Nel bilancio 2018 di Berlucchi si consuma la seconda puntata della ristrutturazione finanziaria dell’azienda. Con altro colpo da 35 milioni di euro (dopo I 40 di dividendo nel 2017), gli azionisti hanno “prelevato” in due anni 75 milioni di euro dalle casse aziendali. Nel 2018 questi 35 milioni non sono stati prelevati ma bensì apportati sotto forma di debito contenuto nell’azienda controllante di Berlucchi che attraverso una fusione inversa è diventata parte della Berlucchi stessa. In inglese le chiamano “reverse merger” e “leverage buy out”. Beh, a onor del vero va detto che di questi 75 milioni circa 20 sono stati poi prestati (nel 2017) dagli azionisti stessi fino al 2029 obbligazioni a tassi favorevoli (2.5%) – ma pur sempre di debito si tratta. A fronte di tutto questo dinamismo dal punto di vista finanziario, non si vedono scossoni sulla parte economica. Berlucchi continua a mostrare vendite osclillanti tra 40 e 45 milioni di euro da qualche anno (anche se sono cresciute del 4.8% nel 2018 a 42 milioni) e il margine resta stabile (su ottimi livelli, il 19% anche nel 2018 a livello di margine operativo lordo). È chiaro che se fino a qualche tempo fa ci si potevano attendere significativi investimenti per spostare il baricentro dell’attività fuori dall’Italia, con questa struttura finanziaria la Berlucchi rimarrà una bellissima azienda con una buona generazione di cassa, probabilmente molto simile a se stessa negli anni a venire. Passiamo ai numeri.
- Le vendite sono salite del 4.8% a 42 milioni nel 2018, con un andamento simile per i 40 milioni realizzati in Italia (+4.4) e l’esigua parte rimanente all’estero, 1.8 milioni di euro.
- Il margine operativo lordo non segue la crescita delle vendite a causa dell’incremento dei costi da servizi. A fronte di un margine industriale del 70.0% (70.4% nel 2017) e di un costo del personale stabile al 14% delle vendite, sono gli altri costi a determinare una diluizione del margine dal 20.7% al 18.9%, per un EBITDA in calo da 8.3 a 7.9 milioni di euro.
- Con l’operazione spiegata sopra sono stati rivalutati terreni, immobili e altri cespiti per assorbire il disavanzo di fusione, talchè pur avendo le medesime strutture dell’anno prima (vista l’esiguità degli investimenti, probabilmente non necessari), l’ammortamento sale da 1.9 a 2.6 milioni di euro. Di conseguenza il calo dell’utile operativo è più marcato, da 6.3 a 5.3 milioni di euro. Crescono anche gli oneri finanziari sul nuovo debito, per un pretasse di 6 milioni, contro 7.8 del 2017.
- Alla fine però l’utile netto sale da 5.5 a 6.2 milioni, grazie al “patent box” gli sgravi fiscali che per fortuna terminano nel 2019 con i quali l’Italia mira ad aiutare i marchi made in Italy e le aziende con brevetti nel loro sviluppo. Non mi pare che questi 1.4 milioni di euro vengano utilizzati per lo scopo del legislatore…
- Infine la parte finanziaria. Il debito netto di Berlucchi passa dunque da 24 a 55 milioni, incamerando i 35 milioni di debito apportato cui si contrappone la generazione di cassa dell’anno e un calo di due milioni del capitale circolante. Il rapporto debito/MOL raggiunge quota 6.9 volte.
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