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    Vini umbri d’eccellenza: il progetto UmbriaTop Wines

    In Umbria, l’eccellenza della produzione vitivinicola è riunita sotto l’ala di UmbriaTop Wines, società cooperativa fondata nel 2009: nata dalla visione di vitivinicoltori di fama mondiale, si dedica alla promozione dei migliori vini regionali, enfatizzando la qualità, la sostenibilità e l’autenticità del patrimonio enologico umbro. La cooperativa, che associa 109 cantine e 4 Consorzi vitivinicoli – Torgiano, Montefalco, Trasimeno, e Orvieto. Per conoscere meglio questa importante realtà del sistema vino italiano ho rivolto alcune domande a Gioia Bacoccoli, General Manager di UmbriaTop.

    Lo staff di UmbriaTop Wines: Laura La Ficara – Francesco Strangis – Gioia Bacoccoli

    Quali sono le motivazioni principali che hanno portato alla fondazione di UmbriaTop Wines nel 2009 e come si è evoluta la cooperativa dal momento della sua creazione fino ad oggi?

    UmbriaTop Wines è una società cooperativa agricola fondata nel 2009 con l’obiettivo di promuovere un’immagine unitaria dei produttori vitivinicoli regionali. Ad oggi, la Cooperativa riunisce sotto di sé 118 soci tra cui i quattro Consorzi di Tutela regionali e rappresenta così un gruppo eterogeneo di produttori di fama mondiale, che producono vino di altissima qualità. L’obiettivo è quello di promuovere tutta la produzione vitivinicola partendo dall’area di Montefalco, passando per la zona del Lago Trasimeno, fino ai territori che fanno capo ad Orvieto e Torgiano.

    La cooperativa, sostenuta anche dalla Regione Umbria, ha come mission quella di educare il consumatore ad apprezzare e valorizzare gli eccellenti vini di questa regione. La cooperativa è partita da una base molto ridotta, e nel corso degli anni, con l’adesione di sempre più soci convinti della buona riuscita di questo progetto, si è espansa e così anche la sua partecipazione a fiere ed eventi del territorio regionale, nazionale ed internazionale.

    Quale significato profondo volete dare al concetto di “immagine unitaria e qualificata” per il vino umbro?

    La mission di UmbriaTop è quella di far emergere tratti che sono di fatto comuni per tutte le produzioni enologiche regionali.

    Qualità, in nome di quantità quasi sempre limitate, frutto di un lavoro costate di selezione delle uve in campo e di una grande cura in cantina; 

    Autenticità ed unicità, pensando ai nostri vitigni autoctoni protagonisti delle produzioni

    Sostenibilità, ove la nostra regione è di fatto un “cuore verde” dove pochissimo è l’inquinamento ambientale.

    “rarità”: se si pensa che l’intera produzione media annuale si compone di meno del 2% della produzione nazionale

    Queste parole chiave possono essere alla base della nostra idea di “immagine unitaria” se espresse in una narrazione coordinata.

    Il tutto può funzionare ancor meglio abbinandolo anche ad eccellenze agroalimentari del territorio viaggino insieme, con accordi strategici con altri soggetti.

    Il nostro modus operandi abituale è quello di creare un collettivo di produttori ben riconoscibile al di fuori dell’Umbria che rimandi alla qualità del brand Umbria.

    Qual è il ruolo dei vitigni autoctoni nella produzione dei vini Umbri e quali sono le principali sfide nella produzione di vini di alta qualità rispettando la biodiversità e il territorio?

    I vitigni autoctoni sono un elemento fondamentale per la produzione dei vini umbri, consentono di promuovere l’essenza di questo territorio immensamente ricco di biodiversità e storia. La produzione vitivinicola regionale sul territorio risale infatti sin dall’epoca degli Umbri.

    La produzione dei vini di alta qualità presenta diverse sfide per rispettare il territorio e la sua biodiversità; i produttori sono molto attenti a questi due temi e adottano strategie competitive e all’avanguardia per garantire la biodiversità del territorio che permette di ottenere prodotti di altissimo pregio e attenti al rispetto della natura e del territorio. Lo slancio verso una viticultura pulita è già ben avviato, con aziende che producono vino biologico o lavorano in regime sostenibile.

    L’impegno verso la tutela paesaggistica del territorio umbro è ben riscontrabile anche dall’elevato numero di cantine presenti alla fiera di Slow Wine a Bologna, il cui obiettivo è quello di promuovere il vino buono, pulito e giusto.

    Come vi state approcciando agli strumenti digitali per la strategia di promozione dei vini umbri e per il coinvolgimento dei consumatori a livello globale?

    Gli strumenti digitali sono uno degli attrezzi fondamentali per poter diffondere, al di fuori della regione e al di fuori del territorio nazionale, l’immagine di qualità del vino umbro. Attraverso post di Instagram e Facebook intendiamo raggiungere un vasto pubblico di consumatori che possono approcciarsi in prima battuta alla realtà di Umbria Top e di tutti i progetti e gli eventi organizzati durante l’anno; il fine è quello poi di farli avvicinare in maniera diretta ai produttori vitivinicoli. In programmazione dal 2025 abbiamo la creazione di un portale e-commerce regionale nonché un sistema di blockchain che possa interconnettere i produttori con i tecnici che costantemente sostengono le aziende. In progress anche una progettazione di attività divulgative come realtà aumentata, realtà immersiva ed animazioni con schermi led innovativi.

    Quali sono gli obiettivi principali di Umbria Top per i prossimi anni e quali nuovi progetti sono previsti per aumentare ulteriormente il valore del vino umbro sui mercati internazionali?

    Umbria Top si augura di avere a giorni riscontri alla partecipazione ad un progetto di Filiera regionale sotto il bando “Distretti del Cibo” con il Ministero della Agricoltura e della Sovranità Alimentare.

    L’obiettivo per i prossimi anni è di continuare a crescere, riunendo sotto di sé ulteriori produttori di eccellenze enologiche per lavorare in modo coeso e in sinergia per rendere il settore vitivinicolo regionale sempre più protagonista del mercato internazionale e sempre più riconoscibile e richiesto.

    Nel mentre, per il 2025 stiamo lavorando al tema portante del progetto “Radici”. È un percorso multidisciplinare che prevede l’analisi della produzione vitivinicola regionale, le sue origini e le sue tracce sul territorio, le tecniche antiche e nuove di produzione, tracciando così una linea temporale della produzione a partire dalle sue origini archeologiche, antropologiche, culturali. Affiancando questa analisi storica, si vuole analizzare anche le peculiarità botaniche, ambientali, agronomiche e colturali che rappresentano l’unicità del territorio umbro, al fine di costruire una maggiore identità del comparto a partire dalla “base”.

    Accanto a questo progetto continueremo a portare avanti l’organizzazione di fiere del settore per offrire ai produttori la possibilità di relazionarsi con buyers nazionali ed internazionali per promuovere il vino umbro.

    Abbiamo aderito al bando di Distretto di Filiera presentando il nostro progetto che ci vede capofila,  in progetti pensati  in sinergia con diverse aziende e makers del territorio; siamo fiduciosi che questo possa essere un ottimo trampolino di lancio per la promozione del vino umbro non solo in Italia, ma anche in tutto il mondo.

    Qual è stata l’ispirazione dietro la creazione dell’Umbria Wine Academy e In che modo l’Academy rappresenta un ponte tra eredità e avanguardia nella viticoltura umbra? Infine, quali sono gli obiettivi principali che il progetto si propone di raggiungere a medio e lungo termine?

    L’obiettivo di Umbria Wine Academy, creata nell’anno 2024, attraverso tutte le azioni e attività programmate durante l’intero anno, è quello di individuare,  formare e fidelizzare degli Ambassador innamorati del vino umbro in grado di  promuoverlo attraverso i social e nel mondo.

    L’Academy rappresenta un ponte tra eredità e avanguardia nella viticoltura umbra grazie alle attività di incoming di buyers interessati al nostro territorio, che vengono a fare esperienze per “toccare” le caratteristiche peculiari del territorio con mano e poter diffondere l’unicità del territorio nei loro paesi di provenienza.

    Il Presidente di UmbriaTop Wines Massimo Sepiacci

    L’obiettivo del progetto a lungo termine è quello di organizzare diverse attività di diverse tipologie per promuovere il vino umbro; si va da azioni di incoming ad organizzare delle collettive di assaggi di vino dei produttori umbri per il loro riconoscimento nelle guide nazionali più importanti del settore. Il fine non è solo quello di svolgere attività di promozione rivolte verso l’estero, ma anche quello di pubblicizzare il vino umbro su tutto il territorio regionale proponendo dei format promozionali dinamici, come un road show tra le principali enoteche regionali.   LEGGI TUTTO

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    Indebitamento e leva delle principali aziende vinicole – dati Mediobanca 2023

    Dati in formato testo disponibili nella sezione Solonumeri.

    Ultima puntata del lavoro sul rapporto Mediobanca. Parliamo oggi di debiti e di leva finanziaria delle principali aziende vinicole italiane. La prima cosa da dire è che i debiti di queste 24 aziende analizzate sono cresciuti del 23% nel 2023, diciamo pure il ritmo più sostenuto “di sempre”. La ragione è semplice: siamo di fronte a un processo di consolidamento del settore dove si stanno creando alcuni poli (IWB, Argea per esempio) in alcuni casi guidati dal private equity, e nel 2023 in particolare, Antinori si è portata a casa una grande azienda vinicola americana (Stag’s Leap Wine Cellar), facendo crescere in modo importante il suo debito (e a conti fatti, il 90% dell’incremento del debito del campione è proprio da associare ad Antinori). Questo non significa un peggioramento degli indici di bilancio, in quanto il maggiore debito è stato parzialmente compensato dal maggior patrimonio e dai maggiori utili operativi. Certamente nel 2023 questo maggiore debito si è combinato a tassi di interesse più elevati e ha quindi determinato un impatto negativo sugli utili che abbiamo potuto apprezzare nei dati commentati nelle scorse settimane. Bene, nel ricordarvi che le tabelle incluse nel post si riferiscono esclusivamente alle aziende con oltre 100 milioni di euro di fatturato, vi invito a proseguire nella lettura.

    Le 24 aziende analizzate hanno visto crescere il loro debito da circa 2.1 a 2.5 miliardi di euro nel 2023, a fronte di diverse operazioni di consolidamento.
    I debiti come riportati dal rapporto Mediobanca di Antinori sono cresciuti da 209 a 630 milioni di euro (per intenderci l’indebitamento finanziario netto da bilancio è pari a circa 400 milioni, ma l’ordine di grandezza è corretto) per l’acquisizione di cui sopra e Argea segna anch’essa un incremento.
    Per quanto riguarda tutte le altre aziende notiamo debiti sostanzialmente stabili o in leggero calo.
    In termini di rapporto con il patrimonio, la cooperativa La Marca mostra il rapporto più elevato a 3.3 volte, seguita da Mack & Schuhle a 2.1 e Schenk a 1.6.
    Se lo rapportiamo al valore aggiunto troviamo di nuovo le cooperative in cima alla classifica, ma questo è ovviamente relativo al loro modello. Se escludiamo le cooperative, Zonin ha il rapporto più elevato a 3.2, seguita da Argea a 3 e IWB a 2.9. Casualmente sono proprio queste tre aziende che hanno iniziato un percorso di consolidamento con l’ingresso di capitale non familiare (quotazione in borsa o private equity). Pur realizzando l’importante acquisizione, Antinori ha mantenuto un rapporto di 2.2 volte il valore aggiunto.

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO

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    Fantini Group – dati di bilancio 2023

    Nel 2023 Fantini Group ha subito un leggero calo delle vendite (-4% a 86 milioni) che però è stato completamente assorbito dalla riduzione dei costi, anche grazie all’allentamento dei prezzi delle materie prime. Il contenimento degli investimenti su livelli particolarmente bassi ha invece consentito di ridurre ulteriormente il livello dell’indebitamento da 60 a 50 milioni di euro, quindi da 3 a 2.6 volte l’EBITDA, che vi ricordo nel caso di Fantini era cresciuto nel 2020 quando l’azienda era passata di mano con l’ingresso del private equity (4 volte l’EBITDA alla fine del 2020), attraverso una manovra di leverage buy-out. Dopo il 2023 non particolarmente positivo dal punto di vista commerciale, gli amministratori hanno fornito una visione più positiva per il 2024, dove a un consolidamento dei volumi della GDO (tradotto: sono in leggero calo…) si combina un andamento invece positivo del canale Ho.Re.Ca.
    Passiamo a una breve analisi dei dati con ulteriori grafici e la tabella riassuntiva.

    Le vendite sono calate del 4% a 86 milioni di euro. Dobbiamo evidenziare che l’azienda nel bilancio parla di “Ricavi delle vendite e delle prestazioni” che includono anche 3 milioni di altri ricavi relativi a servizi, vendita di materie prime (presumibilmente uva o vino non imbottigliato), oltre a 1 milione di contributi pubblici.
    Dal punto di vista geografico, le vendite in Italia sono calate del 5% a 3 milioni, restando marginali, quelle in Europa sono cresciute del 2% a 63 milioni, mentre calano pesantemente sia il fatturato americano (-12% a 12 milioni) che quello asiatico (-29% a 7 milioni).
    Come vedete dalla tabella i profitti operativi (EBITDA e utile operativo) sono mostrati in versione rettificata e non rettificata, per tenere conto di oneri non ricorrenti e dell’ammortamento del goodwill dell’operazione di private equity. Ad ogni modo, il forte controllo dei costi (costo del personale addirittura calato) e delle altre spese operative hanno più che compensato una certa pressione sul costo del venduto (ossia il costo di produzione) passato dal 52.7% al 53.8% del fatturato. L’EBITDA rettificato e l’utile operativo sono quindi calati del 3% circa, rispettivamente a 19.2 e 17 milioni di euro.
    L’utile netto dichiarato scende invece da 6.3 a 4.5 milioni di euro (questo non aggiustato per le componenti non ricorrenti), anche a causa dell’incremento degli oneri finanziari nel 2023.
    A livello finanziario, il debito scende da 60 a 50 milioni come dicevamo, forte di un eccellente lavoro sul livello del magazzino (che ha liberato 5 milioni di euro) e di un livello di investimenti piuttosto contenuto, meno di 2 milioni di euro (rispetto a 2.2 milioni di euro di ammortamenti) che ha consentito di scaricare praticamente tutto l’utile generato a riduzione del debito.

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    Masi – risultati primo semestre 2024

    Masi ha chiuso il primo semestre 2024 con risultati deludenti. Le vendite sono calate del 9%, i margini sono scesi al punto più basso dall’anno del Covid (6% a livello operativo), ma soprattutto si ritrova con un debito di 34 milioni di euro a fine semestre, in crescita importante rispetto ai 21 di un anno fa, in seguito all’incremento delle scorte e agli investimenti, ma anche aggiungerei io al fatto che negli ultimi 12 mesi l’azienda non ha di fatto prodotto utili (0.02 milioni di euro nel primo semestre e una perdita di 1.1 milioni nel secondo semestre dell’anno 2023, con una generazione di cassa di soli 4 milioni). Nel frattempo, Red Circle di Renzo Rosso ha rivenduto le quote agli azionisti di maggioranza (la famiglia Boscaini) e l’azienda ha deciso di semplificare i processi di governance, iniziando anche il percorso per diventare società benefit. L’uscita dal semestre sembra essere in miglioramento: gli ordini sono in ripresa e il secondo semestre potrebbe essere meglio (già il secondo trimestre è stato meglio del primo). L’andamento borsistico non è stato positivo nel 2024, con il titolo partito a 5 euro ora intorno a 4.2 euro, quindi -16%, per un valore di mercato di 135 milioni. Con una quota di “flottante” dell’8% soltanto sarebbe necessario prendere una decisione: o stare con una quota degli azionisti di minoranza più elevata oppure togliere l’azione dal mercato. Vedremo, per ora occupiamoci dei numeri.

    Le vendite sono calate del 9% a 30 milioni, di cui 9.4 in Italia, -3%, 9.7 in Europa, -13%, 10.1 in America a -5% e 1 milione nel resto del mondo. Nel semestre calano soprattutto le vendite dei top wines, scesi del 21% a 7.4 milioni di euro, contro il -5% e -3% segnato dai premium wines (leggi Campofiorin) e dai classical wines rispettivamente.
    I margini sono in calo soprattutto per il peso dei costi fissi su un fatturato in calo, dato che il margine lordo resta sopra il 63%. Il margine EBITDA cala dal 17% al 12%, l’utile operativo scende da 3.4 a 1.7 milioni per un margine del 5.6% contro il 10.2% di un anno fa. Grazie a un buon contributo degli utili su cambi, il bilancio chiude in pareggio.
    Dal punto di vista finanziario, come dicevamo il debito sale a 34 milioni di euro. Masi ha investito 6 milioni di euro nel semestre (quindi molto) e ha avuto un incremento di 16 milioni di euro del capitale circolante, per aumentare le scorte di Amarone. Va anche detto che 4 milioni di euro di debiti sono rispuntati perché non è stata rinnovata una operazione di cessione di crediti pro-soluto. Non ha pagato dividendi agli azionisti.

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    Andrew Peller – risultati 2022 (marzo 2023)

    Non arrivano buone notizie dai dati di fine marzo 2023 di Andrew Peller, l’azienda vinicola canadese quotata che opera attraverso numerosi marchi, conosciuti soprattutto localmente (Peller Estates, Trius, Thirty Bench, Wayne Gretzky, Sandhill, Red Rooster, Black Hills Estate Winery, Tinhorn Creek Vineyards, Gray Monk Estate Winery, Raven Conspiracy, and Conviction). La combinazione di aumenti dei costi sia del vino sfuso che delle materie secche per via dell’inflazione, la scarsa esposizione ai mercati internazionali e l’incremento degli oneri finanziari portato dall’aumento dei tassi hanno determinato una ulteriore pressione sui conti, tanto da portare l’azienda in leggera perdita a fine anno. Il tutto considerano un sostanzioso contributo governativo (circa 10 milioni registrati, di cui 8 incassati) per lo smaltimento delle scorte. La generazione di cassa è stata inoltre negativa, con un debito salito da 191 a 208 milioni di dollari canadesi, dopo la distribuzione di 10 milioni di dividendo ma anche l’incasso di quasi 8 milioni di sussidi per il settore da parte del governo locale. Il grafico del prezzo di borsa è lo specchio della situazione: in costante discesa da mesi, tanto che oggi l’azienda capitalizza meno di 200 milioni di dollari canadesi, meno della metà di un anno fa. Passiamo a un breve commento dei dati.

    Le vendite sono leggermente cresciute nell’esercizio chiuso a marzo 2023, +2.2% a 382 milioni di dollari. Il dato riflette un incremento (non dettagliato) delle vendite nei ristoranti e delle vendite dirette e un calo delle vendite della distribuzione e dei servizi di “vinificazione personale” che l’azienda offre. Inoltre, i rilevanti incrementi dei prezzi messi in atto hanno supportato il fatturato, quindi probabilmente implicando un calo dei volumi venduti.
    I margini hanno tenuto a livello industriale (37% “gross margin” dopo il costo di produzione), ma ciò è grazie ai contributi ricevuti dal governo canadese. Altrimenti sarebbero calati ulteriormente intorno al 34-35%, ben lontano dal 43% registrato pre-pandemia. Il margine operativo è dunque calato poco sotto il 10% a 38 milioni e con oneri finanziari in crescita si arriva a un dato finale di una perdita di 3.4 milioni, che sarebbe stata molto peggio senza i contributi governativi.
    Passando alla parte finanziaria, il debito finanziario sale a 208 milioni come dicevamo sopra, che corrisponde a un rapporto di 3.4 volte l’EBITDA, rispetto a 3.2 dello scorso anno. Di nuovo, se togliamo i contributi governativi saliamo leggermente sopra 4x.
    Le attese per il futuro sono vaghe, anche se qualche raggio di sole sempre spuntare tra le nuvole. Così il commento del management “La nostra catena di approvvigionamento si è normalizzata e sebbene stiamo ancora subendo l’impatto dell’inflazione, i nostri costi dei componenti hanno iniziato a diminuire e ci aspettiamo che questa tendenza continui. Guardando al futuro, prevediamo un ritorno a livelli di redditività più normali nei prossimi anni in quanto le nostre strategie volte a incrementare le vendite di prodotti a margine più elevato, introdurre nuovi prodotti ed estendere le linee di prodotti esistenti, sfruttare la forza della nostra membership nazionale al wine club e concentrarci su iniziative di riduzione dei costi e miglioramento della redditività hanno effetto” [traduzione ChatGPT]. LEGGI TUTTO

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    Vini da investimento: mercato in crescita negli ultimi 10 anni. Contributo di Emanuel Paglicci

    Ricevo e pubblico questo contributo di Emanuel Paglicci.
    a cura di Emanuel Paglicci, CEO di Wine Profit
    Negli ultimi decenni, il vino pregiato è diventato un asset sempre più popolare tra gli investitori più esperti e i non, soprattutto per chi desidera diversificare il proprio portafoglio. Un trend in continua crescita, testimoniato dal Knight Frank Luxury Investment Index, secondo il quale l’andamento del mercato del vino pregiato ha registrato un’impennata del +137% negli ultimi 10 anni. A confermarlo è anche l’indice Liv-ex 100 che misura proprio l’andamento dei vini pregiati in Europa e che ha riportato nel 2022 un +7,1%.
    Come entrare, quindi, nel mondo degli investimenti di vino? Investire nel vino significa, prima di tutto, diventare un collezionista di bottiglie di pregio. Non bisogna però essere in prima persona degli esperti per saperle riconoscere: abili sommelier degustano ogni anno i vini non appena questi vengono rilasciati sul mercato e, in alcuni casi, l’assaggio viene fatto ancora prima che il vino sia imbottigliato e commercializzato, come nel caso della campagna En Primeur di Bordeaux. Solo circa l’1% della produzione vinicola globale supera l’accurata selezione e diventa a tutti gli effetti un vino di pregio, su cui è quindi possibile l’investimento.
    L’autenticità e la corretta conservazione di una bottiglia sono il punto di partenza essenziale quando si acquista una collezione che si intende monetizzare in seguito. Nel valutare la qualità di un vino, inoltre, vengono tenute in considerazione le sue caratteristiche gustative, che contribuiscono all’assegnazione di un punteggio in una scala da 0 a 100: per essere considerato da investimento, il vino deve totalizzare almeno 90 punti. Il principale fattore che concorre nella definizione di vino da investimento, però, è la sua domanda sul mercato, che dev’essere superiore alla sua produzione. In questo modo, le bottiglie iniziano ad essere particolarmente richieste e ciò consente di avere buone possibilità di liquidazione sia in termini di prezzo che di tempistica.
    L’andamento climatico è infine un fattore determinante per la produzione e la qualità del vino: nei prossimi anni, il Climate change e la siccità andranno a influire notevolmente sulla scarsità dei raccolti, determinando variazioni significative di carattere sensoriale e organolettico. Nel 2022, ad esempio, la produzione dei vini en-primeur di Bordeaux è stata solo del 30% rispetto all’annata precedente: questo significa che la quantità delle bottiglie prodotte sarà minore e i prezzi di partenza più alti. Tra 7-9 anni quando i vini saranno pronti per essere venduti – 2 anni per l’imbottigliamento e 5-7 anni come durata dell’investimento – la disponibilità di bottiglie sarà ancora più bassa e i prezzi aumenteranno sempre di più.
    Quali sono, quindi i numeri del vino? Per prima cosa, il vino da investimento ha sempre ottenuto una crescita media annuale del 10%, percentuale che può variare a seconda del budget investito e delle bottiglie di pregio che si riesce ad inserire all’interno del proprio portafoglio. È inoltre un bene tangibile, senza nessuna correlazione con gli altri mercati globali ed è esente dalla tassa sulla plusvalenza. Il vino da investimento ha la possibilità di essere liquidato in qualsiasi momento ma è bene sottolineare che, qualora le condizioni di mercato non dovessero essere favorevoli, si potrebbe incorrere in una riduzione del prezzo di vendita, rispetto a quello stimato e in un  allungamento delle tempistiche di liquidazione. Ancora, ogni collezione è totalmente assicurata, resistente alla recessione del mercato finanziario ed è stoccata all’interno di magazzini fiscali che ne garantiscono la conservazione, secondo le corrette condizioni: minima esposizione alla luce, umidità e temperatura costante, assenza di vibrazioni e forti odori – come spiega Wine Profit, società ibrida innovativa, che si posiziona tra due realtà del mercato: le società di investimento nel vino e i commercianti di vino e che possiede circa 65.000 bottiglie di vino a magazzino, con un valore economico di oltre 7 milioni di euro. LEGGI TUTTO

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    Venezia e il vino

    Venezia e il vino, un legame indissolubile e avvincente, dove storia e leggenda spesso convivono, regalando al viaggiatore una prospettiva nuova per scoprire i tesori enogastronomici della Serenissima e del suo entroterra.  Quantomeno curioso se pensiamo che i veneziani erano noti nel Medioevo in quanto gente che: “Non arat, non seminat, non vindemiat” come citava un anonimo nell’ Honorantie civitatis Papie pubblicato nell’XI secolo. Venezia però nel suo massimo splendore è regina nel commercio, possiede il monopolio negli scali marittimi più importanti del Mediterraneo orientale e proprio dal Peloponneso, dalla città portuale di Monemvasia, arrivò la Malvasia, il vino che fece la fortuna dei mercanti e degli osti veneziani. Con il nome di malvasie, infatti, erano conosciute le rivendite di vino straniero, molto più costoso alla mescita del vino locale. L’espansione della Repubblica in terraferma, tra il XIII e VX secolo farà da volano alla produzione vitivinicola veneta, che ancora oggi vanta il primato di regione più produttiva d’Italia.
    Il Consorzio Vini Venezia che racchiude ben 5 denominazioni: DOC Venezia, DOC Lison-Pramaggiore, DOC Piave e le DOCG Lison e Malanotte del Piave, con un attento lavoro di valorizzazione, promozione e diffusione delle denominazioni da un lato, e un lavoro di valorizzazione del distretto d’area rurale e dei percorsi culturali, enoturistici ed enogastronomici corredata da un’intensa attività di editoria dall’altro, sta facendo rinascere l’attenzione per le terre di quella che fu la Repubblica della Serenissima e che vedono proprio nella città lagunare, patrimonio dell’umanità, il fulcro di tutto il progetto.
    Il Giardino Mistico
    A testimonianza di ciò, negli ultimi anni è nata una manifestazione come Feelvenice che ha lo scopo di approfondire la conoscenza del patrimonio artistico inestimabile di Venezia legandolo ai percorsi enogastronomici e alle degustazioni organizzate in collaborazione con AIS Veneto. Visite a calli, campi, campielli, sottoporteghi e tutti quei luoghi che raccontano un legame indissolubile tra la Serenissima e il vino, che si concludono con una visita all’incantevole Giardino Mistico del convento dei Carmelitani Scalzi, adiacente alla stazione ferroviaria Santa Lucia. Dietro la chiesa dedicata a Santa Maria di Nazareth, è custodito un orto protetto da alte mura, dove i frati coltivano erbe e fiori dal profondo valore simbolico-religioso, come la Melissa moldavica, da cui sin dal 1710 si estrae il prezioso olio essenziale, ingrediente di molti preparati erboristici. Nel giardino rivivono anche alcune delle più antiche viti della Serenissima, varietà storiche presenti da centinaia di anni all’interno della laguna di Venezia, recentemente recuperate dal Consorzio vini Venezia per restituire alla città il suo patrimonio viticolo. Il Giardino Mistico è aperto al pubblico solo su prenotazione, con visita guidata (per info e prenotazioni info@giardinomistico.it
    Il Consorzio Vini Venezia (http://www.consorziovinivenezia.it/)
    È nato nel settembre del 2011 dall’unione strutturale e d’intenti degli storici consorzi di tutela DOC Lison-Pramaggiore e Vini del Piave DOC.
    Rappresenta più di 2 mila produttori delle province di Venezia, Treviso e Pordenone e tutela 47 vini DOC e DOCG.
    Un’area che abbraccia la città di Venezia vocata alla viticoltura da secoli, i cui vini sono tradizionalmente e storicamente legati alla città lagunare.
    Il Consorzio tutela cinque denominazioni: le due eccellenze Lison DOCG e Malanotte del Piave DOCG, la nuova DOC Venezia e le due DOC storiche Lison-Pramaggiore e Piave.
    Il territorio ove opera il Consorzio Vini Venezia comprende una vasta area che racchiude i vigneti a denominazione di Origine Controllata e Garantita Lison e Malanotte del Piave e a Denominazione di Origine Controllata Venezia, Lison-Pramaggiore e Piave.
    Una zona di produzione racchiusa entro i confini geografici di tre province: Treviso, Venezia e, per una piccola parte, Pordenone.
    Una distesa pianeggiante, vocata alla viticoltura da secoli, scende dai piedi delle Dolomiti alla foce del fiume Piave, per allargarsi a est verso l’estremo confine orientale della provincia di Venezia, naturalmente definito dal fiume Tagliamento, e poi giù lungo l’entroterra veneziano, inoltrandosi nella laguna di Venezia e fino a lambire le coste che affacciano sul Mar Adriatico.
    DOC Venezia
    La DOC Venezia comprende tutto il territorio del Piave e la quasi totalità del Lison Pramaggiore, estendendosi dunque nelle province di Venezia e Treviso, dai colli di Conegliano alla laguna di Caorle. L’origine dei suoli della pianura veneta orientale si deve alla deposizione di materiali alluvionali derivanti principalmente dallo scioglimento dei ghiacciai alpini e prealpini e successivamente dall’azione del Piave e secondariamente del Livenza. I principali vini prodotti: Bianco frizzante, Bianco spumante, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Carmènere, Chardonnay, Manzoni bianco, Merlot, Pinot grigio, Refosco dal peduncolo rosso, Sauvignon, Tai.
    DOC Piave
    l territorio della DOC Piave è racchiuso in una vasta pianura che si estende dai confini nordorientali delle provincia di Treviso con il Friuli fino alla foce del Piave, a Cortellazzo (VE); dalle colline di Conegliano e del Montello fino al primo entroterra della città di Venezia. Questa vasta area (che rappresenta una delle Doc più estese dell’Italia settentrionale) presenta una grande varietà di terreni e microclimi, che consente di ottenere vini particolarmente differenziati tra loro da numerosi diversi vitigni. I principali vini prodotti: Cabernet Sauvignon, Carmènere, Chardonnay, Manzoni bianco, Merlot, Raboso e Raboso passito, Tai, Verduzzo.
    DOC Lison Pramaggiore
    La zona a Denominazione di Origine Controllata Lison-Pramaggiore si estende tra le province di Pordenone, Treviso e Venezia i cui confini sono segnati a est dal fiume Tagliamento e ad ovest dal Livenza. La Denominazione prende il nome dai paesi di Lison, frazione di Portogruaro, e di Pramaggiore, che hanno una posizione centrale rispetto all’intera area di produzione. I principali vini prodotti:  Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Carmènere, Chardonnay, Merlot, Pinot grigio, Malbech, Refosco dal peduncolo rosso, Sauvignon, Verduzzo e Verduzzzo passito.
    DOCG Malanotte
    L’area di produzione della DOCG Malanotte del Piave inizia dove il fiume Piave sfugge alla stretta delle montagne dolomitiche e si apre alla pianura trevigiana che sconfina poi nell’entroterra veneziano. Malanotte è il nome di un piccolo borgo medievale situato a Tezze di Piave (Vazzola) nel trevigiano, cuore della produzione del vino che ne porta il nome.
    La zona di produzione della DOCG Malanotte del Piave ricade su un territorio di media-bassa pianura, lungo l’asse del fiume Piave, caratterizzata da un clima tipicamente temperato, con estati calde e inverni mai troppo freddi. Le correnti d’aria fresca provenienti da nord-est fanno sentire il loro effetto con escursioni termiche notte/giorno più accentuate nella parte a nord del comprensorio. I suoli, costituiti da depositi alluvionali rilasciati dai ghiacciai prima e dal fiume Piave poi, sono considerati “caldi” poiché caratterizzati da un’altapercentuale di scheletro, con elevata profondità esplorabile dalle radici, assenza di ristagni, poveri di sostanza organica, con contenuto in elementi minerali buono e ben equilibrato, in particolare di fosforo e magnesio. I principali vini prodotti: Malanotte del Piave DOCG.
    DOCG Lison
    L’area dei vini a denominazione DOCG Lison è situata nella pianura a pochi chilometri dal litorale veneziano, fra i fiumi Tagliamento e Livenza, da sempre testimone della coltivazione della vite a garanzia della tipicità e della peculiarità dei vini del territorio. Una vasta campagna costellata da antiche case coloniche, paesi circondati da mura medievali e piccole città ricche di testimonianze romane.
    Qui il clima è “temperato” grazie alla vicinanza del mare, alla presenza di aree lagunari e alla giacitura pianeggiante che favorisce l’esposizione dei vigneti ai venti della zona. Da nord est spira la Bora, un vento fresco e asciutto, mentre da sud-est soffia spesso lo Scirocco, caldo e umido, caratteristico di tutti i periodi dell’anno. La presenza dei venti, prevalentemente serali, abbassa di notte le temperature, favorendo l’escursione termica tra notte e giorno. I suoli dell’area sono caratterizzati dalla presenza di un sottile strato di “caranto” (carbonato di calcio) e da uno più superficiale prevalentemente argilloso, entrambi di origine alluvionale grazie all’apporto di materiale detritico da parte dei vicini fiumi. Terreni che presentano una buona capacità di riserva idrica. Essi sono inoltre caratterizzati dalla presenza di alti contenuti di elementi minerali soprattutto potassio, calcio e magnesio e da un’equilibrata dotazione di sostanza organica. I principali vini prodotti: Lison DOCG.

    Tags: Consorzio Vini Venezia, Lison Pramaggiore, malanotte del piave, Malanotte Docg, malvasia, Monemvasia, venezia LEGGI TUTTO

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    USA – vendite al dettaglio di vino – aggiornamento 2020

    Maggior volume e minor valore: questo è il succo dell’aggiornamento 2020 sul valore del mercato del vino americano. È stato un anno diverso da tutti gli altri e i grafici e la tabella che segue ve lo mostra chiaramente: volumi in crescita da 35 a 36 milioni di ettolitri dopo tre anni di stasi, valore al dettaglio in calo del 10% da 74 a 66 miliardi di dollari a causa del deciso spostamento dei consumi dal canale della ristorazione al canale off-trade, oltre che ovviamente all’impatto della crisi economica dovuta al COVID. Come c’era da immaginarsi è stato un anno positivo per i vini fermi, +5% a 30 milioni di ettolitri, mentre sono andate male le vendite di spumanti, -3% a 2.6 milioni di ettolitri. Per quanto riguarda il vino californiano, si ripropongono le medesime tematiche “contrastanti”: esportazioni di nuovo in crescita dopo anni calo, valore al dettaglio al litro in calo da 20 a 18 dollari, in linea con quanto succede per i vini importati. Vi lascio a tabella e grafici nel resto del post.Fonte: US Wine Institute Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO