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    USA – consumi e mercato del vino – aggiornamento 2023

    Fonte: Wine Institute su dati bw166/Gomberg, Fredrikson & Associates
    Dopo il terremoto Covid, il mercato del vino americano si è normalizzato nel 2021-22 e ora sembra aver preso le sembianze della maggior parte degli altri mercati: volumi in calo e valori in crescita, segno di una sempre maggiore qualità del prodotto con prezzi molto elevati. Se però nei nostri mercati ci muoviamo molto lentamente, i dati 2023 prodotti da Wine Institute mettono in risalto una situazione ben diversa: consumi in volume in calo del 9% nonostante un aumento del “retail value” del consumo di vino americano del 5%. Il che significa, un aumento del 15% del prezzo-mix. Sebbene i dati siano considerati dal Wine Institute come preliminari e possano comunque essere rivisti, si tratta comunque di un segnale importante e lo si vede anche sulle statistiche traslate sui 5 anni, quindi dal 2018 al 2023, che segnalano un calo del consumo del 2% circa in volume all’anno, ma un incremento annuo dell’8% a valore (tutto da verificare). E certamente si tratta di una tendenza che giustifica le mosse degli ultimi anni di diversi operatori che hanno deciso di uscire dal segmento di vini di media-bassa gamma. Per quanto riguarda il vino californiano in particolare, le conclusioni non sono molto diverse anche se i dati sono leggermente meglio, con un calo dei volumi del 6% (contro 8%) e un incremento a valore dell’8% (contro 5%). Passiamo a qualche commento più in dettaglio.

    Secondo il Wine Institute il consumo di vino in USA è calato a 34.0 milioni di ettolitri nel 2023 da 37.3 del 2022 e dal picco di 40 toccato nel 2021. Di questi, 29 milioni di ettolitri sono vino fermo (-8%), 2.8 sono spumanti (-14%) e 2.5 sono altri vini (dolci per esempio), in calo del 6% ma crollati negli anni precedenti. Del totale di 34 milioni di ettolitri, si stima che circa 18.5 siano di vino proveniente dalla California.
    Il consumo pro-capite scende a 10.3 litri, contro il picco di circa 12 toccato durante il Covid.
    Il valore al dettaglio è stimato per il 2023 a 106 miliardi di dollari, che equivalgono a 31 dollari al litro, un dato molto elevato rispetto alle nostre evidenze. Il 60% è rappresentato dal vino californiano, che ha un prezzo medio di vendita addirittura superiore, pari a 34 dollari al litro.
    Se analizzati sugli ultimi 5 anni ci troviamo dunque di fronte a un calo del consumo di vino del 2% annuo, rispetto a un incremento del 2-3% annuo dei 10 anni precedenti. Decisamente un cambio di direzione: gli USA non possono più essere considerati l’eccezione nel settore del vino, pur restando il mercato più importante.

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    Mack & Schuhle Itallia – risultati 2023

    Introduciamo oggi nel blog una nuova azienda che negli ultimi anni è rapidamente cresciuta fino ad arrivare a ridosso delle top 10 italiane. Si tratta di Mack & Schuhle Italia (M&S di qui in avanti), che nel 2023 ha avuto un fatturato in crescita del 67% a 172 milioni di euro. M&S è un’azienda giovane, nata nel 2008 per iniziativa della famiglia Angelillo allo scopo di commercializzare vino, con un altro nome. Negli anni successivi sono stati aperti stabilimenti, acquistate cantine e nel 2016 il distributore tedesco Mack & Schuhle si compra il 50%, quota mantenuta sino ad oggi (l’altro 50% di proprietà della famiglia fondatrice). Proprio nel 2022 cambia nome per diventare Mark & Schuhle Italia. Nel 2023 ha commercializzato 59 milioni di bottiglie, quindi circa 0.4 milioni di ettolitri di vino. Gli stabilimenti produttivi sono in Puglia e Friuli Venezia Giulia, ma ha accordi per l’acquisto di vini in Sicilia, Toscana, Emilia Romagna, Veneto, Lombardia e Piemonte. Veniamo ai numeri: la M&S ha margini limitati, 3.5% EBITDA e un capitale investito (24 milioni) molto basso rispetto alla sua dimensione commerciale (172 milioni di fatturato). Siamo quindi di fronte a un’azienda con una limitata integrazione verticale, ma ovviamente se guardate il grafico qui sopra… da 12 milioni di fatturato nel 2016 a 172 nel 2023… con un grande successo. Bene, nel resto del post commentiamo tutti i numeri e altri grafici.

    Le vendite di 172 milioni (+67%) sono realizzate per il 22% in Italia, 38 milioni (+14% nel 2023), per il 66% in Europa, 113 milioni (+82% nel 2023) e per il 12% nel resto del mondo, 21 milioni (+181%).
    La struttura dei costi è coerente con quello che dicevamo sopra. L’85% dei costi sono acquisti esterni (81% nel 2022), il costo del personale è soltanto il 2% del fatturato (3% nel 2022) e tutti gli altri costi sono circa il 10% del totale, di questi quasi la metà si riferiscono a costi di trasporto. L’EBITDA di 6 milioni di euro nel 2023 è quindi il 3.5% del fatturato contro il 2.8% del 2022.
    Pochi ammortamenti (meno di 2 milioni), un paio di milioni di oneri finanziari, tassazione a meno del 10% dell’utile pretasse consentono a M&S di chiudere il 2023 con 2.2 milioni di euro di utile.
    Dal punto di vista finanziario come dicevamo l’azienda ha un capitale investito limitato, fatto di circa 20 milioni di immobilizzazioni e un capitale circolante di un paio di milioni. Nel 2023 l’azienda ha chiuso con un indebitamento di 17 milioni di euro, 2.9 volte il MOL, da una posizione neutra nel 2022. L’aumento del debito nel 2023 deriva essenzialmente dal capitale circolante, con un forte incremento del magazzino per supportare la crescita (44 milioni da 26 milioni del 2022). Sono state poi compiute alcune piccole operazioni straordinarie, come l’acquisto di una piccola quota della casa madre per 1 milione di euro e il pagamento di una caparra di 1.5 milioni per una acquisizione di una azienda vinicola.

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    Tannico – risultati 2023

    I risultati di Tannico 2023 che commentiamo oggi lasciano poco spazio alle interpretazioni. Le vendite calano del 7% (65 milioni), le perdite aumentano (11 milioni) non solo per questo ma perché l’azienda spende sempre di più in personale per migliorare le capacità manageriali (non sembrano vedersi risultati per il momento), gli azionisti (Campari e LVMH 50/50) hanno dovuto metterci altri 10 milioni per tenere in piedi la baracca. La parte italiana va molto peggio della parte francese (ventealapropriete.com), almeno come fatturato (e anche in confronto ad alcuni concorrenti, come Callmewine per esempio). E, dulcis in fundo, il 2024 è anche l’anno del completamento dell’operazione ventealaproprietè, con l’ultimo pezzo del 33% dell’azienda francese che dovrebbe andare nelle mani di Tannico per un esborso di 17.7 milioni di euro (che Campari e LVMH dovranno finanziare) e senza grandi effetti sui dati visto che i numeri che commentiamo già comprendono il 100% del pezzo francese. Passiamo ai dati in dettaglio.

    Le vendite 2023 sono calate del 7% a 64 milioni di euro, con un andamento molto negativo dell’Italia, -10% a 29 milioni e un calo del 3.5% della parte francese a 35 milioni di euro. Viene da domandarsi se non sia il caso che Tannico Italia non apra una sezione un po’ come la parte francese con vendite “a tema” (magari già lo fa).
    I margini sugli acquisti, quindi il puro margine commerciale è stato del 30.3%, quindi non distante dal 31.3% del 2022 e migliore dei dati degli anni precedenti. Sono stati tagliati i costi per i servizi (-9%) ma è stato più che compensato dall’aumento dei costi del personale, da 5.1 a 7.2 milioni.
    Il riassuno è nei dati: la perdita operativa dichiarata sale da 7.3 a 10.8 milioni, quella “aggiustata” da 6.2 a 9.7 milioni e il bilancio chiude con una perdita netta di 11 milioni di euro.
    Dal punto di vista finanziario, Tannico è passato da 1 milione di debito a fine 2022 a 5 milioni di cassa, dopo il contributo di 10.5 milioni dei soci, quindi ha “bruciato” circa 5 milioni di euro nel 2023, rispetto gli 8 milioni del 2022. A fare a differenza è stato l’andamento del capitale circolante, calato di 2 milioni (grazie al magazzino ma anche alle maggiori dilazioni di pagamento dei debiti verso fornitori), quando invece era peggiorato di 9 milioni di euro nel 2022. Considerata anche l’acquisizione di venteprivee costata 36 milioni nel 2021, gli azionisti hanno iniettato 62 milioni di euro dal 2016 a questa parte.

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    Guido Berlucchi – risultati 2023

    In un anno mediamente difficile per le aziende vinicole, Guido Berlucchi archivia il suo bilancio migliore di sempre. Le vendite sono cresciute del 4% nonostante un calo dei volume quantificato dall’azienda attorno al 5%, il che indica lo sforzo di spostare le vendite verso fasce di prezzo più elevate. Questo esercizio si vede molto bene, in senso positivo, sui margini e sui profitti in generale (13 milioni di EBITDA, margine al 23%), e in senso invece più negativo dal punto di vista finanziario, dato che è necessario tenere i prodotti più a lungo in maturazione e quindi investire nel magazzino. Proprio in questa differenza, utili eccellenti ma forte incremento del debito (da 32 a 53 milioni di euro), si sostanzia il bilancio 2023 di Berlucchi. Di certo, dopo gli anni pre-Covid in cui Berlucchi sembrava gestita “per la stabilità” e in qualche modo sacrificata alle operazioni finanziarie dei suoi azionisti (nel 2017-18 gli azionisti prelevarono 75 milioni di euro dall’azienda), troviamo oggi un’azienda che cresce e investe in maniera costante, senza aver subito contraccolpi dal rientro dall’era Covid. Bene, passiamo a un commento dei numeri con ulteriori grafici e tabelle.

    Le vendite sono cresciute del 4% a 54.4 milioni di euro, con un incremento del 3% in Italia a 51 milioni e del 14% all’estero a 3.4 milioni.
    I margini sono in forte miglioramento grazie al costo delle materie prime e, immaginiamo, al miglior mix di vendite, che sono scesi in maniera drastica non solo nel 2023 ma già nel 2022. Nel 2023 erano il 29% del fatturato contro il 34% del 2022 e il 40% del 2021. Per un riferimento storico l’azienda pre-Covid aveva un peso di questi costi del 30% delle vendite circa.
    Quindi i margini sono migliorati di circa 5 punti, essendo il costo del personale e i costi per i servizi essenzialmente in linea in % al fatturato. Il MOL cresce quindi a 13 milioni di euro, +29% e al 23% del fatturato, nuovo record considerato che Berlucchi girava intorno al 20% negli anni pre-Covid.
    L’utile operativo sale di conseguenza a 9.5 milioni e a livello di utile netto Berlucchi chiude a 7.1 milioni, +23%, dopo aver pagato tasse per il 28% di aliquota.
    La parte finanziaria gira “al contrario” a causa di un forte incremento del capitale circolante, con 15 miloni di crediti verso clienti aggiuntivi, 8 milioni di incremento del magazzino e investimenti piuttosto limitati ma in crescita negli ultimi 4-5 anni (siamo nel 2023 a 2.3 milioni). Ne risulta quindi un incremento del debito da 32 a 53 milioni, con un’ulteriore emissione di prestito obbligazionario (9 milioni). Come negli ultimi 4-5 anni, non sono stati pagati dividendi.

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    Andrew Peller – risultati 2023 (marzo 2024)

    Come promesso nell’ultima assemblea degli azionisti, Andrew Peller ha messo a segno un sostanzioso miglioramento dei margini nel 2023 (anno concluso il 31 marzo 2024), grazie alla riduzione dei costi esterni e all’aumento dei prezzi per compensare una variazione negativa di dazi. Non è ancora abbastanza: nonostante l’utile operativo si sia ripreso (da 38 a 50 milioni di dollari) e il management (il signor John Peller, tra l’altro prossimo alla pensione) abbia dato un messaggio rassicurante, l’azione in borsa è stabile sui livelli minimi toccati l’anno scorso, che restituiscono una valorizzazione di borsa pari a circa 180 milioni di dollari, che corrisponde, sommando i 200 milioni circa di debito, a un rapporto con le vendite di 1 volta e a un rapporto con l’EBITDA di circa 5.3 volte. A guardare il grafico degli utili storici, in effetti di strada ce n’è ancora molta da fare per tornare ai 63 milioni di dollari toccati nel 2019 e 2020. Passiamo a un’analisi più dettagliata con grafici e tabelle ne resto del post.

    Il fatturato 2023 è aumentato dell’1% a 386 milioni (di cui circa 12 fatturati all’export) nonostante la debolezza nelle vendite dirette a causa di un minor traffico di visitatori e degli incendi boschivi nell’ovest del Canada. Inoltre, la riduzione di circa 6 milioni di dollari risultante dall’abrogazione del dazio federale sulle accise ha avuto un leggero impatto negativo, non compensato dagli aumenti di prezzo appositamente predisposti a compensazione.
    Il margine lordo è aumentato al 39% dal 37% dell’anno precedente, da 142 a 131 milioni in valore assoluto, grazie al programma di taglio dei costi pari a circa 9 milioni di dollari canadesi, ossia circa il 2.5% delle vendite, che hanno riguardato rinegoziazione delle tariffe di trasporto per le materie prime e la valutazione di fonti alternative per le bottiglie di vetro e altri componenti. Durante l’anno fiscale 2024, questi programmi hanno comportato un risparmio di costi di 9,3 milioni di dollari. L’utile netto è ancora sotto il punto il pareggio.
    Dal punto di vista finanziario, l’indebitamento resta stabile a 208 milioni di dollari dopo aver pagato dividendi per 10 milioni di dollari canadesi, stabili rispetto allo scorso anno e investito per 14 milioni di dollari, molto meno che nell’annata precedente (20 milioni).

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    Gruppo Italiano Vini (GIV) – risultati 2023

    Gruppo Italiano Vini ha registrato un calo delle vendite ma un leggero miglioramento dei margini nel corso del 2023. Le vendite di 435 milioni di euro sono in calo del 7% a livello consolidato. Di questo calo il 4% è relativo allo spostamento della distribuzione di Cavicchioli da GIV alla casa madre, talchè la riduzione di fatturato sarebbe state del 3% “a parità di perimetro”. I margini restano su livelli molto bassi (6% EBITDA, 3% EBIT), soprattutto per un’azienda di questa dimensione e con questo grado di integrazione verticale (oltre 1600 ettari tra affitto e proprietà), anche se migliorano leggermente nel 2023 e il bilancio resta comunque in leggero utile. La struttura finanziaria resta sostanzialmente stabile. L’indebitamento sale da 110 a 114 milioni di euro, pur non avendo pagato alcun dividendo agli azionisti e avendo investito meno dell’anno precedente, a causa dell’incremento del magazzino. Le prospettive per il 2024 non sono rosee. Il consiglio di amministrazione parla di un ulteriore anno di consolidamento per il 2024 con risparmi di costo da reinvestire in attività di marketing… in altre parole, non bisogna attendersi miglioramenti significativi per quest’anno. Passiamo a un’analisi più dettagliata con grafici e tabelle.

    Le vendite sono scese del 7% a 435 milioni di euro, di cui 95 milioni in Italia, -11%, e 340 milioni all’estero, -5%. Come accennavo sopra circa 17.5 milioni del calo di 31 milioni sono da attribuire allo spostamento della distribuzione di Cavicchioli a Cantine Riunite & CIV, la controllante di GIV. Senza questo, il fatturato sarebbe calato del 2.9%.
    I margini sono in leggero miglioramento, dal 5% al 6% a livello di EBITDA, che in valore assoluto passa da 23 a 25 milioni di euro, grazie alla riduzione del peso degli acquisti e dei servizi, parzialmente compensata dalla crescita dei costi del personale (nonostante una piccola riduzione dell’organico). Con ammortamenti stabili l’utile operativo cresce da 10 a 12 milioni di euro, +20%, per un margine che passa dal 2.2% al 2.8%. Purtroppo gli oneri finanziari crescono da 3 a 6 milioni di euro e insieme a tasse leggermente più alte e maggiori utili delle minoranze, l’utile netto scende da 4.5 a 3.3 milioni di euro. Per un’azienda che genera oltre 400 milioni di fatturato, stiamo parlando di un bilancio “in pareggio”.
    La struttura finanziaria non cambia. Nonostante investimenti molto limitati (8 milioni, quindi il 2% del fatturato, e soltanto i due terzi degli ammortamenti che sono 12 milioni – a indicare quindi un calo rispetto al passato) e nessun dividendo pagato al socio CR/CIV, l’indebitamento sale da 110 a 114 milioni di euro, con un rapporto sul MOL che passa da 4.8 a 4.5 volte. La ragione del leggero incremento del debito è la forte crescita del magazzino che passa da 144 a 155 milioni di euro.

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    Trentino Alto Adige – produzione di vino e superfici vitate 2023 – dati ISTAT

    La produzione di vino in Trentino Alto Adige è stata di 1.22 milioni di ettolitri nel 2023, in calo del 7% sul 2022 ma leggermente sopra la media storica secondo i dati ISTAT. Il MIPAAF invece esce con una produzione superiore (strano, di solito è ISTAT ad avere il numero più alto), 1.5 milioni di ettolitri, addirittura in crescita del 16% rispetto all’anno precedente. Visto l’andamento stagionale poco propizio, trovo particolarmente strano il dato del ministero. La produzione di vino resta fortemente orientata verso i vini bianchi (73% del totale) e, ancora di più, verso la produzione di vini di qualità, con i DOC che superano il 90% della produzione del 2023, in una situazione in cui comunque la media storica si pone oltre l’80%. Come abbiamo già detto diverse volte, una delle caratteristiche chiave della produzione della regione è la bassa volatilità della produzione. Calcoli alla meno la produzione vinicola dal 2005 al 2023 ha avuto una variazione media dell’8% circa, contro una variazione annua a livello italiano dell’11%. Giusto per capirci, quella di altre singole regioni come il Veneto, la Puglia o la Sicilia viaggiano dal 15% in su, mentre Piemonte e Toscana sono tra il 10% e il 15%. Anche il 2023 è stato coerente, con un calo della produzione del 7% rispetto al -21% a livello nazionale e una raccolta del 3% superiore alla media storica contro il -13% italiano. Passiamo ad analizzare qualche dato in più con l’ausilio di ulteriori grafici e tabelle.

    La produzione di vino in Trentino Alto Adige è stata di 1.226 milioni di ettolitri nel 2023, di cui 900mila ettolitri sono di vino bianco (-7% e 6% sopra la media storica) e 326mila sono di vino rosso (-7% ma il 6% SOTTO la media storica).
    La produzione di vino DOC tocca il 91% nel 2023 a 1.12 milioni di ettolitri (94% dei vini bianchi e 85% dei vini rossi), +1% e 8% sopra la media storica, mentre i vini IGT sono stati prodotti solo per 92mila ettolitri (5% dei vini bianchi e 14% dei vini rossi), meno della metà del 2022, anche se la serie di dati ISTAT in questo dettaglio è molto volatile. I vini da tavola sono l’1% della produzione regionale.
    Secondo ISTAT, la superficie vitata regionale è cresciuta dell’1% a 15390 ettari.

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    Yantai Changyu Pioneer Wine – risultati 2023

    Con un po’ di fortuna sono riuscito a trovare I bilanci completi di Yantai Changiu Pioneer Wine e quindi riusciamo oggi ad avere un quadro più completo dei dati 2023 ma anche di quelli passati. Diciamo subito che vista la crisi che percepiamo noi nel consumo di vino dei cinesi, l’azienda non sembra essere stata impattata come dovrebbe. I margini sono ovviamente sotto pressione e molto inferiori al passato (17% a livello operativo nel 2023 contro il 30% e più di 10 anni fa) ma YCPW resta ampiamente profittevole e con una buona valorizzazione di borsa. Per intenderci: vendite di 4.4 miliardi di remimbi (572 milioni di euro), utile netto aggiustato di 464 milioni (61 milioni di euro), una cassa netta di 1.7 miliardi (220 milioni di euro) in forte crescita grazie alla razionalizzazione del magazzino. Valore in borsa: 12 miliardi di remimbi, pari a circa 1.6 miliardi di euro, il che significa un rapporto sugli utili del 2023 di circa 25 volte e un rapporto tra valore d’impresa e utile operativo di 14 volte. Tutti questi numeri lasciano intendere che gli investitori pensano che il progresso visto nel 2023 (almeno a livello di vendite) possa continuare. Passiamo a un’analisi più dettagliata con grafici e tabelle allegate.

    Tutto in remimbi di qui in avanti, per derivare gli euro, dividete per 7.7.
    Le vendite sono cresciute del 12% nel 2023 a 4.4 miliardi, di cui 3.1 miliardi nel vino (+10%), 1.2 miliardi nel brandy (+16%). Le vendite domestiche crescono del 13% a 3.8 miliardi, le esportazioni del 4% a 623 milioni e rappresentano il 14% del fatturato totale.
    I margini sono come dicevamo molto sotto i livelli storici. A livello di “gross margin”, nel 2023 YCPW è passata dal 58% al 59% ma viene da un passato eccezionale con margini anche superiori al 70%. Ad ogni modo, il gross margin cresce nel 2023 del 14% a 2.6 miliardi, il livello più elevato dell’era post-Covid. Per darvi un riferimento, nel 2012 era di 4.3 miliardi…
    L’utile operativo e l’utile netto aggiustato sono rispettivamente a 739 milioni (-2%, per un margine del 17%) e 464 milioni (+12%). Di nuovo parametro di confronto storico, l’azienda guadagnava 10 anni fa circa 2 miliardi, quindi siamo oggi a meno di un quarto degli utili del passato.
    A livello finanziario, con investimenti moderati e in calo negli ultimi anni, dividendi di 300-350 milioni all’anno e una eccellente gestione del capitale circolante, Yantai sta accumulando cassa. Nel 2023 è cresciuta a 1.7 miliardi, da 1 miliardo dell’anno precedente. Il capitale investito scende da 9.8 a 9.3 miliardi per un ritorno sul capitale di circa l’8%.

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