Angiolino Maule, carisma e presenza. L’ho studiato a fondo durante i 3 giorni del Simposio di Vinnatur a Villa San Fermo. Dietro gli occhiali, la sua magrezza e il volto scavato, mi è parso di notare una certa somiglianza fisica con Pasolini. La conoscenza di Angiolino lascia indubbiamente il segno, eppure, se ripenso a quest’ultima decade passata a bere vino, le sue bottiglie non erano nella mia lista dei desideri. Complice un approccio decisamente non riuscito giusto dieci anni fa al suo banchetto a VinNatur, credo ci fosse sua moglie Rosa in postazione; forse una giornata sbagliata da entrambe le parti, assaggi frettolosi e la scintilla non scocca. Per tutto questo tempo di scorribande vinicole la figura di Angiolino è sempre rimasta sullo sfondo, certo la consapevolezza del suo essere icona c’è sempre stata, non potrebbe essere diverso se sei davvero appassionato di vino. Poi la vita è strana e capita che per tre giorni, tranne le ore di sonno, ci sto praticamente sempre con Angiolino. Una sorta di corso di recupero intensivo di vini e vignaioli perduti. Ho la possibilità di sentirlo raccontare pezzi di storia del vino italiano che sono passati gioco forza anche da Montebello Vicentino, lui è uno diretto, senza maschere e capisci che vi siete sintonizzati sulla stessa lunghezza d’onda quando si lascia andare al racconto di ricordi personali e questioni familiari molto intime e tu devi farne solo tesoro. Al Simposio di VinNatur 2019 ovviamente si è degustato ma si è anche molto discusso e riflettuto. Preferisco chiamarlo Simposio, dal greco syn + pìnein, bere insieme, il vino come atto collettivo e non Workshop perché il termine inglese non rende la bellezza di quello che è stata la tre giorni di Lonigo. Due batterie di degustazione con 15 vini ciascuna al mattino e al pomeriggio intervallate da seminari tecnici e momenti di confronto, una delle occasioni di più ad alta valenza formativa a cui mi sia capitato di partecipare. Incredibile, più di 1600 caratteri e non ho ancora nominato le parole “vino naturale”; sì perché la 3 giorni di Villa San Fermo è stata organizzata da VinNatur, sicuramente con l’intento di far conoscere in maniera più approfondita gli intenti dell’Associazione, ma, soprattutto, per fare il punto sullo stato dell’arte in cui si trovano i vini degli associati che si definiscono, con il termine, invero molto discusso e discutibile “naturali”. Non mi ha mai appassionato la querelle tra naturalisti e convenzionali, ho sempre preferito un approccio laico alla bottiglia che avevo davanti, persuaso che un vino debba distinguersi per la sua bontà e per le suggestioni che sa regalare a chi lo beve. Certo poi parole come salubrità, sostenibilità, etica, trasparenza, dovrebbero stare a cuore a tutti coloro che fanno vino e che ovviamente non potranno mai appartenere alla schiera degli “industriali” ma possono certamente appartenere a coloro che, spesso semplificando, vengono indicati come convenzionali; mi vengono in mente un bel po’ di produttori che amo in ogni parte d’Italia.
Le sessioni di degustazione
Come dicevo sopra il Simposio di VinNatur 2019 è stata una grande occasione di crescita e di confronto, con la possibilità di riflettere davvero su quanto si stava degustando, lontano dal frastuono delle fiere, in un gruppo ridotto di degustatori, 13 in tutto, provenienti da Italia, Germania, Slovenia, Irlanda, Francia, Inghilterra e Islanda.
Diciamo subito che nell’assaggio alla cieca, al quale ho cercato di approcciarmi immune da ogni pregiudizio e, ripeto, nella maniera più laica possibile, i vini dei produttori dell’Associazione VinNatur escono con giudizi molto positivi, con punte di eccellenza assoluta. Ovviamente non è mancata qualche puzzetta o la volatile al limite del difetto, ma sono state eccezioni giusto per confermare la regola. La scheda di degustazione, oltre alla canonica assegnazione di punteggio per vista, olfatto, gusto e valutazione complessiva, declinata in dettaglio con una serie di sotto voci per ciascuna categoria, consentiva di esprimere delle brevi considerazioni partendo dal semplice presupposto che il vino ci fosse piaciuto o meno. Su 115 vini degustati il 67% mi sono piaciuti, il 27% non mi sono piaciuti, il 6% (7 vini) avevano difetti evidenti.
Di VinNatur mi piace l’approccio scientifico, non è una congrega di terrapiattisti per intenderci. Stanno facendo un grande lavoro con il team di ricerca “Vitenova vine wellness” per la parte di studi che riguarda la microbiologia del suolo e di tutto l’ecosistema vigneto. Ma non solo, la ricerca va anche nella direzione di ridurre la dipendenza da rame e zolfo per esempio. Per diventare soci di VinNatur è necessario applicare integralmente il Disciplinare di produzione “vino VinNatur”che contiene al suo interno indicazioni a cui bisogna attenersi per la conduzione del vigneto e per le pratiche di cantina. C’è però una cosa che distingue VinNatur da tutte le altre associazioni che afferiscono la sfera del vino così detto “naturale” ed è che il vino prodotto dai soci di VinNatur deve essere esente da ogni tipo di pesticida. La garanzia è data dalle analisi che ogni anno l’Associazione effettua sui vini di tutti i viticoltori associati. Trovo dirompente questa presa di posizione, una sorta di linea di demarcazione che caratterizza in maniera netta e distintiva l’Associazione VinNatur e che merita di essere comunicato con tutta l’enfasi possibile al consumatore che oggi rischia di smarrirsi nel variopinto mondo del vino “naturale”.
La top undici
Fratelli Barale – Barolo 2015
Azienda Agricola Musto Carmelitano – Pian del Moro 2013
Domaine Puech Redon – Apparente Blanc 2017
Chateau Pascaud Villefranche – Sauternes 2015
Azienda Agricola Tiberi David – “Vino Cotto Stravecchio” 2006
Dos Tierras Società Agricola – “Perpetuum Pre British” 2011
Reyter – “Schiava” 2016
Vini San Nazario – “Pra’ dei Mistri” 2017
Col Tamarie – “Col Tamarie bio”
Azienda Agricola Stana Rebuli Renzo – “Capodieci Il Macerato”
Domaine de Courbissac – “Roc du Pière” Minervois 2015