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    Cà del Magro di Monte del Frà: il bianco d’italia che piace nel mondo

    Wine Spectator attribuisce 91 punti al Cà del Magro Custoza Superiore Doc 2018 dell’azienda Monte del Frà di Sommacampagna (Verona), il più alto punteggio mai assegnato a un Custoza dalla rivista statunitense. Tale risultato va ad aggiungersi ai numerosi altri riconoscimenti internazionali ottenuti dal Cà del Magro, che si afferma così come uno tra i bianchi italiani più votati e apprezzati dalla stampa estera degli ultimi anni. James Suckling quest’anno gli ha riconosciuto 92 punti, Tom Hyland, autorevole corrispondente enoico di Forbes, gli ha assegnato addirittura 97 punti, definendolo come uno tra i migliori bianchi dell’anno.
    Il Cà del Magro ha ricevuto negli anni premi e riconoscimenti anche in Italia, dove non solo gli sono stati assegnati i Tre Bicchieri del Gambero Rosso per ben undici anni consecutivi, ma ha ottenuto alti punteggi su molte delle guide italiane tra cui Vini Buoni d’Italia, I Vini di Veronelli, Vitae – AIS e 95 punti sulla Guida Essenziale 2021 di DoctorWine e su Wines Critic.
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    Con una produzione annua di 80 mila bottiglie, il Cà del Magro emerge come il vino più rappresentativo dell’azienda Monte del Frà, emblema della storia e del territorio da cui nasce: un vigneto di oltre trent’anni coltivato su una collina nel cuore del Custoza, a sud-est del Lago di Garda. I vitigni che lo costituiscono sono Garganega, Trebbianello, Bianca Fernanda e lncrocio Manzoni. Dal colore giallo paglierino intenso, con leggeri riflessi dorati, al naso rivela profumi di frutta tropicale, fiori bianchi e note di zafferano. Al palato si presenta armonicamente complesso con un finale asciutto e sapido.
    Un vino che rivela al meglio le proprie potenzialità con l’affinamento in bottiglia e che si pone controcorrente tra i Custoza di pronta beva. È proprio per questa sua diversità che il Cà del Magro è molto apprezzato anche dai mercati esteri: nel 2020, nonostante l’emergenza sanitaria in atto, la cantina ha intrecciato nuove relazioni commerciali in Albania, Azerbajgian, Filippine e Kosovo e complessivamente esporta in oltre 60 Paesi al mondo.
    “Siamo orgogliosi dei risultati ottenuti dal nostro Cà del Magro, che si riconferma tra i vini bianchi più celebrati – commenta Marica Bonomo, responsabile commerciale estero di Monte del Frà – Cà del Magro, un vino che si caratterizza per mineralità e longevità, racchiude ed esprime al meglio questa denominazione, un concentrato del nostro amato territorio, il Custoza, che sta facendo innamorare il mondo”. LEGGI TUTTO

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    8 Marzo: Monte Zovo e Progetto Quid a sostegno delle donne

    In occasione della festa della donna Monte Zovo, l’azienda vinicola della famiglia Cottini a Caprino Veronese, realizza con l’associazione Progetto Quid una speciale wine bag per il Phasianus Corvina Verona Rosato IGT. L’iniziativa è espressione concreta della filosofia di sostenibilità a tutto tondo di Monte Zovo, che si traduce in impegno a favore dell’ambiente in vigna e in cantina, ma anche in attività di responsabilità sociale con ricadute positive sul territorio, sull’economia e sulle persone.
    Risponde a quest’orientamento la scelta di collaborare con Progetto Quid, impresa sociale con sede a Verona, che offre opportunità di crescita lavorativa a persone in condizioni di difficoltà, con una particolare attenzione alle donne in situazioni di svantaggio. Attraverso questo progetto l’associazione crea capi di abbigliamento e accessori moda di ottima qualità.
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    Monte Zovo ha acquistato da Progetto Quid 300 wine bag personalizzate, realizzate con eccedenze di produzione delle grandi aziende tessili italiane, promuovendo così un’economia circolare che limita lo spreco di pregiate materie prime. La wine bag in twill di cotone madras, nel suo disegno a scacchi color vinaccia, richiama l’etichetta di Phasianus. L’inserto collocato al centro della shopper, in omaggio con l’acquisto del vino, porta la firma di Diego Cottini, titolare dell’azienda agricola Monte Zovo.
    “Credo che un tessuto sociale sano debba saper accogliere e integrare anche le persone che vivono momenti o situazioni di fragilità” sostiene Annalberta Cottini, “e noi come Monte Zovo cerchiamo di dare il nostro massimo supporto a realtà come Progetto Quid, che operano in questo senso e danno valore al ruolo chiave della donna, a cui viene dedicata la festa dell’8 marzo”.
    La limited edition di Phasianus per la festa della donna sarà in vendita nello shop online di Monte Zovo al costo di 15,50 euro dal 1° al 31 marzo. Il ricavato delle vendite sarà devoluto a P.e.t.r.a., centro antiviolenza del Comune di Verona, che offre gratuitamente i propri servizi – sostegno psicologico e sociale, consulenza legale, accoglienza presso strutture convenzionate e gruppi di auto mutuo aiuto – a donne, ma anche uomini, vittime di violenza. LEGGI TUTTO

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    Caviro si aggiudica il Premio Impresa Ambiente

    Il Gruppo Caviro, con il progetto “Dalla vite alla biocarburazione avanzata, con Caviro è possibile”, si è aggiudicato il Premio Impresa Ambiente 2020 nella categoria «Migliore gestione per lo sviluppo sostenibile per media o grande impresa», destinata alle imprese che dimostrano di avere una visione strategica e un modello di gestione in grado di assicurare un miglioramento continuo e un costante contributo allo sviluppo sostenibile coniugando aspetti ambientali, economici e sociali.
    Marco Frey, Professore ordinario di Economia e gestione delle imprese alla Scuola Universitaria Superiore Sant’Anna di Pisa e presidente della giuria, ha motivato così il riconoscimento: «Caviro rappresenta uno degli esempi più significativi di filiera integrata nel settore vitivinicolo, il cui impegno nel perseguimento della sostenibilità è connotato da una visione strategica a lungo termine. Know how e dotazione impiantistica consentono a Caviro di produrre all’interno dei propri stabilimenti non soltanto del vino di qualità, ma anche di trasformare tutti i sottoprodotti della vinificazione, attribuendo allo scarto dignità di risorsa che si rigenera e che rientra nuovamente in un ciclo produttivo. Degna di nota è anche la potenzialità di diffusione di questi principi su vasta scala essendo Caviro presente sul mercato con marchi molto conosciuti.»
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    Il riconoscimento è stato reso pubblico durante la cerimonia di premiazione in diretta YouTube che si è svolta nel pomeriggio di venerdì 19 febbraio e alla quale ha preso parte Carlo Dalmonte, Presidente di Caviro. «Siamo molto onorati di ricevere questo Premio che dedico ai nostri 12.400 agricoltori soci – ha detto Dalmonte -. La nostra è una storia che parte e arriva al grappolo d’uva in un cerchio non solo ideale ma anche reale. Grazie all’economia circolare Caviro non produce scarti ma solo materie prime e lo fa tenendo insieme tutela ambientale e business. Perché le persone sono sempre più attente ad acquistare prodotti provenienti da una filiera responsabile e premiano chi, quotidianamente, si pone delle domande sull’effetto del proprio agire. Questo ci convince ad andare avanti e a continuare a investire».
    Il Gruppo Caviro rappresenta uno degli esempi più significativi di filiera agroalimentare integrata ed è un modello completo di economia circolare. Caviro Società Cooperativa Agricola con 29 soci, di cui 27 cantine, valorizza il lavoro di 12.400 soci viticoltori di 7 regioni d’Italia che producono, in 36.000 ettari vitati, il 10% delle uve del territorio nazionale. La cooperativa raggiunge con i propri vini 7 milioni di famiglie consumatrici, diventando di fatto la cantina più grande d’Italia certificata sostenibile secondo lo standard Equalitas. Oltre alle tradizionali lavorazioni del vino, la società Caviro Extra SpA si occupa di valorizzare tutti i sottoprodotti di cantina estraendo prodotti nobili e, assieme alla società Enomondo (joint venture tra Caviro Extra SpA ed Herambiente SpA), è in grado di trattare scarti liquidi e solidi provenienti dalla filiera agroalimentare italiana producendo energia verde, carburanti rinnovabili e fertilizzanti naturali.
    Il Gruppo sta attuando ulteriori investimenti nel settore green relativamente ad un consistente potenziamento dell’impianto di compostaggio di Faenza allo scopo di ritornare una quota sempre maggiore di sostanza organica ai terreni sotto forma di fertilizzante naturale.
    Il Premio Impresa Ambiente è uno dei più alti riconoscimenti italiani destinati alle imprese che, nella gestione della propria attività, hanno dato un contributo innovativo in termini di sostenibilità ambientale e responsabilità sociale.Promosso dopo sei anni dall’ultima edizione dalla Camera di Commercio di Venezia Rovigo, con la collaborazione di Unioncamere e il patrocinio del ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, ha visto la partecipazione di 125 candidature arrivate da 17 regioni d’Italia. Caviro, insieme alle altre aziende premiate, e menzionate con specifica indicazione della giuria, parteciperà poi di diritto alla selezione dell’European Business Award for the Environment. LEGGI TUTTO

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    I genitori del Centesimino svelati grazie a una nuova mappatura genetica

    Un’inedita tesi sulle origini del Centesimino, vitigno autoctono del territorio faentino e, in particolare, delle colline di Oriolo dei Fichi, arriva dallo studio scientifico “Atlante delle parentele dei vitigni italiani derivante dalla genotipizzazione degli SNP” pubblicato lo scorso gennaio. Frutto di una lunga e meticolosa indagine genetica che ha visto collaborare nove tra i più importanti centri di ricerca e università d’Italia, lo studio ha analizzato gli SNP (polimorfismi a singolo nucleotide), vale a dire le singole variazioni puntiformi del genoma, di diverse centinaia di varietà d’uva italiane e di circa mille varietà aggiuntive derivate da precedenti studi sul germoplasma europeo, meridionale, della Magna Grecia e georgiano. Le ricerche hanno consentito di valutare la parentela tra un insieme di 1.232 varietà uniche e identificare 92 nuove coppie genitore-figlio, dimostrando come il patrimonio genetico dell’uva italiana provenga in gran parte da poche varietà principali.
    Tra le nuove parentele ricostruite dalla ricerca spicca appunto per il territorio romagnolo quella riguardante il Centesimino, vitigno autoctono iscritto come varietà unica al Registro Nazionale delle Varietà di Vite nel 2004. Le evidenze del nuovo studio indicano il Centesimino come il figlio dell’incrocio del tutto naturale che si è verificato nel corso dei secoli tra il Sangiovese e il Moscato Violetto, noto anche come Muscat rouge de Madère.
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    “Quello che è di fatto il primo atlante genetico basato su SNP di gran parte del germoplasma della vite italiana – sostiene Mauro Altini, presidente dell’Associazione per la Torre di Oriolo (www.torredioriolo.it) che riunisce le otto cantine storiche che producono il Centesimino – sarà utilissimo per la valorizzazione enologica e viticola di numerosi vitigni. Nel caso del Centesimino ci fornisce nuove informazioni e, allo stesso tempo, ne conferma altre che abbiamo imparato in prima persona coltivando in vigna e lavorando in cantina quest’uva che non finisce mai di sorprenderci e di entusiasmare oltre a noi anche un pubblico sempre più ampio di amanti del vino”.
    Grappolo di Centesimino
    Tra le caratteristiche più identificative del Centesimino spiccano il suo corredo aromatico e la sua avvolgenza, ravvivate da una freschezza tanto apprezzabile quanto per nulla scontata. Se le prime due caratteristiche potrebbero essere il corredo genetico riconducibile al Moscato Violetto, viene spontaneo ora associare la spiccata acidità unitamente alla trama tannica persistente e molto predisposta all’invecchiamento in bottiglia all’altro genitore ben più famoso, il Sangiovese.
    Se un importante tassello sull’origine del Centesimino arriva dalla nuova ricerca, parimenti importante rimane per la sua storia più recente l’operato del faentino Pietro Pianori, colui che nel secolo scorso salvò dall’epidemia di fillossera, il parassita che distrusse il 90% del vigneto europeo tra fine Ottocento e inizio Novecento, l’ultima vite di Centesimino rimasta, consentendone la rinascita sulle colline di Oriolo dei Fichi. Oggi le cantine Ancarani, La Sabbiona, Leone Conti, Poderi Morini, Quinzan, San Biagio Vecchio, Spinetta e Zoli Paolo sono le più convinte ambasciatrici di questo vitigno, che all’ombra della Torre di Oriolo ha trovato le sue migliori espressioni enologiche, distinguendosi anche per una grande versatilità. Dalla versione spumante a quella passito, passando dalla vinificazione in acciaio o in legno, il Centesimino ha dimostrato di saper sempre declinare ottimamente nel calice i tratti salienti che ne costituiscono l’identità e che lo rendono un vino particolarmente versatile negli abbinamenti gastronomici. LEGGI TUTTO

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    Il Rubesco Riserva Vigna Monticchio 2016 Lungarotti è il miglior vino rosso italiano

    E’ il Rubesco Riserva Vigna Monticchio 2016 di Lungarotti a guidare la classifica 2021 dei 100 migliori rossi italiani stilata dal mensile Gentleman. Il vino di punta della cantina umbra è risultato il migliore vino rosso italiano – ex aequo con il Bolgheri Sassicaia 2017 di Tenuta San Guido – incrociando e sommando i punteggi delle sei guide italiane: Vini d’Italia (Gambero Rosso), I vini di Veronelli, Bibenda (Fondazione italiana sommelier), Vitae (Associazione italiana sommelier), Annuario dei migliori vini italiani (Luca Maroni) e la Guida essenziale ai vini d’Italia (Daniele Cernilli). Un risultato importante per questa etichetta che ha scritto la storia di Lungarotti e dell’enologia italiana diventando uno dei rossi più conosciuti e apprezzati nel mondo.
     “Siamo felici di questo bellissimo traguardo – dichiara Chiara Lungarotti, Amministratore Delegato dell’azienda di famiglia – che premia il nostro lavoro e quello di tutti i nostri collaboratori. Un riconoscimento che ci spinge a guardare con fiducia al futuro nella speranza che possa essere di buon auspicio per una ripartenza del nostro comparto e di tutto il nostro Paese.”
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    La prima vendemmia del Rubesco Riserva Vigna Monticchio (Torgiano Rosso Riserva DOCG) risale al 1964 quando Giorgio Lungarotti, fondatore dell’azienda e pioniere della moderna enologia italiana, capì che dalla vigna Monticchio, sulle colline di Torgiano, grazie anche ad una perfetta esposizione, si ottenevano delle uve Sangiovese straordinarie. Innovativo per i tempi, già dalla prima annata, questo Sangiovese in purezza si fa subito notare per la sua personalità netta. Il colore è rubino brillante e i caratteri sono quelli tipici della gente dell’Umbria, riservata ma generosa. Un vino di grande struttura, adatto a un lungo invecchiamento, che sfodera un equilibrio unico tra potenza ed eleganza e che viene prodotto solo nelle migliori annate.
    Chiara Lungarotti, Amministratore Delegato della cantina Lungarotti
    Battezzato così da Maria Grazia Marchetti, moglie di Giorgio Lungarotti, il nome Rubesco deriva dal verbo latino rubescere, arrossire (di gioia) e sull’etichetta mostra un particolare della Fontana Maggiore di Perugia che raffigura la vendemmia.
    “Il Rubesco Riserva Vigna Monticchio è sinonimo di Lungarotti – afferma Chiara Lungarotti – Un vino che negli anni ’60 è stato innovativo: una creatura di mio padre che ne rispecchiava la sua personalità. I vini, infatti, sono espressione di un territorio ma anche di chi li produce, per cui, pur mantenendo la sua identità, anche il Rubesco Riserva Vigna Monticchio ha vissuto un’evoluzione. Si può dire che a partire dall’annata 2005 ha cominciato a riflettere l’impronta della nuova generazione della famiglia Lungarotti e il risultato appena ottenuto ci conferma che stiamo procedendo nella giusta direzione”.
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    Nominata da Wine Spectator-Operawine 2021 tra le 34 migliori cantine d’Italia che “producono vini di livello mondiale; sono leader nelle loro regioni; e testimoniano la diversità, il patrimonio e l’autenticità che sono i tratti distintivi del vino italiano” (cit. Wine Spectator), Lungarotti è un’azienda vinicola storica dell’Umbria, fondata a Torgiano da Giorgio Lungarotti e oggi guidata dalle figlie Chiara e Teresa, coadiuvate dalla madre Maria Grazia e dai nipoti Francesco e Gemma. Oggi conta in tutto 250 ettari di vigneti, dislocati tra la Tenuta di Torgiano (230 ha, certificata VIVA dal 2018) e quella di Montefalco (20 ha, a conduzione biologica dal 2010), dove si pratica una viticoltura attenta alla sostenibilità e alla biodiversità, oltre che alla valorizzazione dei vitigni autoctoni intervallati da qualità internazionali. Le due cantine producono in tutto 29 etichette, tra cui il Rubesco Riserva Vigna Monticchio – Torgiano Rosso Riserva DOCG, tra i migliori vini rossi italiani, e il Rubesco – Rosso di Torgiano DOC, profonda espressione dell’Umbria. LEGGI TUTTO

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    Casa Setaro, nasce il primo Dosaggio Zero da uva Caprettone

    Nasce il primo Dosaggio Zero da uva Caprettone sul Vesuvio: si chiama “Pietrafumante” ed è firmato Casa Setaro. L’azienda vesuviana di Massimo Setaro è stata pioniere della spumantizzazione in Metodo Classico sul vulcano: non era mai stato prodotto uno spumante méthode champenoise 48 mesi sui lieviti con quest’uva a bacca bianca autoctona del Vesuvio, che è stata riconosciuta ufficialmente nel registro nazionale delle varietà della vite come vitigno da vino solo nel 2014. Questo è accaduto anche attraverso il forte impegno profuso da Casa Setaro.
    Già il padre di Massimo, “don Vincenzo”, aveva condotto una viticoltura di salvaguardia del Caprettone, che in passato è stato sempre confuso con il Coda di Volpe e usato perlopiù come uva per tagliare la Falanghina. Un taglio adoperato da molti per dar vita al Lacryma Christi del Vesuvio Doc. Prese le redini dell’azienda nel 2004, la scelta di Massimo Setaro è stata da subito orientata alla vinificazione in purezza di questo vitigno: il suo Munazei bianco Lacryma Christi del Vesuvio Doc come il Pietrafumante Metodo Classico e anche il suo progetto in anfora Aryete Vesuvio Doc prevedono tutti l’utilizzo di questo monovitigno. Un modo per mostrare, nel tempo e con il tempo, il comportamento del Caprettone, raccontarne le sfaccettature e le potenzialità: “è un’uva difficile da lavorare ma una volta capita, regala grandissima soddisfazione – spiega Massimo Setaro al battesimo del primo Dosaggio Zero mai presentato in terra vesuviana -, offrendo sapidità, profondità e verticalità inaspettate”.
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    La presentazione si è tenuta lunedì 15 febbraio a Terrazza Calabritto, ristorante partenopeo sito nella centralissima piazza Vittoria e guidato da Enzo Politelli, con un percorso di 4 portate pensate per accompagnare questo esclusivo prodotto. A fare da padrino, il giornalista e critico enogastronomico Luciano Pignataro, che ha ammirato il lavoro svolto negli anni da Massimo Setaro, osservando come abbia raggiunto una maturità enologica con questo “Pietrafumante” Brut Nature millesimato 2016. “Quando parliamo di spumantizzare, la mente volge subito ad altre aree della Penisola – osserva Pignataro in apertura -, e ci sorprendiamo quando un produttore riesce a dimostrare che si può fare un prodotto del genere anche qui, a Sud, sul Vesuvio. Un plauso alla caparbietà di Massimo e alla continua ricerca per migliorarsi”.
    Ad ogni sorso, Pietrafumante Brut Nature ci ricorda di essere nato su un vulcano, ma non solo: le vecchie vigne, a piede franco e molte prefillossera, della famiglia Setaro risalgono i terreni sabbiosi nelle contrade di Bosco del Monaco e Tirone della Guardia, aree già testimoni dell’antica memoria vignaiola del piccolo comune di Trecase. Questo  Dosage Zéro coinvolge l’olfatto con profumi agrumati che ritornano coerentemente al palato per avvolgerlo e invogliarlo a sorseggiare nuovamente. Dalla freschezza verticale con intensi accenti salati, è un piccolo gioiello. Una bollicina unica nel suo genere. L’Edizione zero, come riportato nel suo collarino, è possibile acquistarla in cantina (45€ con cassetta di legno) o attraverso il wine shop Casa Setaro (www.casasetaro.it). LEGGI TUTTO

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    Da 60 anni Santa Margherita firma lo stile del Pinot Grigio italiano

    Sessant’anni fa faceva il suo debutto il Pinot Grigio Santa Margherita: un vino nuovo, elegante e moderno che diede avvio a una vera e propria rivoluzione del gusto e del piacere enologico. In questi primi sessant’anni di storia il Pinot Grigio è diventato il varietale simbolo del vino bianco italiano nel mondo e il Pinot Grigio Santa Margherita continua ad esserne l’emblema: un vino che ha contribuito fortemente allo sviluppo dell’enologia italiana, rivoluzionandone sia il mercato nazionale che internazionale. Ogni giorno, sono più di tremila le bottiglie di Pinot Grigio Santa Margherita stappate nel mondo; una grande storia di successo targato Made in Italy che affonda le sue radici nel secolo scorso.
    Tutto cominciava verso la fine degli anni Cinquanta quando, in anticipo sulle future tendenze, il visionario e lungimirante Conte Gaetano Marzotto si mise alla ricerca di una nuova tipologia di vino che uscisse dal cliché, capace di distinguersi per originalità, peculiarità sensoriali e forte richiamo al binomio vitigno-territorio e capace al contempo di favorire un approccio diverso al vino, diventando vero protagonista del convivio moderno. Le ricerche del connubio perfetto tra terroir e vitigno condussero il Conte e il suo team di enologi in Trentino-Alto Adige: il terroir ideale per la produzione di uve che contenessero in potenza il carattere fresco e fruttato con cui si desiderava caratterizzarne il profilo.
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    Fu la sapienza degli enologi a individuare il varietale che potesse esprimere al meglio le caratteristiche pedo-climatiche del territorio, ma la vera rivoluzione fu l’intuizione brillante quanto rivoluzionaria del Conte: la vinificazione in bianco delle delicate uve Pinot Grigio, eliminando ogni contatto tra mosto e bucce, trasformando così un vino dal colore ramato in un vino bianco brillante, elegante ed intenso, unico nel suo genere.
    Correva l’anno 1961 e il Pinot Grigio Santa Margherita faceva il suo debutto sul mercato italiano: il favore del pubblico fu sorprendente quanto immediato. Abituata fino a quel momento a fare una semplice distinzione tra vini bianchi, rossi e rosati, l’Italia apprezzò fin da subito la straordinaria bevibilità e la fragranza di questo vino-novità, che si distingueva per un nuovo modo di interpretare non solo le uve Pinot Grigio ma anche il vino bianco in genere. Grazie al Pinot Grigio Santa Margherita si diede così avvio a un cambiamento radicale nelle abitudini di consumo, dal vino-alimento al vino-piacere.
    Il processo favorì la democratizzazione del vino, permettendo a nuovi consumatori – come le donne – di avvicinarsi a questo mondo, scommettendo su un pubblico che nelle decadi a seguire avrebbe giocato un ruolo sempre più determinante nelle scelte di acquisto. Il Pinot Grigio Santa Margherita è stato il primo, l’originale, l’apripista che ha saputo conquistare il favore dei consumatori, parlando di futuro e innovazione.
    Lo strepitoso successo lasciava intravedere ottime opportunità anche oltre confine, dove venne sapientemente esportato a partire dagli anni ’70: il Pinot Grigio Santa Margherita dimostrò al mondo intero che l’Italia poteva offrire vini sexy, perfettamente coerenti con l’evoluzione delle società e del gusto moderno.
    Il 1979 fu l’anno della grande svolta: con l’incoronazione a ‘vino bianco migliore d’Italia’ in una degustazione alla cieca gli vennero spalancate le porte del grande mercato statunitense dove si affermò nel giro di pochi anni, diventando un vino icona e alimentando una fedeltà al marchio senza precedenti. A conquistare i winelover furono la freschezza, la bevibilità e la sua straordinaria capacità di abbinamento.

    Oltreoceano il Pinot Grigio Santa Margherita è ancora oggi il vino bianco italiano maggiormente importato e apprezzato, anche dalle star. Non è raro infatti trovarlo in compagnia di celebrities del calibro di Rihanna o Kylie Jenner, Jon Bon Jovi o Drake, che gli dedica perfino alcune rime nei testi delle sue canzoni più celebri.
    Il Pinot Grigio Santa Margherita è entrato a pieno titolo nella Hall of fame, presentandosi oggi in tutta la sua moderna duttilità: il colore giallo paglierino, il profumo pulito e intenso, le inaspettate note floreali, i richiami di agrumi e frutta a polpa bianca, la freschezza e la sapidità sempre perfettamente equilibrate, che preludono a un approccio gustativo delicato e stimolante al tempo stesso.
    Grazie alla sua armonia il Pinot Grigio Santa Margherita si rivela un vino di grande carattere, estremamente versatile per abbinamento a cibi e situazioni diverse: dall’aperitivo, al brunch, al tutto-pasto e, in particolare, con tantissimi piatti della tradizione culinaria italiana ed internazionale, di mare ma anche di terra.
    Un sogno, quello del Pinot Grigio, reso grande in primis da best practice adottate sia in vigna che in cantina, come la tutela della biodiversità, la riforestazione e l’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili, nella convinzione che tutto ciò che deriva da un ambiente salubre, condotto con saggia misura nel rispetto dei cicli vitali, porti con sé un valore unico.
    Attenzione particolare è stata rivolta al chilometro zero, che vede oggi la produzione di oltre il 90% delle bottiglie nella vetreria a pochi passi dal cuore della vinificazione e al programma di “carbon neutrality”, che certifica da sette anni l’azzeramento dell’impronta carbonica di quasi 2 milioni di bottiglie di Pinot Grigio prodotte annualmente.
    Coniugare artigianalità, tradizione ed innovazione tecno-enologica ha permesso così a Santa Margherita di valorizzare al meglio il binomio vitigno-territorio e di proporre un Pinot Grigio che eccelle oggi sulle tavole di oltre 90 Paesi in tutto il mondo. Un vino che ha inventato un nuovo approccio al vino, da sempre in grado di stare al passo con i tempi e che, anche nell’anno di celebrazione dei suoi primi sessant’anni di successi, già punta a tracciare nuove rotte del gusto e del piacere enologico. LEGGI TUTTO

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    Il nuovo corso di Monte delle Vigne

    Paolo Pizzarotti, Presidente Monte delle Vigne
    Novità all’orizzonte per Monte delle Vigne, azienda agricola nel cuore della DOC Colli di Parma, che inizia il 2021 con un nuovo Consiglio di Amministrazione e proiettata verso nuovi mercati internazionali, senza però dimenticare il territorio da cui nascono i suoi vini. Un legame profondo quello tra la famiglia Pizzarotti e Monte delle Vigne: Pietro Pizzarotti, padre di Paolo, acquistò nel lontano 1963 un podere di 100 ettari sulle splendide colline di Ozzano Taro, con il sogno di riportare alla viticoltura queste terre che nei secoli passati tanti successi avevano ottenuto.
    Oggi fanno parte del rinnovato Consiglio di Amministrazione, oltre al Presidente Paolo Pizzarotti e al figlio Michele, l’Amministratore Delegato Lorenzo Numanti e Andrea Bonini, sovraintendente alla produzione in campagna e in cantina. Nel 2020 l’azienda è riuscita a tenere bene nonostante l’emergenza in corso: per il 2021 ha in programma un piano di rilancio dell’export, con la volontà di aumentarne sensibilmente la quota attualmente attestata al 15%. Per l’ingresso in nuovi mercati si avvale ora della consulenza di A.C. Marketing&Trade, società specializzata nell’intermediazione commerciale internazionale e nello sviluppo dei marchi del settore vitivinicolo.
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    L’obiettivo è quello di potenziare l’attuale distribuzione in alcuni mercati strategici quali Stati Uniti, Regno Unito, Germania e Nord Europa. Inoltre, per accrescere ulteriormente la qualità dei vini, dal 2018 Monte delle Vigne si avvale della collaborazione dell’enologo e consulente per la produzione vinicola Luca D’Attoma, uno tra i primi in Italia a praticare la viticoltura biologica, riconosciuto tra i massimi esperti in materia e particolarmente apprezzato per il suo approccio rigoroso e innovatore.
    “Guardiamo all’estero ma abbiamo a cuore il luogo dove nasce la nostra storia. Una storia di amore per la natura e per l’ambiente che circonda Monte delle Vigne. In futuro vorremmo sempre di più far conoscere caratteristiche e bellezze di questi luoghi attraverso la qualità dei nostri vini – dichiara Paolo Pizzarotti – Il sogno di mio padre era di riportare queste terre alla viticoltura, questo sogno è diventato realtà”.
    In cantiere anche il restyling della comunicazione aziendale, che comprende etichette e sito, per elevare ulteriormente l’immagine dell’azienda, da sempre riconosciuta come elegante e raffinata ma anche vicina ai wine lovers. LEGGI TUTTO