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    Concha y Toro – risultati 2023

    I dati 2023 di Concha y Toro sono pessimi, a ruota di quanto commentiamo sulle esportazioni cilene di vino. Le vendite sono calate del 4%, ma gli utili si sono dimezzati e il debito è cresciuto, risultato di una strategia che comunque non rinuncia a “sviluppare” l’attività. La presentazione dei risultati è molto interessante al di là dei numeri, in quanto contiene degli spunti interessanti sull’evoluzione e sui rischi che deve fronteggiare (preferenza per prodotti a basso alcol e basse calorie, innalzamento delle temperature che favoriscono le varietà bianche – Concha y Toro ha 12mila ettari e più varietà rosse -, competizione di altre bevande alcoliche come “ready-to-drink” e mix e via dicendo). La strategia è purtroppo una sola: tagliare i costi e spostarsi sui prodotti premium. L’azienda prevede di tornare a crescere nel 2024 oltre il +10%, avere un mix di vendite per il 60% nella divisione che loro chiamano “principal+invest”, dove ci sono i prodotti più pregiati, e raggiungere un utile operativo di 140 miliardi di peso nel 2025, pari al 15-16% delle vendite. A me sembra che in questi obiettivi ci sia già qualcosa che non va perché vendite +10% nel 2024 significa 920 miliardi di peso, mentre 140 miliardi di utile operativo se sono il 15-16% delle vendite significa 875-925 miliardi di peso, il che significa che nel 2025 prevedono di non crescere il fatturato. Ad ogni modo, così si legge sulla tavola della presentazione. Fatta questa premessa passiamo al commento dei dati.

    Concha y Toro ha realizzato 837 miliardi di peso di vendite nel 2023, con un calo del 4%, interamente generato nel primo semestre dell’anno. Le vendite di vino in Cile sono rimaste stabili, mentre sono in calo del 3% le esportazioni e del 15% le vendite americane del gruppo (-11% volumi, -2% prezzi e -2% cambi).
    Il margine industriale cala di ben 2 punti dal 39% al 37% (in questo caso in entrambi i semestri) causa calo dei volumi e del prezzo medio, ma anche le pressioni sui costi di spedizione e sui prodotti secchi nella prima parte dell’anno (ora sono risolti).
    La forbice con il margine operativo si allarga sempre di più perché le spese di vendita e commerciali non calano nel tentativo di mantenere una buona pressione sul mercato finale. Alla fine dei conti a fronte del calo delle vendite del 4%, il margine industriale scende del 9% a 309 miliardi, il MOL del 29% a 95 miliardi e l’utile operativo del 38% a 65 miliardi di peso. L’utile netto si dimezza da 87 a 43 miliardi.
    La parte finanziaria va di conseguenza. Il debito sale da 322 a 389 miliardi di peso, con il MOL che cala da 135 a 95 il rapporto debito/EBITDA (che già saliva nel 2022) passa da 2.6 a 4.1 volte. Per contenerlo, nel 2024 verranno tagliati gli investimenti, da 59 miliardi a 46 miliardi di peso.

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO

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    Germania – esportazioni di vino 2023

    Le esportazioni tedesche di vino sono in costante calo in volume da ormai diversi anni. Il grafico qui sopra mostra chiaramente questo trend: si è passati da 4 milioni di ettolitri di 10 anni fa agli attuali 3.3 milioni. Il calo non si riflette però nel valore delle esportazioni che si mantiene a cavallo del miliardo di euro. Qualcuno potrebbe ovviamente obiettare che c’è l’inflazione e che il vino italiano e francese sono ben oltre il livello di 10 anni fa. Vero. Anche vero però che il vino tedesco, salvo alcune nicchie di altissima qualità, non è un protagonista nel settore. Tornando ai nostri dati 2023 proposti da UN Comtrade, possiamo concludere che il 2023 è stato un buon anno per le esportazioni tedesche, rimaste stabili rispetto al buon livello del 2022 quando praticamente tutti gli altri paesi hanno visto un calo delle loro esportazioni. I Paesi Bassi sono il primo destinatario del vino tedesco, anche se come sapete questo paese è un grande centro di smistamento con i suoi porti, per cui è certo che gli olandesi non si bevono 800mila ettolitri di vino germanico! Bene, se siete interessati l’analisi prosegue nel post con tabelle e grafici completi.

    La Germania ha esportato vino per 1075 milioni di euro nel 2023, con un incremento dell’1% sul 2022 e un progresso annuo simile negli ultimi 5 anni. Va dato atto che sebbene questi dati non siano eclatanti, l’andamento delle esportazioni mostra una volatilità molto limitata. Di questi, 846 milioni sono relativi a vino in bottiglia, 140 milioni sono spumanti (+2% sia sul 2022 che annuo dal 2018, quindi con una crescita leggermente più sostenuta), 89 milioni sono gli altri prodotti (principalmente vini sfusi).
    Volumi: in calo come dicevamo. 3.3 milioni di ettolitri nel 2023, -6% sul 2022, e -2% annuo dal 2018 a questa parte. Il picco di esportazioni fu nel 2011 con 4.1 milioni di ettolitri.
    I mercati di esportazione sono principalmente anglosassoni e paesi limitrofi. Come scrivevo sopra l’Olanda assorbe 187 milioni e 800mila ettolitri, presumibilmente rispediti per la maggior parte in altri paesi (gli olandesi bevono 3.6 milioni di ettolitri di vino in tutto…), entrambi in forte recupero sul 2022, +19% e +6% rispettivamente.
    Vanno poi notati i cali riportati nel mercato inglese e americano (per quanto non sappiamo quando del vino olandese poi finisca qui…), -7% e -19% rispettivamente, ma anche la battuta d’arresto della Polonia (-4% dopo anni di crescita), dove invece è improbabile la mediazione olandese. Allo stesso modo, è leggermente negativo il dato della Svizzera (-4% ma positivo sui 5 anni) e più marcatamente quello belga (-12%).
    Nuovo osservato speciale per il vino tedesco: la Republica Ceca, dove le esportazioni crescono ininterrottamente da diversi anni.
    Buona consultazione!

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    Nuova Zelanda – esportazioni di vino 2023

    Anche la Nuova Zelanda ha avuto il suo anno pesantemente negativo per le esportazioni di vino. Nel 2023 il calo è del 12% in valuta locale (2.1 miliardi di dollari locali), che diventa -15% in euro (1.2 miliardi) per via della svalutazione della valuta. Si tratta essenzialmente di un calo guidato dai volumi, scesi del 13% a 2.7 milioni di ettolitri, più marcatamente per i vini sfusi che per quelli in bottiglia e, salvo un paio di eccezioni, concentrato nell’area europea. Diciamo che se seguite il blog c’è chi ha fatto peggio, come per esempio i cileni, ma comunque si tratta di una bella battuta d’arresto per quello che era l’unico paese con delle crescita sostenute da diversi anni, quindi in qualche modo “strutturale”. Bene, fatta questa breve premessa vi invito a proseguire nella lettura, corredata da diversi grafici e tabelle.

    Le esportazioni di vino neozelandesi sono calate del 12% a 2.14 miliardi di dollari locali, pur mantenendo rispetto al 2018 un ritmo di crescita del 4% annuo.
    Nel dettaglio, i vini in bottiglia sono scesi del 10% a 1.58 miliardi di euro, quelli sfusi sono scesi del 14% e gli altri prodotti del 20%.
    Passando ai volumi, il calo del 13% a 2.69 milioni di ettolitri lascia comunque la Nuova Zelanda come il paese in più forte crescita nel panorama mondiale, +6% annuo dal 2018 al 2023.
    Se guardiamo ai principali mercati, gli USA calano dell’8% a 810 milioni di dollari NZ (con volumi scesi dell’11% a 971 mila ettolitri) e il Regno Unito cala del 6% a 469 milioni di NZD, per un volume sceso dell’8% a 664 milioni di euro. A chiudere il mondo anglosassone ci sono però i dati estremamente negativi del Canada, crollato del 17% in volume e del 21% in valore a 133 milioni. Resta pur sempre il quarto mercato, preceduto dall’Australia dove le cose sono andate in modo simile, con un -21% a 371 milioni di NZD per un volume in calo del 19% a 568mila ettolitri,.
    Dicevamo dell’Europa, dove a parte il Regno Unito assistiamo al crollo nel mercato tedesco, -27%, anche se cominciamo a parlare di valori meno significativi, 51 milioni di dollari NZ e in quello francese, -16% a 34 milioni. Vero è che salgono il Belgio e l’Olanda ma su numeri meno importanti.
    L’altro segno positivo è quello della Cina, cresciuta del 15% a 39 milioni, su volumi saliti dell’11%.

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    La produzione di vino in Italia nel 2023 – dati provvisori ISTAT

    Quanto vino si è prodotto in Italia nel 2023? Secondo ISTAT 42.5 milioni di ettolitri, secondo il Ministero dell’Agricoltura (MASAF) sembrerebbe 38 milioni di ettolitri, con una perdurante e incomprensibile differenza che già si è vista in diversi anni. La differenza tra ISTAT e MASAF è la trasparenza e la reattività. ISTAT risponde quando il totale non torna e corregge, MASAF (o chi per esso, i lettori della newsletter lo sanno) risponde raramente e non fornisce dati di dettaglio. Vista la situazione, la serie base dei nostri dati resta ISTAT. È una serie con molti dettagli fino alle province, disponibili su un database pubblico e accessibile a tutti, con una serie storica importante. Trovate tutti i dati (ancora provvisori ma dubito cambieranno molto) nella sezione Solonumeri del blog.
    Andiamo quindi ai dati: la produzione 2023 cala del 21% dal record 2022 e si posiziona il 13% sotto la media storica del decennio precedente. I maggiori cali in entrambi i casi sono al Centro e al Sud (oltre 30% e oltre 20% rispettivamente), mentre al Nord il deficit è al di sotto del 10%. La produzione di vino bianco cala meno di quella del vino rosso e così cresce fino a toccare il record storico del 60% (grazie agli spumanti naturalmente). Il 2023 è anche l’anno in cui la produzione di vini DOC tocca il massimo in termini relativi, il 48%, e quella di vini da tavola il minimo (25%, come già accaduto nell’altra vendemmia scarsa del 2012). Anche la produzione di mosti non considerata nel totale, cala a meno dei 2 milioni di ettolitri. Per chi è interessato l’analisi prosegue nel resto del post.

    Dicevamo 42.5m/hl, di cui 25.5 di vino bianco e 17 di vino rosso. Il vino rosso è al minimo storico in valore assoluto e relativo, mentre in una vendemmia molto scarsa anche il vino rosso cede quasi 2 milioni di ettolitri rispetto alla media (crescente) storica.
    Stesso discorso per le DOC, 20.3 milioni di ettolitri che è in linea con la media storica ma arriva al 48% del totale, massimo storico. I vini IGT sono a 11.5 milioni di ettolitri contro la media storica di 13.6%, quindi -16%, mentre i vini da tavola a 10.7 milioni di ettolitri sono sotto del 28%, anche se ci sono come vedete nel tabellone un paio di anni in cui erano scesi sotto la soglia dei 10.
    Passando alle aree geografiche, se prendiamo i dati contro la media decennale, le regioni più colpite dalla scarsa vendemmia sono al centro e al sud. Come potete vedere dalla tabella l’Abruzzo è sotto del 41%, la Campania del 42%, il Lazio del 31%, le Marche del 40%, la Toscana del 30%. Al nord le cose sono andate meglio, anche se si legge un -20% per il Piemonte.
    Sono invece in prospettiva storica stabili i dati della principale regione italiana, il Veneto, a 10.6 milioni di ettolitri e +4% sui 10 anni precedenti, anche se -10% sul 2022. I dati positivi sono invece relativi soltanto a regioni meno significative dal punto di vista dei volumi.
    Vi lascio alla consultazione di tabelle e grafici e, probabilmente, a una secondo post nel caso i dati venissero modificati.

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    Danimarca – importazioni di vino, dati 2023

    I danesi nel 2023 importano meno vino, con un marcato peggioramento del mix di prodotto, ma si concentrano sui prodotti europei, quindi Francia Italia e Spagna. Le importazioni danesi scendono dunque del 12% in valore a 728 milioni di euro (con un andamento simile in valuta locale, stabile verso l’euro) e del 4% in volume a 1.93 milioni di ettolitri. La Francia e la Spagna sono in leggera crescita (+4%), l’Italia è in leggero calo (-2%), mentre quasi tutti gli altri paesi da cui la Danimarca importa sono in forte riduzione. Alcuni dati sono un po’ difficili da decifrare, ma comunque qualche nota positiva per l’Italia c’è, come il forte incremento dei vini spumanti, che praticamente compensa il calo delle esportazioni di vini in bottiglia. Nel ricordarvi che trovate tutti i dati in formato testuale nella sezione Solonumeri, approfondiamo nel resto del post con tabelle e grafici.

    La Danimarca ha importato vino per 728 milioni di euro, -12%, ma mantiene rispetto al 2018 un andamento annuo positivo del 3%. Di questi, 515 sono relativi a vini in bottiglia (-13% nel 2023 e +2% annuo dal 2018), 109 sono di vino sfuso (-7% nel 2023 e +1% annuo dal 2018 a oggi) e 103 milioni sono di vini spumanti (-17% nel 2023 e +10% annuo dal 2018 a questa parte).
    La Francia aumenta ulteriormente la sua quota che passa dal 27% al 32% delle importazioni danesi, con un incremento del 4% a 235 milioni. Ciò si deve soprattutto al +5% dei vini in bottiglia, dato che i vini spumanti sono stabili (in verità dopo un forte balzo nel periodo del Covid).
    L’Italia è a 150 milioni di euro, -1.5% sul 2022, di fatto il medesimo valore da 10 anni a questa parte. Mentre 10 anni fa la Francia era a 130 milioni. Ad ogni modo, nei dati 2023 spicca la debolezza dei vini fermi in bottiglia, -6%, quasi compensata dal +24% dei vini sfusi (solo 16 milioni) e dal +17% dei vini spumanti (di nuovo solo 16 milioni di euro, rispetto ai 62 della Francia).
    Sono buoni anche i dati della Spagna, che però è un gradino sotto, a 66 milioni di euro.
    Sotto questi paesi si leggono dati molto negativi: -21% per gli USA, -24% per la Germania, -14% per l’Australia (che però aveva fatto grandi progressi negli anni passati), -21% per il Cile.
    Uno sguardo ai volumi prima di chiudere: 1.93 milioni di ettolitri, -4%, che quindi denotano un peggioramento del mix dell’8% circa (ritornato al livello 2021 di circa 375 euro per ettolitro dopo il balzo del 2022, quando era salito oltre 400). Qui resta salda la leadership italiana, che incrementa anche del 7% a 419mila ettolitri, contro i 321mila dei francesi (+11%) e i 255mila degli spagnoli (stabili).

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    Italian Wine Brands – risultati 2023

    Italian Wine Brands ha positivamente impressionato il mercato (azioni +11% dopo l’annuncio) con dei risultati 2023 di grande sostanza. Le vendite non sono cresciute (a parità di perimetro, 429 miliioni, +10% includendo le acquisizioni) ma i risparmi di costo derivanti dall’integrazione delle aziende acquisite e le riduzioni del costo dei prodotti secchi hanno consentito un incremento dell’EBITDA rettificato del 19% e dell’utile netto del 24%. Al di là delle rettifiche la bontà di questi risultati è anche evidenziata dal calo del debito da 129 a 101 milioni di euro, destinato tra l’altro a continuare al medesimo ritmo anche nel 2024. Di più, nel 2024 IWB prevede di realizzare ulteriori risparmi di costo, per un totale di 3.5-4 milioni di euro, il che rappresenterebbe una ulteriore crescita del 5-10% dell’EBITDA. I dati, se visti nell’ottica del secondo semestre mostrano un andamento più negativo nelle vendite (calcoliamo -8%, ma abbiamo qualche dubbio sulla comparabilità dei dati 2022) ma sicuramente un miglioramento quasi immutato dei margini. Passiamo a un’analisi più dettagliata dei numeri.

    Le vendite di 429 milioni di euro sono rimaste stabili sul pro-forma 2022, con un incremento del 3% nella divisione wholesale a 312 milioni, un calo del 9% della divisione “distance selling” a 62 milioni (giù del 2% anche il web) e un leggero calo, -4%, per la divisione Ho.Re.Ca.
    Se invece prendessimo i dati come riportati, le vendite sarebbero cresciute del 10%, da 391 a 429 milioni di euro.
    Non abbiamo il dettaglio geografico completo (manca per la divisione “distance selling”), ma è la diversificazione geografica ad aiutare il gruppo. Nella divisione wholesale crescono Inghilterra e Austria, ma calano Svizzera, Germania, Belgio e Austria. Gli USA, dove IWB ha anche fatto un’acquisizione, sono a -2% in pro-forma nel 2023. L’unico mercato dove si può ricostruire il fatturato totale è l’Italia, calata dell’8% a 67 milioni di euro.
    I margini sono migliorati. L’EBITDA torna al 10.3% dopo essere calato all’8.6% in proforma 2022, da 37 a 44 milioni. Restiamo sotto i livelli del pre-Covid ma bisogna considerare che l’azienda è molto cambiata, passando da 65 a 170 milioni di bottiglie vendute, con un grande balzo nella divisione all’ingrosso dove i volumi sono elevati ma i margini più contenuti. Ad ogni moldo, il 2023 chiude con un utile netto rettificato di 19 milioni contro 15 del 2022, e un utile netto riportato (quindi dopo le partite non ricorrenti) di 16.5 contro 14.2 del 2022 (sempre dati pro-forma).
    L’indebitamento scende da 129 a 101 milioni (escluso il debito IFRS16 di 15 milioni). Nel 2023, l’azienda ha pagato 1 milione di dividendi ma non ha acquistato azioni proprie, e ha investito 7.6 milioni contro 9 del 2022. Il rapporto tra debito e EBITDA (questo forzatamente con dentro IFRS16) scende da 3.9 a 2.6 volte.
    Come dicevamo sopra il 2024 dovrebbe essere un anno di ulteriore sviluppo, soprattutto dal punto di vista dei margini. A parità di tutto il resto con i risparmi preventivati l’EBITDA potrebbe salire a circa 48 milioni di euro.

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    Australia – esportazioni di vino 2023

    Dopo il terribile crollo del 2020 coinciso con l’applicazione di proibitive tariffe doganali in Cina, le esportazioni di vino australiano si sono assestate nell’intorno di 2 miliardi di dollari australiani, che corrispondo a circa 1.26 miliardi di euro. È il caso anche del 2023, quando il calo in valuta locale è piuttosto modesto, -2%, che diventa però -9% quando lo guardiamo con i nostri “occhi”, ossia gli euro. Guardando i numeri nel particolare si comincia a vedere che qualcosa sta capitando in Cina. Infatti, sono ripartite le esportazioni a Hong Kong e Macao, il che riporta l’export verso la “Grande Cina” a 339 milioni di dollari, sempre niente rispetto agli oltre 1 miliardo del 2020 ma comunque ben di più dei 200 milioni a cui erano arrivate nel 2021-22. È anche imminente il riesame di queste tariffe da parte del governo cinese: se fossero tolte si riaprirebbe un’opportunità per gli australiani, che però si ritroverebbero un mercato profondamente diverso da quello che hanno lasciato: infatti la Cina ha avuto un crollo delle importazioni di vino negli ultimi 2-3 anni, non soltanto per aver boicottato il prodotto australiano, visto l’andamento molto negativo del vino francese e cileno. Bene, passiamo ai dati e ai grafici, oltre a un qualche ulteriore commento.

    L’Australia ha esportato 6.25 milioni di ettolitri di vino nel 2023, con un calo del 3% rispetto al 2022 e largamente sotto i circa 7.5-8 milioni di ettolitri a cui era abituata negli anni prima del Covid.
    In valore le esportazioni sono state 2.05 miliardi di dollari australiani, con un calo del 2% rispetto al 2022 e un anche in questo caso un buon 30% sotto quanto era il dato pre-Covid. L’andamento tra vini in bottiglia (1.47 miliardi di AUD) e sfusi (492 milioni) è perfettamente allineato nel 2023.
    “Morta la Cina” il principale paese nel 2023 è il Regno Unito con 400 milioni di AUD di importazioni -3% e stabile negli ultimi anni, seguito dagli USA con 393 milioni e un calo del 5% (compatibile con l’andamento negativo degli ultimi anni). Il terzo mercato torna a essere Hong Kong, che balza da 172 milioni di AUD a 302, quindi +76%, livello mai toccato prima e che lascia immaginare un canale “secondario” per l’ingresso in Cina.
    Viene poi il Canada, in calo del 25% a 143 milioni di AUD e questa non è una sorpresa visto i dati che abbiamo visto anche relativi al mercato italiano.
    Il resto della classifica oscilla tra dati stabili e dati molto negativi, con l’eccezione di Macao, altro satellite Cinese con un balzo importante.
    Un occhio di nuovo ai volumi: dei 6.2 milioni di ettolitri esportati, 2.3 vanno nel Regno Unito, 1.4 in USA e 0.7 milioni in Canada.

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    Masi – risultati 2023

    Il 2023 è stato un anno particolarmente difficile per Masi dal punto di vista economico: i dati, anche a causa di un confronto particolarmente difficile con l’ottimo 2022 sono in calo significativo, tanto da arrivare a un utile netto di meno di un milione di euro, mai sperimentato se non nell’anno del Covid. Non è tutto negativo però: la famiglia Boscaini ha fatto la pace con la famiglia Rosso e ha riacquistato le sue quote (ora la famiglia e ENPAIA detengono il 91% del capitale… perché restare quotati in borsa?), sono ripresi i lavori della nuova cantina di Monteleone ed è stata messa a segno l’acquisizione di una cantina in Oltrepo’ Pavese (Casa Re). Non ultimo, Masi ha introdotto una nuova bottiglia più leggera (tema che mi sta particolarmente a cuore). Tornando ai dati 2023, le difficoltà sui mercati esteri, la scarsa vendemmia 2023, la perdita di significativi contributi OGM e l’inflazione sui costi operativi (nonostante aumenti di prezzo applicati superiori al 10% in alcuni casi) hanno tutti contribuito a un calo delle vendite del dell’11% a 66.4 milioni (lo stesso livello del 2021 e del pre-Covid), un crollo dell’utile operativo passato da 9 a 3 milioni di euro (-66%) e un utile netto di 0.7 milioni di euro (4.5 nel 2022), come dicevamo mai visto così basso. Non ultimo nel 2023 l’indebitamento raddoppia da 8 a 16 milioni di euro. Dividendo 2023 dimezzato. Apertura del 2024 sulla stessa china della fine del 2023 (quindi male). Ulteriori commenti, grafici e tabelle nel resto del post per chi è interessato.

    Le vendite calano dell’11% a 66.4 milioni di euro. L’Italia è stabile a 21 milioni, il resto dell’Europa scende del 10% a 22 milioni, l’America crolla del 19% a 20 milioni (Masi molto esposto al Canada) e il resto del mondo fa anche peggio, -28% ma sono solo 3 milioni. Dal punto di vista dei prodotti, i “top wines” scendono del 15% a 19 milioni, i “premium” sono giù dell’11% a 30 milioni e i vini “classici” scendono del 6% a 17 milioni. Quindi un peggioramento del mix.
    A livello operativo il margine industriale si mantiene stabile al 60% (grazie agli aumenti di prezzo) e scende in valore assoluto da 45 a 40 milioni. Sebbene i costi per servizio calino, la mancanza dei contributi OCM si fa sentire e contribuisce al crollo dell’utile operativo da 8.8 a 3 milioni di euro.
    I dati isolati del secondo semestre mostrano ancora meglio quanto sia stato difficile l’ultimo periodo: vendite in calo del 12% a 33 milioni, utile operativo in pareggio e perdita netta di 1 milione di euro.
    A livello finanziario, come dicevamo il debito sale a 16 milioni di euro, +8 milioni dopo averne pagati 2 di dividendi. Masi ha investito 7.5 milioni, in linea con il passato, ha mantenuto il capitale circolante stabile grazie al calo dei crediti verso clienti che ha compensato un forte incremento del magazzino ma ovviamente mancando gli utili il debito è salito. A fine 2023 il rapporto con il MOL è di 2.2 volte, ma stiamo confrontato due dati e un anno “estremo”.

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