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    La produzione di vino nel mondo 2024 – prima stima OIV

    Dati in formato testo disponibili nella sezione Solonumeri.
    La produzione mondiale di vino 2024 scende tra l’1% e il 4% secondo i dati pubblicati da OIV a un livello di 227-235 milioni di ettolitri. Se i dati saranno confermati (mi pare non ci possano essere grandi sorprese a questo punto), si tratterebbe dell’annata meno produttiva probabilmente di sempre, o almeno dal 2001 a questa parte, ossia la serie di dati che ho a disposizione. Sulla media degli ultimi 10 anni significa l’11% in meno. I paesi che più contribuiscono a questo calo sono certamente la Francia, l’Italia e, in misura leggermente minore l’Italia, tutti tra il 10% e il 15% sotto la media storica, mentre nell’emisfero sud vanno segnalati i dati molto negativi del Cile e dell’Australia.
    Non è tutto negativo: visto l’andamento discendente dei consumi di vino una produzione di vino gradualmente calante dovrebbe consentire di mantenere l’equilibrio del mercato, soprattutto nella fascia dei vini di più bassa qualità. Purtroppo i dati di OIV sul consumo di vino sono aggiornati soltanto nella sessione di Aprile, dobbiamo quindi aspettare. Per ora occupiamoci dei dati che abbiamo a disposizione, con tabelle e grafici nel resto del post.

    OIV stima una produzione di vino 2024 tra 227 e 235 milioni di ettolitri (abbreviato a 231 nei nostri grafici), con un calo dell’1-4% sul 2023, già sotto media. La media produzione degli ultimi 10 anni (2024 compreso) è stata di circa 260 milioni di ettolitri e siamo quindi l’11% sotto.
    L’Europa a 27 ha prodotto second OIV 139 milioni di ettolitri, in calo del 3% e del 12% sotto la media storica. Spiccano i dati di Francia e Italia. In Francia la vendemmia è prevista a 37 milioni di ettolitri, il 23% in meno del 2023 e il 15% sotto la media.
    Per l’Italia OIV usa i dati previsti da Assoenologi che a sua volta fa riferimento alle dichiarazioni di produzione raccolte da Agea (ma dichiareranno tutti tutto? ISTAT ha delle stime molto più elevate…). Per l’Italia si prevedono 41 milioni di ettolitri, +7% sul 2023 ma il 14% sotto media. Un po’ meglio in Spagna dove i 33.6 milioni di ettolitri previsti sono il 18% sopra il terribile 2023 e il 10% sotto la media storica.
    Il resto del mondo vede gli USA in leggero calo ma in linea con la media storica e dei dati piuttosto negativi per tutto l’emisfero australe, dove i dati sono invece molto più “stabili”, avendo vendemmiato durante la nostra primavera. Il resto del mondo è a -1% sul 2023 e il 10% sotto la media storica. Sono molto negativi i dati dell’Australia a 10 milioni di ettolitri per il secondo anno del 16% sotto la media storica, mentre il Cile scende a 9.3 milioni di ettolitri, -15% e il 19% sotto la media storica.
    Vi lascio alle tabelle mentre vi ricordo che i dati finali del 2024 sono previsti ad aprile 2025.

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO

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    Cile – produzione di vino 2024

    La produzione di vino in Cile è stata in fortissimo calo negli ultimi due anni. Nel 2023 e nel 2024 si sono prodotti rispettivamente 11.0 e 9.3 milioni di ettolitri di vino. Il dato del 2024 è particolarmente negativo, circa il 19% sotto la media storica. Pur restando focalizzato su vini di qualità (86% della produzione totale), il Cile paga l’esposizione ai vini rossi (65% del totale, pur in graduale calo negli anni), il cui consumo è meno brillante dei bianchi, e all’interno della categoria dei rossi, il peso importante dell’accoppiata Cabernet Sauvignon e Merlot (circa il 66% della produzione di vini rossi di qualità), diventata forse un po’ meno di moda rispetto al passato e come dicevamo in passato estremamente competitiva.
    Anche nelle categoria dei bianchi, il Cile manca di una varietà “propria”, basando il suo sviluppo sull’accoppiata Sauvignon Blanc – Chardonnay, dove i Neozelandesi nel primo caso e gli americani/australiani nel secondo caso hanno una potenza di fuoco ben diversa.
    Del resto le conseguenze le vediamo nelle difficoltà di Concha y Toro, alle prese con dolorose ristrutturazioni, e dal calo delle esportazioni di vino, scese dai picchi di 8 milioni di ettolitri annui al livello attuale di poco più di 6 milioni di ettolitri.
    Bene, proseguiamo l’analisi con grafici e tabelle nel resto del post.

    La produzione 2024 di 9.3 milioni di ettolitri è suddivisa in 8.0 milioni di ettolitri di vini DOC, 1.2 milioni di vini non DOC e 0.1 milioni di vini da tavola, con una penetrazione della categoria DOC dell’86%.
    La vendemmia è dunque largamente inferiore alla media decennale del Cile, pari a 9.6 milioni di ettolitri di vino DOC e 11.4 milioni di ettolitri di vino totale, e rispettivamente di -16% e -19%.
    Se restringiamo il confronto sulla categoria dei DOC, la produzione dei vini rossi è di 5.2 milioni di ettolitri, quella dei vini bianchi di 2.8 milioni di ettolitri. Rispetto al passato il destino si divarica. Nella categoria dei vini rossi al produzione è circa il 20% sotto la media decennale, in quella dei vini bianchi siamo sotto dell’8%, pur mostrando entrambe le categorie un calo tra il 2023 e il 2024 del 13% circa.
    Passando ai vitigni, la maggior produzione resta quella di Cabernet Sauvignon, 2.6 milioni di ettolitri e il 17% sotto la media storica, mentre gli 1.4 milioni di ettolitri del Sauvignon Blanc sono solo il 2% sotto media pur calando dell’8% sul 2023. Il terzo prodotto in termini di peso è il Merlot, 0.9 milioni di ettolitri (-10% anno su anno) e il 23% sotto la media storica, mentre arriva al medesimo livello di circa 0.9 milioni di ettolitri la produzione di Chardonnay, in linea con la media storica.

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    Quanto costa produrre una bottiglia di vino? – studio Camera Agricola di Bordeaux 2022

    La camera di commercio di Bordeaux compila quasi ogni anno uno studio sui costi di produzione del vino, con dovizia di dettagli e per numerose tipologie di azienda vinicola, da quelle piccole (15 ettari, che usiamo oggi qui come riferimento) a quelle più grandi da 60 ettari, con una resa per ettaro di 50 ettolitri in convenzionale e 40 in biologico.
    Oggi proviamo a “semplificare” i dati per renderli più comprensibili, a fare un confronto tra i costi di produzione “bio” rispetto a “convenzionale” (risposta: 20% in più), a capire quanto pesano i costi di produzione del liquido rispetto al suo imballaggio (risposta: siamo quasi metà e metà) e a capire come si sono evoluti questi costi nel tempo (risposta: circa +10% tra il 2019 e il 2022).
    Ovviamente si tratta di uno studio su uno scenario particolare – azienda di 15 ettari coltivati metà a 1.5mt e metà a 1.8mt -, in una zona particolare – Bordeaux, dove la vigna è prevalentemente piana – con dei costi di produzione, in particolare il costo della vigna da ammortizzare su 25 anni di 42mila euro per ettaro (quindi non propriamente una vigna da grandi vini…).
    Bene, la conclusione è che una bottiglia di vino nel 2022 costa 3.2 euro in viticoltura convenzionale e 3.9 euro in viticoltura bio, in entrambi i casi con 1.5 euro per il costo di imbottigliamento (oltre al vetro e via dicendo). Di nuovo, se invece di 42mila euro a ettaro mettessimo 1 milione a ettaro di costo della vigna da ammortizzare, il costo implicito della vigna salirebbe da 0.30 euro a bottiglia a 6 euro a bottiglia, con un conseguente costo totale per bottiglia in salita a 9-10 euro a bottiglia.
    Ulteriori dettagli con tutte le tabelle nel resto del post.

    La Camera Agricola della Gironda pubblica questo studio (link) quasi ogni anno.
    Per un’azienda di 15 ettari e una resa di 40-50 hl/ha in bio/convenzionale rispettivamente, la stima dei costi agricoli nel 2022 è di 1.3 euro a bottiglia per il convenzionale e 1.9 per il bio, cui si aggiungono costi di vinificazione di 0.4 e 0.5 euro a bottiglia rispettivamente, per un costo del vino di 1.7/2.4 euro. Quindi produrre un vino bio (considerando anche la minore resa) costa il 40% in più.
    Si aggiungono poi 1.5 euro per l’imbottigliamento e si arriva ai 3.2/3.9 euro di cui dicevamo sopra (ovviamente qui il costo è uguale per bio e convenzionale).
    Se lo guardiamo nel tempo consultando gli studi del passato (quasi completamente sovrapponibili), nel 2019 il costo del liquido era di 1.6/2.3 euro, passando a 1.7/2.4 nel 2022, quindi con un aggravio di costo piuttosto moderato del 6-7% su un arco temporale di 3 anni.
    I costi invece sono aumentati molto di più sulla parte “secca”, passando per l’imbottigliamento da 1.25 euro a 1.48 euro per bottiglia, con un aggravio quindi del 18%, il che determina il paradosso che per un vino “base” come può essere quello considerato in questo studio, il costo dell’imballaggio arriva quasi alla metà del totale!
    Vi lascio alle tabelle, di nuovo con l’avvertenza di prendere questi dati “con le molle”. Se il costo di imbottigliare una bottiglia di Barolo può essere molto simile a quello considerato in questo studio (anche se su tappi e bottiglie ci sono diverse scelte da fare…), il costi impliciti della vigna, le rese, i costi del suo trattamento (pensiamo a colline o montagne) possono essere differenti.

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    Vranken Pommery – risultati primo semestre 2024

    In un semestre molto difficile per le esportazioni di Champagne, Vranken Pommery ha ceduto circa il 7% del fatturato con un leggero calo anche in Francia ma è riuscita a migliorare i margini, frutto della strategia di premiumizzazione soprattutto sul marchio Vranken Pommery, oltre che grazie alla riduzione delle perdite della divisione vini fermi (“vini delle sabbie e della Provenza”). Il problema dell’azienda resta l’elevato indebitamento (730 milioni alla fine di giugno compreso di un piccolo impatto da IFRS16), più elevato del valore del magazzino, che si è tradotto in un significativo incremento degli oneri finanziari.
    Alla fine, la situazione classica delle aziende della Champagne, primo semestre in perdita e secondo semestre in utile, si è ripresentata anche questa volta. Le prospettive non sono rosee, anche se la situazione viene “parafrasata” dicendo dopo la forte crescita post-Covid ci si attende una normalizzazione dell’attività. Se mettessimo insieme un secondo semestre stabile con il progresso del primo semestre, Vranken Pommery potrebbe comunque centrare un buon miglioramento a livello operativo, mentre gli oneri finanziari non dovrebbero scendere (nonostante l’evoluzione positiva dei tassi di interesse) a causa della struttura del debito, che è stata girata sul tasso fisso.
    Grafici e tabella riassuntiva sono nel resto del post, compreso un ulteriore commento.

    Le vendite calano del 7% a 110 milioni di euro, con la Francia a 41 milioni e -3.5%, l’Europa a 41 milioni e -9% e il resto del mondo a 28 milioni e -8%.
    Dal punto di vista dei prodotti, lo Champagne cala del 6% a 104 milioni mentre i vini fermi sono in calo del 19% a 6 milioni di euro.
    A livello operativo il margine EBITDA migliora dal 16% al 21%, ossia da 19 a 23 milioni, trascinando l’utile operativo al 14% per un totale di 15 milioni. Tutti gli utili provengono dalla Champagne (15 milioni, margine 15%), ma anche la divisione vini fermi riduce la perdita del primo semestre.
    Con oneri finanziari in crescita da 13 a 16 milioni, il progresso dell’utile operativo scompare in fondo al profitti e perdite, che segna una perdita di circa 2 milioni.
    A livello finanziario, il debito sale a 730 milioni, 711 prima di IFRS16, +28 milioni da giugno 2023. L’azienda ha pagato dividendi per 7 milioni nel periodo (nel secondo semestre 2023). Gli investimenti sono stati di 10 milioni, in leggero calo sui 12 milioni del primo semestre 2023, mentre un impatto negativo lo ha sortito l’incremento del capitale circolante (fattore stagionale) che è stato di 39 milioni, contro i 22 milioni del semestre 2023.

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    Il commercio mondiale di vini sfusi – aggiornamento 2023

    Eccoci all’appuntamento annuale con il post sul commercio mondiale dei vini sfusi. Cominciamo subito con le conclusioni. Se il mercato del vino è statico o in leggero calo, il mondo dei vini sfusi lo è certamente di più, sia nei volumi, che stimiamo essere intorno ai 32 milioni di ettolitri (oltre 40 preCovid), che nel valore, sceso dai 3.2-3.3 miliardi di euro degli anni immediatamente precedenti al Covid agli attuali 2.4 circa. I protagonisti di questo mercato sono gli spagnoli, con quote di mercato crescenti, al di sopra del 20% negli ultimi due anni, seguiti da Italia, Australia e Nuova Zelanda con il 12% circa ciascuno. Questi 4 paesi fanno dunque oltre la metà del totale e per arrivare ai due terzi basta aggiungere il 10% del Cile.
    Passiamo a un commento più in dettaglio con tabelle e grafici, tratti dai dati di UN Comtrade.

    In base ai dati di 93 nazioni, le esportazioni mondiali di vino sfuso sono state circa 2.4 miliardi di euro, in calo del 10% a valore rispetto al 2022 e del 7% annuo dal 2018 a questa parte.
    In volume i calcoli sono più difficili per la mancanza dei dati corretti di alcune nazioni importanti per questo prodotto, come il Cile. Se facciamo una somma dei dati presenti arriviamo a 30 milioni di ettolitri. Con un dato più sensato del Cile, siamo intorno ai 32 milioni. Ugualmente il 2022 mancava dei dati di Francia e Sud Africa, insieme intorno 3.5 milioni di ettolitri, oltre a qualcosa del Portogallo. Se quindi prendiamo un dato 2022 “completo”, saremmo arrivati a circa 34 milioni di ettolitri contro 37 del 2021 e circa 41-42 del 2019. Quindi il 2023 dovrebbe essere stato in calo del 6-7% circa, 32 contro 34.
    Dominatore assoluto è la Spagna, con 514 milioni di euro nel 2023, ossia il 21.5% del totale e 11.4 milioni di ettolitri, quindi circa il 35-36% del volume totale. Anche gli spagnoli sono in calo, del 4-5% annuo in valore e del 3% in volume.
    Ci sono poi Italiani e australiani con circa 4 milioni di ettolitri, dato stabile negli anni per l’Italia, in calo per l’Australia. I valori sono simili, 300 milioni per l’Italia (stabile sul 2022, -6% annuo sul 2018) e 280 per l’Australia (-8% sul 2022 e -6% annuo).
    Insieme c’è la Nuova Zelanda che è un po’ l’esportatore di vini sfusi di lusso, nel senso che i 296 milioni di euro di export (-13% sul 2022, ma in crescita rispetto al 2018) si confrontano con un volume di soltanto 1.1 milioni di ettolitri, il che indica un prezzo medio di esportazione quadruplo rispetto a quello italiano, che corrisponde a precise strategie di imbottigliamento nei luoghi di consumo, consentiti dai loro disciplinari.

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    Indebitamento e leva delle principali aziende vinicole – dati Mediobanca 2023

    Dati in formato testo disponibili nella sezione Solonumeri.

    Ultima puntata del lavoro sul rapporto Mediobanca. Parliamo oggi di debiti e di leva finanziaria delle principali aziende vinicole italiane. La prima cosa da dire è che i debiti di queste 24 aziende analizzate sono cresciuti del 23% nel 2023, diciamo pure il ritmo più sostenuto “di sempre”. La ragione è semplice: siamo di fronte a un processo di consolidamento del settore dove si stanno creando alcuni poli (IWB, Argea per esempio) in alcuni casi guidati dal private equity, e nel 2023 in particolare, Antinori si è portata a casa una grande azienda vinicola americana (Stag’s Leap Wine Cellar), facendo crescere in modo importante il suo debito (e a conti fatti, il 90% dell’incremento del debito del campione è proprio da associare ad Antinori). Questo non significa un peggioramento degli indici di bilancio, in quanto il maggiore debito è stato parzialmente compensato dal maggior patrimonio e dai maggiori utili operativi. Certamente nel 2023 questo maggiore debito si è combinato a tassi di interesse più elevati e ha quindi determinato un impatto negativo sugli utili che abbiamo potuto apprezzare nei dati commentati nelle scorse settimane. Bene, nel ricordarvi che le tabelle incluse nel post si riferiscono esclusivamente alle aziende con oltre 100 milioni di euro di fatturato, vi invito a proseguire nella lettura.

    Le 24 aziende analizzate hanno visto crescere il loro debito da circa 2.1 a 2.5 miliardi di euro nel 2023, a fronte di diverse operazioni di consolidamento.
    I debiti come riportati dal rapporto Mediobanca di Antinori sono cresciuti da 209 a 630 milioni di euro (per intenderci l’indebitamento finanziario netto da bilancio è pari a circa 400 milioni, ma l’ordine di grandezza è corretto) per l’acquisizione di cui sopra e Argea segna anch’essa un incremento.
    Per quanto riguarda tutte le altre aziende notiamo debiti sostanzialmente stabili o in leggero calo.
    In termini di rapporto con il patrimonio, la cooperativa La Marca mostra il rapporto più elevato a 3.3 volte, seguita da Mack & Schuhle a 2.1 e Schenk a 1.6.
    Se lo rapportiamo al valore aggiunto troviamo di nuovo le cooperative in cima alla classifica, ma questo è ovviamente relativo al loro modello. Se escludiamo le cooperative, Zonin ha il rapporto più elevato a 3.2, seguita da Argea a 3 e IWB a 2.9. Casualmente sono proprio queste tre aziende che hanno iniziato un percorso di consolidamento con l’ingresso di capitale non familiare (quotazione in borsa o private equity). Pur realizzando l’importante acquisizione, Antinori ha mantenuto un rapporto di 2.2 volte il valore aggiunto.

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    Lanson BCC – risultati primo semestre 2024

    Il forte calo delle esportazioni di Champagne del primo semestre 2024 si ribatte ovviamente sui risultati delle aziende quotate ed esposte a questo segmento. Cominciamo oggi con Lanson BCC, che ha riportato un deciso calo delle vendite (-20%) e dell’utile netto (-68%) dopo un paio di anni in cui anche il primo semestre offriva dei buoni livelli di profittabilità.
    Altre due cose vanno sottolineate. La prima è che questi dati pur in forte calo sono molto meglio dei semestri pre-Covid.
    La seconda è che Lanson nel confronto 2024 contro 2023 ha fatto decisamente peggio del mercato, calato del 15% in volume (106 milioni di bottiglie), di cui -10% per la Francia e -18% per le esportazioni (sempre parlando di bottiglie). Lanson ha registrato vendite… -13% in Francia e -25% all’estero nonostante dica che il prezzo mix è migliorato, quindi togliendo quel contributo positivo probabilmente il gap è ancora più rilevante. Nulla si dice sulle prospettive, come al solito peraltro, salvo che essendo il secondo semestre i due terzi dell’anno delle vendite e la metà dei costi… le cose dovrebbero migliorare… passiamo ai numeri, con ulteriori commenti e grafici.

    Le vendite calano da 109 a 88 milioni di euro, di cui 42 in Francia, -13% e 46 all’estero, -25%. Le vendite estere sono scese molto pesantemente in Europa, a cui Lanson è molto esposta, da 49 a 35 milioni di euro, -28%, mentre nel resto del mondo il calo è inferiore al 10% con un recupero in Nord America.
    I costi sono pienamente sotto controllo. Anzi, il margine lordo di 50 milioni è il 57% delle vendite contro il 53% dell’anno scorso (quando in valore assoluto era 58 milioni), a dimostrazione che la strategia di migliorare il prezzo-mix funziona anche qui. I costi del personale e i costi esterni sono stabili o in leggero calo, il che porta a un EBITDA di 17 milioni, contro i 23 dell’anno scorso primo semestre, quindi -29%, e con un margine che scende dal 21% al 19%, ma comunque resta molto sopra quanto visto in passato.
    Gli oneri finanziari crescono per via dei maggiori tassi di interesse e si arriva in fondo con 4 milioni circa di utile netto.
    Dal punto di vista finanziario, il debito cresce (+39 milioni nei 12 mesi a 534 milioni) ma meno del magazzino (+57 milioni a 581 milioni). Nel corso del primo semestre Lanson ha pagato dividendi per 7.3 milioni, il 10% in più dell’anno precedente ma non ha riacquistato azioni sul mercato (2 milioni negli anni scorsi).
    Quindi in conclusione: un semestre difficile ma ancora buono se confrontato alla situazione pre-Covid.

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    Settore vino contro settore bevande – dati Mediobanca 2022/23

    Riprendiamo oggi una analisi a mio parere piuttosto interessante che si basa sui dati pubblicati da Area Studi Mediobanca, ossia il confronto tra il settore del vino e quello delle bevande (alcoliche e non) italiane, per quanto riguarda tutta una serie di indicatori economico-finanziari.
    Avvertenze: l’analisi arriva al 2023 per le bevande e ancora al 2022 per il vino (salvo per che per le vendite) e andiamo indietro di circa 10 anni (anche se potremmo raddoppiare!). Secondo, l’analisi include tutto il settore vino e quello senza le cooperative, che è secondo il mio parere quello da guardare.
    Bene, cosa si ricava dal post? Direi quanto segue. Primo, che la crescita del settore del vino e di quello delle bevande è stata equivalente nei 10 anni, anche se il settore del vino è stato meno influenzato nel periodo del Covid. Nel periodo più recente, le aziende vinicole sono cresciute meno di quelle delle bevande, probabilmente per la loro maggiore esposizione alle esportazioni, che sono rallentate in modo importante. Secondo, i margini di profitto delle aziende vinicole sono migliorati rispetto al passato, sia in valore assoluto sia rispetto a quelli del settore delle bevande. Il valore dell’eccellenza del vino italiano comincia a filtrare nei dati economici. Dall’altro lato, fare vino richiede più investimenti che fare bevande e dunque quando si passa dai margini di profitto (quanto si guadagna rispetto a quanto si vende) al ritorno sul capitale (quanto si guadagna rispetto a quanto si investe) il confronto diventa più sottile, anche se lo svantaggio storico delle aziende vinicole sembra non vedersi più. Infine, la struttura finanziaria delle aziende vinicole è migliorata in proporzione a quello del settore delle bevande nel corso degli anni.
    Bene passiamo a una analisi dei dati corredata da grafici e tabella riassuntiva.

    Il settore delle bevande analizzato da Mediobanca ha chiuso il 2023 con un fatturato del 27% superiore a quello del 2019, quindi “pre-Covid” rispetto a un incremento del 21% delle vendite delle aziende vinicole, sempre recensite dal rapporto di Area Studi Mediobanca. Tale differenza si è creata da un’uscita più veloce dal Covid per le bevande (che avevano peraltro subito un impatto negativo più marcato). Per il 2023 le bevande sono cresciute del 4% contro un dato stabile per il settore vinicolo.
    I margini sono in miglioramento per il settore vinicolo, anche se mancano i dati 2023. Prima del Covid le aziende vinicole (ex cooperative) avevano un margine del 9.2%, erano al 9% nel 2022, quando invece il settore bevande era passato dal 7.2% al 6.2% (prima di recuperare al 7.2% nel 2023).
    Il ritorno sul capitale vede ancora il settore bevande avvantaggiato, in un contesto di ritorni calanti durante il periodo del Covid. Le bevande erano al 7.5% nel 2022 contro il 7.2% delle aziende vinicole e hanno recuperato 1 punto nel 2023. Riteniamo lo stesso non sia capitato alla aziende vinicole.
    Infine, il rapporto di indebitamento, debito su EBITDA (o MOL). Qui il trend è più chiaro: le aziende vinicole erano più indebitate (circa 2x contro 1.5x per le bevande) nel 2019, il rapporto è perfettamente allineato a 1.6x nel 2022.

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