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    Dopo 21 anni Camera di Commercio di Verona trasferisce marchi collettivi vini della Valpolicella al consorzio

    Storico passaggio di testimone per la principale denominazione rossa del Veneto. Dopo 21 anni la titolarità dei marchi collettivi e di certificazione “Amarone”, “Amarone della Valpolicella”, “Recioto della Valpolicella”, “Valpolicella Ripasso”, “Valpolicella” si trasferisce dalla Camera di Commercio di Verona al Consorzio per la tutela dei vini Valpolicella. L’accordo di cessione, siglato con atto notarile due giorni fa e ufficializzato oggi nel corso di una conferenza stampa presso la Prefettura di Verona riunisce così la gestione delle denominazioni di origine – istituzionalmente in capo ai Consorzi su autorizzazione ministeriale – e quella dei marchi collettivi e di certificazione, strumenti indispensabili per la registrazione e la tutela sia in Italia che nei mercati internazionali, soprattutto  extra Ue. Trasferiti anche i marchi d’impresa “Vino di Ripasso” e “Ripasso” e il marchio collettivo e di certificazione “Recioto”, quest’ultimo cointestato anche alla Camera di commercio di Vicenza (che ne detiene il 50% assieme alla Camera di Commercio di Verona).“Dal 2004, su richiesta dell’allora governance del Consorzio, abbiamo sostenuto l’attività di tutela della denominazione provvedendo a registrare i marchi collettivi nelle principali destinazioni dei grandi Rossi della Valpolicella – ha dichiarato il componente di giunta della Camera di Commercio di Verona, Carlo De Paoli -. Una funzione, quella della registrazione dei marchi, che rientrava nelle prerogative camerali, da cui scaturì una alleanza che, in tutti questi anni, ha contribuito a salvaguardare l’identità e l’autenticità dei vini tutelati e promossi dall’ente consortile. Oggi il contesto è profondamente mutato. A fronte di una crescente esigenza di sorveglianza e difesa, la Camera di Commercio ha convenuto di cedere i marchi collettivi in portafoglio, assicurando così al Consorzio un più ampio e diretto, oltre che strategico, raggio di azione”.
    “L’accordo con la Camera di Commercio segna un passaggio decisivo per il Consorzio – ha spiegato il presidente del Consorzio per la tutela dei vini Valpolicella, Christian Marchesini -. La titolarità dei marchi collettivi della nostra denominazione ci consentirà di essere ancora più incisivi sul fronte della tutela. Un’attività determinante e imponente anche nei numeri: dal 2018 ad oggi, infatti, il Consorzio ha destinato oltre 1,2 milioni di euro per osteggiare e impedire la contraffazione, l’utilizzo improprio dei nomi dei nostri vini e l’Italian sounding  sia nel nostro Paese che all’estero, per un complessivo di 176 vertenze, tra cause concluse e in corso. Tra i casi chiusi con successo, quelli nei confronti dei marchi svedesi “Casa Marrone” e “Casa Marrone Appassimento”, nonché “Passorone” e “Ronepasso” che hanno portato nelle casse del Consorzio una somma a titolo transattivo di circa 1 milione di euro, che sarà investita in promozione”.
    Nelle cause di tutela l’Amarone risulta il vino più soundizzato (20 casi solo nel 2024).  Negli anni le attività congiunte di sorveglianza, condotte mensilmente anche dal Consorzio,  hanno sventato la registrazione e disposto il ritiro dal commercio di molti prodotti su tutti i mercati. In particolare in Cina con le etichette di “A Ma Luo Ni” e “Annamarone”, “Emporio Amarone” in Brasile, “Amaronauta” in Italia, “San Vincenzo dell’Amarone”, “Sumarone”, “La Marone” e “Primarone” in territorio Ue. In Francia non sono sfuggite alla vigilanza le etichette di “Gran Marone” e “Granmarone” e negli Stati Uniti quelle di “Amarina” e “Calpolicella”. Ostacolate e vietate anche le referenze “Valpolicella Riposto” in Norvegia e “Shiraz Metode Ripasso” in Australia.
    Tra i prossimi step a carico del Consorzio entro fine anno, quello della trascrizione dell’avvenuta cessione dei marchi da parte della Camera di Commercio con conseguente intestazione della titolarità su tutti i mercati attualmente coperti dalla registrazione dell’ente camerale. Dall’Italia all’Unione europea, dal Canada all’Australia, dalla Cina agli Stati Uniti fino al Sudafrica, all’Argentina, al Giappone e alla Nuova Zelanda per 41 Paesi, di cui 27 in Unione europea e 14 extra Ue. More

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    Guida Vini d’Italia 2026: i “Tre Bicchieri” vanno a sette Soave

    Sono ben sette le aziende produttrici di Soave che si sono aggiudicate quest’anno i prestigiosi Tre Bicchieri della Guida Vini d’Italia 2025 edita da Gambero Rosso. Una conferma che giunge nel pieno della vendemmia e che fa del Soave un punto di riferimento tra le denominazioni bianchiste d’Italia.
    Sulla scia di quanto emerso ad Appuntamento Soave, l’evento curato dal Consorzio di tutela e recentemente tenutosi al Circolo Ufficiali di Verona, dove tra gli operatori è emersa per il Soave l’espressione “great now, great later”, anche tra i vini vincitori dei Tre Bicchieri si evince tra le righe che ad essere premiata è stata la doppia anima che caratterizza il Soave: “eccellente adesso, eccellente con un po’ di evoluzione in bottiglia”.
    Freschezza e longevità sono quindi gli elementi che emergono nel panel dei premiati i cui vigneti, equamente distribuite all’interno delle differenti sottozone produttive della denominazione, si trovano sia su suolo vulcanico sia su suolo calcareo, pronti in entrambi i casi a vincere la sfida della longevità.
    Ecco le aziende:
    Soave Classico Calvarino 2023 – Leonildo Pieropan
    Soave Classico Campo Vulcano 2024 – I Campi
    Soave Classico Le Battistelle 2023 – Le Battistelle
    Soave Classico Monte Carbonare 2023 – Suavia
    Soave Classico Monte Calvarina La Capelina 2024 – Franchetto
    Soave Superiore Roncà Monte Calvarina Runcata 2023 – Dal Cero – Tenuta Giacobbe
    Soave Superiore Il Casale 2023 – Agostino Vicentini
    «Va certamente fatto un plauso a tutte le aziende perché questi risultati sono una importante conferma per la nostra denominazione – sottolinea Cristian Ridolfi, Presidente del Consorzio di Tutela del Soave – e mettono in luce come oggi il Soave stia interpretando i canoni della qualità a ritmi importanti. Ci troviamo infatti di fronte ad un vino contemporaneo e versatile, con una stilistica ben definita e un asse centrale attorno al quale ruotano in maniera equipollente eleganza, equilibrio, intensità. Un vino che oggi ha tutte le carte in regola per intercettare il gusto del consumatore contemporaneo, italiano ed internazionale, che tende a prediligere vini bianchi sapidi, freschi e dal moderato contenuto alcolico». More

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    Zagrea e l’utopia del piede franco

    Dalla conferenza di Villa Campolieto nasce una guida visionaria per riscrivere la narrazione del vino.

    Ci sono momenti in cui il vino smette di essere semplice oggetto di degustazione e torna ad assumere il ruolo di ponte tra storia e futuro. La recente Conferenza Nazionale sulla Viticoltura a Piede Franco, svoltasi l’8 settembre a Villa Campolieto, ha avuto proprio questo significato: non soltanto un incontro di addetti ai lavori, ma un invito a ripensare le radici stesse della viticoltura.

    Il piede franco è l’immagine più nitida di ciò che la vite era prima della fillossera, la pratica più ancestrale, fragile e al tempo stesso resistente, che custodisce un patrimonio genetico e culturale unico. Una viticoltura che non ha conosciuto l’innesto e che, nelle sue “oasi” di resistenza — sabbie, suoli vulcanici, terreni ostili al parassita — continua a regalarci vini che raccontano un rapporto diretto, non mediato, tra pianta e terroir.

    Roberto Cipresso

    Non a caso, durante la conferenza, è stata annunciata la nascita di Zagrea – Ungrafted, la prima guida internazionale dedicata esclusivamente ai vini da piede franco. Un progetto che non si limita a classificare etichette, ma che vuole sostenere la ricerca scientifica e alimentare la creazione di un protocollo integrato per la salvaguardia di questa forma di viticoltura. Una guida “inattuale” — come l’ha definita Gaetano Cataldo, ideatore dell’iniziativa e fondatore di Identità Mediterranea — nel senso nietzschiano del termine: controcorrente, visionaria, capace di guardare al futuro proprio perché affonda le radici nel passato.

    Fragilità e forza del piede franco

    “Fragile ma autentico”: così lo ha definito Roberto Cipresso, winemaker di fama internazionale, ricordando come l’assenza di innesto renda la vite più esposta ma, allo stesso tempo, più trasparente nella sua relazione con il suolo. Una trasparenza che si traduce in vini dal carattere netto, dalla mineralità vibrante, capaci di restituire il paesaggio geologico e umano che li ha generati.

    Gaetano Cataldo

    Anche altri relatori hanno sottolineato il valore di questa viticoltura “al limite”. L’agronomo Gaetano Conte ha evidenziato la sorprendente resistenza della vitis vinifera pre-fillosserica a siccità, calcare e salinità; Mariano Murru, direttore enologico di Argiolas, ha ricordato il ruolo della Sardegna come “continente viticolo” dove ancora oggi il piede franco resiste su superfici significative. La professoressa Teresa Del Giudice ha invece messo in guardia dal rischio di confinare questa pratica in un ambito meramente museale: il piede franco deve entrare a pieno titolo nel sistema agricolo contemporaneo, connesso anche al turismo, all’economia rurale e alle strategie di destination management.

    Un atto politico e culturale

    La viticoltura a piede franco non riguarda solo la genetica della vite o la biodiversità: è un tema che tocca identità, economie locali, paesaggio, resilienza al cambiamento climatico. È anche un’occasione per interrogarsi sul nostro modo di vivere il vino. “Non può esserci amore per il vino se non c’è rispetto per il piede franco”, ha ricordato Cataldo, riportando l’attenzione sul legame profondo tra il Mediterraneo e la vite, tra radici culturali e radici vegetali.

    La sfida, oggi, è non ridurre il piede franco a semplice feticcio di autenticità, ma trasformarlo in leva per una nuova narrazione del vino. Una narrazione che sappia coniugare ricerca scientifica, valorizzazione dei borghi, sostenibilità e inclusione, generando economie alternative per le aree interne e fragili del Paese.

    Guardare oltre

    Da Villa Campolieto non è uscita soltanto l’idea di una guida, ma la prospettiva di una commissione scientifica multidisciplinare chiamata a elaborare linee guida per la difesa e la valorizzazione di questa viticoltura. Archeologia, antropologia, agronomia, economia agraria, enologia: il piede franco chiede uno sguardo trasversale, capace di integrare competenze e visioni.

    In questo senso, l’iniziativa non appare come un nostalgico ritorno al passato, bensì come un gesto profondamente contemporaneo: un atto di resistenza e di futuro. Perché, se è vero che senza radici non c’è crescita, il piede franco ci ricorda che anche nel vino l’autenticità non è mai un lusso, ma una necessità. More

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    Storico Tre Bicchieri Gambero Rosso: per la prima volta un Pinot Grigio delle Venezie DOC conquista il massimo riconoscimento

    Un traguardo che segna un nuovo capitolo per la più estesa denominazione italiana.Il Pinot Grigio delle Venezie DOC BiancoGrigio 2023 della linea TesiRare di Italo Cescon è il primo vino della sua tipologia a ottenere i Tre Bicchieri nella guida Vini d’Italia 2026 del Gambero Rosso, premiando la visione di una famiglia e proiettando l’intero territorio sotto una nuova luce qualitativa.Questo risultato è il frutto del progetto “TesiRare”, il laboratorio di ricerca con cui la terza generazione della famiglia Cescon esplora le massime potenzialità del Pinot Grigio, con l’obiettivo di definire un nuovo standard stilistico per un vitigno simbolo del Made in Italy, partendo dal cuore del territorio trevigiano.
    «Questo premio è una vittoria che va oltre i cancelli della nostra azienda; è un messaggio potente e di orgoglio per tutta la DOC delle Venezie, per noi motivo di immensa soddisfazione e uno stimolo a continuare su questa strada», afferma Domenico Cescon, titolare assieme alle sorelle Gloria e Graziella.
    Aggiunge Federico Giotto, fondatore della Giotto Wine Listeners e consulente dell’azienda: «Questo risultato dimostra come un approccio quasi sartoriale, basato su ricerca e rispetto della materia prima, possa portare a vertici qualitativi assoluti anche nella più estesa denominazione d’Italia. Il progetto TesiRare ha svelato l’anima complessa ed elegante del Pinot Grigio e questo premio ne è la più alta conferma».
    Il BiancoGrigio TesiRare nasce da una fermentazione in legno di secondo passaggio e una lenta evoluzione in cemento. Questo processo scolpisce un profilo sensoriale unico: una freschezza verticale e sapida, una consistenza materica e un finale iodato di rara persistenza.
    La filosofia del progetto si riflette nel design: l’etichetta, preziosa e disegnata a mano, riporta le fasi lunari a sottolineare il valore del tempo, ingrediente fondamentale che scandisce il lento affinamento del vino. Ogni bottiglia diventa così un pezzo unico, testimone di un percorso di valore.
    L’azienda Italo Cescon, fondata nel 1957 e oggi guidata dalla terza generazione, è un’interprete di riferimento del Pinot Grigio, esportato in 42 Paesi. La produzione unisce tradizione artigianale, spinta all’innovazione e una filosofia sostenibile.
    SCHEDA TECNICA – BIANCOGRIGIO TESI RARE 2023

    Denominazione: Pinot Grigio delle Venezie DOC
    Annata Premiata: 2023
    Vitigno: 100% Pinot Grigio
    Certificazione: Biologico
    Vinificazione: Pressatura soffice, fermentazione in legno di secondo passaggio e successiva evoluzione in vasche di cemento per circa 10 mesi. Sosta in bottiglia minima di un anno prima della messa in commercio.
    Gradazione Alcolica: 13,5% vol.
    Numero di Bottiglie Prodotte: 9.500 More

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    Grüner Veltliner 2023 di Cantina Valle Isarco nella Top Best Buys 2025 di Wine Enthusiast

    Il Grüner Veltliner 2023 di Cantina Valle Isarco è uno dei vini Best Buys 2025, la classifica del magazine americano Wine Enthusiast dedicata ai vini che arrivano sullo scaffale americano sotto i 20 dollari, ma con un punteggio superiore a 90 su 100, inaugurando, come da tradizione, l’uscita delle grandi Top 100 della critica internazionale. E se al primo posto in assoluto c’è il californiano Cabernet Sauvignon 2023 di Method, e al secondo posto, un vino ungherese, il Siller Zweigelt 2022 di Kristinus Borbirtok, 17 sono i vini italiani in classifica, e solo due del Trentino Alto Adige: il Grüner Veltliner 2023 di Cantina Valle Isarco si è posizionato al 30mo posto della classifica, preceduto solo da quattro vini italiani prodotti in altre regioni.«Siamo molto soddisfatti di questo riconoscimento – afferma il direttore generale di Cantina Valle Isarco, Armin Gratl –. È un premio importante che conferma l’alta qualità della nostra produzione e la validità della nostra filosofia, che punta a proporre vini accessibili, anche nelle linee premium, come Adamantis e Granit. Un riconoscimento che va anche al lavoro di tutti i 135 soci che, lo ricordiamo, praticano una viticoltura eroica: in Valle Isarco le vigne partono da 500 metri a Chiusa per toccare quota 1000 metri di altitudine, una situazione già questa estrema a cui si aggiunge la pendenza molto ripida che arriva fino al 60%. Per questo le vigne sono al 90% terrazzate, se così non fosse sarebbe impossibile lavorarci, naturalmente totalmente a mano senza alcuna meccanizzazione».
    In Alto Adige il Veltliner, vitigno originario dell’Austria, viene coltivato quasi esclusivamente in Valle Isarco. Data la quasi totale scomparsa dell’originario “Frühroter Veltliner”, oggi si coltiva pressoché esclusivamente il Veltliner Verde. Questo vitigno predilige i terreni più profondi, fertili e caldi che trasmettono al vino quelle caratteristiche che lo rendono una vera rarità nel panorama enologico dell’Alto Adige. Il Grüner Veltliner 2023 di Cantina Valle Isarco (in vendita al prezzo di 11,80 euro) cresce su ripidi pendii ad altitudini che arrivano fino a 750 metri di quota, ha un profumo intenso, fruttato, con rimandi alla mela verde, ma anche speziato, con un tocco caratteristico del varietale di pepe bianco; al sorso è gradevolmente minerale, con un’acidità vivace e una beva fresca e di grande piacevolezza.
    Ma non è finita qui perché è dell’ultima ora la notizia che il Kerner Aristos, vino simbolo della cantina, è stato insignito con i Tre Bicchieri dalla guida Vini d’Italia 2026 del Gambero Rosso. More

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    20 anni di vini in anfora: Gravner presenta la Ribolla 2017

    1997 – 2017. A vent’anni dai primi vini macerati, Gravner lancia la XX G, una confezione in edizione limitata che accompagna l’uscita della Ribolla 2017, la cui produzione è stata imbottigliata esclusivamente in formato magnum. Realizzata in 1200 esemplari numerati, la box è concepita come oggetto da collezione: unisce legno di rovere e plexiglas in un design essenziale e rigoroso, pensato per custodire due o quattro magnum e fino a 12 coppe in vetro soffiato ideate per Gravner dal maestro vetraio Massimo Lunardon. Il progetto grafico dell’etichetta e delle box è di Ettore Concetti Graphic Opera, mentre la realizzazione delle box è stata curata da due artigiani friulani, Cresj Style e Prefor.Il nome XX G porta con sé più di un significato: il numero romano XX celebra i vent’anni dall’inizio della vinificazione in anfora, mentre la lettera X – scomponibile in due V – richiama il numero V, simbolo in numerologia del Cercatore, figura che incarna il coraggio di superare i confini. È un rimando diretto allo spirito visionario di Joško Gravner, pioniere del vino in anfora che ha rivoluzionato la propria filosofia produttiva riportando in auge un metodo ancestrale di vinificazione e dando origine ai cosiddetti orange wine o, come lui preferisce definirli, i vini ambra.

    La protagonista della box è la Ribolla 2017, figlia di un’annata complessa e per questo ancora più preziosa. Dopo una primavera umida e un’estate calda, le piogge insistenti di settembre hanno compromesso gran parte della maturazione delle uve. “Con tanto lavoro siamo riusciti a salvare circa il 20% della produzione, anche grazie all’aiuto della muffa nobile, che ha protetto e arricchito gli acini rimasti sani – spiega Mateja Gravner –. La cernita chicco per chicco ha dato vita a un prodotto di grande concentrazione e molto carattere, una Ribolla decisamente diversa dalle precedenti”.
    La vendemmia si è conclusa il 18 ottobre nel vigneto di Dedno, dove la Ribolla è allevata ad alberello in regime biodinamico. Le uve, accuratamente selezionate, sono state sottoposte a una delicata pigiatura e quindi vinificate secondo il metodo Gravner: lunga macerazione del mosto con le bucce nelle anfore georgiane interrate (qvevri), sigillate con un coperchio di granito, dove la fermentazione spontanea si sviluppa senza controllo della temperatura, rimanendo naturalmente sotto i 30 °C. Il vino vi sosta circa un anno, per poi affinare in grandi botti di rovere di Slavonia per sei anni e completare il percorso con sei mesi in bottiglia prima della messa in commercio. Un processo lento e radicale, in cui il tempo diventa ingrediente fondamentale, capace di restituire vini di profondità, struttura ed equilibrio.
    Nel calice, la Ribolla 2017 si presenta con un colore dorato intenso e brillante. Al naso esprime note complesse di frutta matura e secca, miele, agrumi canditi e sottili richiami di sottobosco ed erbe aromatiche. Al palato è avvolgente, con tannini ben integrati, una freschezza sorprendente e una lunga persistenza sapida che riflette fedelmente il terroir di Oslavia. More

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    Cantine Settesoli: Sicilia di vento e di comunità

    Arrivare a Menfi in una giornata di scirocco significa essere accolti da un respiro caldo che sembra arrivare da molto lontano, dal cuore del Sahara. È un vento che non si limita a sfiorare la pelle: entra nelle ossa, asciuga l’aria, rallenta i pensieri. Chi vive in Sicilia lo conosce bene: lo scirocco non è solo un fenomeno meteorologico, ma parte integrante del paesaggio, della vita quotidiana, è memoria collettiva.

    Questo vento infuocato ha anche un ruolo decisivo nel disegnare il destino delle vigne. Può accelerare la maturazione dell’uva, portare calore quando serve e, se gestito con attenzione, diventare un alleato prezioso. È in questo scenario che prende forma la storia di Cantine Settesoli, nata a Menfi più di sessant’anni fa per dare voce al lavoro di centinaia di famiglie di viticoltori.

    Come il vento che mescola le correnti, la cooperativa ha imparato a unire energie diverse, trasformando un territorio aspro e generoso in un racconto corale di vini che parlano la lingua viva della Sicilia.

    Una comunità che diventa vino

    Cantine Settesoli è molto più di una cantina: è una comunità che raccoglie 2000 soci viticoltori e coinvolge oltre 5000 famiglie nelle Terre Sicane, in provincia di Agrigento. Fondata nel 1958 dall’intuizione di 68 viticoltori, oggi rappresenta il 7% dell’intera superficie vitata della Sicilia, con 5700 ettari coltivati, di cui più di 1000 in biologico.

    La sua dimensione è imponente – circa 20 milioni di bottiglie prodotte ogni anno, distribuite in oltre 45 Paesi – ma non ha mai perso il legame con la terra. È grazie a questo radicamento che Settesoli riesce a custodire 35 cultivar diverse, tra vitigni autoctoni come grillo, grecanico e nero d’Avola, e varietà internazionali come chardonnay, merlot e syrah.

    Una storia pionieristica

    Sin dalle origini Settesoli ha fatto scelte coraggiose. Dopo la prima vendemmia nel 1965, negli anni Settanta è stata tra le prime in Sicilia a investire nell’imbottigliamento e nell’export. Negli anni Ottanta ha sperimentato vitigni internazionali, aprendo la strada allo chardonnay. Negli anni Novanta ha ampliato il proprio raggio d’azione con nuove acquisizioni e due marchi destinati a mercati differenti: Mandrarossa, per il canale Horeca, e Inycon, dedicato alla grande distribuzione internazionale.

    Innovazione e sostenibilità

    La spinta all’innovazione ha sempre camminato accanto a quella per la sostenibilità. Nel 2003 Settesoli è stata la prima azienda vinicola in Italia a introdurre la tracciabilità completa della filiera. Oggi conta su 11 impianti fotovoltaici che coprono il 23% del fabbisogno energetico, progetti di riciclo e materiali a basso impatto ambientale. Ha ottenuto certificazioni importanti – Vegan, VIVA e SOStain Sicilia – che ne fanno un modello di viticoltura responsabile.

    Il legame con la comunità resta il cuore pulsante: il 70% delle famiglie del territorio partecipa in qualche forma al progetto, e il valore generato diventa motore di sviluppo, contrastando lo spopolamento e salvaguardando il paesaggio.

    Mandrarossa: nuove rotte del vino siciliano

    È in questo contesto che nasce Mandrarossa, il brand creato nel 1999 come volto più contemporaneo della cooperativa. Dedicato alla ristorazione, alle enoteche e ai wine bar, Mandrarossa è il frutto di oltre vent’anni di ricerca per mettere in dialogo varietà e terroir. Il risultato è una Sicilia che sfugge ai cliché: autentica, dinamica e capace di sorprendere.

    Dal debutto a Vinitaly nel 2000 con sette etichette alla nascita di Cartagho nel 2004, fino ai Vini di Contrada del 2019 e all’approdo sull’Etna e a Pantelleria nel 2020, Mandrarossa ha costruito un percorso di continua crescita e sperimentazione.

    Oggi i tre territori d’elezione – Menfi, Etna e Pantelleria – custodiscono anime diverse della Sicilia. Il cosiddetto Menfishire è un mosaico di colline che degradano verso il mare, ricco di microclimi e biodiversità. Le pendici dell’Etna, con i loro suoli vulcanici, regalano vini vibranti e minerali. Pantelleria, isola sospesa nel vento, offre lo zibibbo per il celebre Passito di Pantelleria DOC.

    Tra sperimentazione e identità

    Mandrarossa si distingue per il lavoro pionieristico sui suoli: cinque tipologie principali, studi sui micro-terroir e progetti di microvinificazione che hanno portato alla selezione di vigneti d’eccellenza e alla nascita di etichette uniche nel panorama siciliano. È una ricerca che non smette mai di esplorare nuove strade, mantenendo saldo il legame con il territorio.

    La cantina e l’esperienza

    Il legame con la sostenibilità trova la sua massima espressione nella Mandrarossa Winery, inaugurata nel 2021 a Menfi. Una cantina ecosostenibile incastonata nel paesaggio: struttura ipogea, tetto giardino, materiali naturali e spazi progettati per fondersi con la campagna e con il mare.

    Qui l’enoturismo diventa esperienza immersiva. I visitatori possono scegliere tra wine tour tematici, degustazioni guidate e percorsi dedicati alle diverse linee, fino alla scoperta del vigneto didattico e della bottaia. Un luogo che racconta la Sicilia contemporanea attraverso il vino, la natura e l’ospitalità.

    La gamma Mandrarossa: cinque anime di Sicilia

    Mandrarossa racconta la Sicilia con una gamma di vini articolata in cinque linee, ciascuna con un carattere distinto ma unite dallo stesso spirito di ricerca e autenticità.

    CartaghoIl Nero d’Avola che è diventato il simbolo del brand. Nasce da una selezione delle migliori uve e si presenta come un rosso intenso, avvolgente, con equilibrio e rotondità. È la bottiglia che più di tutte incarna la forza e la tradizione enologica siciliana.

    Storie RitrovateUna collezione che porta il gusto oltre Menfi, là dove la Sicilia si moltiplica in identità diverse. Ci sono i Vini di Contrada, frutto di uno studio sui suoli calcarei che ha rivelato micro-terroir unici: il Grillo Bertolino Soprano e il Nero d’Avola Terre del Sommacco ne sono l’espressione più alta. Ci sono i vini dell’Etna, Sentiero delle Gerle Bianco e Rosso, che raccontano l’energia del vulcano con i profumi del Carricante e la forza del Nerello Mascalese. E c’è Serapis, il Passito di Pantelleria, dolce e luminoso come l’isola del vento da cui proviene. Nancy Rossit firma etichette che non si limitano a vestire il vino: lo accompagnano in un viaggio poetico, fatto di colori e suggestioni.

    Gli InnovativiLa linea che guarda avanti e osa, reinterpretando vitigni locali e internazionali con spirito creativo. Dal Petit Verdot in purezza del Timperosse al Sauvignon Blanc salmastro di Urra di Mare, dal Vermentino biologico di Larcéra fino allo spumante Delquanta, ottenuto da uve Chenin Blanc: sono vini che sorprendono per freschezza, energia e capacità di mostrare la Sicilia in forme nuove.

    I VarietaliQui la semplicità incontra l’autenticità. Sono vini in purezza che esprimono al meglio i vitigni, sia autoctoni che internazionali. Dal Nero d’Avola al Frappato, dal Grillo al Grecanico, fino a Chardonnay, Viognier, Fiano e Syrah: etichette immediate, fresche, pensate per raccontare la ricchezza e la varietà del patrimonio viticolo siciliano senza filtri.

    Selinunte

    CalamossaUna linea che evoca la vitalità del mare. Bianco e Rosato frizzante, leggeri e gioiosi, che prendono il nome da un’insenatura di Menfi. Freschezza e spuma sottile li rendono il volto più spensierato e solare della collezione.

    Cinque percorsi diversi, un’unica anima: quella di una Sicilia capace di reinventarsi senza perdere il legame con le proprie radici.

    E come scriveva Salvatore Quasimodo in Vento a Tindari:

    «Salgo vertici aerei precipizi, assorto al vento dei pini, e la brigata che lieve m’accompagnas’allontana nell’aria, onda di suoni e amore, e tu mi prendi da cui male mi trassi e paure d’ombre e di silenzi, rifugi di dolcezze un tempo assidue e morte d’anima.»

    Un’immagine che restituisce tutta la forza del vento, della memoria e dell’anima di questa terra, la stessa che Cantine Settesoli continua a trasformare in racconto collettivo e in vino. More

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    G.D. Vajra e Luigi Baudana tra i grandi del vino mondiale secondo Wine Enthusiast

    Wine Enthusiast, magazine statunitense tra i più autorevoli del panorama enologico internazionale, assegna ai vini di G.D. Vajra e Luigi Baudana valutazioni comprese tra 92 e 98 punti. Due le menzioni “Cellar Selection”, riservate alle etichette di più alto profilo e destinate a un lungo invecchiamento: il Barolo DOCG Ravera 2021 (98 punti) e il Bricco delle Viole 2021 (97 punti). Due vini che uniscono profondità, eleganza e longevità, conquistando gli esperti degustatori come esempi tra i più rappresentativi dell’annata e posizionandosi ai vertici della classifica.
    Questo riconoscimento ampio e trasversale sottolinea la qualità e la coerenza di tutta la produzione aziendale. “Essere premiati con valutazioni così alte nelle diverse tipologie è per noi motivo di grande orgoglio e soddisfazione – commenta Aldo Vaira, alla guida dell’azienda insieme alla moglie Milena e ai figli Giuseppe, Francesca e Isidoro –. Ogni nostro vino, dal Barolo alle etichette pensate per la tavola di tutti i giorni, porta con sé lo stesso impegno e la stessa attenzione: crediamo che ciascuno debba raccontare con sincerità la terra da cui nasce, indipendentemente dal prezzo o dal prestigio. Questi riconoscimenti ci incoraggiano a proseguire lungo il cammino della qualità e del rispetto per il territorio”.
    Tra i riconoscimenti assegnati spiccano anche le menzioni “Hidden Gem” per etichette meno consuete come Langhe DOC Pinot Nero 2023, N.S. della Neve Metodo Classico Brut, Claré J.C. Langhe DOC Nebbiolo 2024, il Moscato d’Asti DOCG 2024 e Luigi Baudana Dragon Langhe DOC Bianco 2024. La selezione “Editors’ Choice” ha invece premiato Langhe DOC Nebbiolo 2024, Albe Barolo DOCG 2021 e Dolcetto d’Alba DOC 2024, vini di qualità eccellente e caratteristiche uniche che meritano un’attenzione particolare. More