Nel mondo del vino così detto naturale, troppo spesso diviso tra dogmi e approssimazioni, Francesco Guccione incarna una via solida e coerente, fatta di rigore, ascolto, tecnica e intuizione, tempo e misura. I suoi vini, biodinamici sono tra i più puliti, espressivi e vitali che si possano trovare in Italia. E proprio per questo, tra i più “naturali”, nel senso pieno del termine.
In un tempo in cui la parola naturale ha perso quasi ogni significato, diluita tra marketing e ideologia, Guccione ha scelto un’altra via: lasciar parlare il vino, e farlo bene. Dietro ogni bottiglia c’è una vigna condotta con attenzione artigianale e sensibilità agricola; c’è la capacità di attendere il momento giusto, anche quando questo vuol dire rimandare l’uscita di un vino di anni; c’è un pensiero profondo e mai gridato su cosa voglia dire coltivare, trasformare e infine condividere un pezzo di terra.
Un’altra Sicilia, in Contrada Cerasa
Siamo a Cerasa, nel cuore dell’entroterra palermitano, tra le colline che separano la valle dello Jato da quella del Belìce. Qui, il bisnonno di Francesco, durante la Prima guerra mondiale, decise di piantare vigna per sottrarsi al mercato nero del grano. Da allora, la storia agricola della famiglia Guccione ha attraversato generazioni, terremoti, fratture e rinascite. Fino a quando, nel 2005, Francesco decide di iniziare una nuova fase: vinificare in proprio, con il proprio nome, le uve che da sempre crescevano in quelle terre.
La svolta è anche spirituale, oltre che tecnica. «In biodinamica – dice – l’agricoltore deve avere un approccio che possiamo definire artistico, cioè la capacità di sentire quello che è veramente necessario per la propria vigna». È una frase che racconta molto del suo metodo: non un’adesione dogmatica, ma un dialogo costante con la natura, con la memoria, con il ritmo del tempo. A Cerasa non si rincorre la moda, non si forzano le annate: si attende. Si studia. Si riflette. E si produce vino solo quando ha senso farlo.
Pulizia, profondità, consapevolezza
Nel mondo del vino cosiddetto naturale, troppo spesso si tollerano scorrettezze e difetti in nome di una supposta autenticità. Ma Francesco Guccione dimostra con ogni etichetta – che sia Trebbiano, Catarratto, Perricone o Nerello – che si può fare vino pulito, elegante, espressivo, e al tempo stesso pienamente agricolo, pienamente vivo. Un vino che non ha bisogno di travestirsi da altro, perché è già se stesso.
La sua è una lezione implicita ma fondamentale: fare vino naturale non significa lasciare fare alla natura, ma lavorare il doppio per metterla nelle condizioni di esprimersi senza forzature. Significa conoscere a fondo ogni parcella, ogni fermentazione, ogni attesa. Significa – e questo è il punto – partire sempre dalla qualità dell’uva, non dalla narrativa che la circonda. Perché non basta dire “biodinamico” per garantire bontà o salubrità. Serve rigore, serve cultura, serve un’etica agricola che sia anche etica umana.
La ferita e la rinascita
Come spesso accade alle storie autentiche, anche quella di Francesco ha conosciuto una frattura. Dopo aver costruito con anni di lavoro la prima cantina, l’identità aziendale e la reputazione dei vini di Cerasa, si è ritrovato fuori da ciò che aveva fondato. «Come in un brutto sogno – ha scritto – ti trovi la porta della cantina chiusa e qualcuno che ti dice: “tu sei fuori”». È una ferita profonda, che avrebbe potuto chiudere ogni strada. E invece ha dato inizio a un nuovo percorso.
Francesco Guccione ha ricominciato. Senza clamore, senza recriminazioni, ma con la forza interiore di chi sa che la coerenza, alla lunga, ha più valore di ogni marchio. Ha ricostruito la sua identità viticola pezzo dopo pezzo, ha continuato a portare in giro per il mondo i suoi vini, a parlare con chiarezza, a far degustare senza parole superflue. Ha mostrato, con l’esempio, cosa può diventare il vino naturale quando è fatto con cultura, sensibilità e precisione.
Un punto di riferimento, non un modello
Francesco Guccione non ama essere messo su un piedistallo, ma chi oggi parla di vini naturali, e soprattutto chi li fa, dovrebbe guardare al suo lavoro come a una bussola possibile. Non per copiarlo, ma per capire che esiste una via sobria, riflessiva, profondamente etica di fare vino. Una via in cui il terroir non è un concetto astratto, ma un equilibrio tra ciò che la terra offre e ciò che l’uomo sa cogliere senza stravolgere.
Nel panorama enologico attuale, dove le barriere tra naturale e convenzionale andrebbero finalmente superate a favore della qualità, della verità e del rispetto per il consumatore, Francesco Guccione è una figura cardine. Uno che ha scelto il silenzio del lavoro alla retorica dei manifesti. E che, proprio per questo, produce vini che parlano con una voce chiara, netta, inconfondibile.
I vini di Francesco Guccione
Trebbiano 2020 Terre Siciliane igt
Un bianco che sa di storia e freschezza. Niente legno, solo acciaio, per esprimere agrumi, frutta bianca, delicate note di miele. In bocca è teso, vibrante e sorprendentemente sapido.
Catarratto 2022 Terre Siciliane igt
Fine, luminoso, essenziale. Un Catarratto dallo stile gentile ma deciso, con profumi di frutta gialla matura, erbe aromatiche e un finale fresco e salino.
Bianco di Cerasa 2021 Terre Siciliane igt L’unione riuscita tra Trebbiano e Catarratto. Frutta, fiori, sale e miele in un sorso denso ma agile. Un bianco elegante, profondo e irresistibile. Da bere senza accorgersi del tempo che passa.
Machado 2020 rosato Terre Siciliane igt (Trebbiano, Catarratto, Perricone e Nerello Mascalese in quantità variabili).Nato da uve bianche e nere, è fresco come un bianco ma con il cuore da rosso. Profuma di fragoline e chinotto, il sorso è raffinato, un vino rosa affascinante e delicato.
Rosso di Cerasa 2020 Terre Siciliane igt
Realizzato solo con la migliore selezione di Nerello Mascalese e Perricone e prodotto solo in determinate annate. Nerello Mascalese e Perricone in equilibrio perfetto. Profuma di ciliegie e fiori. Sorso avvolgente per un vino di rara eleganza.
Nerello Mascalese 2021 Terre Siciliane igt
Una versione elegante e gentile del celebre vitigno etneo. Frutti di bosco, spezie leggere e un tocco di cuoio. Il sorso è fresco, scorrevole, pieno di grazia.
P16 (Perricone 2016)
Otto anni di attesa per un vino che parla con la stessa lingua dei grandi rossi del mondo. Ciliegia in confettura, agrumi, cuoio, spezie e frutti di bosco. Rotondo, complesso, con tannini morbidi e lunghissima persistenza. Un Perricone da collezione.