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    Vini da investimento: mercato in crescita negli ultimi 10 anni. Contributo di Emanuel Paglicci

    Ricevo e pubblico questo contributo di Emanuel Paglicci.
    a cura di Emanuel Paglicci, CEO di Wine Profit
    Negli ultimi decenni, il vino pregiato è diventato un asset sempre più popolare tra gli investitori più esperti e i non, soprattutto per chi desidera diversificare il proprio portafoglio. Un trend in continua crescita, testimoniato dal Knight Frank Luxury Investment Index, secondo il quale l’andamento del mercato del vino pregiato ha registrato un’impennata del +137% negli ultimi 10 anni. A confermarlo è anche l’indice Liv-ex 100 che misura proprio l’andamento dei vini pregiati in Europa e che ha riportato nel 2022 un +7,1%.
    Come entrare, quindi, nel mondo degli investimenti di vino? Investire nel vino significa, prima di tutto, diventare un collezionista di bottiglie di pregio. Non bisogna però essere in prima persona degli esperti per saperle riconoscere: abili sommelier degustano ogni anno i vini non appena questi vengono rilasciati sul mercato e, in alcuni casi, l’assaggio viene fatto ancora prima che il vino sia imbottigliato e commercializzato, come nel caso della campagna En Primeur di Bordeaux. Solo circa l’1% della produzione vinicola globale supera l’accurata selezione e diventa a tutti gli effetti un vino di pregio, su cui è quindi possibile l’investimento.
    L’autenticità e la corretta conservazione di una bottiglia sono il punto di partenza essenziale quando si acquista una collezione che si intende monetizzare in seguito. Nel valutare la qualità di un vino, inoltre, vengono tenute in considerazione le sue caratteristiche gustative, che contribuiscono all’assegnazione di un punteggio in una scala da 0 a 100: per essere considerato da investimento, il vino deve totalizzare almeno 90 punti. Il principale fattore che concorre nella definizione di vino da investimento, però, è la sua domanda sul mercato, che dev’essere superiore alla sua produzione. In questo modo, le bottiglie iniziano ad essere particolarmente richieste e ciò consente di avere buone possibilità di liquidazione sia in termini di prezzo che di tempistica.
    L’andamento climatico è infine un fattore determinante per la produzione e la qualità del vino: nei prossimi anni, il Climate change e la siccità andranno a influire notevolmente sulla scarsità dei raccolti, determinando variazioni significative di carattere sensoriale e organolettico. Nel 2022, ad esempio, la produzione dei vini en-primeur di Bordeaux è stata solo del 30% rispetto all’annata precedente: questo significa che la quantità delle bottiglie prodotte sarà minore e i prezzi di partenza più alti. Tra 7-9 anni quando i vini saranno pronti per essere venduti – 2 anni per l’imbottigliamento e 5-7 anni come durata dell’investimento – la disponibilità di bottiglie sarà ancora più bassa e i prezzi aumenteranno sempre di più.
    Quali sono, quindi i numeri del vino? Per prima cosa, il vino da investimento ha sempre ottenuto una crescita media annuale del 10%, percentuale che può variare a seconda del budget investito e delle bottiglie di pregio che si riesce ad inserire all’interno del proprio portafoglio. È inoltre un bene tangibile, senza nessuna correlazione con gli altri mercati globali ed è esente dalla tassa sulla plusvalenza. Il vino da investimento ha la possibilità di essere liquidato in qualsiasi momento ma è bene sottolineare che, qualora le condizioni di mercato non dovessero essere favorevoli, si potrebbe incorrere in una riduzione del prezzo di vendita, rispetto a quello stimato e in un  allungamento delle tempistiche di liquidazione. Ancora, ogni collezione è totalmente assicurata, resistente alla recessione del mercato finanziario ed è stoccata all’interno di magazzini fiscali che ne garantiscono la conservazione, secondo le corrette condizioni: minima esposizione alla luce, umidità e temperatura costante, assenza di vibrazioni e forti odori – come spiega Wine Profit, società ibrida innovativa, che si posiziona tra due realtà del mercato: le società di investimento nel vino e i commercianti di vino e che possiede circa 65.000 bottiglie di vino a magazzino, con un valore economico di oltre 7 milioni di euro. LEGGI TUTTO

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    Venezia e il vino

    Venezia e il vino, un legame indissolubile e avvincente, dove storia e leggenda spesso convivono, regalando al viaggiatore una prospettiva nuova per scoprire i tesori enogastronomici della Serenissima e del suo entroterra.  Quantomeno curioso se pensiamo che i veneziani erano noti nel Medioevo in quanto gente che: “Non arat, non seminat, non vindemiat” come citava un anonimo nell’ Honorantie civitatis Papie pubblicato nell’XI secolo. Venezia però nel suo massimo splendore è regina nel commercio, possiede il monopolio negli scali marittimi più importanti del Mediterraneo orientale e proprio dal Peloponneso, dalla città portuale di Monemvasia, arrivò la Malvasia, il vino che fece la fortuna dei mercanti e degli osti veneziani. Con il nome di malvasie, infatti, erano conosciute le rivendite di vino straniero, molto più costoso alla mescita del vino locale. L’espansione della Repubblica in terraferma, tra il XIII e VX secolo farà da volano alla produzione vitivinicola veneta, che ancora oggi vanta il primato di regione più produttiva d’Italia.
    Il Consorzio Vini Venezia che racchiude ben 5 denominazioni: DOC Venezia, DOC Lison-Pramaggiore, DOC Piave e le DOCG Lison e Malanotte del Piave, con un attento lavoro di valorizzazione, promozione e diffusione delle denominazioni da un lato, e un lavoro di valorizzazione del distretto d’area rurale e dei percorsi culturali, enoturistici ed enogastronomici corredata da un’intensa attività di editoria dall’altro, sta facendo rinascere l’attenzione per le terre di quella che fu la Repubblica della Serenissima e che vedono proprio nella città lagunare, patrimonio dell’umanità, il fulcro di tutto il progetto.
    Il Giardino Mistico
    A testimonianza di ciò, negli ultimi anni è nata una manifestazione come Feelvenice che ha lo scopo di approfondire la conoscenza del patrimonio artistico inestimabile di Venezia legandolo ai percorsi enogastronomici e alle degustazioni organizzate in collaborazione con AIS Veneto. Visite a calli, campi, campielli, sottoporteghi e tutti quei luoghi che raccontano un legame indissolubile tra la Serenissima e il vino, che si concludono con una visita all’incantevole Giardino Mistico del convento dei Carmelitani Scalzi, adiacente alla stazione ferroviaria Santa Lucia. Dietro la chiesa dedicata a Santa Maria di Nazareth, è custodito un orto protetto da alte mura, dove i frati coltivano erbe e fiori dal profondo valore simbolico-religioso, come la Melissa moldavica, da cui sin dal 1710 si estrae il prezioso olio essenziale, ingrediente di molti preparati erboristici. Nel giardino rivivono anche alcune delle più antiche viti della Serenissima, varietà storiche presenti da centinaia di anni all’interno della laguna di Venezia, recentemente recuperate dal Consorzio vini Venezia per restituire alla città il suo patrimonio viticolo. Il Giardino Mistico è aperto al pubblico solo su prenotazione, con visita guidata (per info e prenotazioni info@giardinomistico.it
    Il Consorzio Vini Venezia (http://www.consorziovinivenezia.it/)
    È nato nel settembre del 2011 dall’unione strutturale e d’intenti degli storici consorzi di tutela DOC Lison-Pramaggiore e Vini del Piave DOC.
    Rappresenta più di 2 mila produttori delle province di Venezia, Treviso e Pordenone e tutela 47 vini DOC e DOCG.
    Un’area che abbraccia la città di Venezia vocata alla viticoltura da secoli, i cui vini sono tradizionalmente e storicamente legati alla città lagunare.
    Il Consorzio tutela cinque denominazioni: le due eccellenze Lison DOCG e Malanotte del Piave DOCG, la nuova DOC Venezia e le due DOC storiche Lison-Pramaggiore e Piave.
    Il territorio ove opera il Consorzio Vini Venezia comprende una vasta area che racchiude i vigneti a denominazione di Origine Controllata e Garantita Lison e Malanotte del Piave e a Denominazione di Origine Controllata Venezia, Lison-Pramaggiore e Piave.
    Una zona di produzione racchiusa entro i confini geografici di tre province: Treviso, Venezia e, per una piccola parte, Pordenone.
    Una distesa pianeggiante, vocata alla viticoltura da secoli, scende dai piedi delle Dolomiti alla foce del fiume Piave, per allargarsi a est verso l’estremo confine orientale della provincia di Venezia, naturalmente definito dal fiume Tagliamento, e poi giù lungo l’entroterra veneziano, inoltrandosi nella laguna di Venezia e fino a lambire le coste che affacciano sul Mar Adriatico.
    DOC Venezia
    La DOC Venezia comprende tutto il territorio del Piave e la quasi totalità del Lison Pramaggiore, estendendosi dunque nelle province di Venezia e Treviso, dai colli di Conegliano alla laguna di Caorle. L’origine dei suoli della pianura veneta orientale si deve alla deposizione di materiali alluvionali derivanti principalmente dallo scioglimento dei ghiacciai alpini e prealpini e successivamente dall’azione del Piave e secondariamente del Livenza. I principali vini prodotti: Bianco frizzante, Bianco spumante, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Carmènere, Chardonnay, Manzoni bianco, Merlot, Pinot grigio, Refosco dal peduncolo rosso, Sauvignon, Tai.
    DOC Piave
    l territorio della DOC Piave è racchiuso in una vasta pianura che si estende dai confini nordorientali delle provincia di Treviso con il Friuli fino alla foce del Piave, a Cortellazzo (VE); dalle colline di Conegliano e del Montello fino al primo entroterra della città di Venezia. Questa vasta area (che rappresenta una delle Doc più estese dell’Italia settentrionale) presenta una grande varietà di terreni e microclimi, che consente di ottenere vini particolarmente differenziati tra loro da numerosi diversi vitigni. I principali vini prodotti: Cabernet Sauvignon, Carmènere, Chardonnay, Manzoni bianco, Merlot, Raboso e Raboso passito, Tai, Verduzzo.
    DOC Lison Pramaggiore
    La zona a Denominazione di Origine Controllata Lison-Pramaggiore si estende tra le province di Pordenone, Treviso e Venezia i cui confini sono segnati a est dal fiume Tagliamento e ad ovest dal Livenza. La Denominazione prende il nome dai paesi di Lison, frazione di Portogruaro, e di Pramaggiore, che hanno una posizione centrale rispetto all’intera area di produzione. I principali vini prodotti:  Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Carmènere, Chardonnay, Merlot, Pinot grigio, Malbech, Refosco dal peduncolo rosso, Sauvignon, Verduzzo e Verduzzzo passito.
    DOCG Malanotte
    L’area di produzione della DOCG Malanotte del Piave inizia dove il fiume Piave sfugge alla stretta delle montagne dolomitiche e si apre alla pianura trevigiana che sconfina poi nell’entroterra veneziano. Malanotte è il nome di un piccolo borgo medievale situato a Tezze di Piave (Vazzola) nel trevigiano, cuore della produzione del vino che ne porta il nome.
    La zona di produzione della DOCG Malanotte del Piave ricade su un territorio di media-bassa pianura, lungo l’asse del fiume Piave, caratterizzata da un clima tipicamente temperato, con estati calde e inverni mai troppo freddi. Le correnti d’aria fresca provenienti da nord-est fanno sentire il loro effetto con escursioni termiche notte/giorno più accentuate nella parte a nord del comprensorio. I suoli, costituiti da depositi alluvionali rilasciati dai ghiacciai prima e dal fiume Piave poi, sono considerati “caldi” poiché caratterizzati da un’altapercentuale di scheletro, con elevata profondità esplorabile dalle radici, assenza di ristagni, poveri di sostanza organica, con contenuto in elementi minerali buono e ben equilibrato, in particolare di fosforo e magnesio. I principali vini prodotti: Malanotte del Piave DOCG.
    DOCG Lison
    L’area dei vini a denominazione DOCG Lison è situata nella pianura a pochi chilometri dal litorale veneziano, fra i fiumi Tagliamento e Livenza, da sempre testimone della coltivazione della vite a garanzia della tipicità e della peculiarità dei vini del territorio. Una vasta campagna costellata da antiche case coloniche, paesi circondati da mura medievali e piccole città ricche di testimonianze romane.
    Qui il clima è “temperato” grazie alla vicinanza del mare, alla presenza di aree lagunari e alla giacitura pianeggiante che favorisce l’esposizione dei vigneti ai venti della zona. Da nord est spira la Bora, un vento fresco e asciutto, mentre da sud-est soffia spesso lo Scirocco, caldo e umido, caratteristico di tutti i periodi dell’anno. La presenza dei venti, prevalentemente serali, abbassa di notte le temperature, favorendo l’escursione termica tra notte e giorno. I suoli dell’area sono caratterizzati dalla presenza di un sottile strato di “caranto” (carbonato di calcio) e da uno più superficiale prevalentemente argilloso, entrambi di origine alluvionale grazie all’apporto di materiale detritico da parte dei vicini fiumi. Terreni che presentano una buona capacità di riserva idrica. Essi sono inoltre caratterizzati dalla presenza di alti contenuti di elementi minerali soprattutto potassio, calcio e magnesio e da un’equilibrata dotazione di sostanza organica. I principali vini prodotti: Lison DOCG.

    Tags: Consorzio Vini Venezia, Lison Pramaggiore, malanotte del piave, Malanotte Docg, malvasia, Monemvasia, venezia LEGGI TUTTO

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    USA – vendite al dettaglio di vino – aggiornamento 2020

    Maggior volume e minor valore: questo è il succo dell’aggiornamento 2020 sul valore del mercato del vino americano. È stato un anno diverso da tutti gli altri e i grafici e la tabella che segue ve lo mostra chiaramente: volumi in crescita da 35 a 36 milioni di ettolitri dopo tre anni di stasi, valore al dettaglio in calo del 10% da 74 a 66 miliardi di dollari a causa del deciso spostamento dei consumi dal canale della ristorazione al canale off-trade, oltre che ovviamente all’impatto della crisi economica dovuta al COVID. Come c’era da immaginarsi è stato un anno positivo per i vini fermi, +5% a 30 milioni di ettolitri, mentre sono andate male le vendite di spumanti, -3% a 2.6 milioni di ettolitri. Per quanto riguarda il vino californiano, si ripropongono le medesime tematiche “contrastanti”: esportazioni di nuovo in crescita dopo anni calo, valore al dettaglio al litro in calo da 20 a 18 dollari, in linea con quanto succede per i vini importati. Vi lascio a tabella e grafici nel resto del post.Fonte: US Wine Institute Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO

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    Piemonte – dati di produzione dei vini DOC (2019)

    Trovate all’interno del post le tabelle relative agli ettari rivendicati, ettolitri certificati, ettolitri imbottigliati e valore della produzione (ai prezzi di base) delle DOC più rilevanti della regione Piemonte. I dati sono ricavati dalle pubblicazioni ISMEA. Si riferiscono agli anni 2016-2019 per le seguenti DOC: Asti, Piemonte, Barbera d’Asti, Langhe, Barolo, Cortese di Gavi, Barbera d’Alba, Roero, Monferrato, Dolcetto di Alba, Barbaresco, Barbera del Monferrato, Nebbiolo di Alba, Brachetto d’Acqui, Dogliani, Dolcetto di Ovada, Grignolino di Asti, Cortese dell’Alto Monferrato, Colline Novaresi, Ruché di Castagnole Monferrato, Erbaluce di Caluso, Alta Langa, Gattinara, Canavese, Barbera del Monferrato Superiore, Verduno di Pelaverga, Ghemme, Bramaterra. Vista la laboriosità dell’elaborazione dei dati ho omesso le denominazioni meno rilevanti (in base al valore).Per ottenere i dati in formato Excel contattatemi.Tabelle allegate nel resto del post Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO

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    È nata la Rete d’impresa Pinot Bianco del Collio

    I produttori della Rete
    Nell’autunno 2019, parlando con Roberto Felluga e Alessandro Sandrin, rispettivamente proprietario e enologo di Russiz Superiore, azzardavo l’ipotesi che si facesse un gran parlare di Ribolla Gialla come “The next big thing”, per dirla in italiano “La prossima grande cosa” dell’enologia del Friuli Venezia Giulia, ma che Invece ritenevo che fosse il Pinot Bianco il vero outsider, vitigno che proprio nel Collio potesse regalare prospettive inedite, facendo mio il pensiero di uno degli uomini che ha fatto la storia dell’enologia italiana, ovvero Marco Felluga, che da tempo immemore aveva visto nel pinot bianco del Collio potenzialità enormi. Roberto e Alessandro erano d’accordo anche in quel contesto non si esposero più di tanto. Con molta probabilità la rete d’impresa era in fase embrionale e non era ancora il momento di rendere pubblica la cosa. Finalmente, nel mese di giugno 2021, rotti gli indugi, la “Rete d’impresa Pinot Bianco nel Collio” si è presentata ufficialmente a Ruttars nella sede dell’azienda Pascolo.
    La rete d’impresa unisce in associazione sette storici produttori del Collio: Castello di Spessa, Livon, Pascolo, Russiz Superiore, Schiopetto, Toros e Venica & venica. La rete d’impresa Pinot Bianco vuole essere un progetto innovativo promosso da cantine che credono fermamente nel in questo vitigno capace di trovare proprio nel Collio una delle sue terre d’elezione.
    Collio Pinot Bianco Russiz Superiore 2019
    Un assaggio – Collio Pinot Bianco Russiz Superiore 2019
    Dopo la raccolta, le uve vengono separate dal raspo. Il succo e la polpa subiscono una macerazione a freddo, quindi una pressatura che consente la separazione delle bucce. Il mosto ottenuto viene posto a fermentare in contenitori di acciaio. Il vino riposa per circa sei mesi sui lieviti e poi in bottiglia.
    Al naso ritroviamo note intense di mela, burro fuso, fiori bianchi. Al palato entra morbido ed è subito avvolgente, chiudendo con profondità. Da bere oggi, ma da ritrovare tra vent’anni.

    Tags: alessandro sandrin, Castello di spessa, collio, livon, marco felluga, pascolo, pinot bianco, rete pinot bianco collio, roberto felluga, russiz superiore, schiopetto, toros, Venica & Venica LEGGI TUTTO

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    Giornate Altoatesine del Pinot Nero, cronaca della 23ª edizione

    Dagli assaggi dei 95 Pinot Nero dell’annata 2018 giunti da ogni parte d’Italia per partecipare alle Giornate del Pinot Nero 2021, emerge un dato inconfutabile, se vogliamo una sorta di scoperta dell’acqua calda: ovvero i migliori pinot nero sono altoatesini. Ciò a conferma che il terroir è elemento fondamentale per la valorizzazione delle produzioni agricole, come dice quel grande enologo che è Roberto Cipresso: “ Se il terroir dei propri vigneti – inteso come la particolare ed ogni volta unica interazione tra fattori climatici e proprietà dei suoli – possiede una buona potenza espressiva ed è in grado di trasmettere la sua fedele impronta nel vino, tutte le scelte agronomiche ed enologiche dovranno essere improntate a valorizzare la sua capacità di esprimersi, così da ottenere vini irripetibili, la cui degustazione non si limiti a dare soddisfazione sensoriale ma permetta di viaggiare nello spazio, e riportare chi assaggia ad un territorio ben determinato e ad una specifica filosofia di produzione.” Queste parole sono la chiave per comprendere la motivazione del perchè  il Pinot Nero altoatesino raggiunga vette difficilmente eguagliabili per altri areali italiani. Ciò non toglie, e per fortuna, che ci possano essere degli outsaider in grado di celebrare degnamente questo nobile e difficile vitigno.
    Risultati Concorso Nazionale Pinot Nero – annata 2018:
    Prima di addentrarci negli esiti del concorso è opportuno segnalare alcune note metodologiche. Spesso, all’uscita della classifica, c’è sempre qualcuno che si lamenta dell’assenza di celebratissimi nomi dell’enologia altoatesina, a questo proposito va detto che la giuria valuta solamente i Pinot Nero inviati dai produttori al concorso, ovvero coloro che manifestano la propria disponibilità al giudizio e al confronto. Il verdetto viene espresso da una giuria composta da 35 enologi provenienti da tutta Italia che hanno degustato e valutato tutti i vini alla cieca e in diverse sequenze. I 95 produttori di vino coinvolti complessivamente al Concorso 2021 provengono da 10 regioni (Trentino-Alto Adige, Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Abruzzo), un numero mai raggiunto prima.
    Questa la classifica per l’edizione 2021:

    POSIZIONE
    PUNTEGGIO
    AZIENDA VINICOLA
    VINO
    DENOMINAZIONE

    1
    90,2
    Cantina St. Michael Eppan
    Pinot Nero Riserva “Sanct Valentin”
    Südt. – A. A. Doc

    2
    89,1
    Tenuta Ignaz Niedrist
    Pinot Nero “Vom Kalk”
    Südt. – A. A. Doc

    3
    89,0
    Cantina Andrian
    Pinot Nero Riserva “Anrar”
    Südt. – A. A. Doc

    4
    88,7
    Tenuta Tiefenbrunner – Schlosskellerei Turmhof
    Pinot Nero Riserva “Linticlarus”
    Südt. – A. A. Doc

    5
    88,4
    Cantina Terlan
    Pinot Nero Riserva “Monticol”
    Südt. – A. A. Doc

    Cantina Girlan
    Pinot Nero Riserva “Trattmann”
    Südt. – A. A. Doc

    7
    88,2
    Prackfolerhof
    Pinot Nero “Patrick Planers”
    Südt. – A. A. Doc

    8
    87,3
    Cantina Bolzano
    Pinot Nero “Thalman”
    Südt. – A. A. Doc

    9
    87,2
    Elena Walch
    Pinot Nero “Ludwig”
    Südt. – A. A. Doc

    10
    86,8
    Manincor
    Pinot Nero “Mason”
    Südt. – A. A. Doc

    Cave Gargantua
    Pinot Nero “Pierre”
    Valle d’Aosta Doc

    A margine della degustazione, va segnalata l’ottima prova di alcuni Pinot Nero non altoatesini, in particolare: Cantina di Toblino Pinot Nero “Baticòr”, Maso Cantanghel Pinot Nero “Vigna Cantanghel”, Maso Poli Pinot Nero, Tenute Lunelli Tenuta Morgon Pinot Nero “Maso Montalto”, per il Trentino. Les Cretes Pinot Noir “Revei” per la Valle d’Aosta. Azienda Agricola Segni di Langa Pinot “Gian Luca Colombo”, per il Piemonte. Opificio del Pinot Nero, Pinot Nero “Marco Buvoli”. Frecciarossa Pinot Nero “Giorgio Odero” per la Lombardia. Castelsimoni Pinot Nero “Diamante Nero” per l’Abruzzo.
    Ines Giovanett
    In fine, ho chiesto a Ines Giovanett, Presidente dell’Associazione Pinot Nero Alto Adige come vede la manifestazione in prospettiva e quali sono le novità per la prossima edizione.  
    La nostra manifestazione si svolge più o meno nella stessa maniera da 23 anni, non ci sono ai stati grandi cambiamenti e quindi pensiamo sia giunto il momento di cambiare alcune cose. Abbiamo visto che la modalità di quest’anno (degustazione seduta) è stata molto apprezzata e quindi pensiamo di portarla avanti anche per il futuro, soprattutto chi vuole dedicarsi e concentrarsi sul assaggio del Pinot Nero ha apprezzato molto questa modalità. Penso questi due anni di pandemia ci abbiano dato il giusto spunto per il cambiamento e quindi abbiamo decido di raccogliere le nostre idee e incorporare i cambiamenti in piccoli step nei prossimi tre anni. 
    Un punto cruciale sicuramente è il concorso, purtroppo è da anni che le critiche sul concorso sono diventate più forti in quanto vincono spesso vini altoatesini nonostante la giuria sia composta da enologi di tutte le regioni partecipanti in proporzione alla quantità di vini partecipanti. Su questo lavoreremo in modo più approfondito ma sappiamo anche che questa sarà la parte più difficile. Un concorso non può mai dare un risultato definitivo quindi ci sarà sempre una critica, noi cerchiamo di fare il meglio per avere più partecipanti e riuscire a dare un giudizio più oggettivo possibile.

    Tags: altoadige, altoatesino, Blauburgunder, Blauburgundertage, giornate pinot nero, ines giovanett, pinot nero, roberto cipresso LEGGI TUTTO

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    I vini di Gradis’ciutta e il Collio, parlandone con Robert Princic

    Robert Princic
    Robert, 7 anni fa pubblicavo su La stanza del vino l’inchiesta “Dialoghi sul Collio” che prendeva spunto dalle parole che Marco Felluga, allora past president del Consorzio Collio, aveva pronunciato durante il Premio Collio 2014. Marco, con grande rammarico,  faceva notare che i vini del vostro territorio da qualche tempo avevano perso fascino e appeal. Sono andato a rileggermi le tue parole a corollario di tutti gli interventi dei giornalisti/addetti ai lavori che, con grande interesse, si espressero su quelle affermazioni e mi sono rimbombate nella testa, in particolare queste che risultano essere davvero lungimiranti: “Potrei dire che il Collio da un mio punto di vista in passato era di moda, oggi continua ad essere un mito. Nelle migliori carte dei vini il Collio non manca mai. Molti altri territori che sono stati di moda, oggi sono scomparsi. Le mode devono essere una preoccupazione per tutte le zone dove c’è una grande vocazione viticola.” Non credo tu abbia doti divinatorie, ma con grande saggezza e orgoglio facevi notare, in poche parole, che non sarebbe certo stata una fase di stanca a far dimenticare ai mercati e agli appassionati di tutto il mondo un territorio unico e polarizzante come il Collio.  Oggi a distanza di 7 anni e dopo molti assaggi susseguitisi nel tempo, posso affermare con certezza che il Collio si sia ripreso, e con gli interessi, il posto che merita nell’olimpo dei viticoltura mondiale. Ti chiedo se sei d’accordo con questa mia affermazione e qual è la fase che stai/state vivendo voi vignaioli del Collio, quali sono i tuoi progetti e le tue speranze a medio lungo termine.
    Mi fa piacere rileggere quanto detto anni fa, ovviamente non sono un veggente, anzi, ma queste erano parole che credevo e credo condivisibili da tutti i produttori che hanno modo di visitare ristoranti nelle varie aree del mondo. Il Collio, rispetto ad altri territori che sono stati di grande moda, ha un enorme vantaggio, quello di essere un territorio che, dal punto di vista di terroir e clima, ha un potenziale produttivo di eccellenza. Negli anni passati dal dialogo che hai citato molto è stato fatto per riportare il Collio sulla bocca dei giornalisti e nell’immaginario collettivo. Il lavoro svolto sino a qui non è però sufficiente, dobbiamo portare il grande pubblico a riconoscere nel Collio quella eccellenza a livello mondiale che, sia per storia che per qualità della produzione, sicuramente è. Continuo a credere che il Collio sia rimasto un punto di riferimento, un mito e che in realtà abbia il suo posto fisso nell’olimpo. Vero è che in passato era l’unico e oggi alcuni altri territori si sono proposti e si stanno proponendo come territori importanti nel panorama della produzione dei grandi bianchi in Italia. Sono però dell’idea che l’unicità e caratterizzata  da un intreccio  di situazioni climatiche, pedologiche ma anche culturali e storiche, che rendono ogni territorio unico ed in Collio, da un mio punto di vista, l’intreccio in questione, trova la sua massima espressione.
    I vignaioli del Collio, dal mio punto di vista, hanno il pregio di essere innamorati del proprio lavoro, quasi fino a non considerarlo più un lavoro, bensì una missione che vogliono portare a termine a qualsiasi costo. Credo che questo sia uno dei ingredienti che rende unico il vino.
    Per darti un idea, mi capita spesso che Collio venga erroneamente scambiato per Friuli. In che senso: chiedendo anche a degli addetti al settore che aziende del Collio conoscono, nell’elenco vengono inserite molte aziende che operano su territori diversi all’ interno della regione FVG. Un po’ come succede con il Prosecco che oggi è diventato sinonimo (in modo improprio) di spumante. Chiaramente questo è un problema, però può e deve essere visto come punto di forza  dal quale partire. Significa che bisogna essere ancora più incisivi nella comunicazione e attenti ad entrare nei dettagli. Il Collio è piccolo ed è unico e questo secondo me il messaggio che noi dobbiamo dare nel raccontarlo.
    Per quel che riguarda me, potrei dirti che di progetti ne abbiamo tanti. Il percorso che ci ha portato e ci ha permesso di produrre vini sempre più puliti, salubri  e sostenibili (con il percorso Biologico) è stato raggiunto. L’obiettivo che mi sono posto anni fa di produrre vini sempre più importanti e longevi rimane sempre il focus. Chiaramente ogni anno e diverso e ogni anno si continua a crescere, nella maturità ma anche nella capacità di affrontare problematiche e sfide produttive sempre nuove. Uno degli obiettivi è quello del conoscere sempre meglio i nostri vigneti, studiarli, analizzarli sotto un profilo climatico, pedologico ma anche nel capire quali sono le piante e gli insetti che vivono in simbiosi con le viti, proprio per capire quel micro cosmo che rende unico ed irripetibile ogni singolo vigneto. Logicamente tutto quello che facciamo è giusto raccontarlo e magari anche farlo vivere a tutti coloro che si avvicinano ai nostri vini e vogliono vivere l’esperienza Gradis’ciutta. Sempre più importante è per noi sviluppare l’incoming turistico e proprio in quest’ottica stiamo concludendo i lavori di restauro di una villa di campagna dell’antica nobiltà locale. Il “palazzo” come in zona abbiamo sempre usato chiamarlo, era abbandonato da decenni ed oggi sta rinascendo come struttura ricettiva d’eccellenza (almeno questo è il mio intento), dotata di 12 stanze, tre sale degustazioni e focalizzata sull’accoglienza a 360 gradi. L’idea e promuovere i prodotti del nostro territorio e tutte le attività che si possono svolgere non solo nella nostra cantina, ma in tutta la zona.
    Tutte le cose di cui ho parlato sino ad ora non potranno avere alcun successo se non sapremo porre sempre il territorio prima delle singole cantine. Anni fa, quando ero un produttore alle prime armi, parlando con il Conte Douglas Attems, fondatore, anima e pilastro del Consorzio per decenni, egli mi disse una frase che per me è stata un mantra: “finchè non scriveremo Collio in grande nelle nostre bottiglie, non avremo mai capito nulla, questo è il miglior modo per dare valore al nostro lavoro e alla nostra denominazione”. Per questo, quando nel 2009 ho lanciato il Collio Riserva, vino che nasce dalle 3 varietà autoctone di questa terra (Ribolla Friulano e Malvasia), ho scelto che la denominazione avesse un font molto più grande di  quello dell’nome azienda. Questo concetto, lo considero solo un punto intermedio, anche perché i progetti per questo vino sono ancora molti, come lo sono per il nostro territorio.
    I vini Gradis’ciutta nell’annata 2019 e il Collio  Riserva 2016
    L’annata 2019 in Collio, dopo una primavera piuttosto fredda, è stata attraversata da un’estate siccitosa con piogge cadenzate che hanno permesso di portare in cantina uve di grande qualità che hanno donato ai vini complessità, eleganza ed equilibrio, tutte qualità confermate dagli assaggi dei vini di Robert Princic. L’alcolicità è più bilanciata rispetto al passato e la salubrità è altro importante elemento distintivo nei vini di Gradis’ciutta. L’azienda, dall’annata 2018, dopo un percorso durato 10 anni, ha ottenuto la certificazione biologica.
    Malvasia 2019 Collio DOC: da uve malvasia istriana. Vinificazione in acciaio, affinamento in acciaio e bottiglia. Naso di grande impatto: camomilla, fieno, agrumi, torroncino. In bocca il vino entra morbido, fresco, accompagnato da una delicata nota sapida. Malvasia del Collio tra le più rappresentative.
    Sauvignon 2019: Vinificazione in acciaio, affinamento in acciaio e bottiglia. Notevole il bouquet, di rara eleganza: fieno, sambuco, menta, pistacchio. Bocca rotonda, acidità intensa e sorso lungo, immagino con gioia una verticale con vecchie annate. Marca in maniera netta lo stile aziendale, grande mano del vignaiolo.
    Chardonnay 2019: pressatura soffice, 80% in vasche di acciaio e 20% in botti di legno grande. Affinamento in acciaio, botte e bottiglia. Al naso profumi molto eleganti: torroncino, leggera torrefazione, frutta cotta. La bocca riprende il naso espandendolo. Sorso pieno, rotondo, molto lungo. Chardonnay di grande eleganza e di notevole spessore, ancora un vino di prospettiva, da riassaggiare nel corso degli anni.
    Pinot Grigio 2019: Vinificazione in acciaio, affinamento in acciaio e bottiglia . Leggere note ramate. Naso profondo: nocciola, burro di arachidi, frutta cotta, camomilla. Il sorso è pieno e avvolgente e chiude lungo. Il pinot grigio di grande eleganza, qui è il terroir a fare la differenza.
    Friulano 2019: Vinificazione in acciaio, affinamento in acciaio e bottiglia. Naso d’effetto: nocciola, camomilla, fieno, poi arrivano delicate note di mela matura e dattero. Grande coerenza tra naso e bocca, delicata nota di mandorla sul finale, per un tocai intenso e romantico.
    Collio Riserva 2016: Vinificazione in acciaio, affina poi un anno in botte grande, in acciaio per un anno e 6 mesi e successivamente in bottiglia. Da uve friulano, ribolla e malvasia istriana e da un’annata potente e equilibrata come la 2016, arriva nel bicchiere tutta la magnificenza del Collio. Naso delicato di fiori bianchi, torroncino, frutta matura. Sorso avvolgente, scattante e vitale, ancora in divenire.

    Tags: collio, collio riserva, gradisciutta, robert princic LEGGI TUTTO

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    Anteprima Chiaretto di Bardolino, il Lago Garda in una scatola

    Si dice che la pandemia rivoluzionerà il mondo degli eventi del vino, probabilmente in maniera strutturale. Quali saranno le modalità e le implicazioni di questo cambiamento epocale lo scopriremo nei prossimi mesi/anni. Eppure, nonostante la realtà sia ben nota, un filo di ansia mi assale ogni qual volta sento questi discorsi e in cuor mio spero sempre che si tratti di una sorta di millenarismo diffuso. Non posso immaginare, ad esempio, che durante l’Anteprima del Chiaretto a Lazise non potrò più bermi un calice di vino rosa lungolago, scambiando impressioni con i colleghi mentre il sole va giù, in un tramonto mozzafiato di una primavera anticipata. Adesso, almeno per quest’anno, la dodicesima Anteprima è racchiusa tutta in una scatola contenente 50 campioni di Chiaretto di Bardolino ricondizionati da Vignon in bottigliette di vetro del contenuto di 5 cl, più o meno il quantitativo servito nelle degustazioni professionali. Il primo dubbio che potrebbe sorgere, prima di approcciarsi alla degustazione, sta nella tenuta del vino in questo micro-contenitore di vetro. In realtà il Consorzio non ha lasciato nulla al caso. Prima della spedizione dei campioni alla stampa nel formato Vignon, è stato avviato un percorso di sperimentazione iniziato nel mese di settembre 2020. Prove e assaggi incrociati tra i Chiaretto ricondizionati nelle bottigliette e lo stesso vino proveniente dalla bottiglia in formato classico da 0,75 l. Sono stati fatti confronti di assaggio con le bottiglie o LEGGI TUTTO