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    NicoLeo 2021 – Podernuovo a Palazzone

    Bianchisti si nasce e io modestamente lo nacqui. Si può quindi facilmente immaginare il livello altissimo di gaudio quando si ritrova al cospetto dei propri sensi un calice del tutto inatteso di quella tipologia. Sto parlando del NicoLeo 2021 di Podernuovo a Palazzone, un vino semplice nella sua complessità, gastronomico oltremodo e che si fa intrigante grazie al perfetto connubio delle uve che lo compongono, grechetto e chardonnay. L’azienda agricola Podernuovo a Palazzone è una creazione, mai termine fu più azzeccato, di Giovanni Bulgari che fino al 2002 è stato gemmologo per la maison di famiglia, uno dei brand d’alta gioielleria più famosi al mondo, per poi decidere di dedicarsi completamente al vino. Aveva due strade davanti a sé Giovanni Bulgari, la prima, la più comoda, investire in areali iper-famosi dal costo/ettaro esorbitante come Montalcino o Langhe, oppure scommettere su una zona meno blasonata che se introiettata e rispettata avrebbe potuto dare vini importanti. La scelta è stata quella di acquisire alcuni terreni situati nel comune di San Casciano dei Bagni, in provincia di Siena, al confine con Lazio ed Umbria, che poi sono divenuti la tenuta di Podernuovo. Tornando al Nicoleo, le uve provengono dalle colline del Lago di Corbara in Umbria ma vengono lavorate nella cantina in Toscana, il vino è dedicato ai figli di Giovanni Bulgari, Nico e Leone, da cui deriva il nome Nicoleo.

    NicoLeo 2021 Vino Bianco Toscana (in magnum): da uve grechetto e chardonnay 50%, il suolo è Argilloso (argilla rossa), sabbioso con presenze di limo. Resa per ettaro 60 QL. La Fermentazione alcolica avviene in acciaio a temperatura controllata e in barriques da 225 Lt. Affinamento per 9 mesi in contenitori di acciaio e barriques da 225 Lt, 5 mesi in bottiglia. Al naso intense ed eleganti note di fiori di campo, mela e una leggera speziatura. Al palato è fresco e sapido, chiude con una delicata nota di mandorla. Un vino cristallino e molto duttile negli abbinamenti. LEGGI TUTTO

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    Consorzio di Tutela Vini DOC Cirò e Melissa avanti tutta

    Il Consorzio di Tutela Vini DOC Cirò e Melissa chiude un anno intenso, che lo ha visto protagonista di svariate iniziative locali e nazionali volte a promuovere le proprie aziende e il proprio territorio.

    Dai seminari tenuti dall’Associazione Italiana Sommelier, al Cirò Wine Festival che ha avuto tra i relatori delle masterclass Luca Gardini, alle conferenze tenute durante Vinitaly, l’anno 2023 è stato costellato di momenti che hanno messo in luce l’importanza di questa denominazione che sta compiendo grandi passi in avanti.

    È arrivato da poco anche il Pubblico Accertamento e la Pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del riconoscimento a Docg per il Cirò Rosso Riserva, astro nascente della Denominazione, che rappresenta un passaggio chiave per la Denominazione rendendola ancor più competitiva sul mercato.

    “Un anno ricco di soddisfazioni, ma anche di sfide per i nostri produttori, in particolare la gestione del vigneto e della vendemmia sono stati momenti delicati, che hanno richiesto l’impegno costante in campo per portare a casa un prodotto di qualità. Siamo molto contenti del lavoro svolto, che ci ha permesso di tutelare il raccolto e assestarci in linea con la situazione vitivicnicola nazionale. Noi come Consorzio, abbiamo cercato di alzare il percepito dei nostri vini e delle nostre aree vitivinicole, e su questo punteremo anche nei prossimi anni, organizzando eventi e conferenze volti a valorizzare il nostro patrimonio enologico.

    Con piacere abbiamo registrato, rispetto al 2022 un incremento del turismo enogastronomico, che sempre di più vuole scoprire la tradizione e il valore culinario ed enologico della nostra terra” – afferma Raffaele Librandi, Presidente del Consorzio.

    Nonostante l’anno, dal punto di vista prettamente produttivo, sia stato particolarmente sfidante per il Consorzio, non ci sono stati scostamenti dalla media nazionale dal punto di vista di vendite e imbottigliamento , nel corso degli anni, ha intrapreso un cammino che ha portato i vini delle denominazioni a essere conosciuti e apprezzati a livello europeo e non solo. Molto lavoro è stato fatto per dare il giusto valore al territorio vitivinicolo e ai suoi prodotti, ed il Pubblico Accertamento che ha avuto luogo il 16 novembre della Docg Cirò Riserva è stato per il Consorzio una grande conferma che questo percorso virtuoso sta portando i suoi frutti.

    Raffaele Librandi

    Per il passaggio ufficiale a Docg ci vorrà ancora qualche tempo, dopo la Pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale si aspetta l’approvazione da parte della Comunità Europa. Tuttavia, l’iter, iniziato nel 2019, simboleggia la volontà di elevare il territorio e riconoscere il valore vitivinicolo e il pregio che esso possiede e renderlo competitivo all’interno del mercato. “La scelta di far conferire il marchio Docg solo al Rosso Doc Cirò Riserva – spiega Raffaele Librandi, Presidente del Consorzio – è motivata dalla volontà di valorizzare al meglio l’astro nascente della nostra Denominazione, un vino con la giusta struttura e carattere da poter essere competitivo sul mercato. Inoltre, esso viene prodotto con uno dei vitigni più identitari della nostra regione, il Gaglioppo.”

    Quando si parla di zona “classica”, da cui nasce il Rosso Doc Cirò Riserva, si intendono i comuni di Cirò e Cirò Marina. Il comprensorio si sviluppa all’estremo nord della Provincia di Crotone, sul litorale della costa Ionica e nel suo entroterra collinare sino alle prime pendici della Sila. Comprende un territorio esteso per circa 20.000 ettari che si estende lungo la fascia litorale ionica per circa 25 km e si spinge per oltre 10 km nell’entroterra.

    L’iter burocratico non è ancora terminato, e bisognerà aspettare ancora qualche settimana perché il riconoscimento sia ufficiale; tuttavia, i requisiti per accedere allo step finale sono presenti e l’auspicio è che il percorso giunga al più presto al suo compimento. LEGGI TUTTO

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    Nuovo assetto societario per la famiglia Allegrini

    Grandi cambiamenti in casa Allegrini, una delle più importanti famiglie del vino italiano. Un comunicato stampa piuttosto scarno arrivato sotto l’albero ci racconta che la famiglia Allegrini, nell’ambito del progetto di riassetto proprietario e di governance, finalizzato alla costante espansione dell’attività imprenditoriale nel settore vitivinicolo, ha concluso un primo accordo il cui risultato finale è destinato a procurare la suddivisione dei principali assets.

    Matteo, Silvia, Giovanni e Francesco Allegrini

    In particolare, Francesco, Giovanni e Matteo Allegrini, eredi di Franco Allegrini, acquisiranno la maggioranza delle società veronesi Allegrini e Corte Giara, radicate in Valpolicella, e ne saranno alla guida unitamente a Silvia, erede di Walter Allegrini, mentre il Cav. Lav. Marilisa Allegrini e le figlie, Carlotta e Caterina, manterranno la proprietà delle aziende toscane, Poggio Al Tesoro a Bolgheri e San Polo a Montalcino, oltre che di Villa Della Torre a Fumane in Valpolicella.

    Marilisa Allegrini con le figlie Carlotta e Caterina Mastella

    La storia del vino italiano si rinnova, buon nuovo inizio a tutti. LEGGI TUTTO

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    Il Rosso di Montalcino amplia la propria superficie di 350 ettari

    L’Assemblea dei soci del Consorzio del vino Brunello di Montalcino ha approvato oggi l’ampliamento della superficie rivendicabile per la D.o. Rosso di Montalcino. Il successivo Consiglio di amministrazione del #Consorzio ha poi ratificato la decisione. Per il #vigneto della Doc, attualmente di 519,7 ettari, è stato definito un incremento pari a 350 ettari, con una […] LEGGI TUTTO

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    Verona Christmas Run: con Cantine di Verona si corre per la ricerca

    #CantinediVerona è Gold Sponsor dell’AGSM AIM Verona Christmas Run, corsa solidale che domenica 17 dicembre accenderà la magia del #Natale nel cuore della città scaligera. L’iniziativa benefica, organizzata dall’associazione sportiva dilettantistica #VeronaMarathon in collaborazione con il Comune di #Verona, destinerà parte della quota delle iscrizioni a UILDM – Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare, attiva […] LEGGI TUTTO

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    Fiocco …d’oro in casa Vinix: è nato Beersboard

    Conoscete Vinix? Certo che sì, dopo tutti questi anni non è certo (più) una novità questo social commerce dal basso capace di soddisfare la richiesta di risparmio degli appassionati di vino con l’esigenza di guadagno dei produttori, e senza provocare (eccessive) rivolte da parte degli intermediari di questi ultimi. Il tutto in un clima sufficientemente sciallo di generale amicizia e familiarità (che non guasta mai). Ma la’ fuori non ci sono solo wine lovers, perciò era solo questione di tempo prima che alla piattaforma dedicata ai vini (e a qualche altro prodotto artigianale accuratamente selezionato) se ne accostasse una riservata anche ai beer lovers. Ecco perciò Beersboard, un social commerce nuovo di zecca interamente dedicato alla birra artigianale, costola di Vinix (e integrato esso), ma dotato di vita propria. Beersboard non solo offre la possibilità di poter comprare in gruppo con gli amici con il sistema delle cordate con sconti scalari fino al 51% reale rispetto ai canali tradizionali – recita il comunicato stampa di lancio – ma eredita dalla piattaforma Vinix anche la parte social (pubblicazione di contenuti, amici, reactions, commenti, messaggistica) unendo le classiche funzionalità di un social network con quelle di un e-commerce innovativo, per dare vita al primo vero social commerce italiano della birra.La selezione dei birrifici artigianali parte da un primo zoccolo duro di una ventina di produttori scelti tra i migliori birrifici italiani a cui si aggiungeranno presto nuove realtà: “La selezione avviene con la medesima cura, regole e attenzioni che prestiamo per parte vino” spiega Filippo Ronco, il quarantottenne fondatore del nuovo spinoff, “non prendiamo per ora in considerazione beer-firm, ma solo birrifici dotati di propri impianti di produzione, rigorosamente entro i limiti di classificazione artigiana, scoviamo i migliori produttori di birra in giro per l’Italia e li rendiamo disponibili per l’acquisto in cordata”.Quando si presentò al grande pubblico per la prima volta (con Vinix, appunto), l’acquisto in cordata fu salutato – come spesso accade alle innovazioni – come una genialata (da un lato), un’inutile complicazione (dall’altro), o una moda che non avrebbe retto all’usura del tempo. A distanza di anni, Vinix è ancora qui, in ottima salute, e il fatto di aver addirittura figliato dimostra che quella corretta era la prima impressione: il social commerce dal basso era ed è la risposta a un modo di fare e-commerce che cerca di mettere d’accordo più esigenze anche antitetiche a volte, senza trascurare un ulteriore dettaglio (allora forse non così determinante, ma oggi decisamente vitale): l’attenzione ai costi ambientali. “ Quello dell’acquisto in cordata cè un sistema che è anche amico dell’ambiente: grazie alla collettizzazione infatti, tanti ordini di piccole dimensioni confluiscono in poche grandi spedizioni verso singoli capicordata geolocalizzati, dove poi avviene la distribuzione finale dell’ultimo miglio a cura degli stessi partecipanti. Questo contribuisce a ridurre drasticamente l’impatto da trasporto su gomma. Con questo sistema distributivo – che viaggia quasi esclusivamente su pallet – si azzerano le rotture e si evitano i voluminosi e costosi (anche in termini di riciclo) imballaggi antiurto. Un modello virtuoso che si muove al contrario rispetto ai principali player dell’e-commerce internazionale che ci stanno erroneamente portando a credere che il modello del “tutto e subito” non abbia un consistente costo economico, umano e sociale.”Il nuovo sistema è già operativo: info e contatti qui.

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    Poggio Levante, vignaioli ai piedi del Monte Amiata

    Dice Bill Gates che se va a letto non avendo fatto niente di nuovo rispetto a ieri, un giorno è stato sprecato. Sinceramente è difficile dargli torto.

    Per chi ama il vino, per chi ne scrive, è linfa vitale non sprecare i giorni, che concretamente vuol dire assaggiare vini di cui si ignorava l’esistenza, scoprire cantine, conoscere facce nuove tra produttori, soprattutto tra quelli che si sono affacciati da poco nel grande mare magnum del mondo del vino e, proprio per questo motivo, sono animati da grande entusiasmo.

    Vivaddio, non è stato un giorno sprecato incrociare i vini di Poggio Levante.

    La cantina è situata nel cuore della Maremma di Grosseto, ai piedi del Monte Amiata e a circa 40 km dal Mar Tirreno e lavora circa tre ettari di vigneto tra i 300/350 metris.l.m. Titolare è il veneto e giovanissimo Alberto Facco, che alla precisa domanda di cosa ci fa un veneto e perché fa vino in Maremma risponde così: “Io, come la mia famiglia, sono veneto al 100%. Mio padre ha un’azienda dedita alla vendita di trattori e attrezzature agricole. Nel 2002/2003 mio padre vendette una fornitura ad un cliente di origine padovana che si trasferì a Monticello Amiata, un paese poco distante da Cinigiano. Mio padre non rimase indifferente al fascino e alla bellezza delle colline toscane e decise di acquistare un terreno, sul quale poi venne piantato il vigneto qualche anno dopo. Per i primi anni di produzione, cedemmo l’uva in cambio dei lavori agricoli necessari al corretto mantenimento del terreno. Solo dal 2018 siamo partiti con il progetto Poggio Levante, il quale unisce il territorio toscano con l’invettiva veneta per creare vini dai tratti moderni e distintivi.

    Alberto Facco

    “Il nostro obiettivo è una produzione di nicchia, in cui la ricerca della massima qualità ed espressione del binomio vitigno/terroir sia la nostra stella polare. Assieme all’enologo Guido Busatto, che ha una grande esperienza nella viticoltura biologica, Poggio Levante sta lavorando per ottenere un prodotto sempre più distinguibile. Siamo consapevoli che la riconoscibilità di un vino sia un processo lungo, ma ci stiamo impegnando per vincere questa sfida e far sì che un consumatore, quando degusta il nostro Vermentino come il Sangiovese, possa associarli al nome Poggio Levante”.

    Per Poggio Levante il vino è un’esperienza a 360°: per questo anche il packaging ha la sua importanza perché permette di comunicare un messaggio di eccellenza. La scelta di bottiglie più leggere porta a un’impronta carbonica più bassa e l’etichetta esprime personalità in coerenza con la mission aziendale: offrire prodotti nuovi ma mai snaturati dal territorio e dai varietali.

    Il ragazzo ha le idee chiare non c’è che dire, ma alla fine a parlare è sempre la bottiglia, da qui non si scappa.

    Diciamo subito che i vini di Poggio Levante sono una gran bella sorpresa. Attualmente Poggio Levante produce circa 13.000 bottiglie declinate su due tipologie di vini: il Vermentino e il Sangiovese.

    Il vino di punta è Unnè, un Vermentino non convenzionale che prende il nome proprio dall’esclamazione toscana “Unnè”, ovvero “non è quello che sembra”. Quello di Poggio Levante, infatti, vuole essere un Vermentino che sorprende per qualità, proprietà organolettiche e per l’immagine con cui si presenta, in una bottiglia renana con tappo a vite. Immesso in commercio non prima di 3 anni dopo la vendemmia come DOC Maremma Toscana, ho degustato l’annata 2019 che presenta all’olfatto decisamente intenso, di fiori e agrumi, pietra focaia, al palato è sapido e cangiante, entra di diritto nella top ten dei bianchi degustati nel 2023.

    Poi c’è Il Sangiovese Ovvìa che nasce da un vigneto situato all’interno della Denominazione Montecucco e viene imbottigliato come DOC Maremma Toscana. Il terreno è marnoso e galestroso con una buona componente argillosa. Il vigneto, gestito in regime biologico, ha un’età di 10 anni con orientamento a nord, con circa 4500 piante per ettaro e resa 50 q.li per ettaro. Ovvìa è un vino che matura in botti ovali di rovere francese da 15 hl e in vasche di cemento non vetrificato da 20 hl. Qui l’affinamento dura circa 18 mesi, più un’ulteriore sosta di minimo 5 mesi in bottiglia. La prima annata prodotta, 2018, mentre io degustato quella attualmente è in commercio ovvero l’annata 2019. Nitido e intrigante l’olfatto con note di frutta rossa, ciliegia e una delicata speziatura. Al palato è dotato di notevole balsamicità e profondità, mi tocca usa il termine “di grande bevibilità” ma non saprei come altro definirlo.

    Completa la gamma aziendale una piccola chicca, il Vermut artigianale Sergio. Il Vermut Sergio, dedicato al nonno di Alberto, porta con sé l’idea di valorizzare la qualità del Sangiovese, vino usato come base, per creare un prodotto autentico, con una forte identità territoriale. La lavorazione delle botaniche rispetta fedelmente  le caratteristiche delle piante usate, estraendo le loro note aromatiche tipiche. Tra le estrazioni alcoliche utilizzate ci sono infusi e tinture a diverse gradazioni.

    Di Poggio Levante ne sentiremo parlare, eccome se ne sentiremo parlare. LEGGI TUTTO

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    IGM – Nomisma Wine Monitor: posizionamento e prospettive dei fine wines italiani nell’Estremo Oriente

    Si è svolto a Roma, mercoledì 13 dicembre, il consueto appuntamento di fine anno che Istituto Grandi Marchi dedica all’approfondimento della situazione #finewines sui mercati internazionali. Dopo le ricerche dedicate alla Germania, al mercato UK dopo la Brexit e alla situazione globale nel post pandemia, sono stati Giappone e Corea del Sud i Paesi protagonisti […] LEGGI TUTTO