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    Vino e ristorazione: serve un nuovo patto

    “Se noi pensiamo al pranzo, e alla cena italiani troviamo questi due elementi che combaciano: il vino e il cibo. In un mondo sempre più meccanizzato, automatizzato, sappiamo che quando entriamo in un ristorante c’é una persona che fa qualcosa a mano per noi: il cuoco, lo chef. (…)”. (Luigi Cremona).
    Nella cultura italiana il connubio vino e cibo è ciò che ci rende speciali, attraenti, invidiati nel mondo. Fa parte del DNA dei popoli mediterranei, rinunciarvi (adottando stili di consumo che non ci appartengono) sarebbe un suicidio e una colossale idiozia. Da tempo però produttori e ristoratori avvertono che qualcosa non funziona più nel loro rapporto, ma un po’ per pigrizia mentale, un po’ perché sopraffatti dalle mille seccature e problematiche quotidiane non hanno mai trovato modo o tempo per rifletterci su.
    Fino ad oggi. La pandemia tuttora in corso sta costringendo tutti a rivedere modalità e tempi sia del vivere quotidiano che del proprio lavoro e delle relazioni. Vino e ristorazione non possono fare a meno l’uno dell’altra, e per quanto a volte sembri un matrimonio forzato è nell’interesse di entrambi i protagonisti farlo funzionare. O da questa crisi si esce insieme, o insieme si soccombe.
    Nei giorni scorsi, complice l’evento inaugurale della ristrutturata cantina Al Monte di Livio della famiglia Seganfreddo, a Colceresa (VI), si è tenuta un’interessante conversazione tra il direttore di Wine Meridian Fabio Piccoli e il giornalista gastronomico Luigi Cremona, durante la quale sono stati anticipati alcuni risultati di un’indagine ancora in corso, realizzata dalla testata in collaborazione con Witaly/Porzioni Cremona. L’analisi prende in considerazione due diversi punti di vista: quello dei produttori di vino e quello degli operatori del mondo della ristorazione, ai quali sono state poste domande simili.
    Il punto di vista dei produttori di vino 
    Alla domanda “Come considera attualmente il suo rapporto con il canale Horeca Italia?” il 55% degli intervistati h risposto “non soddisfacente” e dunque da modificare, il 20% “molto buono” e il 25% “accettabile”, ma sempre bisognoso di modifiche. Ciò di cui i produttori si lagnano di più sono “la concentrazione solo nei confronti di brand e denominazioni del territorio” (35%), o dei soliti brand più popolari (25%), mentre altri lamentano scarsa disponibilità ad ampliare la loro offerta, o a conoscere maggiormente le aziende. A ciò è legata un’altra criticità: la difficoltà a realizzare attività di promozione dei vini all’interno dei ristoranti. Per la maggior parte delle aziende non si tengono mai (60%), oppure raramente (25%). 
    Le cose non vanno bene nemmeno sul fronte commerciale: il 60% delle aziende ritiene che la propria rete commerciale non sia adeguata per relazionarsi al meglio con il canale Horeca.
    Cosa cambierà nel post Covid-19? Secondo il 40% dei produttori vi sarà una diversificazione dei modelli di distribuzione (online, home delivery, vendita diretta…). Altri invece pensano che vi saranno nuove relazioni commerciali con rapporti più a distanza (30%) e una maggiore richiesta di vini sostenibili (25%). Solo il 5% ritiene che si vedrà una diminuzione della vendita nel canale Horeca. 
    Il punto di vista dei ristoratori 
    Alla domanda sui criteri di selezione dei vini da proporre nel proprio locale, i ristoratori intervistati hanno risposto parlando di scelte legate alle proprie preferenze personali (30%), o ai consigli e alle proposte di distributori ed agenti (30%). Solo il 20% si fa guidare da un rapporto di conoscenza diretta dell’azienda. 
    Dall’osservatorio dell’Horeca, oggi le difficoltà principali per i clienti nella scelta del vino sono legate a prezzi dei vini troppo alti per le disponibilità attuali (25%). Pesano però anche una scarsa cultura enologica (20%), la modifiche degli stili di vita (sempre meno persone scelgono di bere vino a pranzo, per esempio) la concentrazione dei soliti brand noti (20%), la preferenza di bevande più “facili” come la birra (10%) o la difficoltà a capire il giusto abbinamento (5%).  Perciò per i ristoratori, nel post Covid-19 si consumeranno vini più economici, o più vini italiani/del territorio”, mentre il 15% pensa che si richiederanno di più vini biologici e bevande alternative. 
    Nulla di particolarmente nuovo, inaspettato, a ben vedere, a dimostrazione che si tratta di problemi che si trascinano da anni. Nodi che ora, però, bisogna iniziare a districare, insieme.
    Non importa quanta pazienza o quanto tempo ci vorranno. LEGGI TUTTO

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    Asta online di Ornellaia, $315.000 devoluti a fondazione Guggenheim di New York

    Marchese Ferdinando Frescobaldi, Giovanni Geddes & Karol Vail
    Ieri sera è stato consegnato personalmente dal Marchese Ferdinando Frescobaldi, Presidente della prestigiosa azienda bolgherese Ornellaia e da Giovanni Geddes, AD dell’omonima azienda, un assegno di $315.000 (pari a circa 267.000 euro) a Karole Vail, Direttrice della Collezione Peggy Guggenheim, museo parte della Fondazione Solomon R. Guggenheim. La donazione è stata possibile grazie al progetto Ornellaia Vendemmia d’Artista 2017 “Solare” e alla vendita delle preziose bottiglie disegnate in edizione limitata dall’artista Tomás Saraceno.
    Da ormai dodici anni, Ornellaia porta avanti questo progetto di beneficenza volto a sostenere fondazioni e musei nel mondo attraverso l’unione di vino e arte. Dalla scorsa edizione, grazie alla collaborazione con il Guggenheim, il progetto ha raccolto fondi a supporto di un’iniziativa altrettanto innovativa e generosa: il programma Mind’s Eye del Solomon R. Guggenheim Museum.
    Mind’s Eye è stato creato dal dipartimento di educazione del Guggenheim proprio per regalare la gioia dell’arte anche a persone non vedenti o ipovedenti. L’arte, esattamente come la degustazione di un vino, coinvolge tutti i sensi, ed è questo filo rosso comune che ha spinto la maison bolgherese a donare il ricavato dell’annuale asta di Vendemmia d’Artista a questo programma.
    Giovanni Geddes da Filicaja, AD della tenuta bolgherese, ha dichiarato: “il grande successo che sta avendo il programma Mind’s Eye grazie anche alle nostre donazioni, oltre a riempirci di orgoglio, ci offre la possibilità di estendere lo stesso modello non solo in altri musei della fondazione Guggenheim, ma anche in altre istituzioni d’arte nel resto del mondo, facendo sì che questa eccellenza continui a guidare la programmazione museale a favore delle persone non vedenti e ipovedenti. E non solo, il nostro desiderio è di rendere accessibile l’arte a tutte le persone in giro per il mondo.”
    Al termine dell’asta, che si è svolta online dal 1 al 9 settembre ed è stata battuta da Sotheby’s, Richard Armstrong, Direttore del Solomon R. Guggenheim Museum and Foundation ha dichiarato: “Grazie al continuo supporto di Ornellaia, il Guggenheim è stato in grado di offrire un maggiore accesso alla nostra programmazione e di ottenere un coinvolgimento del pubblico ancor più profondo. Esprimiamo la nostra gratitudine a Ornellaia per la loro generosità e per aver riconosciuto l’importanza di programmi come Mind’s Eye.”
     Ornellaia Vendemmia d’Artista 2017 “Solare”
    Il progetto Ornellaia Vendemmia d’Artista celebra e descrive il carattere di ogni nuova annata di Ornellaia. Ogni anno, a partire dall’uscita di Ornellaia 2006, un artista contemporaneo firma un’opera d’arte creata per la tenuta e una serie di etichette in edizione limitata, traendo ispirazione da una parola scelta dal Direttore della tenuta, Axel Heinz per descrivere l’annata.
    “Solare” è il carattere individuato da Axel Heinz, per descrivere il vino nato dalla vendemmia 2017: “è stata un’annata di estremi, in cui sole e caldo hanno avuto un ruolo determinante. Adattandoci alle condizioni climatiche con pratiche più morbide e precise, abbiamo potuto dar voce a questa forte e decisa personalità dell’annata.”
    Sul filo rosso di queste parole, Tomás Saraceno ha dato la sua interpretazione di Ornellaia 2017 Solare. L’artista ha tratto ispirazione dall’alleanza tra il sole e i sistemi viventi abitati, in un invito a una pratica di cura e rinnovata attenzione per la più importante fonte di energia del nostro pianeta: il sole, appunto, rappresentato nell’evoluzione di un’eclissi. Il tema della sostenibilità è esplorato attraverso sfere fluttuanti come quelle di “PNEUMA 4.21×105”, la scultura sospesa della Salmanazar, e le speciali etichette termocromiche, che come gli ecosistemi in cui viviamo, sono sensibili al calore. LEGGI TUTTO

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    Le Armonie senza Tempo del Lugana tornano nel capoluogo meneghino

    Per la seconda volta il Consorzio Tutela Lugana Doc ha scelto il capoluogo lombardo per promuovere le “Armonie senza Tempo” del vino simbolo del basso Garda. Venerdì 18 settembre al Superstudio Più, nel cuore del design district, cinquanta vignaioli offriranno in degustazione le etichette più rappresentative della loro produzione per far scoprire ai milanesi (e non) le mille sfumature del vino Lugana, la prima DOC riconosciuta in Lombardia e una tra le primissime in Italia.
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    Argentiera Bolgheri Superiore DOC 2017: personalità ancestrale

    L’altopiano de I Pianali si sviluppa tra i 150 e i 200 metri s.l.m. in 42 ettari suddivisi nelle aree di Argentiera, Ginestre e Pianali, custodi dei terreni calcareo – argillosi e ricchi di scheletro. Ospitano i 12 vigneti dedicati ai Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc e Merlot, parcelle tra le più vocate dalla cui selezione nasce l’Argentiera Bolgheri Superiore DOC.
    «Per realizzare un grande vino l’obiettivo primario è quello di esaltare, integrandole e racchiudendole in una bottiglia, tutte le straordinarie caratteristiche della zona: dalla diversità ancestrale dei terreni al microclima, dalla forza vibrante della macchia mediterranea al soffiare fresco e gentile del mare», dichiara Leonardo Raspini, agronomo, direttore generale di Tenuta Argentiera.
    Argentiera Bolgheri Superiore DOC trae la sua forza primaria e la sua singolarità dalla terra che lo ha generato: unica nelle sue molteplici sfumature di sedimenti stratificati lungo la linea delle ere geologiche e delle azioni geo pedologiche. Un’origine legata a doppio filo al terroir, racchiusa ed amplificata nel nome stesso del vino, Argentiera, che rimanda alla ricchezza mineraria in terra etrusca e strettamente connessa al toponimo Argentiera che dà il nome alla Tenuta, così denominata in omaggio al Podere Argentiera, già esistente nei mappali del catasto granducale.
    Terreni di altura custodi di primigenia ricchezza
    I vigneti da cui nasce Argentiera rappresentano la sottozona più estesa della Tenuta, piantata a vigneto nel 2000. L’intero areale presenta una sorprendente eterogeneità di suoli: 15 terreni di tipo diverso, tutti appartenenti ad una matrice flysch di origine sin-orogenetica, del periodo cretaceo. Troviamo zone argillose con galestro e scisti, altre maggiormente calcaree e sassose, fino a parti più basse con molta sabbia e un piccolo rio, il Fosso dei Fichi che divide, confine naturale, i le aree del podere Argentiera da quelle di Ginestra.
    La particolarità che li accomuna è l’esposizione: i vigneti infatti si trovano su una dorsale riparata ad est dal bosco, arrivando all’altitudine massima di 200 m s.l.m. e con un affaccio sul mare che è unicum di sole e brezza marina. Questo garantisce un continuo moto di venti provenienti dalla costa che apportano arieggiamento ed una temperatura che arriva ad essere inferiore di 2-3°C rispetto alle zone più basse.
    Vinificazione
    Prodotto con il 50% di Cabernet Sauvignon, il 40% di Merlot e il 10% di Cabernet Franc. Le uve, selezionate e raccolte manualmente, provengono dalle parcelle più vocate dell’azienda che si trovano tutte tra 180 e 200 m s.l.m. con esposizione ovest e sud-ovest. Gli acini interi sono arrivati per gravità nelle vasche e le varietà vinificate separatamente. La fermentazione e la macerazione sono avvenute in serbatoi di acciaio per circa 25/30 giorni ad una temperatura controllata non superiore ai 28/30° C. Il vino è stato poi trasferito in barriques da 225 l di rovere francese in cui si è completata la fermentazione malolattica. L’affinamento è avvenuto in barriques e successivamente in bottiglia per un minimo di 7 mesi.
    Vendemmia 2017: un’annata siccitosa aiutata dalle argille fresche
    Dopo un inverno estremamente dolce ed asciutto, i germogli sono comparsi con circa dieci giorni di anticipo rispetto alle medie storiche, seguito da un forte rallentamento dovuto ad una settimana di temperature molto basse. Una totale assenza di piogge si è protratta per tutta la primavera: situazione favorevole per la sanità e lo sviluppo vegetativo che si è però tramutata in stress idrico durante l’estate iniziando ad essere preoccupante, data la totale assenza di piogge.
    Nei terreni più sensibili alla siccità si son temuti fenomeni di blocco fisiologico delle piante, prevenuti grazie al tempestivo intervento del team di Tenuta operante in vigna che ha lavorato superficialmente il suolo limitandone la perdita di acqua per evaporazione. Temperature torride sono continuate fino ad agosto, con massime sempre sopra i 30°C, facendo sì che alcuni Merlot su terreni meno argillosi siano stati vendemmiati già ad agosto. Il mese di settembre è iniziato con una pioggia di 30 mm, seguita da una di 40 mm rendendo così possibile una maturazione dei Cabernet Franc e dei Cabernet Sauvignon senza eccessiva concentrazione degli zuccheri, risultati stabili sin alle prime analisi.
    La vendemmia si è conclusa con la raccolta delle ultime uve di Cabernet Sauvignon il 25 settembre, 10 giorni in anticipo rispetto al 2016. In generale il 2017 è stata un’annata precoce, calda e siccitosa che ha portato una produzione quantitativa leggermente inferiore ma sostenuta da una qualità molto buona, con vini che sembrano aver ben assorbito il caldo estivo, grazie anche al terreno profondo e strutturato, serbatoio naturale di acqua, mantenendo così equilibrio e struttura.
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    Tenuta Argentiera si trova allo zenit meridionale della Bolgheri DOC, sulle alture di Donoratico, dove la grande bellezza dei vigneti si affaccia sull’orizzonte del mare dell’Arcipelago toscano. Argentiera rappresenta oggi, con i suoi 20 anni di vita, la moderna sintesi della visione enologica di una delle più pregiate aree vinicole d’Europa.
    Sono 80 gli ettari di vigneti di proprietà, tutti compresi nella Bolgheri DOC, unica denominazione toscana racchiusa in un solo comune: Castagneto Carducci, sintesi di fascino e autenticità italiana.
    Tenuta Argentiera gestisce vigneti vocati a Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot, Petit Verdot, Syrah e Vermentino. Vini di qualità come Argentiera DOC Bolgheri Superiore, Villa Donoratico DOC Bolgheri Rosso, Poggio ai Ginepri DOC Bolgheri Rosso e Ventaglio (il primo single vineyard della Tenuta) costituiscono il nucleo storico della vinificazione di Argentiera. Un luogo sospeso tra cielo e terra dove le viti custodiscono la luce riflessa del mare e il vino ne respira la brezza. LEGGI TUTTO

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    Cantina Tollo proclamata miglior cantina d’Italia a Mundus Vini

    È Cantino Tollo la miglior cantina italiana secondo la giuria di Mundus Vini, il concorso internazionale tenutosi, nella sua edizione estiva, dal 27 al 30 agosto nella città tedesca di Neustadt an der Weinstrasse. Il gruppo abruzzese si è aggiudicato ben 17 medaglie d’oro e altrettante d’argento con un totale di 34 vini premiati.
    “Quello ottenuto a Mundus Vini – commenta Tonino Verna, presidente di Cantina Tollo – è un successo indiscusso che premia un percorso lungo sessant’anni, oltre che le scelte fatte da Cantina Tollo finora: ogni giorno ci impegniamo a migliorare sempre di più la qualità dei nostri dei vini rispettando l’ambiente e il lavoro dei nostri soci. Un risultato, quello ottenuto in Germania, di cui non possiamo che essere orgogliosi”.
    Oltre ai vini di Cantina Tollo, sono state premiate anche alcune etichette di Feudo Antico, marchio che si concentra nella zona della Tullum DOCG, e Auramadre, progetto che promuove la viticoltura e il vino biologici.
    Cantina Tollo è oggi tra le più importanti e consolidate realtà del settore vitivinicolo italiano. Commercializza 13 milioni di bottiglie all’anno, vanta circa 700 soci e 2.700 ettari coltivati in un territorio da sempre vocato alla produzione vitivinicola. I vigneti di Cantina Tollo si estendono dalle colline del litorale fino alle pendici della Maiella, in un clima tipicamente mediterraneo, contraddistinto da escursioni termiche notevoli. La produzione è concentrata sui vitigni tipici e autoctoni del territorio (Montepulciano, Trebbiano, Pecorino, Passerina e Cococciola), coltivati tradizionalmente a pergola, con una spiccata vocazione alla sperimentazione in campo e in cantina.
    Le bottiglie Cantina Tollo sono distribuite in tutte le regioni italiane, in quasi la totalità dei Paesi dell’Unione Europea, in particolare Germania, Paesi Bassi, Francia, Danimarca e Regno Unito e, oltreoceano, in Giappone, Stati Uniti, Canada. Cantina Tollo guarda anche ai nuovi mercati emergenti come Russia, India e Cina. LEGGI TUTTO

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    Grido d’allarme del mondo del vino campano

    Dal mondo del vino campano si sollevano perplessità e malumori per il silenzio assordante del Governo regionale, più volte chiamato in campo per ascoltare le esigenze degli attori della filiera e programmare azioni a difesa di un settore importante, che si trova a fare i conti anche con le emergenze legate al Coronavirus.
    Si tratta di un silenzio che si protrae da mesi. Un’assenza di confronto – e quindi di progettualità – che di certo non ha aiutato e non aiuta l’intero comparto vitivinicolo che, dalla scorsa primavera, avverte l’esigenza di una seria programmazione per il rilancio di un settore profondamente segnato dalle conseguenze economiche legate alla pandemia.
    Era il 10 aprile quando i rappresentanti dei cinque Consorzi – Cesare Avenia (Consorzio di Tutela dei Vini Caserta), Stefano Di Marzo (Consorzio Tutela Vini d’Irpinia), Andrea Ferraioli (Consorzio Vita Salernum Vites), Ciro Giordano (Consorzio Tutela Vini Vesuvio) e Libero Rillo (Sannio Consorzio Tutela Vini) – indirizzarono all’attenzione del presidente della Regione, Vincenzo De Luca, e del consigliere del presidente all’agricoltura, Nicola Caputo, una missiva contenente le proposte avanzate per il contrasto degli effetti dell’epidemia ‘Covid-19’.
    In sostanza, si condensava in 14 punti una serie di interventi urgenti e indifferibili (a livello europeo, nazionale e regionale), allo scopo di consentire la tenuta del comparto e per continuare a operare e a effettuare investimenti. A quella missiva è seguita, in data 4 maggio, una conference call con il presidente della Commissione agricoltura, Maurizio Petracca e, due giorni dopo, quella con la presenza dell’onorevole Caputo. A distanza di tre settimane, alla data del 28 maggio, una nuova conference call con il presidente della Commissione agricoltura.
    L’11 giugno, poi, è stata la volta dell’invio del Progetto ‘Made in Campania’, un piano straordinario di promozione “istituzionale” per rilanciare l’immagine e la reputazione del comparto agroalimentare campano e del turismo enogastronomico nei confronti dell’HoReCa e GdO campana per rilanciare i consumi regionali: un programma di interventi dal valore di 26 milioni euro, prontamente reperibili dalle risorse relative ai programmi finanziati dall’Unione Europea.
    Dieci giorni dopo, alla data del 22 giugno, i rappresentanti dei Consorzi di tutela vini della Campania hanno poi indirizzato – sempre all’attenzione del presidente De Luca e, per conoscenza, all’onorevole Caputo – una proposta di modifica dell’articolo 5 (quello relativo alla vendemmia verde) dello schema del Decreto Ministeriale per la riduzione rese, mirata a mitigare conseguenze gravi per la filiera anche in prossimità dell’epoca vendemmiale (che è ormai giunta).
    Infine, alla data del 23 giugno, una nuova comunicazione (identici i destinatari) con la richiesta di intervento nell’ordinamento regionale campano, con l’emanazione di un regolamento applicativo delle nuove disposizioni statali in materia di disciplina dell’enoturismo. Alla luce di tutti questi lunghi silenzi, il 30 luglio scorso i presidenti dei Consorzi hanno richiesto un incontro urgente al presidente De Luca. Ennesimo appello rimasto inevaso.
    Un silenzio assordante e preoccupante nel momento in cui è già partita l’operazione del taglio dei grappoli per una vendemmia che solleva preoccupazioni nonostante la quantità e la qualità della produzione. Preoccupazioni che riguardano l’intera “Cantina Italia” che – come fotografato dal rapporto presentato Assoenologi, Ismea e Uiv – non è mai stata così piena: 38,5 milioni di ettolitri nelle botti e nelle vasche, una mega scorta cresciuta del 60% in soli 5 anni.
    A questa scorta si andranno ad aggiungere i 47,2 milioni di ettolitri previsti in questa raccolta (-1% rispetto all’anno scorso). Dati che consentiranno all’Italia di mantenere il primato mondiale della produzione, staccando ancora una volta i francesi e gli spagnoli, ma che non rendono solo felici, considerato che nella prima metà dell’anno, per la prima volta da vent’anni a questa parte, l’export ha fatto un passo indietro del 4%. Un dato che penalizza non poco i vini della Campania che, negli ultimi anni, avevano incrementato la propria capacità di penetrazione dei mercati esteri, segnando balzi in avanti addirittura a tre cifre.
    Un comparto importante dell’economia regionale che si trova a fare i conti con le conseguenze di un’emergenza sanitaria ed economica planetaria, difficile da affrontare anche per il silenzio assordante che si registra da parte di chi dovrebbe ascoltare le esigenze per poter programmare interventi efficaci, capaci di dare risposte concrete ad un settore che in questi ultimi anni ha contribuito in modo sostanzioso alla crescita del brand Campania. LEGGI TUTTO

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    Tenuta Mazzolino festeggia la quarantesima vendemmia

    “Il 2020? Un’annata bella ed equilibrata”, commenta Francesca Seralvo, terza generazione alla guida di tenuta Mazzolino, realtà enoica sulle colline ad ovest di Casteggio, nel cuore dell’Oltrepò. “Abbiamo iniziato la raccolta del Pinot Noir a settembre, una cosa che non succedeva dal 2014”. Una raccolta vicina alla media storica, dunque. “Complice un’estate non troppo calda e una forte escursione termica tra notte e giorno” – spiega Francesca – “che ha contribuito ad amplificare i precursori aromatici delle uve e che si traduce in vini profumati ed eleganti. E solitamente regala rossi di buona struttura”.
    Secondo le regole della viticoltura, infatti, lo sbalzo di temperatura tra notte e giorno aumenta la qualità delle uve in generale: aumento del grado zuccherino, riduzione della degradazione acidica e aumento delle caratteristiche aromatiche.  Premesse ottime per il Pinot Noir, noto anche come l’enfant terrible dei vitigni, un’uva singolare, tra le più difficili da coltivare e da vinificare. “Un grande lavoro in vigna e in cantina”, conferma Francesca. “Fondamentali le condizioni climatiche idonee perché possa esprimere il meglio di sé e quest’anno l’Oltrepò è stato tra le poche zone non colpite da disastri metereologici”.
    Quattro decenni di vendemmie – in 20 ettari di vigneto e una quarantina di micro-parcelle in una zona tra le più vocate per vinificare in rosso il pinot nero –. Questa la storia di Tenuta Mazzolino a partire dal 1980 quando questa avventura ebbe inizio sotto la guida, illuminata e illuminante, di Enrico Braggiotti, nonno di Francesca. L’avventura continua con lo stesso entusiasmo e la stessa passione. “Seguiamo il solco della tradizione, ma continuiamo a divertirci”, afferma Francesca. E’ forse questo il segreto di questa Cantina dell’Oltrepò che oggi produce 7 etichette – cinque bianchi e due rossi – espressione di una storia, fatta di tradizione e innovazione, di identità e di passione  e che si avvale di consulenti illustri: Kyriakos Kynigopoulos, già collaboratore di numerose aziende di Borgogna, chiamato fin dagli esordi a valorizzare il Pinot Noir vinificato in rosso e Dominique Leboeuf, direttore della Station Oenotechnique de Champagne, consulente per le bollicine di Tenuta Mazzolino (Cruasè e Blanc del Blancs). “Una curiosità? Entrambi erano in visita da noi e sono stati richiamati in Borgogna dove quest’anno si è resa necessaria una la raccolta del Pinto Noir per la vinificazione in rosso, particolarmente anticipata”, conclude Stefano Malchiodi, enologo e agronomo della Cantina di Corvino san Quirico.
    Insomma ad ogni paese la sua vendemmia! LEGGI TUTTO

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    Ciotto [Cessato]

    Bere e mangiare in modo diversoSe passate davanti a Ciotto, probabilmente non ci farete neanche caso. Un’unica vetrina abbastanza anonima ed il nome sulla porta a vetri.Ma sarebbe un peccato. Perché vale la pena andare da Ciotto. Non è un giapponese, anche se la cucina richiama fortemente quel paese (ma con incursioni italiane, spagnole ed arabe). E’ giapponese chi vi accoglie (Gen), ma in cucina fa tutto un bravo cuoco italiano.Un posto difficile da definirsi, ma dove, man mano che passano i minuti, crea la sua identità. Piccolo ed intimo, con colori forti e neutri accostati, che non colpiscono particolarmente.Fortunatamente c’è Gen, che parte piano, gentile e poco invadente, ma quando cominci a chiedere informazioni su piatti e vini, non si tira indietro, ma anzi non vede l’ora di spiegare come ha conosciuto quel produttore o quel vino.Da Ciotto il cibo è variegato e non facilmente catalogabile, ma di sicuro interesse se abbinato al vino giusto.Lato vini,, non mancano le proposte originali da Ciotto, che sono il punto di forza ma anche di debolezza, nel senso che stili, annate e provenienza sono spesso difficili da abbinare, ma piuttosto che la banalità, ben vengano.Tutti vini naturali, scelti direttamente da Gen con incursioni in diversi paesi.I prezzi non sono economici, ma sono il linea con la proposta milanese, e considerando la passione che trapela non ci faremmo problemi a ripassarci spesso.La nostra valutazione N. etichette Originalità etichette Competenza e disponibilità Prezzi Ambiente CiboCiotto – Sito webVia Nino Bixio 21,  MilanoTel./Whatsapp 3756365757Orario di apertura: martedì – sabato12.30-15.00 18.00-23.00 chiuso domenica e lunedìVisitato a Luglio 2020 LEGGI TUTTO