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    Consorzio DOC Friuli: Prosegue il viaggio in Italia per promuovere i vini del territorio

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    Valtellina, vincente più con il Nebbiolo o la Chiavennasca?

    La Valtellina torna a Milano con una master class ed una cena per esaltare i vini ed il cibo tradizionale della valle lombarda

    Presso il ristorante Identità Golose a Milano, si è svolta la master class organizzata dal Consorzio Vini Valtellina per rinsaldare il legame della valle con la città di Milano.

    Tavola preparata per la masterclass Valtellina

    La masterclass, intitolata “Il nebbiolo delle Alpi a Milano” ha presentato 5 vini rappresentativi delle 5 sottozone: Maroggia, Sassella, Inferno, Grumello, Valgella

    I 5 vini delle 5 sottozone valtellinesi

    Ed è stata l’occasione per fare il punto, insieme al Presidente del Consorzio Danilo Drocco ed il responsabile comunicazione Giacomo Moioli, sullo stato del vino Valtellina.

    A sinistra Danilo Drocco Presidente Consorzio Valtellina, a destra Giacomo Moioli

    Valtellina che denota un buon livello valoriale (inteso come prezzi di vendita) ma che per alcuni operatori presenti alla masterclass, soffre di una concorrenza agguerrita con altri vini rossi, in particolare se li sono comunica come “nebbioli.Personalmente, già il fatto di comunicare il Valtellina come Nebbiolo e non Chiavennasca (il nome locale del nebbiolo) la dice lunga su quale possa essere la chiave corretta.

    Per molti il nebbiolo è sinonimo di Piemonte, quindi accostarlo ad un’eccellenza lombarda potrebbe essere controproducente. Dall’altra, è un vitigno molto più riconoscibile (ed associato ad un’idea di eccellenza) del nome Chiavennasca.

    La strada potrebbe essere quella di spingere sempre di più le sottozone, dando correttamente più prevalenza al territorio che al vitigno, ma essendo 5 (con Sassella ed Inferno che si contendono la fama maggiore) diventa difficile avere anche le risorse necessarie.

    Lato vini, le degustazioni fatte, non solo alla masterclass ma anche alla cena successiva, hanno dimostrato quale sia la forza e la debolezza della Valtellina: l’estrema varietà delle interpretazioni che si può ottenere dalla Chiavennasca.

    Personalmente lo considero un valore, ma diventa più difficile comunicarlo. Ricordandosi poi che se non si ha una base comune, diventa difficile collegarlo al territorio.

    I vini della Masterclass Valtellina

    I vini della cena – Fronte

    I vini della cena – Retro

    Piacevole intruso: Pignola spumantizzata

    Tra i vini assaggiati che mi hanno particolarmente colpito segnalo Gianatti con il suo Grumello 2015, all’inizio il più chiuso di tutti i vini versati, ma poi quello che è venuto fuori con la maggiore originalità.Piacevole (inteso come fresco e ben bevibile) il Maroggia 2019 di Agrilu. La Pignola spumantizzata in metodo classico extra-brut di Marco Triacca è stata una sorpresa, non proprio territoriale ma comunque un vino fatto bene e con un suo perché.

    Alla cena su tutti, la conferma di Dirupi 2018, grande beva e struttura.In definitiva, una serata organizzata ottimamente, che ha permesso di approfondire la Valtellina nella sua evoluzione e del suo posizionamento nel mondo dei grandi vini rossi. LEGGI TUTTO

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    Perchè il vino italiano dovrebbe guardare all'Africa (e non alla Cina)

    Tra le molte, stimolanti sessioni dell’ultima edizione di Wine2Wine Business Forum, quella che personalmente mi ha colpito di più è stato lo speech corale dedicato ad alcuni Paesi dell’Africa subsahariana come Nigeria, Sudafrica, Ghana, Kenya. Un piccolissimo spaccato su un continente in merito al quale la maggior parte degli italiani è rimasta ferma al “hic sunt leones” di coloniale ottocentesca memoria, semmai aggiornato (spesso in negativo) dalla cronaca delle problematiche migratorie. Invece l’Africa è un luogo di millenarie culture oggi in grande fermento, dinamico, giovane, con enormi potenzialità. Un luogo al quale il mondo del vino dovrebbe iniziare a guardare con attenzione. Degli spazi che il vino italiano potrebbe ritagliarsi su questo continente ho parlato con uno degli speaker di Wine2Wine: Victor Ikem, business director di Drinks Revolution Limited. L’intervista integrale (in inglese) è pubblicata qui.Può spiegare brevemente il quadro attuale del mercato vinicolo nigeriano? “Con una popolazione che attualmente è di circa 205 milioni di abitanti e che si prevede raggiungerà i 450 milioni nel 2050, la Nigeria è il mercato più promettente per chiunque guardi al futuro e sia interessato all’Africa.  Il mercato vinicolo nigeriano offre un mix unico di opportunità diverse: è giovane e ha un tasso di crescita annuale superiore al 5%. E’ un mercato molto dinamico, che accanto ai tradizionali mercati aperti distribuiti in diverse regioni e città presenta canali di vendita al dettaglio ben sviluppati.  In Nigeria è presente una varietà di vini spumanti, fermi, rossi e bianchi, la maggior parte dei quali importati da Francia, Sudafrica e Spagna, ma sono presenti anche vini provenienti da Cile, Austria, Argentina e Portogallo. Negli ultimi anni, il vino italiano non è stato una priorità per gli importatori nigeriani, forse per una mancanza di interesse da parte dei produttori di vino italiani a esplorare e sfruttare le opportunità esistenti in questo Paese”.La maggior parte dei produttori di vino italiani pensa che il proprio futuro sia in Asia e quasi tutti stanno cercando di entrare nel mercato cinese. Se avessi un’azienda vinicola, investirei invece nei Paesi africani. Mi sbaglio? “Non avrebbe torto a scegliere di investire in Africa, perchè è un continente in evoluzione e molto ricettivo. L’importante è capire il mercato attraverso un’interazione e un impegno costanti, e trovare i partner giusti con cui lavorare.   L’Africa ha industrie tecnologiche e dell’intrattenimento in piena espansione che stanno guidando la crescita economica. La partecipazione in Africa deve essere un gioco lungo, il ritorno sull’investimento richiede più tempo perchè prima occorre educare i consumatori ai vini italiani. L’Italia è diventata popolare in Asia per la moda, le auto veloci, il calcio e il turismo, quindi l’asiatico medio è esposto alla vita italiana. L’Africa, invece, non lo conosce e quindi è necessario educarla, ma sul lungo termine chi investe in questo paese trarrà maggiori benefici che in Asia”. Chi è oggi il consumatore nigeriano di vino? “Ci sono varie categorie: in primo luogo ci sono i consumatori anziani, tra i 50 e i 70 anni, che rappresentano ca. il 25-30% del mercato. Sono persone che in genere hanno viaggiato, hanno un palato ormai maturo e  una lunga esperienza di consumo del vino, oltre ad una grande familiarità con le varietà internazionali. La seconda, crescente categoria è costituita da consumatori giovani, finora bevitori di birra e alcolici, che stanno passando al consumo di vino, convinti che sia più salutare. Si tratta di individui di età compresa tra i 18 e i 35 anni che aspirano ad uno stile di vita agiato, apprezzano i vini dolci e quelli più facili da bere, sia rossi che bianchi. Essi rappresentano circa il 60% o più del mercato. Il resto  sono persone che oscillano ancora tra birra, alcolici e vino”.Quali sono al momento  i vini italiani più richiesti?“C’è un grande interesse e una forte domanda per il Prosecco, che nella maggior parte dei casi sostituisce lo Champagne. Alcuni consumatori hanno mostrato interesse anche per il Pinot Grigio, il Moscato, il Lambrusco e altri”. Quali sono i problemi principali dell’esportazione di vino in Nigeria?“I problemi non sono troppo complicati, a patto che si trovino i partner giusti con cui lavorare, che devono saper gestire il processo di approvazione, le procedure doganali di importazione, le accise e gli altri aspetti relativi alle procedure di pagamento”.In breve, perché un produttore di vino italiano dovrebbe esportare in Nigeria e a quali partnership dovrebbe guardare? “Il mercato nigeriano è molto grande , c’è posto per tutti coloro che sono interessati ad entrarvi. Il ritorno sull’investimento e i guadagni sono garantiti perché il potenziale di crescita è elevato, però non bisogna avere fretta. E’ necessario costruire una collaborazione a lungo termine con i partner locali di importazione, focalizzandosi sullo sviluppo del mercato e sulla costruzione del marchio”. LEGGI TUTTO

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