I dati 2021/22 di TWE sono stati pesantemente influenzati dall’ultima coda del problema del vino australiano in Cina, che ha colpito in modo pesante gli utili del marchio “bandiera” del gruppo, Penfolds. Proprio approfittando di questo increscioso evento, l’azienda ha cambiato la sua reportistica per segmento passando dalle aree geografiche (riportate ancora solo a livello di fatturato) ai gruppi di marchi, in tre gruppi mostrati nel grafico qui sopra. Per primo Penfols, con 2.2 milioni di casse nel 2022 (quindi il 9% del totale), genera 717 milioni di vendite, quindi il 29% del totale e ben 319 milioni di utile operativo, oltre la metà del totale, nonostante il calo riportato nel 2021/22 (-8%) e presumibilmente anche quello dell’anno prima (non riportato).
Le altre due divisioni sono una incentrata sui marchi locali americani (e alle vendite di quelli australiani nel paese), che fa il 40% del fatturato e poco più del 30% degli utili, ed è in crescita nel 2022 soprattutto a livello di utili dopo la decisione di tagliare i marchi meno profittevoli. La terza invece sono i marchi premium del gruppo non americani, che sono esposti soprattutto al mercato domestico e all’Europa. Circa un terzo del fatturato e 14% degli utili.
Dopo aver spiegato la nuova organizzazione, due parole sui risultati che trovate qui spiegati. Beh, diciamo che poteva andare molto peggio visto il problema cinese. La reazione è stata energica, in Cina nonostante il colpo non si perdono soldi e alla fine la borsa ha premiato le azioni del gruppo, anche se la quotazione (a circa 13 dollari locali) rimane ben lontana dai fasti del passato (circa 19).
Le vendite sono calate del 4% a livello consolidato a 2.5 miliardi di dollari australiani, mentre l’utile operativo cala del 6% a 490 milioni. I dati della seconda metà dell’anno (gennaio-giugno per TWE) sono migliori, con un fatturato in recupero del 4% e un utile operativo che cala solo del 3%, anche grazie al contributo del rafforzamento del dollaro americano.
A livello patrimoniale ci sono state un paio di acquisizioni e dunque l’indebitamento di TWE è leggermente cresciuto (da 445 a 645 milioni, prima di IFRS16) ma resta su livelli più bassi di quello che il management ritiene ottimale per il gruppo (2 volte l’EBITDA, includendo IFRS16, rispetto a 1.8 volte a cui sono adesso).
La strategia di premiumizzazione resta al centro così come l’obiettivo del 25% di margine operativo, rispetto al 20% a cui il gruppo è arrivato attualmente (o meglio è ricaduto, visto che prima del problema cinese stavano al 23%). Vi lascio alla consultazione dei grafici.
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