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    Italia – esportazioni vino spumante – aggiornamento 2022

    Le esportazioni di spumante italiano hanno chiuso il 2022 con un rallentamento in dicembre (stabile), che però non ha alterato il quadro estremamente positivo: +19% per un valore di 2.17 miliardi di euro, con tutte le categorie in crescita. I volumi esportati sono cresciuti invece del 5% e raggiungono quota 5.2 milioni di ettolitri. Questi numeri si confrontano con un export totale italiano di vino di 7.9 miliardi di euro e 22 milioni di ettolitri e rappresentano quindi rispettivamente il 28% e 24% del valore e volume totale esportato. Il Prosecco resta ovviamente il prodotto chiave, con un peso del 74% del totale della categoria in valore e del 72% del volume. L’Asti spumante è invece l’8% del totale, gli altri spumanti DOP il 5% e tutto il resto il 15% circa. Come abbiamo già avuto modo di dire numerose volte, sorprendentemente la Russia cresce nel 2022 del 28% e con 91 milioni di euro di esportazioni rappresenta il 4.2% del totale esportato e il sesto mercato per l’Italia. Passiamo a una breve analisi dei dati, ricordandovi che le tabelle riassuntive sono anche disponibili nella sezione Solonumeri.

    Entrando nel dettaglio delle categorie, per il Prosecco è stato un altro anno eccellente. Gli Stati Uniti sono di gran lunga il primo mercato con 442 milioni di esportazioni e una crescita del 19%, seguiti dal Regno Unito con 365 milioni, +17%. Dopo questi due mercati “il vuoto”, nel senso che il terzo mercato, la Francia, che pur cresce del 31% sta a 89 milioni di euro. La Russia compare nella lista dei principali mercati con un valore di 48 milioni di euro.
    Per l’Asti spumante è stato un ottimo anno, esportazioni in crescita del 17% a 168 milioni, con la Lettonia primo mercato, 25 milioni di euro e +133%, la Russia secondo mercato +12% a 23 milioni e gli USA stabili poco sotto il 20 milioni di euro. Si dimezzano invece le esportazioni in Germania.
    Per gli spumanti DOP, che chiudono a 103 milioni di euro (+16%), gli USA sono il primo mercato ma calano del 6% a 19 milioni di euro, mentre cresce la Germania a 11 milioni (+18%) e sugli stessi valori la Svizzera (+24%). Vengono poi Francia e Giappone poco sotto intorno ai 10 milioni, ma in Giappone la crescita è superiore al 50%.
    Vi lascio alle numerose tabelle riassuntive e ai grafici. Entriamo nei prossimi mesi in un periodo di bassa stagione per lo spumante, almeno fino a Marzo.

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO

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    Italia – esportazioni di vino – aggiornamento 2022

    Così come leggeremo per la Francia tra qualche giorno, anche le esportazioni italiane di vino hanno chiuso l’anno in deciso rallentamento, complice l’indebolimento delle principali economie mondiali, il leggero rafforzamento dell’euro che ha reso meno competitivo il nostro prodotto in alcuni mercati e, da non sottovalutare, la significativa base di comparazione. L’andamento mensile lo vedete dal grafico qui sopra: dopo un periodo di 9 mesi caratterizzato da una crescita a doppia cifra, ottobre-novembre-dicembre hanno chiuso a +4%/+5%/+1%. I francesi hanno fatto un pochino meglio ma non troppo (+11%/+4%/+2%), nella medesima direzione.
    La chiusura d’anno dice quindi +10% a 7.87 miliardi di euro, di cui +7% per i vini fermi (5.7 miliardi di euro) e +19% per i vini spumanti, +19%. Se confrontati con i dati pre-covid, le esportazioni italiane di vino sono cresciute del 17% nel segmento dei vini fermi e del 37% in quello dei vini spumanti per un totale di +22.3%. Se dividiamo questo numero per 3 anni arriviamo al 7% quindi sostanzialmente si può dire che il Covid è pienamente riassorbito. I francesi sul triennio hanno fatto +25%, quindi leggermente meglio di noi ma veramente di poco.
    In questo post un po’ riassuntivo trovate alcuni grafici e tabelle “generali” che fanno il punto sull’anno e che trovate (le tabelle) aggiornate nella sezione dedicata di Solonumeri. L’analisi prosegue nel resto del post.

    Abbiamo detto del valore, non del volume, che si è indebolito in corso d’anno chiudendo leggermente sotto il 2021, a 22.0 milioni di ettolitri, di cui 16.8 milioni di vini fermi, circa -3% e 5.2 milioni di vini spumanti, +5%.
    Avendo sommariamente parlato delle categorie, guardiamo i grandi numeri sull’anno per geografia. Diciamo che i segni meno sono molto pochi: Russia -2% (è andata bene) scende all’11esimo posto, Austria -12%, Cina -6% e Lettonia -36%. I grandi mercati sono tutti in crescita: USA +8%, Germania +4% e Regno Unito +9%. Sebbene il loro peso scenda gradualmente negli anni, restano sempre circa il 50% delle esportazioni italiane. Se scorrete la tabella, le vere “lepri” sono Francia, Belgio e forse Danimarca, mentre per il Giappone la serie storica mostra che i dati positivi del 2022 sono un “recupero” sui valori del passato.
    Dove sta rallentando il vino italiano? Sicuramente nel Regno Unito e in Canada, ma anche nei Paesi Bassi e in Svezia e Danimarca.
    Parleremo più diffusamente degli spumanti nel prossimo post ma è importante sottolineare questo ulteriore eccezionale anno, con tutti i principali mercati in crescita a doppia cifra, salvo il +5% della Germania, colpita da un ultimo trimestre molto negativo (-1% in Ottobre, -12% in Novembre, -14% in Dicembre). Anche il Regno Unito chiude l’anno in doppia cifra ma con un finale in forte rallentamento: vedremo cosa succede il prossimo anno! LEGGI TUTTO

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    Canada – importazioni di vino – aggiornamento 2022

    Il Canada è uno dei mercati in cui nel 2022 il vino è andato meglio, in termini relativi rispetto alle altre nazioni produttrici di vino. I dati estratti da UN Comtrade (che ha cominciato a chiedere il login, speriamo che non sia un primo passo per chiedere soldi…) indicano una accelerazione delle importaizoni di vino a +13% nel 2022 in euro per un valore di 2.16 miliardi di euro, che tradotti in valuta locale diventano 2.95 miliardi di dollari canadesi e una crescita del 5%. Si tratta di una accelerazione essenzialmente legata alla rivalutazione del dollaro, visto che i dati in dollari canadesi sono molto più coerenti con un trend di crescita del 5% annuo circa. Dicevamo dell’Italia, che in effetti mostra una crescita del 17% in euro a 473 milioni di euro e si riavvicina alla Francia, che resta il leader indiscusso con oltre 500 milioni di euro. Da notare, mentre scorrete i dati, il forte progresso del vino neozelandese. Passiamo ai numeri, presenti in forma completa e scaricabile nella sezione Solonumeri.

    Le importazioni di vino in Canada nel 2022 sono stabili in volume a 4.2 milioni di ettolitri, mentre crescono del 5% in valuta locale e del 13% in euro, per un valore totale di 2.16 miliardi di euro.
    Il paese resta fortemente concentrato sui vini fermi: l’85% del totale è rappresentato dai vini fermi in bottiglia, il 5% da vini sfusi e soltanto il 10% da vini spumanti, dove la Francia ovviamente domina con la metà del mercato (visto anche le affinità linguistiche e culturali) ma dove i nostri prodotti sembrano riscontrare un crescente successo.
    Come dicevamo la Francia esporta 529 milioni di euro di vino (+9%), di cui 104 sono di spumanti (+5%) dove primeggia. Non è invece leader nei vini fermi in bottiglia, dove con 400 milioni di euro è sopravanzata dagli americani, che storicamente sono i primi esportatori di questa categoria con circa un quarto del mercato.
    Per quanto riguarda l’Italia possiamo dire che il 2022 è il miglior anno di sempre in Canada, con una quota di mercato che ha raggiunto il massimo del 22%, che si “suddivide” in una quota del 21% sul vino fermo in bottiglia, del 13% nel vino sfuso e del 33% nei vini spumanti, dove il progresso è chiaro: negli ultimi 5-6 anni le esportazioni sono raddoppiate e la quota è passata dal 25% al 33% appunto.
    Gli Stati Uniti sono il terzo esportatore nel mercato e primo per i vini fermi, ovviamente non hanno gli spumanti e questo rende il loro “passo” negli ultimi anni (+5% su 5 anni mediamente) un po’ meno spedito di quello degli italiani (+6%) e dei francesi (+8%).
    Dopo questi tre esportatori come sapete c’è il “buco” fino ad arrivare agli Australiani (che recuperano), agli spagnoli (che perdono) e ai neozelandesi (che fanno un balzo rilevante!).
    Vi lascio alle tavole, ricordandovi che i dati sono anche su Solonumeri.

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    Spagna – esportazioni di vino, aggiornamento 2022

    La Spagna non tiene il passo di Italia e Francia nel 2022 e si ferma a un timido +3% nelle esportazioni di vino, superando per la prima volta nella storia la soglia dei 3 miliardi di euro. Il “problema” spagnolo era la base di confronto: nel 2021 il paese aveva esportato 24 milioni di ettolitri di vino, un quantitativo quasi record. La “normalizzazione” del 2022 a 21.5 milioni di ettolitri è costata un handicap del 10% sui dati, che in effetti si confrontano con +10/12% per Francia e Italia. Dal punto di vista dei mercati, l’andamento molto negativo nel Regno Unito, primo mercato nel 2021 per il prodotto spagnolo e calato del 15% è stato la chiave per spiegare la cattiva performance. Balza all’occhio anche il crollo nel mercato cinese, che per qualche anno come vedete dal grafico animato qui sopra era diventato uno dei più importanti. Infine, non è una sorpresa che i vini spumanti (+6%) vadano un po’ meglio dei vini fermi… passiamo a un commento più approfondito nel resto del post.

    Le esportazioni di vino spagnolo nel mondo crescono del 2.6% a 3.02 miliardi di euro. Di questi, 1.87 miliardi sono vini fermi in bottiglia, stabili sul 2021, 647 milioni sono fatti da vini sfusi (dove la Spagna primeggia nel mondo), +6% mentre 501 milioni sono di vini spumanti, anch’essi in crescita del 6% circa.
    I volumi esportati calano del 10% a 21.5 milioni di ettolitri e fa abbastanza specie guardare il dato italiano, passato tra il 2020 e il 2021 da 1.3 a 2.4 milioni di ettolitri e tornato nel 2022 a 1.4 milioni di ettolitri. Al di là di questo “aneddoto” forse il dato più preoccupante è il calo strutturale delle esportazioni nel mercato francese quasi costantemente in discesa da diversi anni.
    Tornando ai dati più importanti in valore, il mercato americano diventa la principale destinazione del vino spagnolo con 344 milioni di euro, +7% sul 2021 e +3% medio sui 5 anni, superando il Regno Unito che scende del 15% a 297 milioni di euro. Terzo mercato è la Francia con 261 milioni di euro di importazioni dalla Spagna e un incremento del 15% sul 2021 (che era andato oggettivamente male). Da notare i dati fortemente negativi in Cina ma… fortemente positive in Messico
    Nel segmento specifico degli spumanti, sono i mercati secondari a spingere le esportazioni visto che Stati Uniti e Belgio sono stati praticamente stabili nel 2022 rispettivamente a 79 e 59 milioni di euro. In Germania invece il prodotto spagnolo cresce del 7%, in Svezia del 21% e addirittura raddoppia in Messico.
    Vi lascio alle tabelle e ai grafici.

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    Masi – risultati 2022

    Sembra brutto da dire, ma Masi è passata dal miglior primo semestre della sua storia a uno dei peggiori secondi semestri di sempre. La crescita delle vendite è passata dal +27% dei primi 6 mesi a +2% del secondo semestre, il margine è passato dal 23% al 13%, l’utile netto è azzerato (mediamente circa 3 milioni nel secondo semestre) e a tutto questo si aggiungono anche alcuni noiosi problemi di governo societario, con le dimissioni di Renzo Rosso da consigliere di amministrazione (con alcune colorite dichiarazioni che trovate nel resto del post), titolare del 10% delle azioni. Quindi, quando guardiamo l’anno 2022 nel suo complesso troviamo dei numeri abbastanza allineati al 2021, frutto di un eccellente primo semestre e di un pessimo secondo semestre. Le vendite nell’anno toccano 75 milioni, +13%, il margine operativo lordo è a +2% con un margine in calo dal 19.5% al 17.7%, l’utile netto cala da 5.4 a 4.5 milioni a causa dei maggiori oneri finanziari e dalle perdite su cambi, mentre il debito sale di 5 milioni di euro a 8 milioni (sempre molto moderato) a causa dei maggiori investimenti e del ritorno al pagamento dei dividendi. Passiamo a un’analisi più dettagliata.

    L’andamento molto positivo del fatturato è frutto di un forte incremento nel mercato italiano, +21% a 21 milioni di euro, e del +14% realizzato nel mercato nord americano (25 milioni), mentre le vendite nel resto d’Europa sono state stabili.
    Se invece confrontiamo i dati relativi ai tipi di vini venduti notiamo il forte incremento dei “top wine” (+25%, 23 milioni) quindi Amarone e un andamento meno favorevole per il segmento premium (+5%, 33 milioni).
    I commenti sui costi sono incentrati sugli impatti inflazionistici. Il margine industriale scende al 60%, il livello più basso degli ultimi anni (media 2016-21: 65%), mentre l’aumento dei costi operativi (+10%) neutralizza quasi del tutto l’aumento delle vendite (+13%) a livello di margine operativo lordo, passato da 12.9 a 13.2 milioni. Sotto, crescono leggermente gli ammortamenti per via dei crescenti investimenti, ma sono circa 0.8 milioni di euro di perdite su cambi a determinare il calo dell’utile netto, passato da 5.4 a 4.5 milioni di euro.
    Anche sulla base di questo, Masi distribuirà un dividendo minore dell’anno precedente (2 milioni contro 2.6 milioni di euro).
    Dal punto di vista finanziario, gli investimenti continuano nel nuovo progetto di visitor center, ora chiamato Monteleone21, il che porta il totale a 8.6 milioni di euro, cui si sommano 3.3 milioni di euro di peggioramento del capitale circolante (essenzialmente magazzino) e i 2.6 milioni di dividendi. Con una generazione di cassa calata da 9 a 8 milioni di euro, il debito cresce dunque di 5 milioni di euro, da 3 a 8 milioni in totale.
    Infine, chiudiamo con quanto riportato nel comunicato stampa relativamente alle dimissioni di Renzo Rosso (azionista con il 10% del capitale): Si comunica che in data 9 marzo 2023 il Sig. Renzo Rosso ha rassegnato le dimissioni da consigliere di amministrazione indipendente motivandole sulla base di una sua perdita di interesse nel rivestire la carica non essendo riuscito ad «apportare un contributo professionale e innovativo ai processi gestori» e lamentando, al contempo, che il governo societario di Masi non è «in linea con gli standard di riferimento di società con azioni negoziate sui mercati di capitali». La Società ritiene di sottolineare che al Sig. Rosso non è mai stata negata l’opportunità di esprimere le proprie valutazioni nell’ambito del dibattito consiliare, anche con riferimento al governo societario, ricordando peraltro le recenti dichiarazioni del Sig. Rosso su Il Sole-24Ore circa il contributo da lui portato a Masi, definita “un’azienda ben strutturata”. LEGGI TUTTO

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    Laurent Perrier – risultati primo semestre 2022

    Ottimi, eccellenti numeri quelli di Laurent Perrier nei primi 6 mesi dell’esercizio 2022-23, anche se la festa potrebbe essere quasi finita, perlomeno per quanto riguarda la capacità della regione della Champagne (e di Laurent Perrier) di continuare a spingere sui volumi di vendita. Infatti, a detta dell’azienda, con l’autunno del 2022 si è raggiunto una specie di limite che sarà difficile da superare nel breve termine. La strategia del gruppo che punta all’incremento dei prezzi di vendita attraverso la premiumizzazione però continua a dare i suoi frutti: le vendite del primo semestre sono cresciute del 24% e di questo il 10% circa viene ancora dal prezzo-mix. I margini sono letteralmente esplosi in questo esercizio che promette di essere il migliore di sempre per l’azienda: l’EBITDA passa dal 31% al 35% delle vendite, l’utile netto del semestre di 37 milioni di euro è oltre il triplo di quanto l’azienda contabilizzava nei primi semestri del periodo Covid. Il debito continua a scendere e a 200 milioni di euro è meno di un terzo del valore del magazzino, situazione unica tra le aziende quotate della Champagne. Bene, passiamo a commentare qualche dettaglio insieme.

    Il fatturato di 159 milioni di euro cresce del 24%, di cui +15% in Francia (31 milioni), +13% in Europa (70 milioni) e ben +46% nel resto del mondo (58 milioni). Rispetto alle vendite pre crisi, la Francia è a +25%, l’Europa a +67% e il resto del mondo a +80%.
    Nel semestre Laurent Perrier ha venduto 6.2 milioni di bottiglie (+12%), di cui il 46% sono “di prestigio”, un livello leggermente inferiore al 2021. Il prezzo è cresciuto del 9.5% da 23 a 26 euro per bottiglia, valore in cui si ricomprende anche circa il 2% di effetto cambi positivo.
    Dei margini abbiamo detto: il margine industriale cresce di 4 punti al 58% e si tira dietro l’EBITDA che va al 35%, quindi 57 milioni, +40% sul semestre 2021 e oltre il doppio del livello pre crisi.
    Pochi oneri finanziari e imposizione fiscale in calo dal 28% del 2021 (e 30% e oltre negli anni precedenti) al 26% del 2022 consentono all’azienda di chiudere con un utile netto record di 37 milioni di euro.
    L’indebitamento cala a 203 milioni da 221 di fine marzo e 273 a settembre 2021, nonostante il pagamento di 12 milioni di euro di dividendi (il doppio dello scorso anno). Tale risultato è ovviamente frutto della forte generazione di cassa (con un utile netto di 37 milioni è facile!), ma anche di investimenti piuttosto limitati (solo 2.5 milioni) e anche un andamento positivo del capitale circolante rispetto a un anno fa.

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    I grandi vini italiani da collezione: chi sono e quanto valgono?

    Partendo dalla base di dati degli ultimi 13 anni della classifica dei primi cento marchi del vino nel mondo di Liv-ex, possiamo fare il punto della situazione su quali sono le etichette italiane più scambiate, in che posizione sono state in questa classifica nel tempo e come sono andati i prezzi.
    Una doverosa premessa: questa classifica è stilata da Liv-Ex su una serie di parametri che includono l’andamento dei prezzi ma anche i volumi di scambio, quindi non è necessariamente vero che i vini di un produttore molto costoso o di un produttore i cui valori sono cresciuti di più sia in cima alla classifica. Contano anche i volumi, per intenderci. Iniziamo con l’analisi e cominciamo a orientarci.

    Comincerei col dirvi che i marchi italiani praticamente sempre presenti in questa classifica sono sei. Di questi, soltanto uno è fuori dalla Toscana, Gaja, mentre gli altri cinque sono sostanzialmente i Supertuscan più famosi e dunque: Masseto, Ornellaia, Sassicaia, Tignanello e Solaia in ordine sparso. Ovviamente, tutto questo è frutto dell’impronta inglese e internazionale di Liv-Ex, che quando cominciò la sua attività era praticamente una piattaforma di scambio dei vini di Bordeaux. Nel primo anno che ho analizzato sul blog, nove dei dieci primi vini della classifica erano di Bordeaux. Negli ultimi anni le cose sono cambiate radicalmente, tanto che nel 2022 nessun vino di Bordeaux è nella top ten, occupata in questo caso soltanto da vini di Borgogna (sette) e Champagne (tre).
    È quindi vero che se invece di guardare a chi c’è sempre stato negli ultimi tredici anni, restringiamo il periodo agli ultimi tre anni per esempio, dobbiamo aggiungere qualche nome a quelli citati sopra e… così come Bordeaux sta a Supertuscan, Borgogna sta a… Piemonte! Emergono quindi le etichette di Giacomo Conterno, Bartolo Mascarello e Bruno Giacosa, e nota un crescente apprezzamento per Comm. G.B. Burlotto e Giuseppe Rinaldi.
    Basta parole e facciamo parlare i numeri. Ornellaia, Masseto e Sassicaia ci sono sempre stati in tredici anni di classifiche analizzate. Mediamente, Sassicaia è stato intorno al 20esimo vino nella classifica e il meglio rappresentato e classificato. Masseto si è mediamente classificato intorno al 40esimo e Ornellaia intorno al 50esimo. Gaja e Tignanello sono stati mediamente intorno al 40esimo e 60esimo posto e sono comparsi dodici volte su tredici, mentre Solaia è comparso 11 volte con una posizione media intorno al 65esimo posto nella classifica.
    Concentrandoci su questi nomi possiamo fare un’analisi della performance durante il periodo. Dal grafico potete vedere gli eccellenti rendimenti composti su 13 anni di queste etichette. Dico eccellenti perché il 7% annuo nell’arco di 13 anni di Gaja corrisponde a investire 100 e ritrovarsi 241 dopo 13 anni, quindi fate attenzione a “leggere” i dati in modo corretto. Sono eccellenti anche per un altro motivo, nascosto in questa analisi: nel corso degli anni sono stati rari i segni meno davanti alla performance. Nel caso di Gaja soltanto due volte (e con un calo molto limitato, del 2-3%), addirittura mai un segno meno per Sassicaia.
    Ad ogni modo, i rendimenti ci insegnano un paio di cose, soprattutto se consultate anche la tabella finale dei prezzi medi per bottiglia: non è detto che il vino più caro o più rinomato sia quello che ha la performance migliore. Come potete vedere, il rendimento migliore è di Tignanello, marchio eccellente di Antinori ovviamente meno rinomato e con un prezzo inferiore per esempio a Masseto o a Gaja. Tornando ai dati del grafico, il +11% di Tignanello e di Sassicaia significa moltiplicare per quattro in 13 anni. Poi abbiamo +9% per Masseto e, come dicevamo circa +7% per Gaja, Solaia e Ornellaia.

    Possiamo poi analizzare prezzi medi delle ultime rilevazioni. Il marchio italiano con i prezzi scambiati più elevati è certamente Masseto, che ha segnato un valore per bottiglia di 644 euro nel 2022. Poi abbiamo Soldera intorno a 400 (rilevato nell’ultima apparizione nella classifica del 2019), Giacomo Conterno con circa 300 euro, Burlotto e Bartolo Mascarello intorno a 280, Giuseppe Rinaldi intorno a 240 e poi Gaja, Bruno Giacosa e Solaia a circa 200 euro. Questo ci dice anche che, un po’ come per la Borgogna e Bordeaux, la rarità e i volumi limitati spingono i prezzi in alto. Per esempio, le quantità disponibili dei prodotti di Bartolo Mascarello (prezzo medio 272 euro) è chiaramente inferiore a quella di Sassicaia (174 euro). Se date un’occhiata a Cellartracker vi accorgerete che gli utenti di questo eccezionale “social del vino” hanno dichiarato di possedere 16mila bottiglie di Sassicaia annata 2016 contro 2500 di Barolo annata 2016 di Bartolo Mascarello.

    Bene, prima di congedarci, un ultimo punto. Questo allargamento dai Supertuscan al Piemonte che stiamo osservando negli ultimi anni ci conduce alla domanda: chi è il prossimo? La risposta è critica perché sarà proprio lì che bisognerà investire i soldi: nel prossimo emergente. In Francia, penso si sia al picco dell’ondata della Borgogna e sembrerebbe che possa essere lo Champagne il prossimo campione. Che sia una buona indicazione anche chi colleziona vini italiani per i prossimi anni? Si vedrà.
    Io resto dell’avviso che le etichette italiane nel loro complesso, vista la qualità e lo sconto che mostrano rispetto ai vini francesi, abbiano un potenziale importante. E, comunque, rimango un pessimo investitore, visto che mi bevo tutto quello che ho in cantina… chissà che Liquinvex non mi converta…

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    Germania – importazioni di vino 2022

    Il dominio italiano del mercato del vino tedesco resta saldo, anche se nel 2022 si è persa un po’ di quota di mercato. Questo è il resoconto dei dati di UN Comtrade sulle importazioni di vino in Germania. State attenti: il dato pubblicato da UN Comtrade (e fornito dalla stessa Germania) può non coincidere temporalmente con quello pubblicato da Istat: infatti le esportazioni italiane in Germania fino a Novembre crescono leggermente, mentre il dato finale del 2022 pubblicato dalla controparte tedesca parla di un calo del 5% per il vino italiano nell’ambito di un valore importato sostanzialmente stabile a 2.76 miliardi di euro. Dicevamo “dominio”: la quota di mercato italiana è del 39% a valore (1071 milioni) e del 37% a volume (5 milioni di ettolitri su 13.6 totali), leggermente sotto il periodo 2020-21 quando però viene da pensare che lo spostamento dei consumi “verso casa” ci potrebbe aver aiutato. La nota forse dolente di questi dati è che lo spumante italiano non tiene il passo con quello francese in questo mercato nel 2022, anche se in prospettiva di medio termine (5 anni), spumanti italiani e spumanti francesi sono cresciuti uguale. Passiamo a commentare i dati, ricordandovi che le tabelle complete e scaricabili sono nella sezione Solonumeri dedicata.

    La Germania ha importato 13.6 milioni di ettolitri di vino nel 2022 per un valore di 2.76 miliardi di euro. La crescita negli ultimi 5 anni è del 2% annuo a valore, mentre per quanto i riguarda i volumi registriamo un calo del 2% annuo.
    Di questi, 485 milioni sono di vino spumante, il 18% del totale, con una crescita del 7% sul 2021 e del 3% annuo negli ultimi 5 anni. La Francia è regina incontrastata con i due terzi mercato (320 milioni), l’Italia insegue a 116 milioni e la Spagna a 42 milioni. Se guardiamo al volume esportato l’Italia nel 2022 è leggermente avanti: 270mila ettolitri contro 240mila.
    I vini fermi in bottiglia sono circa 1.7 miliardi di euro, con una crescita del 2% negli ultimi 5 anni e un calo del 6% nel 2022. L’Italia rappresenta quasi la metà del totale, 800 milioni di euro contro i 410 della Francia (come per gli spumanti, nel 2022 meglio la Francia – -4% contro -9% per noi, negli ultimi 5 anni uguale). Dal punto di vista dei volumi la Germania importa 5.2 milioni di ettolitri, di cui 2.3 sono italiani, quasi 1 francese e 0.8 milioni spagnolo.
    I vini sfusi sono la categoria più rilevant per il volume: 7.4 milioni di ettolitri nel 2022 (-9%) ed è qui che la Spagna precede l’Italia con 2.6 milioni di ettolitri contro 2.4. Le posizioni si ribaltano nei valori con l’Italia che rappresenta 153 milioni dei 540 totali, 30 in più della Spagna.
    Vi lascio ai grafici e alle tabelle.

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