“De Clos en Clos – Il vino del Signore: spiriti e spiritualità tra innovazione e crisi dei conventi”, incontro appassionante e toccante che si è tenuto nell’ambito di “NaturaeETpurae” durante il MeranoWineFestival 2022. D’altro canto “Wine Resiliece – spiriti estremi” era il tema del convegno inventato dal giornalista enogastronomico Angelo Carrillo insieme al patron del Festival Helmuth Köcher. Vini spesso grandiosi come grande rischia di essere la crisi del modello della vitivinicoltura conventuale che mette a rischio non solo un patrimonio agrario ed economico, ma anche culturale. Non solo una colpa della laicizzazione della vita interiore, di secolarizzazione delle istituzioni e delle attività sociali. Ne di scandali o materialismo.
Dietro al calo delle vocazioni e allo svuotamento di canoniche e monasteri c’è un cambiamento potente dell’antropologia occidentale. Minore natalità, che in Italia significa poco più di un figlio per coppia, ma anche maggiore benessere e minore bisogno. O forse anche come ha sottolineato il professor Attilio Scienza nel suo intervento “quel piccolo schermo al quale siamo tutti perennemente attaccati e al quale chiediamo risposte, che un tempo nascevano nel silenzio dei chiostri e delle cattedrali”. Una storia millenaria quella del sistema conventuale e della sua enologia che ricalca quella dell’espansione romana e che ha svolto un ruolo fondamentale nell’assicurare benessere e mobilità a viandanti e pellegrini. Oggi sono sempre meno i sacerdoti o i religiosi che abbracciano la vita ecclesiastica.
Mentre l’interesse sale, ad esempio nel mondo del vino per conoscere i grandi vini dei vigneti che per secoli hanno servito le comunità religiose, e la loro qualità è costantemente salita la loro finalità sta irrimediabilmente cambiando. I monasteri sono vuoti. Abitati da pochi monaci e monache sempre più anziane. Alcuni, come lo scorso anno il monastero di monte Sabiona, chiude dopo 300 anni. Come ha raccontato Armin Gratl direttore della cantina Valle Isarco di cui le suore di Clausura erano socie fondatrici della cantina nata nel 1961. “Fino al 2036 rimane il contratto di affitto, poi deciderà la curia”. Le ultime monache di clausura abbandonano i silenziosi corridoi della monumentale struttura consentendo per la prima volta di accedere ai vigneti anche ai laici. Così in tutta Europa. Come ha confermato anche Rocco Tolfa organizzatore della recente manifestazione dedicata ai Vini di Abbazia nel chiostro del convento di Fossanova che ha tra l’altro accolto le suore Trappiste di Vitorchiano, una delle realtà conventuali in controtendenza con 70 consorelle giovani attive anche nella produzione di vino.Un enorme patrimonio non solo culturale ma colturale che però effettivamente rischia di scomparire.
Non all’Abbazia di Novacella però come ha spiegato Werner Waldboth dove sono presenti 20 religiosi e l’attività enologica serve a sostenere le tante iniziative umanitarie e culturali dell’istituzione religiosa di Bressanone. Come affrontare questo cambiamento epocale? Se la Chiesa con fatalismo si affida al Signore e alla provvidenza e cambiano riti e rituali persino della cresima cosa accadrà di quelle colline incantate e spesso fino a ieri non toccate da mani “impure”? Nel giro di pochi decenni il numero dei sacerdoti è passato da quasi 500mila a poco più di 400. Ma è enormemente aumentata la loro età media. Sono pochi i giovani disposti ad abbracciare la vita monacale o religiosa.
E coltivare antiche tradizioni. Un processo apparentemente irrecuperabile che rischia di trasformare chiese e vigneti in musei e semplici cantine disperdendo un enorme patrimonio non solo religioso ma culturale. Infine parole ispirate anche da Anna Pakula autrice del libro Wine and Spirituality che ha parlato del sentimento spirituale se non religioso che le hanno ispirato i tanti viaggi e le visite di grandi e piccole cantine. Il convegno promosso da Merano Wine Festival ha voluto lanciare un grido di allarme per mobilitare la comunità non sono enologica a muoversi per tempo contro la dispersione di un grande patrimonio non solo colturale ma culturale.