Dal mondo del vino campano si sollevano perplessità e malumori per il silenzio assordante del Governo regionale, più volte chiamato in campo per ascoltare le esigenze degli attori della filiera e programmare azioni a difesa di un settore importante, che si trova a fare i conti anche con le emergenze legate al Coronavirus.
Si tratta di un silenzio che si protrae da mesi. Un’assenza di confronto – e quindi di progettualità – che di certo non ha aiutato e non aiuta l’intero comparto vitivinicolo che, dalla scorsa primavera, avverte l’esigenza di una seria programmazione per il rilancio di un settore profondamente segnato dalle conseguenze economiche legate alla pandemia.
Era il 10 aprile quando i rappresentanti dei cinque Consorzi – Cesare Avenia (Consorzio di Tutela dei Vini Caserta), Stefano Di Marzo (Consorzio Tutela Vini d’Irpinia), Andrea Ferraioli (Consorzio Vita Salernum Vites), Ciro Giordano (Consorzio Tutela Vini Vesuvio) e Libero Rillo (Sannio Consorzio Tutela Vini) – indirizzarono all’attenzione del presidente della Regione, Vincenzo De Luca, e del consigliere del presidente all’agricoltura, Nicola Caputo, una missiva contenente le proposte avanzate per il contrasto degli effetti dell’epidemia ‘Covid-19’.
In sostanza, si condensava in 14 punti una serie di interventi urgenti e indifferibili (a livello europeo, nazionale e regionale), allo scopo di consentire la tenuta del comparto e per continuare a operare e a effettuare investimenti. A quella missiva è seguita, in data 4 maggio, una conference call con il presidente della Commissione agricoltura, Maurizio Petracca e, due giorni dopo, quella con la presenza dell’onorevole Caputo. A distanza di tre settimane, alla data del 28 maggio, una nuova conference call con il presidente della Commissione agricoltura.
L’11 giugno, poi, è stata la volta dell’invio del Progetto ‘Made in Campania’, un piano straordinario di promozione “istituzionale” per rilanciare l’immagine e la reputazione del comparto agroalimentare campano e del turismo enogastronomico nei confronti dell’HoReCa e GdO campana per rilanciare i consumi regionali: un programma di interventi dal valore di 26 milioni euro, prontamente reperibili dalle risorse relative ai programmi finanziati dall’Unione Europea.
Dieci giorni dopo, alla data del 22 giugno, i rappresentanti dei Consorzi di tutela vini della Campania hanno poi indirizzato – sempre all’attenzione del presidente De Luca e, per conoscenza, all’onorevole Caputo – una proposta di modifica dell’articolo 5 (quello relativo alla vendemmia verde) dello schema del Decreto Ministeriale per la riduzione rese, mirata a mitigare conseguenze gravi per la filiera anche in prossimità dell’epoca vendemmiale (che è ormai giunta).
Infine, alla data del 23 giugno, una nuova comunicazione (identici i destinatari) con la richiesta di intervento nell’ordinamento regionale campano, con l’emanazione di un regolamento applicativo delle nuove disposizioni statali in materia di disciplina dell’enoturismo. Alla luce di tutti questi lunghi silenzi, il 30 luglio scorso i presidenti dei Consorzi hanno richiesto un incontro urgente al presidente De Luca. Ennesimo appello rimasto inevaso.
Un silenzio assordante e preoccupante nel momento in cui è già partita l’operazione del taglio dei grappoli per una vendemmia che solleva preoccupazioni nonostante la quantità e la qualità della produzione. Preoccupazioni che riguardano l’intera “Cantina Italia” che – come fotografato dal rapporto presentato Assoenologi, Ismea e Uiv – non è mai stata così piena: 38,5 milioni di ettolitri nelle botti e nelle vasche, una mega scorta cresciuta del 60% in soli 5 anni.
A questa scorta si andranno ad aggiungere i 47,2 milioni di ettolitri previsti in questa raccolta (-1% rispetto all’anno scorso). Dati che consentiranno all’Italia di mantenere il primato mondiale della produzione, staccando ancora una volta i francesi e gli spagnoli, ma che non rendono solo felici, considerato che nella prima metà dell’anno, per la prima volta da vent’anni a questa parte, l’export ha fatto un passo indietro del 4%. Un dato che penalizza non poco i vini della Campania che, negli ultimi anni, avevano incrementato la propria capacità di penetrazione dei mercati esteri, segnando balzi in avanti addirittura a tre cifre.
Un comparto importante dell’economia regionale che si trova a fare i conti con le conseguenze di un’emergenza sanitaria ed economica planetaria, difficile da affrontare anche per il silenzio assordante che si registra da parte di chi dovrebbe ascoltare le esigenze per poter programmare interventi efficaci, capaci di dare risposte concrete ad un settore che in questi ultimi anni ha contribuito in modo sostanzioso alla crescita del brand Campania.