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    Terlaner Rarity 2008: la storica Cuvèe incontra la longevità

    È un…Terlaner! Cantina Terlano svela il nuovo vino rarità in edizione limitata, ambasciatore dell’inconfondibile unicità del terroir d’origine. “Da molti decenni realizziamo la Cuvèe ‘Terlaner’ a base di Pinot Bianco, Chardonnay e Sauvignon, da cui otteniamo vini complessi e armoniosi”, afferma l’enologo Rudi Kofler. Il nuovo “Terlaner Rarity 2008” è dunque il testimone di una […] LEGGI TUTTO

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    Valdo Spumanti: fatturato 2020 a 65 milioni di euro, ottimismo per il futuro

    Valdo Spumanti chiude il 2020 con un fatturato di circa 65 milioni di Euro, in linea con l’esercizio dell’anno precedente, e un’EBITDA intorno al 10%; su questa base l’azienda di Valdobbiadene, fondata nel 1926, guarda al futuro con ottimismo e persevera con la strategia della qualità totale e del valore. In un anno caratterizzato dalla […] LEGGI TUTTO

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    Valdo Spumanti: fatturato 2019 a 65 milioni di euro, ottimismo per il futuro

    Valdo Spumanti chiude il 2020 con un fatturato di circa 65 milioni di Euro, in linea con l’esercizio dell’anno precedente, e un’EBITDA intorno al 10%; su questa base l’azienda di Valdobbiadene, fondata nel 1926, guarda al futuro con ottimismo e persevera con la strategia della qualità totale e del valore. In un anno caratterizzato dalla […] LEGGI TUTTO

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    Intervista a Robert Joseph, editor di Meininger’s Wine Business International

    Tempo di lettura: 3 minuti

    Abbiamo avuto l’opportunità di intervistare Robert Joseph, importante personaggio del panorama del vino a livello internazionale, in merito all’argomento della lezione che terrà durante il weekend conclusivo della sesta edizione del corso in Marketing Internazionale del Vino.

    L’industria del vino, secondo Joseph, ha bisogno di cambiare punto di vista nella comunicazione dei propri vini, per avvicinarsi maggiormente al consumatore finale.Robert Joseph ha una lunga esperienza come editor per Meininger’s Wine Business International, è consulente per aziende del calibro di Accolade, Torres, Origin, Changyu in Cina e Chateau Malartic Lagravière oltre ad essere comproprietario di un marchio di vino – le Grand Noir – che vende 3,8 milioni di bottiglie in oltre 50 paesi.

    Puoi presentarti brevemente per coloro che potrebbero ancora non conoscerti?

    Il mio background è eterogeneo, sono cresciuto nell’hotel e nel ristorante dei miei genitori, dove fin da piccolo ho avuto modo di avvicinarmi al vino legato al mondo dell’ospitalità.

    Successivamente sono andato a vivere in Borgogna, dove lavorando in una piccola azienda ho avuto modo di imparare approfonditamente gli aspetti tecnici del come coltivare una vigna e del come affrontare le sfide quotidiane che portano alla creazione di un grande vino.

    Tornato in Gran Bretagna, ho iniziato la carriera giornalistica, scrivendo libri e articoli su numerose riviste di settore. Questo mi ha permesso di espandere la mia conoscenza a livello internazionale, venendo a contatto con una grandissima varietà di vini e di punti di vista diversi.

    Circa quindici anni fa ho avuto un netto cambio di direzione, ho deciso di creare il mio marchio di vino nel sud della Francia, diventando allo stesso tempo un consulente per l’industria del vino.

    Questo cambiamento mi ha permesso di scoprire aspetti diversi di questo settore per comprendere meglio il business del vino e cercare di capire il motivo per cui le persone comprano o non comprano un determinato vino.

    In occasione dell’ultima lezione del MIV, parlerai di un nuovo approccio al vino che si collega alla tua ultima pubblicazione, disponibile entro la fine dell’anno. Di cosa si tratta?

    Storicamente abbiamo avuto modi diversi di categorizzare il vino: tipologia, origine, varietà, qualità, punteggio e altro.

    Ciò che manca, credo, sia guardare il vino dal punto di vista di chi lo compra in negozio o al ristorante, che non necessariamente presta attenzione a denominazioni e varietà, ma che potrebbe comprare il vino per fare un regalo, per fare buona impressione o semplicemente per rinfrescarsi.

    Più ci si sposta in quest’ottica e più si inizia a capire il valore attribuito dalle persone al vino. Cosa sta succedendo nelle menti dei consumatori? Perché sceglieranno questa bottiglia piuttosto che un’altra?

    Raramente parliamo dei cambiamenti che stanno avendo luogo nella wine industry. Ad esempio in Francia il consumo di vini rosati in bag-in-box sta aumentando.I consumatori comprano il rosè pensando da dove viene, al territorio o alla varietà o stanno semplicemente comprando una bevanda? Acquistano un prodotto funzionale da un supermercato, come l’olio d’oliva e il detersivo con cui la bottiglia condivide il carrello della spesa? O stanno acquistando un manufatto artigianale con un senso del luogo e del tempo? è un lusso per sentirsi bene? O una protesta coltivata biologicamente contro il mondo industrializzato?

    Questo modo di pensare è insito nella mente del consumatore ma spesso e volentieri non è il modo in cui l’industria del vino pensa alla comunicazione dei propri prodotti.

    Quali potrebbero quindi essere i benefici per un wine business manager nel tenere in considerazione questo nuovo approccio?

    Risulta sempre più evidente che negli ultimi 10 anni il cambiamento nel packaging e soprattutto nella comunicazione, sono sempre più veloci.

    Le aziende all’avanguardia in settori come il travel e il fashion stanno mettendo sempre più impegno e competenza nella definizione della personalità del servizio o del prodotto venduto e nell’analisi delle personalità dei clienti che hanno maggiori probabilità di acquistare. Questi concetti sono invece nuovi per il vino.

    I professionisti che lavorano nel settore del vino nel 2021 devono riuscire a immedesimarsi e a fare questo switch di paradigma in termini di packaging, comunicazione, marketing e vendita, a livello nazionale ma soprattutto dal punto di vista internazionale.

    L’azienda vitivinicola ha la possibilità di capire perché e come le persone comprano e bevono il vino. A partire da questa analisi, adattare la comunicazione del proprio prodotto in relazione a chi lo beve potrebbe essere un’arma vincente.

    Redazione WineJob LEGGI TUTTO

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    Il Percorso delle Panchine Arancioni di Oslavia e la Ribolla

    Apro (Associazione Produttori RIbolla di Oslavia) lo scorso ottobre -in occasione dell’appuntamento annuale RibolliAMO – ha completato il progetto di posizionamento delle 7 panchine arancioni sui luoghi più suggestivi e panoramici di Oslavia. Una per cantina: Dario Princic, La Castellada, Gravner, Primosic, Fiegl, Radikon e Il Carpino. Le “sedute” sono ora tappe di un tour da percorrere a piedi diviso in 3 appuntamenti  calendarizzati a partire dall’ 8 maggio 2021. Naturalmente con l’occasione si potranno visitare le cantine e assaggiare la Ribolla di Oslavia da cui tutto è partito.
    I tour verranno effettuati in collaborazione con Ecoturismo FVG  che metterà a disposizione la guida naturalistica Sabrina Pellizon. L’idea è stata sin da subito organizzare piccoli gruppi, per puntare ad un’esperienza che possa essere gestita in sicurezza e poter dare ad ogni partecipante la possibilità di immergersi, con i suoi tempi, nel racconto di Oslavia.
    Per chi conosce Oslavia sarà un modo per scoprire i punti turisticamente meno noti (le camminate saranno infatti organizzate nelle campagne e fra le vigne) per chi ad Oslavia non ci è mai stato, sarà un modo per incontrare la sua testimonial di eccellenza: La Ribolla di Oslavia.
    Di seguito riporto le parole pubblicate sul sito dell’Associazione Produttori Ribolla di Oslavia per lanciare l’evento:
    “Ci siamo.
    Un progetto non è reale se la sua messa a terra non è strategica e lungimirante. Quando abbiamo iniziato a installare le panchine arancioni (una per ogni cantina) nei luoghi più suggestivi e nascosti di Oslavia sapevamo che queste “macchie arancioni” sarebbero state solo una metafora. Il loro significato è racchiuso nell’invito al visitatore a trovarle, ad ammirare il panorama, a scoprire la storia e il futuro della terra che ha sotto i piedi. A sconfinare con lo sguardo. Ora le panchine sono al loro posto.
    7, come le cantine associate ad APRO. Ma siamo andati oltre a questo, abbiamo pensato che fosse giusto poterle scoprire con una guida che possa raccontare Oslavia ed il progetto di valorizzazione portato avanti da anni.
    I primissimi tour saranno gestiti da Sabrina Pellizon, Ecoturismo FVG. Saranno in tutto 3: si potranno fare a piedi, in un pomeriggio dedicato alla scoperta delle bellezze naturalistiche del colle goriziano e delle sue cantine. In ogni tour saranno incluse le visite in cantina (suddivise per itinerario) ed un assaggio della Ribolla di Oslavia che oltre a tanto altro, ha dato anche spunto al colore delle panchine :-). Il Percorso delle Panchine Arancioni è dunque la risposta autentica ad un turismo di prossimità, è il nostro modo per far sì che da una semplice “seduta” si possa sviluppare un racconto autentico di ciò che siamo e della nostra storia invitando tutti a farne parte.”

    Tags: dario princic, fiegl, gravner, il carpino, la castellada, primosic, radikon, ribolla di oslavia LEGGI TUTTO

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    Urra di Mare Bianco Sicilia DOC 2020. Il Sauvignon Blanc cullato dal mare

    Dall’incontro tra un angolo di Sicilia sorprendente e un celebre vitigno internazionale, nasce uno dei bianchi iconici della linea Innovativi di Mandrarossa, frutto di uno studio agronomico volto ad identificare le migliori combinazioni tra varietà e microterroir. Urra di Mare Bianco Sicilia DOC 2020 è un Sauvignon Blanc dalle intriganti suggestioni marine. Grazie alle brezze, provenienti […] LEGGI TUTTO

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    Nuovi sapori attraversando il paesaggio culturale della Livenza

    Il Veneto Orientale è quell’area geografica dove Venezia si potrebbe definire al tempo stesso così vicina, ma anche così lontana. Vicina per ragioni di politica amministrativa e comunque di distanza chilometrica; lontana perché i paesi che rientrano nel mandamento hanno molti elementi di condivisione culturale e sociale più affini al trevigiano e al pordenonese, invece che al veneziano. Il Veneto Orientale deve la sua notorietà internazionale al turismo balneare, note ai più sono le spiagge di Bibione e Jesolo e Caorle, quest’ultima poi meriterebbe un discorso a parte perché con le sue calli e campielli è una sorta di Venezia in miniatura. Esiste però un microcosmo, non battuto dal turismo di massa, che si identifica con il Turismo del paesaggio culturale. Proprio in questo contesto nasce il progetto “GiraLivenza”, finalizzato alla realizzazione di un percorso verde incentrato sul fiume Livenza con la realizzazione di un sistema di itinerari localizzati nei Comuni di Torre di Mosto e Caorle. Tra gli obiettivi dichiarati anche la valorizzazione dell’entroterra integrato con l’offerta balneare e la sinergia tra gli operatori economici locali appartenenti al settore agricolo, del turismo e dei servizi. Va da sé che in tutti questi ragionamenti, per l’enogastronomia, c’è un potenziale di sviluppo enorme, perché il viaggiatore/turista brama di carpire i segreti più intimi del territorio in cui si trova e cibo e vino sono alcuni degli argomenti migliori di cui disponiamo per cogliere l’essenza più profonda di un luogo.  Ne è un esempio concreto l’anguilla, “bisàt” in dialetto, che trova il suo habitat naturale proprio nelle acque del fiume Livenza. Grazie a Slow Food Veneto Orientale, con il supporto delle amministrazioni del territorio e della rete dei ristoratori locali, è nata la “Comunità del bisàt della Livenza”, con lo scopo di preservare e rilanciare l’antica pesca fluviale lungo questo fiume. Il bisàt, come per le altre comunità fluviali viciniori, come ad esempio il fiume Lemene, ha rappresentato una delle più importanti forme di sostentamento dei pescatori locali. Purtroppo, nel corso degli ultimi anni questa tradizione è quasi andata perduta a causa del calo della domanda e dell’inquinamento delle acque, tanto che oggi a custodire i segreti del mestiere sono rimasti solo due pescatori. Di bisàt pare ne fosse ghiotto Ernest Hemingway, che nel 1918 ebbe a soggiornare proprio in questa zona. Il grande scrittore era arrivato nel Veneto Orientale durante la Prima Guerra Mondiale, quando giovane soldato americano, rimase ferito e fu curato a Torre di Mosto, presso il municipio, trasformato nella sede della Croce Rossa degli Stati Uniti. Questi luoghi fecero anche da sfondo alla storia d’amore, divenuta leggenda, tra Ernest Hemingway e la giovane crocerossina Agnes von Kurowsky. Agnes successivamente ridimensionò la vicenda ad amore platonico, mentre lo scrittore sostenne sempre che la loro fu una vera e propria storia d’amore. Qualunque sia la verità è innegabile che i due si trovassero a Torre di Mosto contemporaneamente, magari, tra una chiacchiera e l’altra, deliziandosi con una anguilla ai ferri accompagnata da un ottimo vino torresano, ottenuto dai vigneti “maritati a gelso”, come in uso all’epoca e di cui è ancora possibile trovare qualche testimonianza in località S. Elena. Oggi la zona vitivinicola si identifica con la DOC Lison Pramaggiore la quale, grazie alle nuove generazioni di viticoltori esprime un crescente potenziale qualitativo, con gli autoctoni Lison Classico, refosco dal peduncolo rosso ma anche con gli internazionali merlot, cabernet e malbech, vini che tra l’altro, proprio nell’abbinamento con il cibo trovano la loro massima espressione. Da ricordare anche l’impegno che molte cantine del territorio stanno portando avanti nell’assunzione di pratiche sostenibili, sia in vigna che in cantina, con una trentina di aziende che si sono convertite o sono in fase di conversione al biologico, aderendo, a partire dal 2016, al progetto del Bio-distretto, con sede ad Annone Veneto.
    «Sono un vecchio fanatico del Veneto ed è qui che lascerò il mio cuore». Ernest Hemingway 1948.
    Per approfondimenti www.giralivenza.it
    Le foto della Livenza e del bisat sono tratte dalla pagina Facebook di GiraLivenza

    Tags: bibione, bisat, caorle, ernest hemingway, giralivenza, jesolo, Lison, Lison Pramaggiore, livenza, torre di mosto, veneto, veneto orientale, venezia LEGGI TUTTO