Quasi mi sento inadatto a commentare un vino. Ormai sono molto più bravo a berlo, ma non per il semplice gusto dell’ebbrezza, ma per entrarvi in sintonia, ascoltarlo, cercare di penetrarne la materia, la storia, il bagaglio di natura, tempo e sapere che lo hanno plasmato fino all’istante che lo traduce al mio assaggio. Ieri sera ho incontrato uno di quegli assaggi che si staglia nella mente forse per sempre, di quei vini che piazzi tranquillamente tra i più buoni mai sentiti. Ed é successo di nuovo con un Fiano di Avellino. La prima esperienza memorabile fu con una Magnum di Marsella del 2009, già 4 o 5 anni fa. Ieri é stata una bottiglia di Rocca del Principe 2011 a folgorarmi.
Un tappo traditore, imbevuto all’estremo e persino trafilato, ma alla stappatura mostrava ancora tenuta sufficiente. Verso attendendo il fluido e il suo colore, e mi rincuoro e stupisco nel giallo tenue e brillante, quasi vivo di riflessi argentei. Metto il naso al calice e mi rendo conto di essere davanti a un vino da epifanie. Descriverlo é riduttivo, rischio di fargli torto, per quanto era luminoso, vivo, pulsante, così generoso di sentori tanto nitidi quanto fini, eleganti, capaci di mescolarsi, sovrapporsi, scomparire per lasciare posto al successivo e poi riproporsi al sorso, ogni volta leggermente diverso, ogni volta deciso in un allungo potente ed elegante, senza sbavature di alcol, senza note amare, eppure così penetrante, così vibrante di un’acidità buona e diffusa in tutta la sua trama.
Sbuffi di mare, poi di roccia, di agrume giallo di lime, pompelmo, arancia bionda, poi miele di acacia, biscotti alla cannnella, babà al rhum, albicocche fresche, ananas, erbe aromatiche (su tutte il rosmarino, ma anche il mirto) e ricordi balsamici, di cera d’api. Ti stacchi dal calice e presto senti l’istinto di avvicinarlo ancora, al naso e alle labbra, a raccoglierne gli umori come in un bacio da innamorati.
Il Fiano ha bisogno di tempo, di pazienza, di rispetto, che ripaga con immense bellezze da gustare e fare risuonare dentro, come un mantra, come una canzone alla vita, come un sogno ancora vivo al risveglio. Che non vuoi scordare e alla fine non puoi proprio.