I dati semestrali di Vranken Pommery sono sulla stessa linea di quelli appena commentati di Boizel: fatturato in calo vicino alla doppia cifra e utili in forte riduzione. Come ben sappiamo, per Vranken la situazione è meno difficile, essendo l’azienda più diversificata geograficamente e con una presenza anche nei vini fermi. Il primo semestre è stato però funestato da una serie di oneri straordinari relativi al calcolo degli oneri contributivi sul personale che aveva aiutato in modo pesante l’anno scorso e ha invece avuto un impatto negativo quest’anno. Quindi, come leggete dalla tabella allegata nel resto del post, se l’utile operativo dichiarato si è dimezzato (da 5.9 a 2.9 milioni), quello aggiustato per questi oneri (positivi nel 2018, negativi nel 2019) sarebbe in realtà cresciuto da 3.4 a 3.8 milioni, seguendo una traiettoria leggermente positiva vista negli ultimi anni (2.3 – 2.6 – 3.2 milioni di euro nel 2015-2016-2017). Tutto dentro resta il fatto che i margini sono (aggiustati o meno) molto esigui e la performance commerciale resta piuttosto insoddisfacente, soprattutto considerando i dati che leggiamo nel rapporto semestrale del gruppo LVMH. La struttura finanziaria è la cartina al tornasole del discorso di sopra: da un anno con l’altro peggiora (in parte per colpa di IFRS16) e la crescita del debito anno su anno di 41 milioni (18 senza IFRS16) è superiore a quella del magazzino (+11 milioni). Passiamo ai dati dettagliati.
- Le vendite calano dell’8% a 87 milioni, con una riduzione del 20% in Francia (da 48 a 38 milioni di euro) e un leggero incremento all’estero, che si compone di un +7% in Europa (38 milioni) e un -4% nel resto del mondo (11 milioni). Da un punto di vista dei prodotti tutto il calo è concentrato nello Champagne, sceso da 86 a 77 milioni, mentre i vini di Provenza e “de Sable” crescono del 20% a 10 milioni di euro.
- I margini abbiamo visto essere in forte calo (-50%) in termini dichiarati, in leggera crescita se aggiustati per il gioco degli oneri e proventi straordinari. Ciò conduce a un utile netto in perdita di 6.6 milioni di euro, contro i -4 dello scorso anno, dentro una “fila” di dati negativi per Vranken Pommery dovuta all’eccessivo peso degli oneri finanziari (circa 10 milioni a semestre), dovuta al debito eccessivo.
- Proprio il debito è il dato importante da guardare. In un anno passa da 713 a 754 milioni di euro. In questo dato l’azienda inserisce anche 23 milioni di IFRS16, che debito non è, quindi diciamo che il +41 milioni diventa +18 se togliamo questo componente non presente lo scorso anno. Questo +18 si confronta con un incremento di magazzino di +11 milioni nell’anno, e durante l’anno sono stati pagati 7 milioni di dividendi. Quindi la conclusione è che Vranken Pommery non ha una generazione di cassa sufficiente per continuare a “nutrire” le sue vendite future (ad oggi 3.4 anni di fatturato in casa) e remunerare gli azionisti…
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