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    Vino, pacco solidale per la ripartenza

    “9×9=47. Pacco solidale per la ripartenza”, il progetto per riaccendere la speranza.

    Il pacco della ripartenza

      Nove giovani aziende, quarantasette ristoratori e un’immagine forte e carica di speranza: una vite sradicata e piegata, legata saldamente da tanti fili rossi ad una struttura metallica. “Sebbene sferzati da venti impetuosi siamo già pronti a ricominciare”, si legge nella lettera che accompagna una scatola contenente 9 bottiglie di vino, provenienti dalle cantine degli autori dell’iniziativa, che in queste ore viene consegnata nelle mani dei ristoratori: “tra i più colpiti in questi mesi, coloro che contribuiscono a dare valore ai vini artigiani. Un gesto per far sentire la nostra vicinanza.”
    Un anno, il 2020, che ci ha privati del piacere e della gioia di sedere nei nostri ristoranti preferiti, tuttora nell’incertezza di ciò che potrà accadere, ma senza abbandonarci allo sconforto, nutriamo la speranza che al più presto si potrà tornare a lavorare con impegno e dedizione.
    Da qui l’idea di regalare a quarantasette ristoratori sparsi in tutta Italia, scegliendo tra tutti quelli localizzati nelle province più piccole e disagiate a causa del lockdown, nove bottiglie di vino, le più rappresentative di ciascuna delle nove aziende, inserite in una scatola a forma di cubo, simbolo di pienezza, solidità e stabilità.
    “Gli stessi valori dei quali abbiamo ora bisogno più di sempre, dopo un 2020 terribilmente brutto e un 2021 ancora pieno di incertezze”, commentano i giovani produttori. Ed è per questo che al cubo è stata associata una pianta di vite, simbolo di vita, di adattamento, di resilienza. Un pacco solidale, che porta con sé un auspicio di ripartenza: soltanto uniti i vignaioli e i ristoratori si può ripartire.

    Villa Maiella a Guardiagrele (Chieti)

    I giovani produttori partecipanti all’iniziativa “9×9=47. Pacco solidale per la ripartenza” e i vini nella scatola sono:
    Luigi e Valentina Di Camillo – Tenuta i Fauri Abruzzo DOC Pecorino (Abruzzo) – ideatori e coordinatori del progetto –
    Paolo Bertani, Leonardo Di Vincenzo, Alfredo Colangelo, Manfredi La Barbera, Marianna Pastore, Loreto Lamolinara, Michael Opalenski – Masseria La Cattiva “Riposata” vino Rosso (Puglia)
    Davide Fasolini e Pierpaolo Di Franco – Dirupi Grumello Riserva Valtellina Superiore DOCG (Lombardia)
    Alessandro e Felicia Palombo – Luiano Chianti Classico DOCG (Toscana)
    Marco Cirese – Noelia Ricci “Il Sangiovese” Predappio Romagna DOC (Emilia-Romagna)
    Luca Baccarelli – Cantina Roccafiore “Fiorfiore” Umbria Grechetto IGP (Umbria)
    Alessandra Quarta – Sanpaolo Claudio Quarta “Totó Rosso” Campania IGP (Campania)
    Diletta Tonello – Tonello “ioTeti” Lessini Durello Metodo Classico (Veneto)
    Rocco Vallorani – Vigneti Vallorani “Polisia” Piceno Superiore DOC (Marche)

    Tags: #ripartenza LEGGI TUTTO

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    Perché investire su una strategia di brand sul digitale?

    Oggi più che mai sappiamo che il digitale è uno strumento fondamentale da tenere in considerazione nella comunicazione dell’azienda vitivinicola.
    Solo in Italia più dell’83% della popolazione usa internet per una media di circa 6 ore al giorno e oltre il 65% degli italiani usano i social media abitualmente, il 98% di questi da mobile.
    Questi dati sono lo specchio di un cambiamento determinante nel mercato e implicano la necessità delle aziende vitivinicole di capire e sfruttare le potenzialità del nuovo panorama digitale.
    Se da una parte abbiamo a disposizione un nuovo ventaglio di opportunità, dall’altra risulta necessaria una presenza professionale fatta di pianificazione e pensiero strategico.
    Come WineJob abbiamo da sempre impostato il nostro osservatorio sul mondo del vino per metterci al servizio delle aziende vitivinicole per aiutarle e guidarle verso l’innovazione, ecco perché crediamo che sia importante investire tempo e energie in una pianificazione strategicamirata al rafforzamento del brand e alla promozione dei propri vini.
    Ci sono quattro motivi per cui è fondamentale, prima di impostare la presenza sul digitale, definire una strategia per il proprio marchio:
    ValoreAttribuire valore al brand permette di costruirne la consapevolezza al pubblico, di aumentarne la riconoscibilità e di comunicarne l’unicità e la qualità.
    SignificatoI migliori brand rappresentano qualcosa che sia condivisibile dalle persone: un’idea, una posizione strategica, un set di valori o una voce fuori dal coro.
    DifferenzaMigliaia di brand competono per l’attenzione del pubblico. Non basta essere diversi, è necessario dimostrarlo e renderlo facile da capire.
    LongevitàAvere le idee chiare permette di rimanere flessibili e aperti davanti all’imprevedibilità e al cambiamento del mercato.
    Questi punti sono tra di loro sequenziali, in quanto il consumatore non potrà dare un significato ad un vino se questo non è prima rappresentativo di un valore o di un’identità, come non si può trovare un punto di diversità rispetto ai propri concorrenti, se a un determinato territorio vinicolo, ad esempio, non è attribuito un significato da parte dei suoi visitatori e abitanti.
    Comprese quindi le motivazioni che spingono ad approcciare un lavoro strategico, qual è quindi l’approccio e l’attitudine giusta da perseguire?
    AutenticitàPer definire i punti di forza e il proprio posizionamento l’azienda deve aver ben chiari i propri obiettivi, il target di riferimento, i mercati in cui opera e i valori aziendali alla base.
    CoerenzaQuando il consumatore si interfaccia con il brand e con i propri prodotti, deve sentirsi a proprio agio e deve aspettarsi in ogni momento quello che l’azienda comunica e dice di essere. Basta un elemento fuori posto per instaurare una sensazione di sfiducia e poca autenticità.
    FlessibiiltàDefinite delle pietre angolari del proprio brand, un’azienda di vino deve voler lavorare verso una strategia di marketing in continua evoluzione che vede nel cambiamento la chiave verso l’innovazione e il successo.
    VisioneUna visione concreta, articolata, un leader appassionato, e un sogno in cui credere sono le fondamenta e l’ispirazione dei migliori brand.
    Arrivati a questo punto diventa naturale volere trovare una risposta alle domande “Che cosa vuol dire creare un marchio? Perché è importante? I canali digitali ci possono aiutare?”Vogliamo rispondere con esempi concreti e con la giusta professionalità, ecco perché abbiamo creato l’ultimo corso sulla strategia digitale in collaborazione con Wellcom, agenzia di comunicazione che da anni si occupa della promozione internazionale del vino italiano e che collabora con successo con eccellenze italiane nel settore vitivinicolo e agroalimentare.
    É grazie alla expertise di Wellcom che durante il corso sarà possibile ascoltare le testimonianze e confrontarsi con aziende che hanno approcciato il cambiamento digitale con professionalità e competenza: Masi, Rivetto, The Grand Wine Tour sono alcune delle best practice di un settore in trasformazione.
    Durante il corso comprenderemo le fondamenta di una strategia di comunicazione vitivinicola, con l’obiettivo di permettere ai partecipanti di chiarire gli elementi di unicità su cui imperniare la comunicazione e le logiche della pianificazione digitale. LEGGI TUTTO

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    Come costruire una wine experience efficace intorno al cliente.

    Quali sono i meccanismi che permettono la fidelizzazione di chi viene in contatto con un’azienda vitivinicola?
    Valerie Benvenuti, Hospitality and D’Wine Club Manager presso Dievole, ci parla dell’argomento della sua lezione all’ultimo weekend del MIV, il corso in marketing internazionale del vino di WineJob, e di come sia necessario trasmettere la filosofia del brand attraverso tutti i suoi touchpoints, per creare un contatto duraturo e positivo con i propri clienti.
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    Il “Super Master” per manager dell’enoturismo, in Live Streaming dal 26 febbraio

    Donatella Cinelli Colombini
    La 24ORE Business School con il patrocinio di Assoenologi, Città del Vino, Federvini, Movimento Turismo del Vino e Unione Italiana Vini presentano il “Super Master” Enoturismo e firmano un accordo su un progetto di formazione enoturistica nazionale coordinato dall’Avvocato Marco Giuri e diretto da Donatella Cinelli Colombini. Un corpo docente interdisciplinare di altissimo livello formato da professionisti, accademici ed esperti di provenienza aziendale con l’obiettivo di creare i manager delle cantine turistiche e dei territori wine destination di tutta Italia.
    “L’obiettivo è di innalzare velocemente la qualità dell’offerta turistica di cantine e territori del vino per trasformarli in locomotori di sviluppo per le loro aziende, i loro territori e tutto turismo italiano” ha detto il coordinatore del progetto Avvocato Marco Giuri che da 22 anni si occupa di diritto vitivinicolo e consulenza legale per cantine di tutta Italia.
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    Dal 2016 l’Avv. Giuri segue la formazione del settore wine per la 24ORE Business School e in questa veste ha guidato il primo Master in Wine Hospitality nel 2019 a Firenze. Nel 2020 sempre Giuri ha dato vita al primo Corso online per il Consorzio di Bolgheri-Sassicaia.
    Esperienze che hanno messo in luce i bisogni formativi anche degli addetti alla wine hospitality e di quanti pensano al settore enoturistico per il loro futuro.
    Un settore cresciuto in poco più di vent’anni, che riguarda in Italia, dalle 25 alle 30.000 cantine aperte al pubblico e almeno 200 distretti enologici a forte vocazione turistica per i quali non esistono ancora figure professionali specifiche. “Si tratta di un comparto da oltre 2,5 miliardi di business, strategico per il nostro Paese, soprattutto con l’attuale crisi del turismo causata dal covid” ha spiegato Giuri sottolineando che “l’enogastronomia è la prima attrattiva verso l’Italia per i viaggiatori stranieri e i luoghi del vino sono gli unici immediatamente pronti a trasformarsi in destinations”.
    La creazione di un progetto formativo per manager e addetti al settore finalizzato ad innalzare velocemente l’offerta enoturistica nazionale ha mosso alla costituzione di una cabina di regia, la cui direzione scientifica è stata affidata a Donatella Cinelli Colombini, ideatrice della Giornata Cantine aperte e prima paladina dell’enoturismo italiano.  La lettera di intenti, che formalizza il tavolo di lavoro che indicherà i bisogni formativi e i modi per soddisfarli, è stata firmata il 2 febbraio da Paolo Castelletti per Unione Italiana Vini, Nicola D’Auria per Movimento Turismo del Vino, Ottavio Cagiano de Azevedo per Federvini, Paolo Corbini per Città del Vino e Paolo Brogioni per Assoenologi.
    Il Master, in avvio il 26 febbraio in Live Streaming, ha dunque precisi ed ampi obiettivi e intende perseguirli usando un corpo docente di altissimo livello e contemporaneamente attento alla quotidianità aziendale, ma anche capace di proiettare in avanti l’offerta enoturistica italiana. Un approccio didattico che coinvolge figure molto diverse: dal primo firmatario del dispositivo di legge agli attori che insegnano il linguaggio del corpo, all’esperto di neuromarketing che spiega come sollecitare sensi diversi dalla vista dando ai futuri manager della wine hospitality gli elementi per creare le esperienze enoiche richieste dai nuovi visitatori delle cantine.
    Alle lezioni frontali si uniscono virtual tour nelle più importanti cantine del territorio.
    Per informazioni sul Master 24ORE BS contattare:Rita Grazianorita.graziano@24orebs.com LEGGI TUTTO

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    Vino e Salute: Per UIV inaccettabile inserire vino in black list

    “La comunicazione del Piano di azione della Commissione europea per combattere il cancro è preoccupante. Troviamo forviante il principio per il quale il consumo di alcol sia considerato dannoso a prescindere da quantità e tipologia della bevanda. Ancora più inique di questa premessa sono le proposte del piano che vedono assimilare il consumo di vino al fumo, con la conseguenza di azzerare un settore che solo in Italia conta su 1,3 milioni di addetti e una leadership mondiale delle esportazioni a volume”. È la reazione di Unione Italiana Vini alla pubblicazione del Piano di azione della Commissione europea ‘Europe’s Beating Cancer Plan’, presentato oggi a Bruxelles.
    A seguito dell’iniziativa della Commissione, il segretario generale Paolo Castelletti ha dichiarato: “Siamo preoccupati dalle ricette proposte da DG Sante: claim obbligatori che demonizzano il vino, da un lato, e, dall’altro, le proposte di rivedere la tassazione sull’alcol e la restrizione degli acquisti transfrontalieri che rischiano di creare fenomeni di mercato nero e di contrabbando. Non sono misure risolutive a favore di un consumo responsabile, che rimane l’unica vera ricetta contro i rischi alcol-correlati. L’intenzione – anch’essa contenuta nella comunicazione – di modificare la policy in materia di promozione potrebbe avere un serio impatto sugli strumenti della politica agricola comune che hanno l’obiettivo di aumentare la competitività delle imprese sui mercati internazionali”.
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    Secondo Sandro Sartor, responsabile tavolo vino e salute Uiv e presidente di Wine in Moderation, l’associazione europea che promuove la cultura del consumo consapevole e del bere responsabile: “Sono sorpreso nel leggere che non venga fatta distinzione tra uso e abuso in questo testo. Siamo del tutto convinti che il consumo moderato e responsabile del vino, in particolare all’interno della dieta mediterranea e combinata con un sano stile di vita, sia del tutto compatibile con una vita sana e, come confermato da numerose evidenze scientifiche a tutti disponibili ed accessibili, non sembra far aumentare il rischio di cancro”.
    Unione italiana vini sostiene il senso generale dell’iniziativa della Commissione ed è pronta a collaborare, come già fa nell’ambito del programma Wine in Moderation. La convinzione dell’associazione che rappresenta l’85% dell’export italiano di vino, è che il rischio di cancro non possa essere valutato in maniera isolata ma nel contesto del modello culturale, alimentare, delle quantità del bere e dello stile di vita. LEGGI TUTTO

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    96 punti da Wine Spectator alla Gran Selezione Chianti Classico di La Sala del Torriano

    Wine Spectator, tra le più influenti riviste dedicate al mondo del vino, assegna 96 punti al Chianti Classico Gran Selezione 2016 dell’azienda La Sala del Torriano a Montefiridolfi (Fi), 92 punti al suo Chianti Classico 2018 e 92 al Chianti Classico Riserva 2017.
    Riconoscimenti importanti conferiti ad un realtà con radici profonde, capace di farsi apprezzare ogni giorno sempre di più dalla critica e dal pubblico grazie alla qualità dei suoi prodotti.
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    La Sala del Torriano, 75 ettari di cui 34 vitati, è di proprietà di Francesco Rossi Ferrini, che si avvale dal 2010 della consulenza di Stefano Di Blasi, responsabile dal 1997 fino al 2008 dell’enologia delle aziende agrarie Tignanello, Guado al Tasso, Pian delle Vigne e La Braccesca del gruppo Antinori, e da diversi anni consulente in viticoltura ed enologia in Italia ed all’estero. Agronomo ed enologo interno di La Sala del Torriano è Ovidio Mugnaini, con un percorso professionale più che interessante ed una grande conoscenza del territorio in cui lavora e dei vigneti di cui si prende cura.
    A La Sala del Torriano si intrecciano le storie di due cantine prime separate ed adesso, invece, facenti parti di un unico progetto: la Sala, in località Sorripa ed il Torriano a Montefiridolfi, azienda storica della famiglia materna di Francesco Rossi Ferrini che la acquistò nel 1937.
    Dal 2010 il Torriano, 22 ettari vitati che si sviluppano sulle colline di Montefiridolfi, è gestita da Francesco che, con l’acquisizione di La Sala a pochi chilometri dall’azienda di famiglia ha ampliato la proprietà, che oggi può contare su 75 ettari totali costituiti da boschi, 3000 piante di ulivi e vigneti. Dei 34 ettari vitati oltre l’80% è coltivato a uve sangiovese mentre il restante 20% vede sia vitigni internazionali, ovvero merlot e cabernet sauvignon, sia varietà autoctone come colorino e pugnitello.La produzione vede 4 vini rossi, ossia Chianti Classico Annata, Chianti Classico Riserva, Chianti Classico Gran Selezione e Rosso di Toscana Igt 70% Merlot e 30% Cabernet Sauvignon, e l’Olio Extravergine di Oliva Chianti Classico Dop Biologico.
    L’azienda è molto attenta alla natura ed alla sua cura e dal 2020 si avvale della certificazione bio. Lavora ogni giorno rispettando non solo la normativa delle realtà biologiche ma andando ben oltre, minimizzando l’uso della plastica, utilizzando prevalentemente energia elettrica ricavata da fonti rinnovabili, rispettando il suolo e lavorandolo solo quando necessario, utilizzando due stazioni meteorologiche che riducono al minimo l’impiego dei fitofarmaci consentiti nell’agricoltura biologica e servendosi di letame biologico.
    Stretto è anche il legame con arte, con la quale l’azienda ha voluto creare sinergia con alcuni dei suoi vini. Ed è così che l’etichetta della Gran Selezione, della Grappa e del Vin Santo si avvalgono della prestigiosa firma dell’artista toscano Silvano Campeggi, in arte “Nano” (Firenze 1923 – 2018), autore di tutti i cartelloni del grande cinema Americano in Italia tra cui, per citarne alcuni, Colazione da Tiffany, Ben Hur, Casablanca, Via col Vento.
    La Sala del Torriano è anche agriturismo. In località Montefiridolfi, sulle splendide colline che guardano la vallata, si può soggiornate in 4 appartamenti in stile toscano e godere della pace che questi luoghi sanno regalare. LEGGI TUTTO

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    Poggio Torselli presenta il Bizzarria Rosato 2019

    In occasione della festa degli innamorati, Poggio Torselli racchiude i migliori auspici per l’anno a venire nella nuova annata 2019 del Bizzarria Rosato. Il Toscana IGT è un’anticipazione di primavera, che si rivela al naso con le note floreali del gelsomino, insieme ai sentori di rosa, violetta e agrumi. Il colore è rosa chiaretto intenso, limpido e vivace nel calice. Il vino evoca la rinascita dei sensi, la stessa che tra pochi mesi risveglierà la vegetazione del giardino all’italiana della Villa di San Casciano in Val di Pesa.
    Tra le colline del Chianti Classico, in una piccola vigna di circa mezzo ettaro con esposizione est/sud-est, Poggio Torselli coltiva le uve Pugnitello. Si tratta di un antico vitigno a bacca blu-nera presente nella sola Toscana, una varietà salvata dall’estinzione e valorizzata sul finire degli anni ‘80 grazie a un progetto di ricerca delle Università di Firenze e Pisa. Il nome richiama la forma del grappolo, corto e compatto, simile infatti a un piccolo pugno.
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    A Poggio Torselli la vendemmia del Pugnitello si svolge a metà settembre, con un’attenta selezione dei grappoli in vigna. La pressatura soffice è seguita dalla vinificazione con lieviti indigeni del solo mosto fiore. La fermentazione è lenta e a temperatura controllata in acciaio. Dopodiché il vino riposa per dieci mesi sulle fecce, mosso da frequenti bâtonnage.
    Il risultato è racchiuso in 1.300 bottiglie di Bizzarria Rosato 2019, che per San Valentino Poggio Torselli propone in una raffinata confezione in legno massello di noce naturale, insieme a due calici da degustazione. LEGGI TUTTO

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    Il cielo sopra Montalcino, l’Amiata, le nuvole che corrono e farsi qualche domanda

    Scorrendo la bacheca di Facebook, di un giorno nuovo mi è comparso questo post di Stefano Cinelli Colombini: “Il cielo sopra Montalcino, l’Amiata e le nuvole che corrono. Come corre tutto, ma nessuno sembra accorgersene. Qualcuno si è accorto che stiamo sopravvivendo ad un anno in cui molti dei nostri clienti abituali non hanno comprato? Mi incuriosisce che nessuno si domandi come abbiamo fatto. Mi sono sentito in colpa. In effetti l’argomento merita un approfondimento, ma chi meglio di Stefano Cinelli Colombini poteva raccontare la vicenda con dovizia di particolari? Ecco cosa mi ha scritto.

    Stefano Cinelli Colombini

    Cosa è successo nel mondo del vino in questo anno di Covid? Come ne stiamo uscendo? Dovrebbe essere la domanda numero uno per i media, ma non vedo grandi inchieste. E neppure articoli. Che la comunicazione sia una delle vittime della pandemia? La realtà è che il vino è sopravvissuto ad un anno di chiusura quasi totale di molti dei canali tradizionali, eppure è evidente che la larga maggioranza le cantine è in grado di andare avanti. Certo, la situazione è a chiazza di leopardo e qualcuno se la passa male, ma in generale si va. Come è possibile? Mancano dati certi, perché nessuno si preoccupa di mettere in piedi quel sistema affidabile di statistiche che ormai è la bussola ogni settore produttivo nel mondo, ma in un anno come il 2020 solo dei pazzi potevano “guidare alla cieca” una grande Denominazione per cui noi del Brunello ci siamo ingegnati di ottenere dagli enti di controllo dei dati affidabili sulle vendite. Si, perché c’è un tipico paradosso italiano: lo Stato ha smaterializzato i registri, per cui ogni documento di vendita, trasferimento o declassamento del vino si può fare solo se si scarica anche sul server pubblico, ma da lì escono solo dati certi a livello aziendale. Non di Denominazione. Per cui chi controlla può verificare al litro quello che accade nella mia fattoria, ma i dati di Cantina Italia sulle Denominazioni non tornano. E non di poco. Si sa da anni, ma nessuno rimedia e loro continuano a pubblicarli. Vabbé, sia come sia mentre altri Consorzi emettevano comunicati stampa apocalittici su un crollo delle vendite che non c’è stato, noi abbiamo monitorato la situazione mese per mese. E siamo rimasti sbalorditi: il flusso non si è mai fermato, nonostante il lock down nazionale e poi mondiale il vino si continuava a vendere. A marzo ed aprile ci sono stati cali significativi, poi è iniziata una ripresa che non si è arrestata fino a raggiungere quasi il livello normale. E non lo faceva solo il privilegiato e particolare Brunello, dalle notizie degli enti di controllo e degli altri consorzi abbiamo visto che (chi più e chi meno) quasi tutti si stavano riprendendo. Nella mia azienda dividiamo fatturato e volumi per settori commerciali, per zone geografiche e per mesi e li confrontiamo con gli anni precedenti, ma nel 2020 ho letto risultati strani. Quasi incredibili. Noi vendiamo tramite agenti in Italia da più di un secolo e abbiamo mantenuto un fortissimo mercato nazionale con clienti stabili e affezionati, eppure abbiamo perso tantissimo. Le enoteche sono passate da un 15% o 16% nell’ultimo decennio al 3%, lo stesso hanno fatto i ristoranti mentre i grossisti si sono dimezzati. Una voragine. Eppure la perdita complessiva è stata scarsa, perché altri canali commerciali hanno avuto una crescita impressionante. Le vendite tramite i provvider internet sono aumentate del 500%, e i grossisti con consegna a privati hanno raddoppiato L’estero è passato in un solo anno da uno stabile 40% a oltre il 55%. Nel complesso abbiamo tenuto, ma il come lo abbiamo fatto merita una riflessione. Noi siamo da sempre tra le cantine più attente ai nuovi canali commerciali, e questo ha pagato. Sono canali che paiono più “sensibili” ad una immagine forte che a offerte sotto prezzo, e forse per questo la nostra strategia di comunicazione ha dato più vantaggi. Anche la cura molto attenta dei clienti esteri ha funzionato, quando abbiamo premuto per più vendite hanno risposto molto bene. Il mio è solo un caso aziendale, però come vicepresidente del Consorzio del Brunello ho potuto vedere che l’intera Denominazione ha avuto una reazione positiva alla crisi. Con nove milioni di fascette DOCG Brunello vendute abbiamo fatto +12% sul 2019, e siamo tornati al nostro livello standard. Da quello che sento sono state adottate le strategie più diverse, che evidentemente hanno funzionato. Qualcosa di analogo sento da tanti colleghi un po’ in tutta Italia, qualcuno ovviamente se la passa male ma tanti hanno trovato canali commerciali alternativi a quelli che si sono fermati. Non ho dati per fare una valutazione che vada oltre la mia zona, però ho la sensazione (convalidata da una certa esperienza) che il settore vino sia vitale e in grado di andare avanti. Non so se questo si possa dire anche di tanti nostri clienti storici, enoteche, ristoranti e piccoli negozi che ci hanno accompagnato nell’avventura di fare grande il vino italiano nell’ultimo mezzo secolo. E spesso anche per un periodo molto più lungo. Mi spiace tantissimo, stiamo parlando non solo di colleghi ma spesso anche di amici però non so, il danno è stato grande. E l’Italia che vedremo dopo il Covid sarà diversa. Non credo più dimessa o priva di prospettive ma diversa, e per molti sarà difficile trovare uno spazio. La vendita su internet o il “delivery” del vino non si ridurranno, per tanti clienti è stata una nuova comodità che non porta aggravi di costi e le novità con queste caratteristiche tendono a crescere. Per cui noi cantine non perderemo questi nuovi volumi che ci siamo conquistati, ma con ogni probabilità torneremo a fruire di buona parte dei vecchi: si riprenderà a mangiare al ristorante, e i turisti torneranno. Anche perché per anni le destinazioni esotiche non saranno così coperte dai vaccini come il vecchio mondo, per cui tanti le eviteranno. Secondo me, se sappiamo trovare il modo di usare al meglio i nuovi canali che sono cresciuti nella crisi e se i vecchi riprendono fiato, cose entrambe probabili, forse già dal 2021 e di certo dal 2022 il vino italiano può iniziare una nuova grande stagione.
    Stefano Cinelli Colombini, Fattoria dei Barbi di Montalcino
    Tags: amiata, brunello, brunello di montalcino, fattoria dei barbi, montalcino, stefano cinelli colombini LEGGI TUTTO