romana, di una dolia in terracotta per la conservazione del vino e di una cella vinaria. Un segnale dal passato inconfutabile e un legame indissolubile con gli antenati che stava ad indicare la strada da percorrere non solo per Feudo Antico ma per tutti i viticoltori di Tollo e che ha portato alla nascita della più piccola Dop d’Italia, la Dop Tullum.

Le uve che danno origine al Pecorino Tullum Dop di Feudo Antico provengono dai vigneti che fanno parte del foglio di mappa n.1 e n.3 di località San Pietro e n.11 di località Colle di Tollo. Il sistema di allevamento è la Pergola abruzzese mentre la vinificazione avviene mediante macerazione a freddo delle bucce e fermentazione in serbatoi di acciaio inox a temperatura controllata; affinamento sui lieviti in vasche di vetrocemento per 6 mesi. Il Pecorino, nel comprensorio di Tollo sa esprimersi in maniera incantevole, soprattutto se abbiamo la pazienza e l’intelligenza di dimenticarlo in bottiglia per qualche anno, come ha confermato la verticale di 7 annate svoltasi il 28 maggio presso l’Enomuseo di Tollo. Partendo da un 2016 scalpitante si è arrivati alla 2008, la prima annata in cui è stato prodotto il Pecorino Tullum Dop di Feudo Antico, che forse tra tutte le annate in degustazione è quella che più ha mostrato i segni del tempo. Nel mezzo, la concretezza delle annate 2014 e 2013, il fascino delle annate 2012 e 2011, per arrivare a uno strepitoso 2010.

La storia dei Trabocchi, di Villa Maiella e del mangiare divinamente

In Abruzzo si mangia divinamente, non è un caso che uno dei cuochi più interessanti di sempre, il tristellato Niko Romito, sia abruzzese fino al midollo.  Dietro o forse meglio affianco a Niko Romito un bel movimento di ristoratori prodigiosi, come ad esempio la famiglia Tinari. Il loro ristorante, Villa Maiella, si trova a Guardiagrele in provincia di Chieti ed è uno dei ristoranti di culto di tutto il centro/sud. La cucina è gestita da Arcangelo Tinari, mentre in sala c’è il fratello Pascal, mamma Angela e papà Peppino affiancano, supervisionano e si divertono, affiancati da nonna Ginetta: quando si dice la rappresentazione emblematica della conduzione familiare. La sfoglia grezza al ragù di cinghiale e consommè al caffè e il lardo spalmabile servito con lo zafferano, che sembra butto ma burro non è, valgono il viaggio da qualunque punto d’Italia voi partiate.

Per approfondimenti obbligatori potete digitare http://www.villamaiella.it/

Per la cucina di mare, non si può prescindere da una sosta ad un Trabocco. I Trabocchi, a guardarli bene, sono infernali macchine da pesca che sembrano uscite direttamente da Waterworld , apocalittico film di fantascienza, in parte sottovalutato, del 1995. Eppure hanno una storia antichissima, pare risalgano all’VIII secolo d.C. Dopo un periodo di oblio, grazie ad una legge emanata dalla Regione Abruzzo nel 1994, sono stati recuperati e in alcuni casi diventati di ristoranti di pesce di ottimo livello, come il Trabocco Pesce Palombo nel territorio di Fossacesia in Contrada la Penna località la “Fuggitelle”, di proprietà della famiglia Verì.

Per indispensabili approfondimenti potete digitare http://www.costadeitrabocchi.net/ e http://traboccopescepalombo.it/


Fonte: http://www.lastanzadelvino.it/feed/


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